CAPONE, Giulio
Nacque ad Otranto il 16 marzo 1612, ma visse in seguito a Napoli, dove compì gli studi di teologia e di diritto. Nel febbraio 1635 conseguì il dottorato utriusque iuris, dedicandosi poi con successo all'avvocatura. Tale professione, unita ad una "attività d'insegnamento, pubblico e privato, lo rese più tardi - come ricordava Giannone - "cotanto famoso presso di noi".
Lo stesso Giannone concedeva un rilievo significativo ad una vicenda giudiziaria del 1650, di cui il C. fu protagonista. Giannone descriveva i gravi effetti della invadenza clericale nel Regno durante gli anni di governo pastorale del cardinale Filomarino, il cui violento curialismo, allargando gli spazi offerti dalla pratica mancanza di confine tra la giurisdizione della Curia e quella del governo civile, parve condurre a un'autentica appropriazione da parte ecclesiastica della città. Ricordava come il C. avesse sostenuto vittoriosamente la pretesa del cardinale, fondata su un'interpretazione estensiva delle sue prerogative giurisdizionali, d'impadronirsi di alcune case appartenenti alle monache di Donnaregina, difese per l'occasione da Giambattista De Luca.
Del resto, l'orientamento filocuriale del C. si espresse non solo nel patrocinio di cause, o nella qualità delle relazioni personali, ma affondava le proprie radici nella sua stessa formazione culturale, fortemente segnata dagli studi di teologia e di diritto canonico. Anche le opinioni scientifiche ne furono dominate: Costantino Cafaro, ad esempio, ricordava una sua dotta argomentazione, contenuta nel Tractatus de pactis et stipulationibus (Neapoli 1662) e contrastante con l'autorità di Cuiacio, che mirava ad escludere qualsiasi possibilità di rinuncia da parte del chierico al privilegium fori, e si spingeva sino ad affermare la nullità di ogni patto in tal senso, anche se rafforzato da giuramento. Pochi anni prima, in una impegnativa allegazione posta a stampa, egli aveva conferito un respiro teorico, che oltrepassava i limiti fissati dall'occasione specifica, alla tesi di una completa esenzione degli ecclesiastici dalla "bonatenenza" e da diverse gabelle (Iuris responsum pro exemptione clericorum..., s.n.t. [ma Napoli 1652]).
Nel 1639 il C. accettò di supplire, "senza salario", Gian Paolo Vernacchia sulla cattedra straordinaria di ius civile dell'università di Napoli, che tenne poi dall'ottobre del '41 al dicembre del '43 con lo stipendio annuo di cento ducati. Nel gennaio 1644 passò sulla cattedra di "testo, glosse e Bartolo", succedendo con un modesto stipendio a Gian Domenico Coscia. Ricoprì tale incarico fino al 1647. Dopo un certo intervallo, negli anni difficili della rivoluzione, ebbe ad interim nel 1652, con 650 ducati, la cattedra di ius civile della sera, tra le più frequentate del corso di giurisprudenza, che si era resa vacante per la morte di Giovanni Andrea Di Paola. Vi doveva restare fino al 1656, quando giunse la nomina di Giovanni Antonio Di Paola, mentre la peste, che infieriva nella città, interrompeva in pratica tutte le attività dello Studio.
Furono anni di intenso lavoro scientifico e didattico per il Capone. Fin dal 1649 egli aveva cominciato a raccogliere delle "Disputationes legales" (Napoli, Bibl. naz., ms. XII. A. 31), destinate in gran parte, nonostante il loro andamento farraginoso e scolastico, a rifluire più tardi nella redazione delle opere a stampa.
Le "Disputationes" rivelavano un chiaro rapporto con l'esperienza dell'insegnamento, cui il C. si era dedicato con intensità, soprattutto attraverso le lezioni private. D'altro canto a Napoli i corsi universitari costituivano di fatto, per numerosi docenti, una occupazione originale, ridotta spesso ad un'occasione per dar corpo al proprio prestigio e per aprire le strade di una rilevante attività professionale o d'insegnamento privato. Il diffuso fenomeno delle letture private costituiva pertanto il motivo di maggiore scandalo nella vita universitaria, inutilmente e debolmente combattuto a più riprese dalle autorità del viceregno.
Il C. era appunto tra quei maestri che trasgredivano più clamorosamente ai divieti con i suoi corsi di Istituzioni, che riscuotevano un tale successo, da imporre addirittura il suo arresto nel 1655, assieme ad un centinaio di studenti. Il processo si concluse con una severa condanna, cui tuttavia non fu dato effetto, nella speranza che fosse bastata "la mortificacion que se le ha dado con la prison" e per non privare lo Studio di uno dei suoi migliori insegnanti.
