BOERO, Giuseppe
Nato a Isolabona (Imperia) il 15 ag. 1814, entrò nel 1831 nella Compagnia di Gesù. Durante il consueto periodo di formazione insegnò lettere a Cagliari, Sassari e Novara, facendosi fin d'allora notare per la pubblicazione di alcune operette agiografiche. Ordinato nel 1843 sacerdote, fu destinato alla curia generalizia della Compagnia, prima come assistente del segretario generale, poi come archivista e postulatore delle cause di beatificazione e canonizzazione dei gesuiti. Pubblicato dal Gioberti nel 1847 Il Gesuita moderno, mentre il padre Curci e il padre Pellico rispondevano criticando soprattutto il metodo e lo spirito dell'opera, il B. volle chiarire uno dei punti sui quali si era fermato il Gioberti rivangando vecchie accuse: i rapporti fra la Compagnia di Gesù e l'Ordine fondato da s. Giuseppe Calasanzio (Sentimenti e fatti del P. Silvestro Pietrasanta in difesa di Giuseppe Calasanzio e dell'Ordine delle Scuole Pie..., Roma 1847).
La confutazione, solidissima storicamente, non valse naturalmente a dissipare i pregiudizi allora imperanti, e non fu gradita neppure agli scolopi, che avrebbero preferito il silenzio. Più tardi, quando la fortuna dell'abate piemontese volgeva ormai al tramonto, il B. riprese la polemica, demolendo un'altra imputazione: i pretesi contrasti tra S. Carlo Borromeo e i gesuiti (Risposta a V. Gioberti sopra le lettere di san Carlo Borromeo, Roma 1849); e se nella prima opera egli non aveva fatto nemmeno il nome del Gioberti, questa volta precisò esplicitamente le sue mire.
Nel 1848, durante la dispersione della Compagnia, il B. riuscì a rimanere a Roma, prima come padre spirituale nel Collegio di Propaganda Fide, poi come segretario del padre provinciale Cambi. Durante la restaurazione, le alte gerarchie della Compagnia fecero pressione su Pio IX per ottenere un solenne documento che compensasse i gesuiti delle peripezie vissute negli anni precedenti, e il papa nell'agosto 1849 si mostrò favorevole alla richiesta, appoggiata nell'ottobre anche dall'episcopato romagnolo. Il B. stese allora la minuta dell'atto, che, tuttavia, per uno dei frequenti ripensamenti del papa, non venne mai promulgato. Egli pubblicò allora le lettere con cui numerosi vescovi italiani, fin dal 1847, avevano espresso la loro stima e la loro solidarietà per la Compagnia (Giudizio dell'episcopato italiano sopra la causa dei gesuiti, Roma 1849), attuando così un progetto pronto dal 1848, ma rimasto sospeso per la contrarietà del pontefice. Nello stesso tempo, valendosi di un materiale a lui comunicato dallo stesso Pio IX, e criticamente vagliato, nella Repubblica romana al giudizio degli imparziali (Firenze 1850), cercò di dimostrare il carattere irreligioso e illiberale della rivoluzione romana, mostrando la tipica mentalità degli intransigenti, incapaci di cogliere le ragioni ideali degli avversari e facili a contrapporre manicheisticamente buoni e cattivi. Da allora la sua attività fu completamente assorbita dalle cause di beatificazione e dall'opera agiografica. Se la conclusione favorevole di varie cause da lui promosse contribuì ad aumentare il prestigio dell'Ordine (che perciò attribuiva grande importanza all'ufficio del B.), essa fu soprattutto determinata dalle condizioni religiose e politiche dell'epoca.
Così la beatificazione di Giovanni Berchmans nel 1865 sancì una forma di pietà e uno stile di vita tipicamente controriformistico e assai accetto a Pio IX; la beatificazione di Andrea Bobola nel 1853 costituì una sfida all'ambigua politica del governo russo nei confronti dei cattolici dei territori polacchi; mentre la canonizzazione dei martiri giapponesi nel 1862, a cui per altro per motivi poco chiari sembra che il B. non tenesse per nulla, si risolse in una solenne dimostrazione a favore del potere temporale e in un preludio del Sillabo. Minor rilievo ebbero le altre beatificazioni (Pietro Claver, 1851; Giovanni de Britto, 1853; Ignazio de Azevedo e compagni, 1854; Pietro Canisio, 1864; Carlo Spinola e compagni, 1867; Pietro Faver, 1872), che, tuttavia, confermarono la continuità della nuova con l'antica Compagnia e stimolarono l'attività missionaria dell'Ordine.
