MEDICI, Giuliano
de’. – Nacque a Firenze il 12 marzo 1479 da Lorenzo il Magnifico e da Clarice Orsini.
Sulla giovinezza del M. non si hanno molte notizie, anche se non mancano sue immagini, come un ritratto realizzato nel 1485 da Domenico Bigordi (il Ghirlandaio) nell’ambito del grande ciclo di affreschi della chiesa fiorentina di S. Trinita. Ultimo dei figli maschi del Magnifico, il M., pur essendo molto amato dal padre, fu oscurato dalla presenza dei fratelli maggiori, Piero, destinato a succedere al padre, e Giovanni, futuro papa Leone X. Persa la madre in giovane età (nel 1488), fu educato a Firenze insieme con i fratelli dapprima sotto la guida del canonico Matteo Franco e di Bartolomeo da Pratovecchio, e in seguito dei più noti Bernardo Michelozzi e Gregorio da Spoleto. Fu poi a Pisa con Giovanni, che seguiva gli studi universitari, tra la fine del 1489 e il 1491, e a Roma, nel marzo 1492, in occasione della pubblicazione della nomina cardinalizia di Giovanni.
Alla morte del padre, nell’aprile 1492, il M. si trovò a vivere una fase politicamente difficile, che fu gestita in maniera inefficace dai suoi fratelli. Mentre Piero assumeva la direzione del partito mediceo e la signoria di Firenze, il M., ancora adolescente, coltivò interessi letterari e cortigiani, rimanendo distante dalle leve del potere. Già in quegli anni si cominciò a pensare a un suo possibile matrimonio, allo scopo di consolidare l’alleanza dei Medici con le altre casate italiane. Nel corso del 1493 il vescovo di Arezzo Gentile Bechi avviò trattative per nozze con Lucrezia Borgia ma, di fronte ai tentennamenti del papa Alessandro VI, il progetto fu lasciato cadere e si avviarono più consistenti trattative per un fidanzamento con una figlia di Iacopo (IV) Appiani, signore di Piombino, che pure non giunsero a conclusione.
Nel settembre 1494 l’ingresso in Italia del re di Francia Carlo VIII con il suo esercito provocò il collasso del sistema politico italiano. In quel delicato frangente, mentre Piero cercava di salvaguardare la signoria medicea, Giovanni e il M. si recarono a Roma, il 22 ottobre. Il 27, però, rientrarono precipitosamente a Firenze, giusto in tempo per assistere alla rivolta antimedicea del 9 novembre, che li costrinse alla fuga e all’esilio.
Lasciata Firenze, i tre fratelli trovarono ospitalità a Bologna, presso Giovanni (II) Bentivoglio, e poi a Venezia. Da quel momento la vita del M. fu a lungo raminga, con continui spostamenti tra le corti italiane, dalle quali i Medici cercavano di ottenere gli aiuti necessari a rientrare a Firenze con la forza. Dopo aver accompagnato Piero in diverse località dell’Italia centrale allo scopo di reclutare truppe, tra il gennaio 1496 e l’aprile 1497 il M. visse a Milano, ospite della corte di Ludovico il Moro, che lo tenne in grande familiarità. In seguito raggiunse Bologna con l’intento di dare supporto al fratello Piero, che aveva lanciato un attacco contro Firenze, ma il rapido fallimento di questa iniziativa militare gli impedì di parteciparvi. Dopo un nuovo soggiorno a Milano, nell’agosto 1498 il M. partecipò a un’altra, meglio preparata iniziativa militare, che si valse dell’appoggio veneziano. A metà settembre penetrò con Annibale Bentivoglio e alcune centinaia di cavalieri nella Romagna fiorentina e nel Casentino, riuscendo a impadronirsi di Bibbiena. Il successo fu però vanificato dal fallimento del tentativo di attacco portato contro Firenze dal grosso dell’esercito, sotto il comando di Piero de’ Medici. In breve tempo il M. si trovò assediato a Bibbiena e poté fortunosamente evadere solo nel marzo 1499. In aprile era a Venezia e perorò la causa della sua famiglia davanti al doge.