Alla fine del 1660, passata la grave crisi seguita alla peste, l'università fu riaperta e il C. ebbe la nomina straordinaria, con biglietto del viceré conte di Castriglio, per la cattedra vespertina di diritto civile. Cominciò le lezioni nel gennaio 1661, ma la sua posizione era resa precaria dalla designazione di Gregorio Gallo, che aveva momentaneamente rinunciato alla nomina come ordinario. Soltanto nel 1667, dopo un periodo di congedo, cui si era visto costretto, e dopo aver vinto un regolare concorso, poté consolidare il suo status ed ottenere definitivamente la cattedra. Il suo insegnamento si svolse comunque "con molta sodisfattione [ ... ] così dell'Ascoltatori, come del Publico", sicché le autorità accademiche, istruendo nel 1671 il processo per la nomina a conte palatino, potevano testimoniare "come esso Dr. Giulio non solo nel leggere dette letture hà mostrato sua scienza, habilità, et dottrina, ma anco nelle dispute, e conclusioni publiche, che si sono tenute in detti publici studij, ma anco nell'avocatione, per il che è stato segnalato da tutti per Jurisconsulto celeberrimo". Nel 1670 ebbe anche una modesta partecipazione alla vita politica napoletana, riuscendo, con i trentuno voti raccolti nel seggio di S. Gennaro all'Olmo, tra i designati per la carica di eletto del popolo, alla fine di una campagna elettorale particolarmente "vivace e combattuta". Morì nel 1673.
I suoi funerali si svolsero con gli onori riservati ai conti palatini e fu segnalato il lascito, in favore di Antonio Romano, d'una preziosa biblioteca, valutata oltre 20.000 ducati e ricca tra l'altro di circa cinquecento codici di repetitiones di quasi tutti i giuristi che avevano insegnato a Napoli nelle varie epoche.
Tra le sue opere vanno ancora ricordati un commentario inedito alle Quinquaginta decisiones, segnalato dal Volterra come documento significativo delle "letture di carattere... storico" tenute a metà Seicento nell'università di Napoli; alcune Quaestiones de dote (Neapoli 1651); i Commentaria ad IV libros institutionum canonicarum (Neapoli 1652);e due raccolte di allegazioni (Controversiae forenses utriusque iuris et fori, Neapoli 1673;e Disceptationes forenses, Neapoli 1672-76, poi ristampate più volte), che riuniscono il meglio della sua attività forense e costituiscono una fonte di notevole interesse sulla vita giuridica napoletana intorno alla metà del secolo. Postume infine apparvero le Institutiones canonicae, Coloniae Allobrogorum 1734 che riprendono in pratica il testo del 1652.
Fonti e Bibl.: Brevi profili bio-bibliografici si leggono in N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 162; L. Giustiniani, Mem. istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, I, Napoli 1787, pp. 195-197; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 75, 391; F. Nicolini, C. G., in NuovoDigesto Italiano, II, Torino 1937, p. 846. La data di laurea è registrata da [G. L. Torrese] Diligentissima Neapolitanarum doctorum nunc viventium nomenclatura, Neapoli 1653, p. 79. Per la vicenda delle monache di Donnaregina vedi P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, Napoli 1770, V, p. 377 (ma vedi anche il giudizio di p. 368) e G. De Blasiis, Ascanio Filomarino arcivescovo di Napoli e le sue contese giurisdizionali, in Arch. stor. per le prov. napoletane, VI (381), p. 757 n. 1. Per l'attività di maestro vedi G. G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, pp. 95-97; N. Cortese, L'età spagnuola, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 230, 299, 338 ss. I documenti sul processo del 1655, segnalati dal Cortese, sono andati distrutti o smarriti. Una fonte importante, per definire e correggere i dati relativi al suo insegnamento, è costituita dall'istruttoria per la nomina a conte palatino, in Arch. di Stato di Napoli, Cappellano Maggiore,Curia,Processi diversi, busta 1092, fascic. 12. Per l'elezione del 1670 vedi I. Fuidoro [V. D'Onofrio], Giornali di Napoli dal 1660 al 1680, II, a cura di A. Padula, Napoli 1938, pp. 141 s.; G. Galasso, Napoli nel viceregno spagnolo dal 1648al 1696, in Storia di Napoli, VI, 1, Napoli 1972, p. 152. Una interessante citazione dal Tractatus de pactis è in C. Cafaro, Speculum peregrinarum quaestionum, Neapoli 1665, p. 155b. Sul commentario alle Quinquaginta decisione vedi i cenni di E. Volterra, Di una sconosciuta operetta del '600sulle quinquaginta decisiones di Giustiniano, in Bull. dell'Ist. di diritto romano V. Scialoja, XXXVIII(1930), pp. 181-84.