BORROMEO, Giulio Cesare
Conte di Arona, secondo di questo nome, terzogenito di Renato I e di Ersilia Farnese, figlia naturale di Ottavio I duca di Parma, nacque il 19 marzo 1593.
Con istrumento dell'8 ag. 1613, aveva diviso con i fratelli Carlo e Giovanni i feudi di Peschiera e di Origgio e quindi, il 4 marzo 1614, con Carlo i beni residui del patrimonio familiare, accentrati in gran parte nei territori del Lago Maggiore. Fu anche erede (codicillo del 6 luglio 1630) dello zio cardinale Federico, da cui era già stato chiamato a precedergli nel marchesato d'Angera. Seguì, come in parte il fratello Carlo, l'esempio del nonno Giulio Cesare, valente comandante militare sotto Carlo V e Filippo II, abbracciando, giovanissimo, la carriera militare. Sposata nel gennaio 1615 Giovanna Cesi, figlia di Andrea primo duca di Ceri e marchese di Riano, sorella del cardinale Paolo Emilio, il B. estese il giro delle relazioni politiche e sociali della famiglia entrando in particolare dimestichezza con la corte spagnola e intensificando la partecipazione del casato ad opere religiose e alle cariche della gerarchia ecclesiastica lombarda e della Curia romana. Su suo invito, fu ospite nel 1633 alle isole Borromee l'infante di Spagna cardinale Fernando. Dei suoi tredici figli, quattro (Andrea, Carlo Maria, Federico e Massimo) entrarono fra i teatini e Federico, nunzio in Svizzera e in Spagna, sarà elevato alla porpora, assumendo la segreteria di Stato sotto il pontificato di Clemente X; mentre Ersilia e Margherita saranno accolte nei monasteri di S. Maria e delle cappuccine di S. Barbara. Egli stesso poi accrebbe di un chiostro il tempio dei cappuccini di S. Giustina eretto dallo zio cardinale Federico nel borgo di Cannobio e consacrato a chiesa nel 1665 dal figlio Federico.
Maestro di campo nel corso della campagna militare iniziata nel settembre 1635 contro l'esercito franco-sabaudo mossosi verso il Milanese al comando di Vittorio Amedeo I, il B. sovrintese inizialmente alla difesa dei feudi di Ornegna e del Verbano e partecipò quindi ai vari combattimenti susseguitisi fra il Po e il Ticino. Nel maggio 1638, a capo di un "tercio" di fanteria, seguì il Leganés nella controffensiva spagnola in Piemonte, che doveva concludersi, il 4 luglio, con la presa di Vercelli. Ma egli moriva durante l'assedio alla città, il 7 giugno, colpito da una bombarda. Il comando del suo reggimento passò al figlio Giovanni, che aveva seguito il padre fin dalle prime operazioni militari nel Verbano.
Lasciò una preziosa collezione di armi. Dei figli del B., va ricordato anche Antonio Renato (1632-1686), maestro di campo nel 1655, che si segnalò, prima di passare capitano della cavalleria lombarda, nella difesa del Vigevanasco contro le forze franco-sabaude del principe Tommaso, coprendo la ritirata del Caracena a Milano, e poi del Cremonese dalla piazza, da lui speditamente rafforzata, di Casalmaggiore. A lui ricorse ancora il governatore conte di Fuensaldagna nell'opera di soccorso alla piazza di Alessandria attaccata dal duca di Modena e nel contrastare il passo alle truppe franco-estensi che si spostavano dal Mantovano alle Terre del Vescovato nel Cremonese, durante le operazioni del 1657.
Fonti eBibl.: Archivo Gen. de Simancas, Estado, leg. 3382; Ammin. Borromeo (Milano, reg. Albero geneal. … famiglia Borromeo, ff.107-109; G. Gualdo Priorato, Vita et azzioni di personaggi militari e politici, Vienna 1674, passim;F. Calvi, Fam. notabili milanesi, II, Milano 1881, tav. XI; V. Spreti, Enciclopedia stor. nobiliare italiana, II, p. 145.