In quegli anni così concitati, il M. frequentò la società cortigiana dell’Italia centrosettentrionale, che lo apprezzò per la sua raffinatezza, e sviluppò una discreta cultura poetica. A partire dal 1495 circa, compose più di settanta poesie, cui si devono aggiungere altre decine attribuite a lui ma apocrife, seguendo i moduli di un petrarchismo a tratti stucchevole, che pure gli valse considerazione tra i contemporanei. Tale produzione rimase manoscritta ed è stata oggetto di edizione solo in età contemporanea.
Al passaggio del secolo, di fronte all’evidente impossibilità di rientrare in tempi brevi a Firenze, i tre fratelli scelsero strade diverse. Il cardinale Giovanni, dopo un viaggio per l’Europa, si stabilì a Roma nel maggio 1500; Piero si pose al servizio della Francia; il M., tra l’estate del 1499 e il 1501, si divise tra la corte di Luigi XII e Venezia. Nella primavera del 1501 passò al servizio di Cesare Borgia, che aveva strumentalmente abbracciato l’idea di ristabilire i Medici a Firenze. Deluso nelle sue aspettative da Borgia, che rinunciò all’impresa dietro un lauto compenso dei Fiorentini, il M. si ritirò per qualche tempo a Genova presso la sorella Maddalena, moglie di Franceschetto Cibo, e poi di nuovo in Francia, alla corte di Luigi XII, e non prese parte a una nuova, inefficace ribellione medicea. Alla fine del 1502 intervenne nell’assedio di Imola insieme con Cesare Borgia, e poi si stabilì presso il duca di Urbino, Guidubaldo I da Montefeltro.
La morte di Piero de’ Medici, nel dicembre 1503, segnò la fine delle speranze di restaurazione medicea e fu un grave colpo personale per il M., il quale da quel momento visse prevalentemente a Urbino presso il duca Guidubaldo (morto nel 1508) e poi presso il suo successore, Francesco Maria Della Rovere, coltivando i piaceri letterari e mondani di una corte raffinata.
Fu un periodo complessivamente sereno, nel quale il M. frequentò insigni artisti, letterati e cortigiani, da Ludovico Ariosto e Raffaello Sanzio a Ottaviano Fregoso, da Pietro Bembo, che aveva già conosciuto a Venezia, a Ludovico di Canossa, a Bernardo Dovizi (detto il Bibbiena) fino a Baldassarre Castiglione, che fece del M. uno dei personaggi del Cortegiano. Nel dialogo di Castiglione, edito solo nel 1528 ma composto in una prima stesura già nel 1516, il M. viene chiamato a intervenire soprattutto nel terzo libro relativo alle caratteristiche della «donna di palazzo», ponendosi come il difensore del bello e del generoso. Maggiore rilievo il M. assume nelle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo (1525), opera nella quale assurge al ruolo di paladino del modello del «buon parlare» fiorentino. A Urbino il M. ebbe anche, nel 1511 (o 1510), un figlio naturale, Ippolito, in seguito cardinale, da una vedova, Pacifica Brandano, nella quale alcuni (Pedretti, p. 139) hanno ritenuto di identificare – senza fondamento – la figura femminile ritratta nella Gioconda di Leonardo da Vinci. Fu questo uno dei numerosi e fuggevoli amori che caratterizzarono la vicenda biografica del M., il quale, specialmente negli anni di esilio, appare in bilico tra una raffinata indolenza, a tratti venata di impulsi mistici, e una sensualità esasperata.
Il soggiorno urbinate del M. si prolungò dal 1503 al 1512, con qualche saltuario allontanamento. Nel 1510 fu in Romagna, al seguito di Francesco Maria Della Rovere, che comandava gli eserciti pontifici, e poi a Venezia. Il viaggio a Venezia suscitò nel pontefice Giulio II sospetti di una segreta intesa tra i Medici e i Bentivoglio e per questo il M. fu trattenuto alcuni giorni durante la sosta a Bologna.
L’esilio da Firenze ebbe termine nel 1512.
