PACE, Giulio
PACE, Giulio. – Nacque a Vicenza, nella contrada di Berga (di qui l’appellativo ‘da Beriga’), il 9 aprile 1550, in una famiglia nobile, da Paolo e da Lucrezia Angiolelli.
Ebbe un’ottima formazione umanistica; tra il 1565 e il 1574 studiò per cinque anni filosofia, poi diritto, presso l’Università di Padova, dove ebbe come maestri il filosofo Giacomo Zabarella e i giuristi Marco Mantova Benavides, Tiberio Deciani, Iacopo Menochio e Guido Panciroli.
Fra l’ateneo padovano, allora centro di idee protestanti, anche per la presenza di molti studenti tedeschi, e la natia Vicenza, ove tornò alla fine degli studi, essa stessa ‘focolaio d’eresia’ (aveva ospitato nel 1546 l’adunanza del gruppo di filosofi e giuristi che gettò le basi della setta antitrinitaria dei sociniani e vi aveva svolto da poco un’efficace propaganda il calvinista Alessandro Trissino), Pace assorbì le nuove idee religiose e quella libertà di pensiero che gli procurarono presto difficoltà con le autorità ecclesiastiche locali, inducendolo a riparare Oltralpe.
Il 19 luglio 1574 fu registrato tra gli abitanti di Ginevra, dove rimase per oltre dieci anni, dedicandosi con passione all’attività d’istitutore (fu precettore anche dell’umanista Isaac Casaubon), avendo anche occasione anche di mostrare la propria valenza come filosofo. Nel novembre 1575 il Consiglio cittadino gli concesse di leggere pubblicamente nell’Accademia, cosa che dovette fare con un certo successo, se di lì a poco gli fu affidata una serie di lezioni di Istituzioni e Digesto in sostituzione del celebre giureconsulto François Hotman. L’incarico gli fu confermato al rientro di questi, come suo collaboratore, e negli anni che seguirono; nel 1582 gli furono affidate anche lezioni di filosofia e logica.
A Ginevra sposò il 20 maggio 1578 Elisabetta, figlia del lucchese Lorenzo Venturini e di Aurelia Ochino (figlia di Bernardino Ochino), profuga anch’ella per motivi religiosi, da cui ebbe dieci figli. Ebbe inizio allora la sua fortunata attività di editore e commentatore.
Pace vi «pose in opera tutte le risorse di un ingegno chiaro e sottile, di buona cultura filosofica e ottima conoscenza dei testi, con lo scopo dichiarato di riordinare il grande e confuso corpo della tradizione giuridica romana, e, insieme, il complesso della tradizione logica e filosofica peripatetica, che egli sentiva strettamente connessa con i procedimenti tipici della tradizione giuridica» (Vasoli, 1983, p. 1014). Risultati esemplari di questo metodo, «che perseguiva al tempo stesso dei propositi filologici e critici e un programma di ‘sistemazione’ generale non ignaro delle discussioni sull’ordo e sulla methodus che avevano avuto tanta parte nella cultura filosofica del maturo Cinquecento» (ibid.), sono l’edizione greco-latina del Corpus juris civilis (Ginevra, E. Vignon, 1580), che gli procurò immediata fama soprattutto per le edizioni commentate delle Pandectae e delle Institutiones, e la traduzione latina con testo greco a fronte e commentario analitico dell’Organon di Aristotele (Morges, G. Laimarie, 1584). Quest’ultima, che rivelava forti legami con le dottrine logiche patavine e di Zabarella in particolare, divenuta una sorta di testo ufficiale, contava nel 1623 già undici riedizioni.
A Ginevra Pace ebbe fra i suoi studenti il figlio di Justus Reuber, cancelliere dell’Elettorato palatino ai tempi del reggente Johann Kasimir von Pfalz-Simmern, che ebbe una parte decisiva nella sua chiamata all’Università di Heidelberg nel 1585.
Qui Pace inaugurò i corsi di diritto il 30 agosto 1585 con un’orazione De iuris civilis difficultate ac docendi methodo ripresa alcuni anni più tardi nei De iuris methodo libri duo (Spira, B. Albin, 1597). L’opera, «di evidente indirizzo culto» (Parini, 2013, p. 1477), costituisce «una sorta di ‘manifesto’ prospettico delle nuove tendenze che si erano affacciate durante il sec. XVI» (Orestano, 1987, p. 93); in essa «si intravede la ricerca di vie appropriate per dare ordine» alla scienza giuridica, una scienza «empirica ma non meccanica», che «deve farsi guidare dalla ratio» e misurarsi al contempo «con la pratica e l’usus fori» (Birocchi, 1997, p. 199). In quest’ottica, Pace si dichiara seguace del metodo di Andrea Alciato e Ulrich Zasius e ammiratore di Jacques Cujas e rivolge per contro dure critiche a François Douaren e Hugues Doneau (Dufour, 1969, pp. 131 s.). La sua impostazione metodologica si avvicina molto a quella di Matteo Gribaldi Mofa, al quale è spesso accostato per la sorte analoga, ma di cui peraltro non fu allievo diretto.
Nei nove anni trascorsi a Heidelberg Pace tenne corsi di logica e di diritto che ne consacrarono la fama e approfondì in particolare gli studi di filosofia aristotelica, raccogliendo nelle biblioteche cittadine importanti codici che gli servirono per approntare le edizioni greco-latine di testi aristotelici pubblicate negli anni successivi.
