BONASONE, Giulio
Figlio di Antonio - di famiglia originaria di Carpi che si era stabilita a Bologna alla fine del sec. XV acquistando i diritti di cittadinanza nel 1492 - fu attivo, come incisore, a Bologna e anche a Roma; secondo il Pio nacque a Bologna nel 1488.
Scarse le notizie biografiche del B.: i termini cronologici della sua attività sono il 1531 e il 1574, date che figurano nelle sue stampe: da queste, dagli editori-calcografi che a un certo punto sono romani (Salamanca, Barlacchi, Lafréry), si può dedurre che fu a lungo a Roma: ma certo ritornò a Bologna dato che nel 1556 vi è citato come membro della compagnia delle Arti; nel 1571 farà poi parte della compagnia dei pittori e, secondo il Malvasia, anzi, ne venne eletto varie volte "Estimatore, Sindaco e Massaro". A Bologna presumibilmente, morì dopo il 1574, ultima data leggibile sotto una sua stampa (il S. Giorgio da Giulio Romano).
L'Oretti scrisse che in casa Branchetta, a Bologna, esisteva un dipinto di mano del B. datato 1572; anche il Malvasia (I, p. 185) che tratta la vita del B. includendolo tra gli allievi di L. Sabbatini, si diffonde sulla attività pittorica; ma il Lanzi osserva che più che allievo doveva essere condiscepolo e amico del Sabbatini. Il Malvasia cita un S. Francescoche prega per le animedel purgatorio tuttora nella chiesa dei Servi (ma già nel sec. XVII attribuito a B. Baldi) e una Madonna es. Nicola in S. Stefano, non reperibile. Allo stato attuale delle conoscenze, dunque, non ci sono elementi per studiare il B. pittore.
Numerose sono le sue stampe: il primo a descriverle fu il Malvasia (I, pp. 65-68), che ne elenca duecentocinquantacinque; il Bartsch ne ricorda trecentocinquantaquattro e fa una serrata critica dei repertori precedenti.
L'attività di disegnatore e incisore del B. è caratterizzata da un furioso desiderio di appropriarsi di tutto ciò che lo circonda con risultati ineguali e spesso contraddittori: nessuno, si può dire, fu così vario, incoerente eppure mosso da grandi aspirazioni come lui. Egli si agita in perpetuo, tra una riproduzione e l'altra, per dar vita ad un suo mondo, cioè per "inventare", ma il più delle volte non riesce che a "imitare" e finisce col dichiararlo, facendo dell'imitazione il suo ideale. "Imitando pinsit et celavit", scrive a piè della Creazione di Eva, del Profeta e Sibilla, della Giuditta da Michelangelo, della Vergine incielo tra il Battistae s. Gerolamo dal Parmigianino (rame nella Calcografia nazionale di Roma) ed anche dello Scipione ferito e della Clelia che attraversa il Tevere da Polidoro da Caravaggio.
Spesso le "imitazioni" sono delle copie attentissime come la Giuditta, dove il B. si è limitato ad adagiare nei limiti di un rettangolo la composizione che Michelangelo aveva dovuto inscrivere in un triangolo della volta della Sistina; solo che invece che ricavare la sua incisione direttamente da Michelangelo il B. la trae da un dipinto suo proprio: procedimento lungo quindi, fatto apposta per convertire una riproduzione in una "imitazione" e magari, senza volerlo, in una invenzione.
Nella riproduzione del Giudizio Universale di Michelangelo, il B. si astiene dal ripetere la pittura "imitandola", ma la traduce in un disegno attentissimo, ridicendola a se stesso e riportandola quindi sul rame.
Del Levar del sole il B. si proclama inventore; solo che ha preso la figura del Fiume del raffaellesco Giudizio di Paride inciso da Marcantonio e ne ha fatto nella sua stampa, con una piccola variante nella parte superiore, il giovane coricato che si desta: di contaminazioni di questo genere sono piene le sue invenzioni, come lo erano, d'altronde, quelle di Marcantonio.
Seguace tardivo di Marcantonio, maestro presto finito, il B. ha avuto il tempo di penetrarne completamente il linguaggio, ma anche quando riesce a farlo suo interiorizzandolo, non è del tutto soddisfatto e lo lascia per un altro di diversa natura: una favola di tinte sfumate e non di linee, che lo obbliga a serrare e ad impastare il suo tratteggio, più ancora di quanto avesse fatto Marcantonio. Ma, meno disciplinato di questo, il B. non sa comporre in un ordine sintattico chiaro e fermo il suo nuovo modo di intendere la forma. Sembra anzi che neppure di questo certe volte sia contento, e mentre continua ad alternarlo con la sua prima maniera o a mescolarli insieme con più o meno coerenza, tenta una terza tecnica, quella conosciuta attraverso il Parmigianino, quando forse era ancora a Bologna: l'acquaforte.