In quell’anno la sconfitta della Francia a opera della Lega santa isolò sul piano internazionale la Repubblica di Firenze, che si reggeva sulla protezione francese e si era inimicata il papa ospitando a Pisa un concilio di cardinali scismatici, e creò le condizioni per la restaurazione dei Medici.
In agosto, il M. patrocinò le ragioni della sua famiglia al congresso di Mantova, nel quale gli Stati confederatisi contro la Francia deliberarono di imporre la restaurazione degli Sforza nel Ducato di Milano e il rientro dei Medici a Firenze. Alla fine del mese il M. e il cardinale Giovanni marciarono sulla città al seguito di un corpo di spedizione spagnolo. La presa di Prato e il successivo saccheggio da parte delle truppe spagnole indussero i Fiorentini a togliere il loro appoggio al gonfaloniere Pier Soderini e, il 1° sett. 1512, il M. entrò trionfalmente in città con il fratello. In un primo momento si determinò un accordo tra i Medici e gli ottimati in base al quale veniva rafforzato il potere del Consiglio degli ottanta, roccaforte dell’oligarchia, ma già a metà settembre il cardinale Giovanni mise in atto un colpo di Stato, in conseguenza del quale furono assegnati i pieni poteri a una Balia di sostenitori medicei.
In questa fase di assestamento politico, il M. assunse il ruolo di rappresentante della famiglia Medici a Firenze e attuò, anche attraverso forme di aggregazione culturale, una politica di riconciliazione che gli attirò le simpatie di accesi repubblicani, come lo storico Iacopo Nardi. Nel febbraio 1513, tuttavia, la scoperta della congiura antimedicea di Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi indusse a una stretta repressiva, patrocinata dal cardinale Giovanni.
Con l’elezione dello stesso Giovanni a pontefice, l’11 marzo 1513 col nome di Leone X, si dischiusero al M. nuove prospettive. In agosto fu esonerato dal governo di Firenze, assegnato al nipote Lorenzo di Piero de’ Medici, al quale egli indirizzò una Instructione (in Gar, 1842-44, pp. 299-306) che, oltre a descrivere le istituzioni della Repubblica fiorentina, tracciava in termini molto generali un programma di governo basato sulla pacificazione e sulla retta amministrazione. Il 13 settembre, nel corso di una fastosa cerimonia in Campidoglio, ricevette la cittadinanza romana (onorificenza che si aggiungeva all’aggregazione alla nobiltà veneziana conferitagli dalla Serenissima il 17 ottobre dell’anno precedente) e, poco dopo, fu nominato generale di S. Chiesa.
Molti osservatori coevi, da Marin Sanuto a Pier Vettori, ritenevano che Leone X, legato al M. da profondo affetto, gli avrebbe assegnato un ruolo importante nell’elaborazione della politica pontificia. Ben presto apparve però chiaro che il M., uomo «più presto da corte, che da guerra», come scrisse Francesco Vettori (1972, p. 160), era inadatto ad assumere simili compiti, che rimasero nelle mani del pontefice e dei suoi più stretti collaboratori, primi fra tutti il cugino Giulio di Giuliano de’ Medici (il futuro Clemente VII) e Bernardo Dovizi, prontamente creati cardinali (1513). La posizione del M. era del resto indebolita da una latente rivalità con il nipote Lorenzo di Piero che, coadiuvato dall’energica madre, Alfonsina Orsini, cercava di accreditarsi come unico punto di riferimento della casata medicea.
Non si deve cadere però nell’errore di ritenere il M. una figura irrilevante. Nel corso del pontificato leonino egli esercitò infatti un significativo ruolo pubblico e cerimoniale, per esempio organizzando le imponenti feste svoltesi a Firenze nel 1514 per celebrare il patrono s. Giovanni e, l’anno dopo, l’ingresso in città del papa. In tal modo fu tramite tra il pontefice e il mondo cortigiano dell’Italia centrale. Indirizzò il proprio mecenatismo verso una variopinta corte di artisti e letterati, talora assai giovani o di modesto valore, come Girolamo Casio de’ Medici, Peregrino da Parma, Girolamo Muzio, Giorgio Tedesco, ma talora di prima grandezza, come l’architetto fra Giovanni Giocondo e Leonardo da Vinci, che preparò un progetto di regolamentazione idrica delle paludi Pontine, della cui bonifica il M. era stato incaricato.