Diede alle stampe inoltre alcuni testi giuridici destinati all’insegnamento universitario, come la Synopsis juris civilis (Lione, J. Mareschal, 1588), edita anche come Oeconomia iuris (ibid., A. Polier, 1616), fortunato tentativo di compendiare il diritto civile in tavole, e l’Epitome juris (Spira, B. Albin, 1589), il commentario Ad nouam imperatoris Friderici constitutionem, quae est de studiosorum priuilegiis (ibid., B. Albin, 1587) e la Dissertatio de transactionibus(Heidelberg, A. Smesmann, 1589).
In quegli anni si trovò però anche coinvolto in scontri scientifici accesi, che, nati da questioni metodologiche, degenerarono in ostilità personali. Il caso più noto è la polemica con Scipione Gentili, giurista italiano vicino a Doneau, costretto infine a lasciare la città. Nonostante la vittoria di Pace, il caso contribuì alla formazione nell’ambiente di Heidelberg di una corrente a lui ostile. Nel 1594 accolse così la proposta del duca di Bouillon, Henri de La Tour d’Auvergne, di andare a Sedan e contribuire con l’avvio di una propria scuola alla fondazione di un’Accademia riformata sul modello di quella ginevrina.
A Sedan si fermò un paio d’anni in cui, dando pieno seguito alle aspettative, pubblicò le Institutiones logicae (s. n. e., 1595), trattato elementare di logica che ebbe vasta circolazione, lavorò al De rebus creditis (Spira, B. Albin, 1596), ampio commentario al IV libro del Codice giustinianeo, e alle edizioni della Naturalis auscultatio, del De coelo, del De anima (Francoforte, eredi di A. Weche, C. Marne, J. Aubry, 1596) e di altri testi che confluirono poi negli Opera Aristotelis (Lione, G. de Laymarie, 1597).
Nel 1596, al divampare delle guerre di religione nella valle della Mosa, Pace decise di accogliere l’invito a tornare a Ginevra. Le profonde amicizie ritrovate lì (su tutte, quella con il giurista Jacques Lect, che aveva patrocinato con fervore il suo ritorno, e quella con l’ormai celebre filologo Isaac Casaubon) non gli impedirono di ripartire già l’anno seguente per Nîmes, altro baluardo del protestantesimo francese, dove fu professore di filosofia e rettore del Collège des arts dal 1597 al 1600.
Nell’autunno del 1600 lasciò Nîmes alla volta di Montpellier, ove, a causa delle difficoltà finanziarie dell’Università e dei complessi rapporti con la Curia vescovile, inaugurò il suo corso di diritto solo il 16 ottobre 1602.
Nei sedici anni in cui rimase a Montpellier, insegnando sulla cattedra già di Piacentino e di Casaubon, riprese la sua intensa attività di editore e commentatore. Sono di quel periodo varie rivisitazioni di scritti precedenti (come i Logicae rudimenta, Spira 1601, che riprendono le Institutiones logicae), la pregevole Doctrina peripatetica (Ginevra 1606), in tre tomi dedicati a logica, filosofia e politica, e opere giuridiche di grande impegno come l’Analysis institutionum (Lione 1601), i Methodicorum ad codicem libri III, gli Isagogicorum libri IV in inst. imp., digesta, codicem, decretales (Lione 1606). A Montpellier Pace ebbe come studente il grande erudito Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, con cui rimase sempre in rapporti di stretta amicizia, documentati da un’ampia corrispondenza.
Dopo la morte di Enrico IV, nel 1610, con la monarchia francese via via meno tollerante nei confronti delle università aperte alla Riforma, l’Università di Montpellier perse parte della propria autonomia, assoggettata all’ingerenza del vescovo locale, Pierre de Fenouillet, che creò difficoltà a Pace stesso, inducendolo a cercare una sistemazione altrove. Rifiutate le offerte delle università di Aix-en-Provence, Leida e Pisa, accettò quella, procuratagli da Peiresc, di ricoprire la cattedra già di Jacques Cujas nel giovane ma autorevole studio di Valence nel Delfinato, dove fu quindi una prima volta dal 1616 al 1620. Appartengono a questa fase due opere giuridiche notevoli, l’Analysis codicis (Lione 1616) e gli Opera theorica utriusque juris (ibid.1617), oltre all’Ars lulliana emendata (Valence 1618).
Allettato dall’idea di tornare in patria, nel 1619 Pace pubblicò un libello polemico che rivendicava alla Repubblica Veneta il dominio e la giurisdizione esclusiva sull’Adriatico (De dominio maris Hadriatici, Lione 1619, riedito in Acquaviva - Scovazzi, 2007, pp. 119-212) e prese la decisione di abiurare: una svolta che gli costò l’alienazione affettiva della moglie e dei figli. Quando, con il giudizio positivo di Paolo Sarpi, membro della commissione istituita dalle autorità veneziane per valutare l’operetta, e con la mediazione ancora una volta di Peiresc e di alcuni amici in patria (fra cui Paolo Porto e Paolo Gualdo), fece ritorno a Padova nell’aprile 1620, lo seguì solo il quartogenito Jacopo. Nello studio patavino, tuttavia, dopo un’accoglienza calorosa, non trovò fortuna, tanto che già nell’autunno del 1621, amareggiato, fece ritorno a Valence, dove continuò ancora a lungo a insegnare, lavorare al compimento di alcune opere (Enantiophanon, seu Legum conciliatarum centuriae X, pubblicate gradualmente: Spira 1586-96, Lione 1631; Definitiones juris, Parigi 1639, note anche come Posthumus Pacianus dall’edizione di Johannes Arnoldus Corvinus, Amsterdam 1643), e curare le numerose edizioni e ristampe dei suoi scritti in vari centri editoriali francesi, tedeschi, olandesi, fin quasi alla fine della sua vita.
Morì a Valence il 10 gennaio 1635.
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