TOMMASI (Tomasi), Giugurta
Figlio di Francesco e di Antonia Griffoli, nacque a Siena nel 1541 da «famiglia nobile substantie mediocri», come scrive egli stesso in una supplica del 1577 (Siena, Biblioteca comunale, Mss., P.IV.11, c. 336v). Gli studi recenti hanno definitivamente confermato il 1541 come anno di nascita, superando la vecchia ipotesi di Giovanni Antonio Pecci (ibid., A.VII.36, c. 140v), che parlava del 1544, o l’improbabile 1562 tuttora presente in qualche scheda bibliografica.
La sua fama è principalmente legata alla compilazione delle Historie di Siena. Manca ancora sul personaggio uno studio biografico organico, nonostante la presenza di non poche tracce, per quanto rapsodiche, nella documentazione archivistica e negli studi, a stampa e manoscritti, degli eruditi sei-settecenteschi. Alcune informazioni sulla famiglia e sul suo coinvolgimento nelle vicende cittadine cinquecentesche si ricavano dalle stesse pagine delle Historie o dall’analogo e di poco precedente volume di Orlando Malavolti (1574 e 1599). Esemplare della complessità e della turbolenza dei decenni centrali del Cinquecento senese è l’altalenante carriera politica del padre Francesco: confinato nel 1545 per interessamento dello stesso imperatore Carlo V, poi inviato presso lo stesso imperatore l’anno successivo per contrattare il rientro dei fuoriusciti dell’Ordine dei Nove; poco dopo commissario generale della Repubblica in Valdichiana contro Pedro de Toledo; gonfaloniere della città durante l’assedio e infine – dopo la conquista fiorentina – funzionario sotto Cosimo I (Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VI.54, cc. 522v-523r).
In Della famiglia Tomasi, nella seconda parte dell’opera Della nobiltà dell’Italia (1628), Francesco Zazzera riporta: «Francesco marito di Antonia Griffoli e padre [...] di Giugurta cavaliere e dottore, huomo nei nostri tempi illustre in questa famiglia per diverse scienze, si ammogliò egli due volte, la prima con Francesca Ghini Bandinelli con la quale fe molti figliuoli, che moriron tutti, salvo ch’una figliola casata col capitan imperial Cinuzzi, e la seconda con Livia Cinuzzi; e morì messer dell’opera di Siena, il maggior officio e dignità che sia in quella città». Dal primo matrimonio, sulla base di un documento dell’Archivio di Stato di Siena (Mss., A.52, c. 275v), nacquero Marc’Antonio Luca (20 ottobre 1573), Emilia Benedetta (25 marzo 1577) e Vittoria Romana (6 agosto 1580); dalla seconda moglie nacquero Fausta Romana (14 dicembre 1582) e Isotta Supplizia (28 novembre 1583).
Non molte parole dedica alla sua figura Isidoro Ugurgieri Azzolini nelle Pompe sanesi (1649): «nobil sanese fu eccellente dottore di Filosofia, quale alcun anno publicamente lesse nello studio di Siena con honore. Praticò l’accademie, ed in più d’una fu ammesso, come in quella de’ Travagliati [...] Egli fu onorato dal serenissimo granduca della nobile carica di rettore dell’opera della Metropolitana di Siena». Di tale laconicità si risentì, nel 1723, Galgano Bichi nell’introduzione che stava preparando per la pubblicazione (che poi non andò in porto) della seconda deca dell’opera di Tommasi: «non havendo [l’Ugurgieri] fatta relazione alcuna della grandezza dell’ingegno, né dello scientifico e dottrinale, né della capacità della sua mente. Come ne pur vedesi haver egli fatto alcun semplice novero, né delli studii, né delle sue tante chiare gesta. E medesimamente ancora non haver indicato li tanti offizii, e cariche lodevolmente sostenute» (Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VI.2, c. 10).