In questo contesto si colloca pure il rapporto con N. Machiavelli, la vita del quale si intrecciò per una fase con quella del Medici. Incarcerato a seguito della congiura di Boscoli (febbraio 1513), Machiavelli indirizzò al M. alcuni sonetti allo scopo di accattivarsene il favore e, quando fu scarcerato, l’11 marzo di quell’anno, attribuì la liberazione alla benevolenza del Medici. A lui Machiavelli, nel corso dell’anno, propose di dedicare Il principe, ma di fronte alla freddezza con cui fu accolta l’offerta, si orientò su Lorenzo di Piero de’ Medici. Non fu, peraltro, questa l’unica volta in cui le sorti del segretario fiorentino si incrociarono con quelle del M.: nel gennaio 1515 Machiavelli ottenne qualche promessa di un impiego al seguito del M., come governatore di una delle città emiliane soggette alla S. Sede, ma Leone X, per bocca del cardinale Giulio de’ Medici (il futuro Clemente VII), bloccò ogni apertura in questo senso.
Pur privo di un ruolo politico veramente autonomo, il M. rappresentò una figura chiave nella strategia internazionale di Leone X, che mirava a creare nell’Italia centrosettentrionale uno Stato mediceo infeudato alla Chiesa, da conferire a uno dei maschi laici della famiglia, il M. o, in alternativa, il nipote Lorenzo di Piero. Se gli obiettivi politici del pontefice apparivano chiari, non era facile intravedere come essi potessero realizzarsi in un contesto diplomatico confuso, nel quale Leone X faticava a ritagliarsi uno spazio tra Francia e Spagna. Di qui un continuo rincorrersi di voci, spesso infondate, sulle mire del pontefice per dotare il M. di un dominio. Si parlò inizialmente di uno Stato formato da alcune città emiliane sottratte ai Ducati di Milano e di Ferrara, poi, nel corso del 1513, di Siena e Lucca o di Urbino, o ancora di Piombino e, in special modo dopo il 1514, del Regno di Napoli. Tutti questi progetti, se non furono meri auspici, rimasero inattuati, ma è certo che dal 1514 Leone X offrì sostegno alle mire di Luigi XII di Francia sul Ducato di Milano, cercando di ottenere in cambio l’appoggio della Francia per la conquista del Regno di Napoli e la sua assegnazione al Medici.
Tra il 1514 e il 1515 i rapporti del M. con la Corona francese si rafforzarono, grazie anche al buon rapporto stabilito con l’ambasciatore Claude de Seyssel, e l’ipotesi di creare un dominio per lui acquisì consistenza. All’inizio del 1515, Leone X ventilò a Francesco I di Valois l’ipotesi di una cessione alla S. Sede dei diritti che la Francia vantava sul Regno di Napoli, ma il sovrano rifiutò. Allo stesso tempo, però, fu possibile portare a conclusione le trattative per un’alleanza nuziale.
In una prima fase era stata avanzata l’idea di un matrimonio tra il M. e una figlia del viceré di Napoli, Raimondo Folch de Cardona, ma il progetto non ebbe esito. Dalla fine del 1514 Leone X si orientò, invece, verso un partito francese nella speranza di ottenere appoggio quanto meno alla creazione di uno Stato mediceo-papale in Emilia. La prescelta era Filiberta di Savoia, sorella del duca di Savoia Carlo III e di Luisa di Savoia, madre di Francesco I. Nel gennaio 1515, proprio Francesco I, da poco succeduto a Luigi XII, diede il suo consenso alla conclusione delle nozze e conferì al M. il titolo di duca di Nemours.
