BUONAMICI, Giulio
Nacque a Firenze da Silvio e da Fulvia Bartolini il il 7 sett. 1873. Dopo iniziali studi sulla civiltà egiziana si dedicò quasi esclusivamente all'etruscologia. La questione della lingua doveva costituire l'argomento principe dei suoi contributi: nel 1908 pubblicava a Faenza Dell'ipotesi più ragionevole intorno alla lingua etrusca e del modo da tenersi per decifrarla;nel 1910-11 e nel 1914 uscivano sempre a Faenza il Nuovosaggio sulla lingua etrusca e una prima memoria critica Sulpresente stato dell'etruscologia. Fondamento di esse era l'esigenza di porre a base dell'indagine filologica un approfondimento dell'analisi dei dati epigrafici. La natura epigrafica della quasi totalità delle fonti giustificava le conclusioni (tuttora valide) del B. sull'identità sostanziale dello studio delle iscrizioni e dell'indagine filologico-linguistica, che ne costituiva di fatto una sorta di applicazione e di prolungamento (Pallottino).
Nel 1910 il B. aveva fatto stampare a Roma I "saecula" degli Etruschi e la previsione del futuro e, nel 1913, a Imola uno studio sul Dialetto falisco. Conseguita la libera docenza, nel 1920 iniziò presso l'università di Pisa un corso libero di etruscologia con una prolusione, che riportava l'etrusco a un ceppo linguistico tracio-frigio-illirico.
Costituitosi nel 1927 il Comitato permanente per l'Etruria, il B. ne fu socio effettivo, chiamato a far parte della giunta direttiva quale presidente della sezione "Epigrafia", e incluso nella commissione per la redazione di Studi etruschi. Per questi il B. s'incaricava di redigere la Rivista di epigrafia etrusca, che compilò da solo sino alla morte (dal volume I al XIX: unica eccezione, l'annata 1939 approntata in collaborazione con M. Pallottino; nel 1942 il volume XVI usciva senza la consueta rubrica).
A Studi etruschi il B. destinò quasi tutta la nuova produzione scientifica: si ricordano nel 1927 l'intervento al I convegno nazionale etrusco (27 aprile-10 maggio 1926, su Dubbi e problemi sulla natura e la parentela dell'etrusco (I, pp. 239-253); nel 1928 (II, pp. 343-402), un'ampia memoria sull'Ipogeo e l'iscrizione etrusca di S. Manno presso Perugia;nel 1930 (IV, pp. 267-286), una nuova presentazione del Cippo scolpito ed iscritto di S. Martino alla Palma presso Firenze.
Membro della giunta esecutiva per la sezione epigrafica del I congresso internazionale etrusco (27 aprile-5 maggio 1928), vi espose i Criteri di coordinamento necessari nelle ricerche epigrafiche, al fine di poter ricavare il massimo contributo dal materiale raccolto e parzialmente pubblicato nel Corpusinscriptionum Etruscarum (Atti del I Congresso internazionale etrusco, Firenze 1929, pp. 233-345).
Da questi interessi il B. si scostava soltanto nel 1930, allorché pubblicava a Pisa un volume sulla Dottrina della conoscenza secondo Aristotele e la scuola. A quest'epoca era già in corso di stampa la sua opera maggiore, la raccolta di saggi e materiali di Epigrafia etrusca, che uscì a Firenze nel 1932.
Con l'Epigrafia intese scrivere non un "trattato completo di epigrafia etrusca", bensì un'opera di sintesi delle "varie questioni più notevoli in cui si divideva il campo della ricerca epigrafica" e di selezione dei "materiali che dovevano servire di esempi nella trattazione dei vari temi" (pp.14-15).Dopo una storia panoramica delle ricerche epigrafiche etrusche, il B. passava all'esame della distribuzione topografica delle iscrizioni, alla loro classificazione, all'esposizione dei criteri direttivi della ricerca epigrafica sotto il profilo monumentale, cronologico e grammaticale. Il testo era corredato da numerose note bibliografiche e di discussione. Recensito entusiasticamente da B. Nogara (Studi etruschi, VI [1932], pp. 612-613), il lavoro del B. può essere considerato uno dei risultati migliori delle ricerche etruscologiche degli anni trenta. Va tuttavia notato che il suo prudente astenersi dal "pronunciare una sentenza" diventa in più di un'occasione vera e propria mancanza di opinioni personali, come sottolineava già C. Battisti (ibid., VII [1933], p. 471).
Trasformato nel 1932 il Comitato permanente per l'Etruria in Istituto di studi etruschi, il B. veniva confermato nelle cariche e restava a far parte del nuovo Consiglio direttivo. Il 21 dic. 1933 venne nominato socio corrispondente della Pontificia Accademia romana di archeologia.
Intanto, la sua collaborazione agli Studi etruschi continuava con un saggio di revisione delle epigrafi etrusche (CIE:Vetulonienses, V [1931], pp. 379-411), con un riesame delle ipotesi Sull'origine del segno etrusco 8 = f (VII [1933], pp. 299-311) e con riconsiderazioni dal punto di vista dell'indagine epigrafica e del procedimento combinatorio del Fenomeno così detto della rideterminazione morfologica in etrusco (VIII [1934], pp. 291-304); nel 1935 ritornava ad analizzare L'iscrizione del cippo di Cere (ibid., IX, pp. 229-243).
Nel 1937 ribadiva la Necessità della ricerca epigrafica per l'ermeneutica etrusca (Milano). Nel 1939 pubblicava (Firenze-Roma) la raccolta di Fonti di storia etrusca tratte dagli autori classici presentate però in traduzione, e non nell'originale, "per favorire su larga base la conoscenza degli Etruschi presso le persone di media cultura" (pp.IV-V della prefazione del Nogara).
Uno degli ultimi lavori del B. era dedicato al problema delle origini e dell'applicazione della cosiddetta punteggiatura sillabica (L'interpunzione sillabica e di altre forme nell'etrusco, in Studi etruschi, XVI [1942], pp. 263-344). La questione veniva affirontata nello scritto del B. "con un generale diligentissimo riesame del materiale, ma con confronti ed illazioni storiche che restano poco conclusivi e convincenti" (Pallottino).
Dopo gli accordi con l'Accademia prussiana delle scienze per la continuazione del Corpus inscriptionum Etruscarum, ilB. era chiamato a far parte di un'apposita commissione dell'Istituto di studi etruschi e si vedeva affidare la cura di un fascicolo relativo all'Etruria meridionale: Studi etruschi del 1940 e del 1941 (XIV, p. 451; XV, p. 401). Dava notizie dello stato dei suoi lavori sino al 16 nov. 1942, allorché si incaricava il Pallottino di portare a compimento la raccolta, la classificazione e lo studio delle iscrizioni sulla base dello schedario precedente del Buonamici.
Il B. morì a Rignano sull'Arno (Firenze) il 9 marzo 1946. L'Istituto di studi etruschi acquistò nel 1947 dalla vedova Giocondina d'Alessio libri e manoscritti del B. e dedicò alla sua memoria il XX volume di Studi etruschi.
Bibl.: Breve necrologio redazionale in Studi etruschi, XIX (1946-47), p. 396;bibliografia in M.Lopes Pegna, Saggio di bibliografia etrusca, Firenze 1953, ad Indicem. Ulteriori notizie sono state desunte da Studi etruschi, I (1927), pp. 430, 432, 437; II (1928), p. 737; VI (1932), p. 563;XVI(1942), pp. 450-451. I giudizi di M.Pallottino sui contributi del B. in Doxa, III (1950), pp. 29 ss.