La carriera accademica di Tommasi si dispiegò per intero nell’Ateneo senese dal 1568 alla vigilia della morte nel 1607, dapprima come lettore di logica, poi di filosofia straordinaria e, dal 1573, di filosofia ordinaria (Siena, Archivio dell’Università, XX.A.5). Non trascurabile neppure il suo impegno politico: fra i riseduti per il Terzo di Città nel 1566 e nel 1583, gonfaloniere nel 1588, capitano nel bimestre maggio-giugno 1595 (Archivio di Stato di Siena, Mss., A.66, c. 416r). Ma l’incarico più prestigioso fu indubbiamente quello di rettore della metropolita di Siena, che assunse il 21 gennaio 1591 (Siena, Archivio dell’Opera Metropolitana di Siena, 18, c. 1v), e che ha lasciato numerose tracce nell’Archivio dell’Opera (361-364).
Nell’introdurre l’inventario Stefano Moscadelli (1995) nota come «già sotto il rettorato di Giugurta Tommasi si volle vigilare con più attenzione sul personale impiegato nella gestione di quanto connesso con gli affari di culto» (p. 16); e le carte testimoniano dei suoi tentativi di dare regolarità agli incassi dai debitori dell’Opera. Nella veste di rettore e operaio Tommasi si trovò a dover difendere la propria decisione di inserire una lapide in ricordo di papa Alessandro III Bandinelli attribuendogli la consacrazione della chiesa nel 1179 e riportando le indulgenze concesse. Nell’operetta apologetica compilata tra la fine del 1591 e il 1593, Tommasi riproduce anche una tavoletta con l’immagine del papa che per decenni e decenni è stata appesa a una colonna della chiesa, e a conferma di ciò raccolse numerose testimonianze, in qualche caso autografe e datate, tra le quali spicca quella dell’anziano storico Orlando Malavolti (Siena, Biblioteca comunale, Mss., C.X.30).
Nel Diario sanese gli vengono tributati i massimi onori, in particolare per l’opera storica: «Giugurta valentissimo filosofo, e perito in ogni altra facoltà ha lasciata memoria immortale del suo valore ne’ due tomi dell’Istorie di Siena, che sono alla luce, oltre ad un terzo volume che si ha a penna, conducendo i fatti della sua patria infino a’ suoi tempi; leggonsi pure di esso alcune orazioni accademiche» (Gigli, 1723, p. 553). Girolamo Gigli qui allude alla Ventura de’ Travagliati (Siena, Biblioteca comunale, Mss., Y.II.24), ricordata anche da Laura Riccò (2002) e nel cui ambito si svolse principalmente la sua attività letteraria; ma Tommasi nel 1603 fu ascritto anche all’Accademia degli Intronati (Siena, Biblioteca comunale, Mss., Y.I.17, cc. 15, 245, 514, 555).
La stesura delle Historie occupò gli ultimi anni della sua vita; la ricostruzione dell’attività di ricerca documentale ci mostra la sua presenza in archivio per il decennio che va dal febbraio del 1592 a tutto il dicembre del 1602 (Lisini, 1896). La morte lo colse prima della rifinitura dell’opera, e in particolare della sua seconda deca, e cadde in una fase di perdita di vitalità dell’editoria senese. La prima deca, che tratta la storia della città dalle origini al 1355, fu pubblicata a Venezia dal tipografo senese Giovanni Battista Pulciani in due volumi nel 1625 e nel 1626. Entrambi sono dedicati dalla vedova, la seconda moglie Livia Cinuzzi, al granduca Ferdinando II, con le date 10 agosto 1625 e 20 dicembre 1626. Non sono fuori luogo le parole di lode di Gigli, che rammenta «il merito singolare di Livia Cinuzzi moglie di Giugurta Tomasi, e dama di spirito e saviezza singolare. Ella dié prova di quello, e nelle consuete feste dette i Giuochi di spirito, e nel pubblicare le Istorie di Siena composte dal marito, a cui pur dicesi aver dato l’ultimo rifinimento; e di questa nell’impiego che ebbe di prima dama di Caterina de’ Medici duchessa di Mantova e governatrice di Siena» (Gigli, 1723, p. 555). Nella seconda dedica la vedova prometteva al granduca: «animata dal suo favore, prenderò l’animo di presentarle ancora la terza, quando dalle mie deboli forze ciò mi sia conceduto». E, in effetti, fu la morte, il 28 maggio 1628, a impedire il completamento del progetto (Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VI.2, c. 21).
