Masina, Giulietta (propr. Giulia)
Attrice teatrale e cinematografica, nata a San Giorgio di Piano (Bologna) il 22 febbraio 1921 e morta a Roma il 23 marzo 1994. Assurse a notorietà internazionale per i film interpretati con la regia del marito Federico Fellini, soprattutto per La strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957), in cui delineò personaggi patetici avviati a un destino amaro, che realizzarono l'imbattuto record di due Oscar consecutivi (1957 e 1958) destinati al migliore film straniero. Per Le notti di Cabiria la M. ottenne anche il Premio come migliore attrice al Festival di Cannes.
Figlia di un violinista e di una maestra di scuola elementare, ancora bambina fu affidata alla zia materna per poter frequentare a Roma le elementari e poi il collegio delle Orsoline, dove, nel teatrino della scuola, rivelò il suo precoce talento. Il passo successivo fu la partecipazione agli spettacoli del teatro universitario. Su vari palcoscenici romani la M. interpretò con sempre più accentuata professionalità e crescente successo una lunga serie di testi teatrali classici e moderni, l'ultimo dei quali, nel 1948, fu Angelica di L. Ferrero interpretato in coppia con l'esordiente Marcello Mastroianni. Molto presto la M. aveva iniziato a recitare alla radio, dove si guadagnò una vasta popolarità dando voce al personaggio di Pallina, inventato da Fellini che ribattezzò Giulietta la sua interprete. I due si sposarono il 30 ottobre 1943, dando vita a un'unione artistica e personale che durò esattamente mezzo secolo.
Comparve fuggevolmente per la prima volta sullo schermo in una sequenza dell'episodio fiorentino di Paisà (1946), che Roberto Rossellini improvvisò sulla scala dell'abitazione dei Fellini in via Lutezia. Ebbe la sua consacrazione alla Mostra del cinema di Venezia del 1948, strappando un applauso a schermo acceso per la toccante scena di Senza pietà di Alberto Lattuada dove, come giovane prostituta in fuga, abbraccia la compagna di sventura (Carla Del Poggio). Nel bene e nel male, il personaggio risultò determinante per la successiva carriera della M., alla quale i produttori si ostinarono a offrire ruoli stereotipi di donne perdute. Un personaggio del tutto diverso, ancora per Lattuada, affiancato stavolta da Fellini, fu quello della fida compagna del capocomico Peppino De Filippo in Luci del varietà (1950); Rossellini trasformò invece la M. nella povera borgatara di cui si prende cura la moglie di un industriale (Ingrid Bergman) in Europa '51 (1952). Poco rilevante sarebbe stata la breve apparizione nel primo film che Fellini diresse da solo, lo sfortunato Lo sceicco bianco (1952), se l'attrice non vi fosse comparsa nelle vesti e con il nome della passeggiatrice Cabiria, che in seguito la rese famosa. Attraverso film di scarso rilievo, la M. pervenne finalmente al personaggio di Gelsomina in La strada, ideato apposta per lei dal marito che aveva rifiutato qualsiasi altra candidatura per la clownesca compagna dello zingaro Zampanò (Anthony Quinn): un'incarnazione tra il comico e il tragico tale da guadagnarle il soprannome di female Chaplin. "She's the actress I admire the most" pare che abbia detto di lei Charlie Chaplin stesso. La conferma venne da Le notti di Cabiria, fortune e sfortune di una prostituta da comic stripe che includono il bizzarro incontro con un divo (Amedeo Nazzari, quasi nella parte di sé stesso) e sfiorano un finale tragico. Poco felici risultarono invece la grottesca coppia con Alberto Sordi (in Fortunella, 1958, di Eduardo De Filippo), che tenta di replicare Gelsomina e Zampanò, e l'abbinamento con la prepotente Anna Magnani, sua compagna di carcere nel film Nella città l'inferno (1959) di Renato Castellani. La carriera della M. proseguì con vari film anche all'estero, a conferma di un certo disinteresse del cinema italiano nei suoi riguardi: in Germania interpretò Jons und Erdme (1960; La donna dell'altro) di Victor Vicas, con Richard Basehart (già al suo fianco in La strada), e Das Kunstseidene Mädchen (1960; La gran vita) di Julien Duvivier; in Francia, The madwoman of Chaillot (1969; La pazza di Chaillot) di Bryan Forbes, accanto a Katharine Hepburn; in Cecoslovacchia, il fiabesco Perinbabà (1985; Frau Holle ‒ La signora della neve) di Juraj Jakubisko. In queste e altre situazioni, la presenza della M. senza la regia del marito risultò meno pregnante. L'attrice ottenne invece un autentico successo popolare come protagonista di due sceneggiati televisivi scritti da Tullio Pinelli, Eleonora (1973) e Camilla (1976). Proseguendo nella rassegna dei film felliniani, Giulietta degli spiriti (1965), tormenti di una casalinga in crisi assediata dai fantasmi, convinse meno dei precedenti. Sullo schermo la M. ritrovò una forma smagliante, accanto a Mastroianni, in Ginger e Fred (1986), dove Fellini racconta l'impresa di una coppia di anziani ballerini che tornano insieme per uno show in televisione. L'ultimo film fu il francese Aujourd'hui peut-être… (1991; Un giorno forse) di Jean-Louis Bertuccelli, ritratto intimista di una madre di famiglia. Nel 1993, reduce dall'aver accompagnato Fellini alla cerimonia di conferimento dell'Oscar alla carriera, l'attrice seguì con palpitazione l'aggravarsi delle condizioni di salute del marito (che morì in ottobre) e, ammalatasi anche lei, si spense sei mesi dopo.
L. Del Fra, 'Le notti di Cabiria' di Federico Fellini, Bologna 1957; T. Kezich, Giulietta Masina, Bologna 1991; T. Kezich, Federico ‒ Fellini, la vita e i film, Milano 2002.