MUZIO, Girolamo
Letterato, nato nel 1496 a Padova da Cristoforo Nuzio - e poi Muzio - che era nativo di Capodistria, ritenne dal paese d'origine del padre il nome di Giustinopolitano. Ebbe una giovinezza errabonda. Povero, si diede al mestiere del cortigiano: e fu accolto via via da Massimiliano I, dal duca di Ferrara, dal marchese del Vasto, da don Ferrante Gonzaga. Alla morte di questo, passò alla corte d'Urbino, come precettore del principe. Dai suoi patroni ebbe incarichi di frequenti missioni in Italia e fuori. L'ultima parte della vita trascorse per lo più a Roma e in Toscana: mori nel 1576 alla Paneretta in una villa di Lodovico Capponi fra Siena e Firenze. La sua opera letteraria varia e copiosissima è tardiva: comincia si può dire con la controriforma della quale egli si mise ai servigi probabilmente in buona fede, anche se ne ottenne in cambio che non fosse dato troppo peso all'amore per Tullia d'Aragona cantata nel periodo ferrarese.
In versi pubblicò nel 1550 le Egloghe, nel 1551 le Rime diverse a cui aggiunse un'Arte Poetica. Qualche fama conservarono più a lungo due trattati, Il Duello del 1550, Il Gentiluomo del 1564: pieni l'uno e l'altro d'un formalismo degno ormai d'esser detto secentesco. Lo stesso si dica delle Operette Morali. I suoi scritti sulla lingua, in difesa della dottrina trissiniana, furono pubblicati postumi nel 1582 col titolo: Battaglie per la difesa dell'italica lingua. Quelli che riguardano direttamente la polemica religiosa attestano una seria preparazione teologica e storica. Tali sono Le Vergeriane contro il Vergerio, Le mentite Ochiniane contro Bernardino Ochino, Le Lettere Cattoliche e molti altri.
Assai notevole è poi l'atteggiamento del M. circa la situazione politica dell'Italia del suo tempo. Dopo essere stato, nel periodo di Carlo V, sostenitore dell'imperatore, nei suoi ultimi anni si fece invece a propugnare la cacciata degli Spagnoli dall'Italia, a mezzo di una lega dei principi Italiani, che avrebbe dovuto iniziare la lotta liberando Genova dal larvato vassallaggio in cui era di fronte alla Spagna, proseguendo poi col liberare Milano e Napoli. Liberata l'Italia, i varî principi avrebbero dovuto stringersi in una confederazione, del tipo di quella svizzera.
Bibl.: P. Giaxich, Vita di G. M., Trieste 1847; A. Morpurgo, G. M., in Archeografo triestino, XVIII, fasc. 2°. Per il pensiero politico: V. di Tocco, Un progetto di confederazione italiana nella seconda metà del secolo XVI, in Arch. stor. ital., 1925; id., Ideali d'indipendenza in Italia durante la preponderanza spagnuola, Messina 1926, pp. 34-42.