Il primo, infruttuoso tentativo di pubblicazione della parte rimasta manoscritta avvenne nel 1723, a opera di Galgano Bichi. Nella bozza di prefazione, l’erudito esplicita i criteri di trascrizione (affidata a Tommaso Mocenni) e di edizione (adottando criteri di leggibilità), e compila un elenco parziale delle «assai copie» presenti all’epoca nelle biblioteche private senesi, specificando la ripartizione dell’opera in tomi, il formato della carta e le caratteristiche della scrittura (cc. 22-25). La circolazione incontrollata in trascrizioni manoscritte dette anche occasione di un utilizzo non corretto e di tipo plagiario, come quello di Pecci. Le vicende della mancata pubblicazione sono state ricostruite da Mario De Gregorio (1987), sia nell’episodio settecentesco sia in quello del secolo successivo, quando non ebbe esito la proposta della Commissione senese di storia patria, formata da Cesare Riccomanni, Carlo Francesco Carpellini e Cesare Paoli.
La seconda deca delle Historie, che tratta del periodo 1355-53, ha visto la luce a stampa, a cura di Mario De Gregorio, suddivisa in quattro volumi (2002-2007). Prima ancora della pubblicazione, postuma, e fino ai contributi storiografici più recenti (Ascheri, 2000), la Storia di Tommasi è stata messa in parallelo, e a confronto, con quella di Orlando Malavolti, in considerazione della opposta affiliazione delle due famiglie al Monte dei nove e al Monte dei grandi, e della comprensibile, opposta partigianeria dei due storici. A dare avvio a questo filone interpretativo, proseguito fino al presente, è stata la ricostruzione della stessa genesi dell’opera di Tommasi da parte di Ugurgieri Azzolini (1649): «Havendo egli letto l’Istoria di Siena stampata dal Malvolti, e parendogli, che egli attribuisse troppo d’honore alle famiglie Grandi, e che havesse abbassato l’altre, ed in particolare quelle del Monde de’ Nove, delle quali è la consorteria de’ Tommasi...» (p. 636).
Per quanto Tommasi non citi mai l’opera di Malavolti, non nasconde certo le proprie simpatie novesche che emergono fin dalle prime righe della seconda deca, riferite al violento cambio politico del 1355: «Così variò il governo, e lo stato di Siena né passò dalla servitù alla libertà, come il minuto populo s’era persuaso, e s’andava vantando, ma dal governo di pochi (tal’era divenuto il reggimento de’ Nove) alla licenza della plebe condotta la prima volta dall’ambizione de’ Grandi al governo della Repubblica» (Dell’historie di Siena..., a cura di M. De Gregorio, 2002-2007, I, p. 1). In questa chiave sembra corretto leggere la scelta di passare, nella ricostruzione annalistica, dal 1496 al 1512, il periodo del principato del novesco Pandolfo Petrucci. E così l’incipit del Libro ottavo: «Di tutte le calamità patite dalla città di Siena doppo la prima deposizione dell’Ordine de Nove fatta al tempo di Carlo IV imperatore [...] le maggiori, e le più sanguinose funno quelle che seguirono doppo la morte di Pandolfo Petrucci. Perciocché [...] la Repubblica precipitò finalmente sé e ’l dominio suo in una perpetua servitù» (ibid., III, p. 1).