Il 10 febbr. 1515 il M. sposò a Torino Filiberta, nel corso di una fastosa cerimonia. Dopo un breve soggiorno in Piemonte, si imbarcò in Liguria e in marzo raggiunse Livorno e poi, all’inizio di aprile, Roma. Nel frattempo Leone X dava corso al suo antico progetto emanando, il 27 febbraio, una bolla con la quale concedeva al M. il vicariato perpetuo di Parma, Piacenza, Modena e Reggio, con il diritto di nomina degli ufficiali e il completo dominio sulle entrate.
Il matrimonio rappresentò per il M. un’occasione di affermazione sociale, ma non produsse gli effetti politici sperati. Mentre Francesco I progettava un’invasione del Ducato di Milano, rispondendo sdegnosamente alle richieste papali di rinunciare alle pretese della Francia sul Regno di Napoli, Leone X trattava per un’alleanza antifrancese con l’Impero, la Spagna, il Ducato di Milano e i Cantoni svizzeri, e ammassava un esercito. Il 29 giugno il papa conferì al M. il bastone di capitano generale della Chiesa in vista di un possibile conflitto, suscitando le gelosie del nipote Lorenzo di Piero, che reagì facendosi nominare capitano generale di Firenze. In luglio il papa aderì ufficialmente alla lega antifrancese, ma il M., malato, non poté assumere il comando delle truppe. In agosto egli raggiunse Firenze, ma, a causa del peggioramento delle sue condizioni, dovette cedere il comando a Lorenzo. Per tutta la seconda metà del 1515, impossibilitato a svolgere una reale attività politica, continuò nominalmente a rivestire un ruolo direttivo nello svolgimento della sfortunata campagna militare contro la Francia. Con la disastrosa sconfitta degli Svizzeri a Melegnano (Marignano) nel settembre 1515, i vincitori si riappropriarono dei domini assegnati dal papa al Medici.
In novembre il M. fu visitato a Firenze da Leone X, che si recava a Bologna per un incontro con Francesco I e, memore della città che lo aveva ospitato, si oppose al progetto del pontefice di invadere il Ducato di Urbino per assegnarlo a Lorenzo di Piero. Da dicembre le sue condizioni peggiorarono al punto che fu costretto a letto.
Il M. morì a Firenze il 17 marzo 1516, compianto da artisti e letterati, tra cui Ariosto che indirizzò a Filiberta di Savoia una toccante canzone consolatoria. Nel 1520 Leone X commissionò a Michelangelo il monumento funebre del M., che fu realizzato nella Sacrestia nuova di S. Lorenzo tra il 1526 e il 1534.
Fonti e Bibl.: La migliore ricostruzione biografica complessiva sul M. rimane quella di Giuliano de’ Medici, Poesie, a cura e con uno studio di G. Fatini, Firenze 1939, al quale si rimanda per la bibl. più risalente. Cfr. inoltre: T. Gar, Documenti riguardanti G. de’ M. e il pontefice Leone X, in Archivio storico italiano, App., 1842-44, t. 1, pp. 291-324; F. Vettori, Sommario della storia d’Italia dal 1511 al 1527, ibid., App., 1848, t. 6, pp. 305-318; C. Guasti, I manoscritti Torrigiani donati al R. Archivio centrale di Stato di Firenze, in Archivio storico italiano, s. 3, 1874, t. 19, pp. 16-76, 221-253 (regesto di lettere di Pietro Ardinghelli, tra cui numerose scritte a nome del M.); M.A. Altieri, G. de’ M. eletto cittadino romano ovvero il Natale di Roma nel 1513, a cura di L. Pasqualucci, Roma 1881; M. Sanuto, I diarii, I-XXII,Venezia 1879-1887, ad indices; L. Ariosto, Lirica, a cura di G. Fatini, Bari 1924, ad ind.; F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, ad ind.; B. Castiglione, Il cortegiano, a cura di V. Cian, Firenze 1929, ad ind.; F. Vettori, Scritti storici e politici, a