Con l'incisione all'acquaforte il B. rientra nel dominio della linea, meno regolare di quella tracciata dal bulino, ma volta anch'essa a modellare; dopo aver inciso a quel modo alcune lastre (la prima datata è la Resurrezione del 1561), ne incide altre associando l'acquaforte al bulino: Mercurio che sorprende lefiglie di Aglauro, il Giudizio di Paride, ecc. Tecnica, dunque, e non stile. Il suo stile o, meglio, la sua aspirazione allo stile è sempre nell'annullamento della linea entro i limiti del piano di tono, e specialmente dello sfumato, la cui realizzazione, tentata perfino in alcuni famosi ritratti - quali Michelangelo settantaduenne (B. 345), il Bembo settantasettenne (B. 344), il Raffaello con la barba (B. 347) - lo perseguita, insieme con il suo sfrenato amore per il nudo, che, nonostante l'influenza del Parmigianino e del Buonarroti, ha sempre in lui un'impronta giorgionesca e vecelliana.
La fretta e la foga non gli hanno impedito di studiare (magari nelle aule di una accademia bolognese) il corpo umano; e ciò si deduce dal fatto che egli pubblicò perfino una serie di Figure anatomiche (tredici: B. 329-341) inscritte in un modulo tra il marcantoniano e il mantovano; ma il suo vero amore fu il nudo femminile, contemplato non tanto nell'armonia delle sue linee, quanto nella finezza e nella morbidezza della sua epidermide. Fu questo amore a determinare il suo orientamento decisivo nel mondo delle forme, a mettere in moto la sua immaginazione e suggerirgli la massima parte dei soggetti delle sue stampe, compresa la ricca serie degli Amori Sdegni et Gielosie diGiunone, con versi "di sua invenzione" (B. 113-134): sono 21 stampine più il frontespizio nel quale si proclama "inventore"; ogni stampina è inserita in una cornice, una diversa dall'altra, molto elaborata, con cariatidi, animali fantastici, bucrani, festoni di fiori e di frutta, elementi architettonici nel gusto manieristico del tempo. A differenza della serie di stampe degli Amorosi diletti degli Dei (B. 146-164), nata dal desiderio non disinteressato di emulare Marcantonio e il Caraglio nella trattazione di soggetti piccanti, questa serie si svolge in un clima di fantasia ma poco o nulla concede all'improvvisazione e alla faciloneria, proprie di non poche delle sue stampe.
A parte le numerosissiine stampe di sua invenzione, le fonti alle quali il B. si è abbeverato, sono, oltre il mondo classico, il Parmigianino, Michelangelo, Raffaello, Pierin del Vaga, Correggio e i veneziani.
Diamo qui di seguito l'elenco delle stampe del B. datate e cronologicamente identificabili: Santa Cecilia, da Raffaello, fu incisa a Bologna nel 1531 (B. 74). Anteriore, secondo il Malvasia, è la serie di ventotto stampe con Vita e passione di Gesù Cristo, di sua invenzione (B. 1037), che il B. pubblicò presso Pietro e Rodolfo Pederzani (l'esemplare nella raccolta delle stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna non ha excudit); del 1541 è la Decorazione di un tempio in onore di Nettuno (B. 351); l'anno dopo incide il ritratto del Cardinale Bembo (B. 344), nel 1543 la Sacra Famiglia con Maddalena e s. Giovannino (B. 54) dal Parmigianino e nel 1544 Noè che esce dall'arca (B. 4) e la Battaglia di PonteMilvio (B. 84), entrambe da Raffaello; nel 1545 il Cavallo di Troia (B. 85) dal Primaticcio, Il trionfo d'amore su sua invenzione (B. 106) e il S. Paolo che predica da Pierin del Vaga (B. 72). Nel 1546 incide il vigoroso ritratto di profilo di Michelangelo (B. 345), inscritto in un tondo (il rame, per quanto logoro, sarà adoperato per la vita del Buonarroti di Ascanio Condivi); da Michelangelo, nello stesso anno, incide la Vergine ai piedi dellaCroce (B. 64, una delle poche tracce che ci siano rimaste del dipinto di Michelangelo per Vittoria Colonna) e l'anno dopo la Pietà di S. Pietro (B. 53), mentre sono sempre datate 1546 il Ratto di Europa da Giulio Romano (B. 109), Mosè che ordina agliEbrei di raccogliere la manna dal Parmigianino (B. 5) e l'Amore di Giove per Giunone di sua invenzione (B. 92).
Il ritratto di Nicolò Ardinghelli (B. 348: monumento sepolcrale) è databile al 1547, anno in cui fu inciso Marforio e Pasquino; del 1548 è il ritratto di Giovanni Bernardino BonifacioDoria (B. 342).