La struttura annalistica, l’inaffidabilità di alcune fonti per le epoche più antiche già rilevata da Giovanni Niccolò Bandiera (Siena, Biblioteca comunale, Mss., Z.I.11, c. 373), il ricorso a una documentazione archivistica meno ampia di quella di Malavolti e senza riferimenti puntuali (Cammarosano, 1988) se non rendono le Historie di Siena di Tommasi un’opera metodologicamente innovativa non cancellano però il suo interesse e la sua utilità per la riflessione moderna sulla storia della città.
Tommasi morì a Siena il 22 agosto 1607 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco (Siena, Biblioteca comunale, Mss. A.VI.2, c. 17).
Manoscritti delle Historie: Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.VI.1 (sec. XVII); A.VI.3-4 (sec. XVIII); A.VIII.43-44 (sec. XVIII); Archivio di Stato di Siena, Mss., D.22-23 (1722-23). Edizioni: Dell’historie di Siena, Parte prima, Venezia 1625; Dell’historie di Siena, Parte seconda, Venezia 1626; Dell’historie di Siena, Deca seconda, a cura di M. De Gregorio, I-IV, Siena 2002-2007.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Mss., A.52: Raccolta di nomi di persone nobili battezzate in Siena, c. 275v; A.66: Raccolta di nomi propri di persone nobili senesi [...] risiedute nell’illustrissimo, et eccelso Magistrato della Signoria di Siena, c. 416r; Siena, Archivio dell’Opera Metropolitana, 18, 361-364; Archivio dell’Università, XX.A.5: Notizie relative all’Università di Siena e catalogo dei professori dal 1246 fino al presente; Biblioteca comunale, Mss., Y.II.24: La ventura de’ Travagliati, con i discorsi di Giugurta Tommasi alle nobili e caste donne in essa ventura comprese. 1571; P.IV.11: S. Bichi Borghesi, Scrittori senesi. Notizie, c. 336v; A.VI.54, cc. 522v-523r; Stemmi e compendio storico di famiglie senesi; A.VI.2: G. Bichi, Sposizione a lettori. Da apporsi nella parte prima della seconda deca della Storia di Siena del signor Giugurta Tommasi (1723); A.VII.36: G.A. Pecci, Scrittori senesi, c. 140v; Y.I.17: Zucchino primo continente il catalogo degl’Accademici Intronati, cc. 15, 245, 514, 555; Z.I.11: G.N. Bandiera, Bibliotheca senensis, sive memoriae scriptorum Senensium, c. 373.
O. Malavolti, Dell’historia di Siena. Prima parte, Siena 1574, Seconda parte, Venezia 1599; F. Zazzera, Della nobiltà dell’Italia. Parte seconda, Napoli 1628 pp. n.n.; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, o’ vero relazione delli huomini, e donne illustri di Siena e suo Stato. Parte prima, Pistoia 1649, p. 636; G. Gigli, Diario sanese. Parte seconda, Lucca 1723, pp. 553-555; A. Lisini, I documenti consultati dagli storici Malavolti e T. per scrivere la Storia di Siena, in Miscellanea storica senese, IV (1896), 1, pp. 25-29; M. De Gregorio, Le traversie di un inedito. La seconda parte delle Historie di Siena di G. T. fra Sette e Ottocento, in Bullettino senese di storia patria, XCIV (1987), pp. 372-385; P. Cammarosano, Tradizione documentaria e storia cittadina. Introduzione al “Caleffo Vecchio” del comune di Siena, Siena 1988, p. 9; S. Moscadelli, L’archivio dell’opera metropolitana di Siena, München 1995, p. 16; Storia di Siena, a cura di R. Barzanti - G. Catoni - M. De Gregorio,I-III, Siena 1995-1997; M. De Gregorio, Libri e stampatori dopo la Repubblica, in Storia di Siena, a cura di R. Barzanti - G. Catoni - M. De Gregorio, II, Siena 1997, pp. 69-80; M. Ascheri, Siena nella storia, Siena 2000, pp. 26 s.; L. Riccò, La “miniera” accademica: pedagogia, editoria, palcoscenico nella Siena del Cinquecento, Roma 2002, pp. 59, 93.