Nel 1870 il B. partecipò al Concilio vaticano I come teologo di monsignor Miège, vicario apostolico delle Montagne Rocciose: non sembra però che egli avesse una particolare preparazione teologica, e la scelta probabilmente fu dovuta a motivi estrinseci. Il B. fu assistente del padre generale Beckx per le province d'Italia. In quegli anni piuttosto difficili per l'Ordine soggetto alle leggi di laicizzazione, che avevano costretto anche la curia generalizia a cercare un rifugio fuori Roma a Fiesole, preoccupazione fondamentale del B. fu di salvare, per quanto si poteva, le case della Compagnia in Italia e riorganizzare alla meglio in silenzio la vita comune dei religiosi. Si accentuò perciò in lui l'intransigenza già dimostrata nel 1849, ora particolarmente contro l'atteggiamento e la mentalità conciliatrice del Curci. Se nel gennaio 1884 il B., ormai prossimo alla morte, non accettò di confutare l'opera del confratello, Il Vaticano regio, come avrebbe voluto la Curia, negli anni precedenti si era mostrato molto severo nei confronti del Curci, tanto da meritare nel 1878 un rimprovero confidenziale di Leone XIII.
Il B. morì a Roma l'8 febbr. 1884.
Le pubblicazioni storico-politiche non rispondevano alla vera inclinazione del B., e non si sollevavano al di sopra della mediocrità. La Repubblica romana al giudizio degli imparziali non possiede né la minuta e precisa informazione dello Spada, né il vigore del Farini, e resta sul piano di un'apologetica unilaterale, tutt'altro che imparziale. La vera misura delle sue capacità il B. la dette nelle opere storiche sulla Compagnia, adoperando con scrupolo una documentazione sicura, attinta direttamente alle fonti. Nelle stesse polemiche occasionate dalla campagna antigesuitica del Gioberti, egli non si limita a constatare le accuse contro i gesuiti, ma ne controlla l'origine e lo sviluppo, troncando poi alla radice le discussioni con il ricorso alle fonti, cioè agli atti dei processi di canonizzazione e ai documenti interni dell'Ordine. Un'altra polemica il B. sostenne nel 1853 coll'oratoriano Theiner (Osservazioni sopra l'istoria del pontificato di Clemente XIV…, Modena) che, proseguendo la discussione sulla soppressione della Compagnia di Gesù, ravvivata anni prima dal Crétineau-Joly, aveva presentato Clemente XIV sotto lo stesso punto di vista difeso dal Gioberti, cioè come un pontefice non ostile all'illuminismo. Il B. segue passo passo il Theiner rilevandone le contraddizioni, esaminandone e confutandone le singole accuse mosse ai gesuiti, e sottolineando le forti pressioni delle corti borboniche sul papa: il metodo fortemente analitico finisce però col diminuire l'efficacia della confutazione, mentre il tono non è sempre del tutto sereno.
Migliori sono le varie vite di santi e beati gesuiti, specie quelli di cui il B., nella sua qualità di postulatore, aveva preparato gli atti della causa (fra tutte eccelle la Istoria della vita del p. Giuseppe M. Pignatelli, Roma 1856). Il merito principale del B. consiste nel superamento definitivo dell'agiografia barocca e trionfalista, che aveva avuto il suo principale esponente in Daniello Bartoli e che ancora nell'Ottocento ispirava il p. Bresciani. Invano però cercheremmo nel B. l'analisi psicologica cara ai moderni (anche se egli ci fornisce i dati che la rendono possibile), l'inquadramento dei protagonisti nell'ambiente storico del tempo e il necessario condizionamento che ne deriva, la distinzione tra i valori assoluti e la veste storica contingente. La santità è non di rado presentata secondo alcuni schemi tradizionali, come un dono infuso dall'infanzia in modo quasi deterministico, più che come una lunga e faticosa conquista, sospinta e sorretta dalla grazia. Fermo all'intento biografico, il B. trascura volutamente la complessa problematica della Controriforma e quella delle origini della Compagnia. Pur con questi limiti, l'opera storiografica del B. costituisce un forte passo in avanti rispetto ai metodi del Sei e Settecento, ma è a sua volta superata dai lavori posteriori italiani (Tacchi Venturi, Scaduto) e stranieri (Guitton, Brodrick). Resteranno invece sempre valide le sette posizioni da lui preparate per le cause di beatificazione; l'ampiezza della documentazione raccolta e la discussione critica che l'accompagna le rendono il punto di partenza insostituibile per ogni ricostruzione biografica.
Un elenco completo delle opere del B. in C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I, Bruxelles 1890, coll. 1571-1584. Qui ricordiamo che il B. curò l'edizione di scritti di G. C. Cordara, M. Partenio, P. Segneri, B. Realino, A. Gagliardi, D. Bartoli e A. Rodriguez.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Rom. Soc. Jesu, Carte Boero; Ibid., Rom., 27, 1-2; 28, 5; 29, 1, 6, 12, 13, 16; S. Casagrandi, De claris sodalibus provinciae Taurinensis S. J. commentarii, Augustae Taurinorum 1906, pp. 123-137; P. Galletti, Mem. storiche intorno alla prov. rom. della Compagnia di Gesù, II, 1849-70, Roma 1939, pp. 466-470; C. Piccirillo, Le "idee nuove" del padre Curci, in Chiesa e Stato nell'Ottocento, Padova 1962, pp. 649, 652; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, coll. 391 s.; Enciclopedia cattolica, II, col. 1752.