Al 1544 è datata (ma non firmata) una stampa con Decorazioni ditempio dedicatoa Giove (B. 350) e nel 1555 è pubblicata a Bologna la prima edizione delle Symbolicarum quaestionumde universogenere quas serioludebat libri quinque di Achille Bocchi, con centocinquanta stampine (B. 179-328) eseguite con intenti esclusivamente illustrativi che rivelano derivazioni da Raffaello, da Michelangelo, dal Parmigianino, da Prospero Fontana (al quale il Malvasia, I, p. 176, attribuisce il disegno di "molti de' rami") e perfino dal Bosch.
La firma del B. non compare in nessuna di esse, ma la tradizione gliele attribuisce; nella seconda edizione (1574) la tavola col bucranio è stata aggiunta da Agostino Carracci ed ha sostituito così quella originaria incisa in legno; forse per questa associazione con il Bocchi è spesso attribuita al B. l'invenzione di due stampe del 1555, una delle quali dedicata a Pio IV e l'altra, con varianti, a Paolo III, che rappresentano il palazzo che il Bocchi si era fatto disegnare dal Vignola: ma la sigla NB, indica probabilmente che le stampe sono del Beatricetto.Del 1561 sono la Madonna del silenzio da Michelangelo (B. 66) e la Resurrezione che è da sua invenzione (B. 45), come Amore neiCampi Elisi (B. 101) del 1563, anno in cui è datata anche la Sepoltura del Cristo da Tiziano (B. 44, cfr. E. von Rothschild, in Belvedere, I [1931] pp. 205 s. nota 3; numerose sono le incisioni del B. da Tiziano, cfr. Mauroner; recentemente, attraverso una di esse, è stato possibile identificare una piccola Crocefissione all'Escurial: cfr. G. Fiocco, A small portable panelby Titian forPhilip II, in The Burlington Magazine, XCVIII [1956], pp. 343 s.).
Ultime incisioni datate sono la Sacra Famiglia del 1570 (B. 58), su invenzione del B. ma con evidente ispirazione a Raffaello, e il San Giorgio da Giulio Romano del 1574 (B. 77)
Bibl.: Nonostante l'importanza del personaggio manca uno studio monografico recente sul B.; oltre a U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, IV, p. 273 (con la bibl. preced.), e ai principali repertori sull'incisione, v.: Bologna, Bibl. Com. dell'Archiginnasio, M. Oretti, Notizie de' Professori del disegno (sec. XVIII), ms. B. 127, c. 261; C. C. Malvasia, Felsina Pittrice... [1678], con note di P. Zanotti, Bologna 1841, I, pp. 64-68, 185; Bibl. Apost. Vaticana, cod. Capponi 257: N. Pio, Le vite di Pittori..., ms., [Roma 1724], c. 142; G. Cumberland, Some anecdotes ofthe life of Julio Bonasoni, London 1793 (gli aneddoti in realtà mancano, ma il catal., di circa duecentottantotto pezzi, è interessante - anche se, secondo il Bartsch, troppo generoso nelle attribuzioni - perché elenca opere esistenti nella collezione dell'autore, in quella del re di Francia, in quella Armano e nella Corsiniana); Catal. di... stampe di G. B. ... raccolte dal prof.Gio.Antonio Armano... ora possedute dal Sig. ... G. B. Petrazzani diBologna ed esibite in venditadallo stesso, Roma 1820 (secondo lo Zanotti, cfr. Malvasia, I, p. 65, questa raccolta sarebbe stata venduta all'estero: ma numerose stampe nel Gabinetto Naz. delle Stampe di Roma hanno il timbro Petrazzani); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Milano 1823, V, p. 59; A. Bartsch, Le peintre graveur, XV, Leipzig 1867, pp. 103-178; M. Pittaluga, L'incisione ital. nel Cinquecento, Milano s.d. (ma 1930), pp. 174-179, 200 n. 69, 212, 378; A. De Witt, Sull'acquaforte ital. primadell'800, in Boll. d'arte, XXVI (1932-33), pp. 474 s.; H. Tietze e E. Tietze-Conrat, Tizian-Graphik..., in Die graphischenKünste, III (1938), pp. 55, 68 s.; A. De Witt, La collezione delle stampe, (Galleria degli Uffizi), Roma 1938, pp. 45 s. (tra l'altro attribuisce al B. sette stampe [inv. 805-811] di nudi femminili simboleggianti le arti del Trivio e del Quadrivio: alcune recano la sigla B., e l'Aritmetica e l'Astrologia sono datate 1544. Il De Witt non cita, tra le stampe datate nella collezione, le due Pietà da Michelangelo [1546 e 1547], la Battaglia di Ponte Milvio [1544] e il S. Paolo che predica [1545]; F. Mauroner, Le incisioni di Tiziano, Padova 1941, p. 47; P. Barocchi, Note a G. Vasari, La vita di Michelangelo..., Roma-Napoli 1962, II, pp. 172, 265; III, p. 1254; IV, pp. 1742, 1923, 2020 s.; M. Catelli Isola, G. B., in Studi di Storia dell'arte in onoredi A. Petrucci, Roma 1969, pp. 19-25.