BLANC, Giuseppe
Nacque a Bardonecchia (Torino), da Giuseppe Augusto e Angelina Bauda, l'11 apr. 1886. Iniziato lo studio della musica a Torino, fu allievo di G. Bolzoni per la composizione e quindi di W. Bratinfels a Monaco. Iscrittosi all'università, si laureò in giurisprudenza, dedicandosi poi completamente alla musica. Ai suoi esordi vi fu l'operetta in tre atti La festa dei fiori, rappresentata a Roma al teatro Apollo il 29 genn. 1913 (che conteneva anche l'inno goliardico Commiato, dal B. composto nel 1909 su versi di Nino Oxilia, in onore dei laureandi dell'università di Torino). Seguirono in questo stesso periodo l'opera Fiançailles, su libretto proprio (tratto da M. Maeterlinck), la pantomima Le statuette di Chelsea (da Violet Kind) e la visione tragica Il convegno dei martiri su libretto di Salvator Gotta, rappresentata al teatro Regio di Torino l'11 nov. 1913.
Nel 1918 l'editore fiorentino M. Manni diede alle stampe l'inno Giovinezza giovinezza o Canto degli arditi, a firma di G. Castaldo, pseudonimo dello stesso Manni, e lo ripubblicò nel 1919 con alcune modifiche nella prima parte del testo e nelle ultime strofe del ritornello, e con il nuovo titolo Canto dei fascisti. Pur presentando varianti nella musica e nel testo, l'inno mostrava una stretta somiglianza con il Commiato composto dal B. nove anni prima. Il B. adì allora le vie legali per il riconoscimento della paternità dell'inno, ottenendo piena soddisfazione a seguito della perizia effettuata da I. Pizzetti e R. Brogi e depositata il 20 ott. 1921 presso la Corte d'appello di Firenze (nella perizia il lavoro veniva peraltro giudicato "di scialba mediocrità e perfino sgrammaticato"; Nicolodi, p. 315).
La composizione non presentava infatti grande originalità, e vi è stata riconosciuta una molteplicità di motivi provenienti dalla musica popolare sia di derivazione italiana (direttamente dal canto popolare Il cerchio oppure dai diversi rami toscano, romagnolo, romano), sia svizzera e croata.
Un articolo sul Giornale d'Italia del 1922 (riportato su Musica d'oggi, V [1923], n. 1, pp. 13 s.) avvalorava la tesi della paternità del B. della composizione contesa. Questa, nata come inno degli universitari di Torino, si sarebbe poi diffusa in Piemonte attraverso gli ex studenti divenuti ufficiali degli alpini, per subire poi ulteriori modificazioni allorché venne ripresa dagli arditi in guerra e, infine, dai fascisti.
Con l'ascesa al potere dei fascisti, la querelle ebbe un seguito. Il B. si rivolse infatti direttamente a Mussolini (lettere del 2 e del 19 luglio 1924) e, definendosi uno dei "più fedeli figli" del regime, rivendicava "un riconoscimento morale e materiale" per il suo lavoro (Nicolodi, p. 315). Finalmente, il 26 genn. 1926, il direttorio del Partito nazionale fascista, al quale la questione era stata sottoposta, emise un comunicato in cui, dichiarando "il Partito, consapevole espressione dell'arte italiana", riconosceva quale edizione ufficiale dell'inno Giovinezza quella armonizzata dal B. e affidava allo stesso l'incarico "di,diffondere in tutte le scuole ed ovunque esistano le organizzazioni giovanili dei Balilla e degli Avanguardisti" l'inno Balilla che il B., confermandosi compositore di provata fede politica, aveva nel frattempo composto. Si autorizzava infine il B. "a provvedere onde tutte le bande, le orchestre e le orchestrine" eseguissero "i due inni nelle riduzioni da lui fatte" (ibid., p. 319).
La decisione del direttorio ebbe varie conseguenze. Il B. curò una nuova edizione dell'inno, rielaborata su versi di S. Gotta, con titolo Giovinezza. Inno trionfale del Partito fascista, e la diede alle stampe. nel 1926 presso l'editore Carisch di Milano. L'inno ebbe così una grandissima diffusione in tutta la penisola e la sua fortuna continuò per tutto il ventennio, pari se non superiore a quella della Marcia reale di Casa Savoia. Inoltre la Società italiana autori e editori, grazie all'intervento indiretto di Mussolini, stabilì il 15giugno 1926 di assegnare al B. la somma di L. 60.000, da attingersi dal "Repertorio anonimo", in due anni a partire dal 1927.Ormai innografo pressoché ufficiale del regime, il B. compose nel 1927 un Inno imperiale su versi di V.E. Bravetta, che venne eseguito il 9 aprile dell'anno stesso a villa Torlonia alla presenza del duce (cui era stato dedicato quale "Aquilifero di Roma" e che, documenta la Nicolodi, firmò visibilmente commosso la composizione dandole il titolo di Marcia delle legioni). Sempre nel 1927 l'Opera nazionale Balilla riconobbe come ufficiale l'Inno dei Balilla. Nel 1928, ancora su versi dei Bravetta, il B. compose l'Inno ufficiale degli studenti universitari fascisti, commissionatogli dal segretario generale del partito. Sempre su versi del Bravetta è l'Inno ufficiale dei giovani fascisti del 1932. Del 1936 sono la Preghiera del milite (incisa anche su disco) e l'inno Etiopia. Nel 1937, per celebrare la fondazione dell'Impero, compose il cosiddetto Inno Impero, sia per voce sola sia per quattro voci miste, per il quale dichiarò essersi ispirato alla lauda volgare medievale (il manoscritto fu inviato il 4 giugno di quell'anno a Mussolini unitamente all'incisione discografica della Columbia). Di questi anni è anche l'Inno della Somalia Italiana. Nel 1942 compose il canto eroico La grande ora, a detta dei B. ispirato alle ore epiche dell'Italia fascista.
Dopo questa data non si hanno ulteriori notizie della sua attività musicale. Il B. morì a Santa Margherita Ligure il 7 dic. 1969.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce (cart. ord.), f. 545861; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, I, Milano 1926, p. 192, e Supplemento, ibid. 1938, p. 103; Musicisti contemporanei, compositori e musicologi, a cura di O. Calbi, Napoli 1957, p. 38; Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 164; La musica. Dizionario, I, Torino 1968, p. 227; The Oxford Companion to Music, a cura di P. A. Scholes, London 1970, p. 404; F. Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole 1984, ad Indicem; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Roma-Bari 1985, pp. 68 s., 71.