cura di E. Nicolini, Bari 1972, ad ind.; W. Roscoe, Vita e pontificato di Leone X…, II, Milano 1816, pp. 71-73, 83-86, 95-97; IV, ibid. 1816, pp. 32, 70-72; V, ibid. 1817, pp. 48-58, 80-89, 98 s., 141, 159 s.; G. De Leva, Storia documentata di Carlo V in correlazione all’Italia, I, Venezia 1863, pp. 138 s., 162 s., 175, 179-181, 185-189, 200-205; A. Zobi, Delle nozze del magnifico G. de’ M. con la principessa Filiberta di Savoia: commemorazione documentata…, Firenze 1868; F. Cerasoli, Feste in Campidoglio nel settembre 1513 per l’esaltazione di G. e Lorenzo de’ Medici a patrizi romani, Roma 1891; V. Cian, Musa Medicea: di G. di Lorenzo de’ Medici e delle sue rime inedite, Torino 1895; A. Luzio, Isabella d’Este nei primordi del papato di Leone X, in Archivio storico lombardo, s. 4, XXXIII (1906), pp. 100, 105-107, 126, 138, 164; E. Solmi, Leonardo da Vinci ed i lavori di prosciugamento delle paludi Pontine ai tempi, ibid., XXXVIII (1911), 15, pp. 87-101; D. Gnoli, La Roma di Leone X, Milano 1938, pp. 60 s., 91-107; C.R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, ad ind.; F. Winspeare, La congiura dei cardinali contro Leone X, Firenze 1957, passim; Pedretti, Studi vinciani, Genève 1957, pp. 138 s.; R. von Albertini, Firenze dalla Repubblica al Principato: storia e coscienza politica, Torino 1970, ad ind.; M. Martelli, Preistoria (medicea) di Machiavelli, in Studi di filologia italiana, 1971, vol. 29, pp. 377-405; C.H. Clough, Francis I and the courtiers of Castiglione’s Courtier, in European Studies Review, VIII (1978), pp. 35 s.; G. Sasso, Niccolò Machiavelli, Bologna 1980, pp. 40, 318, 664; G.B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Roma 1981, ad ind.; C. Falconi, Leone X: Giovanni de’ Medici, Milano 1987; I. Ciseri, L’ingresso trionfale di Leone X in Firenze nel 1515, Firenze 1990, ad ind.; J.M. McManamon, Marketing a Medici regime: the funeral Oration of Marcello Virgilio Adriani for G. de’ M. (1516), in Renaissance Quarterly, 1991, n. 44, pp. 1-41; J.M. Najemy, Between friends. Discourses of power and desire in the Machiavelli-Vettori letters of 1513-1515, Princeton 1993, ad ind.; K.J.P. Lowe, Church and politics in Renaissance Italy. The life and career of cardinal Francesco Soderini, 1453-1524, Cambridge 1993, pp. 101 s.; S. Mantini, Lo spazio sacro della Firenze medicea. Trasformazioni urbane e cerimoniali pubblici tra Quattrocento e Cinquecento, Firenze 1995, pp. 197 s.; R. Delcroix, G. de’ M.: il crepuscolo del Rinascimento, Firenze, 1996; M. Casini, I gesti del principe. La festa politica a Firenze e Venezia in età rinascimentale, Venezia 1996, pp. 79-82, 131, 134-136; H. Jaeckel, I «tordi» e il «Principe nuovo». Note sulle dediche del «Principe» di Machiavelli a G. e a Lorenzo de’ Medici, in Archivio storico italiano, CLVI (1998), 575, pp. 73-92; F. Nitti, Leone X e la sua politica, a cura di S. Palmieri, Bologna 1998, ad ind.; M. Gattoni, Leone X e la geopolitica dello Stato pontificio (1513-1521), Città del Vaticano 2000, ad ind.; Der Medici-Papst Leo X. und Frankreich. Politik, Kultur und Familiengeschichte in der europäischen Renaissance. Atti del Convegno di Roma…1999, a cura di G.-R. Tewes - M. Rohlmann, Berlin 2002, ad ind.; U. Dotti, Machiavelli rivoluzionario, Roma 2003, ad ind.; I. Walter, Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, Roma 2005, pp. 214-216; D. Chambers, Popes, cardinals and war: the military Church in Renaissance and early modern Europe, London 2006, ad indicem.
S. Tabacchi