FOSCARINI, Girolamo
Nacque probabilmente a Venezia il 2 luglio 1597, terzogenito di Alvise di Nicolò, del ramo di S. Stae, e di Lucrezia Gradenigo.
Il ramo della famiglia cui il F. apparteneva non brillava in quel tempo per ricchezza e prestigio politico. Il nonno Nicolò, che morì nel 1575, aveva subito un tracollo economico a causa della guerra di Cipro; ai tre figli maschi lasciò alquanto impoverito un patrimonio indiviso e costituito essenzialmente da immobili vincolati a una clausola che ne proibiva la vendita. Fu anche costretto a monacare le figlie, non avendo risorse sufficienti ad assicurare loro un dignitoso matrimonio. Morto precocemente uno dei figli, Girolamo, il patrimonio restò, sempre indiviso, ad Alvise e ad Antonio, i quali, nel 1591, addivennero a una divisione. La parte toccata ad Antonio, che fu giustiziato nel 1622 e non era sposato, passò ai suoi nipoti, figli di Alvise, tra i quali il Foscarini. Modesta la fortuna, dunque, e modesta anche la carriera politica di queste generazioni di Foscarini (con la sola eccezione dello zio del F., Antonio, brillante e prestigioso ambasciatore nonché intimo amico di fra Paolo Sarpi.
Entrato in anticipo nel Maggior Consiglio nel 1617, in virtù dell'estrazione della Balla d'oro nel giorno di s. Barbara, nel 1622 il F. esordì, anche qui in anticipo coi tempi, nella Quarantia civil nova; dopo aver tentato di ottenere, nello stesso 1622, la nomina a provveditore a Zara, nel 1625 fu eletto savio agli Ordini. Nel febbraio del 1627 (1626 more veneto) fu eletto giudice nel Collegio dei dodici - una corte di appello per cause di valore minimo - e, dopo un tentativo di ottenere la carica di capitano a Vicenza, tra il 1629 e il 1631 ricoprì quelle di camerlengo di Comun e di savio alle Acque. Nel giugno del 1632 entrò alle Rason Vecchie, ove per undici mesi fece parte di quello che era ancora uno dei più importanti organismi di controllo finanziario della Repubblica. L'anno seguente fu dei tre ufficiali alle Cazude, incaricati di riscuotere i crediti dello Stato per conto di altre magistrature finanziarie. Negli anni che vanno dal 1630 al 1635 il F. fu nella rosa dei candidati per le nomine a capitano e podestà a Vicenza, a Bergamo e a Sebenico, quest'ultima assegnata a un suo omonimo, figlio di Giovanni Foscarini, appartenente a un altro ramo della famiglia.
Anche nella seconda metà del decennio il F., entrato in Senato nel luglio 1635, tentò la scalata ai reggimenti di Terraferma, in particolare a quelli di Bergamo e Verona. Nel giugno del 1637 ottenne la carica di luogotenente nella Patria del Friuli, appena lasciata da un altro Foscarini, Alvise. Si recò a Udine verso la fine dell'anno (il primo dispaccio porta la data del 22 dicembre, l'ultimo quella del 20 maggio 1638). Ritornato a Venezia, presentò la consueta relazione al Senato il 26 maggio 1639.
Le preoccupazioni di carattere militare e politico, le questioni di confine alimentate da una presenza austriaca fastidiosa e provocatoria, tale da esigere una vigilanza costante da Pordenone a Monfalcone e financo oltre, dove arrivava la minaccia ottomana, caratterizzano l'esposizione del Foscarini. Ma subito la sua attenzione si sposta su problemi interni, la questione sociale, il contado: "La contadinanza di quella Patria povera, a misura della qualità del paese, è stata in tutte le occorrenze riguardata da me con occhio ripieno di zelo verso il suo sostentamento". Ed ecco allora, tra altri, il suggerimento di spostare dalla capitale a Udine le cause d'appello che più interessavano il mondo contadino, come quelle sui pascoli e i beni comunali. Prosegue vantando le accurate ispezioni su tutto il territorio di sua competenza, dalle quali scaturì quella "descrittione di fuoghi rurali" condotta respingendo favoritismi e pretese di facili esenzioni. E, ancora, gli interventi di limitazione delle spese pubbliche, la cura per l'efficienza nell'opera di assistenza, la preoccupazione per lo stoccaggio delle riserve alimentari, nonché l'attenzione ai buoni rapporti con l'autorità religiosa, soprattutto con il patriarcato di Aquileia.
Nel 1640 il F. fu in lizza per il Consiglio dei dieci, per la carica di capitano a Bergamo e per quella di provveditore a Cerigo, località strategica del Dominio veneziano da Mar, per la quale, curiosamente, si trovò a gareggiare con altri due Foscarini suoi omonimi, i figli di Pietro e di Giovanni. Finalmente il 17 febbr. 1641 entrò nel Consiglio dei dieci diventandone anche uno dei capi. Il 14 settembre dello stesso anno fu nominato capitano a Brescia, accanto al podestà Antonio Longo. In questa che era considerata una sede di prima grandezza il F. giunse nel febbraio 1642 (il primo dispaccio è datato 25 febbraio) e vi si trattenne fino alla fine di giugno del 1643.
Il 7 luglio presentò al Senato la relazione; sorvolando sulla descrizione della città esordiva con un'ampia disamina dell'apparato difensivo, sull'organizzazione militare, sulle fortificazioni, sui magazzini e sulle riserve di munizioni e illustrava gli interventi volti a incrementare l'efficienza delle strutture (allontanamento dai fossati delle mura di colture e insediamenti impropri) sia di Brescia sia di quelle altrettanto vitali di Asola e Orzinuovi. Ricordava poi la sua azione per la repressione del contrabbando e delle esportazioni non autorizzate di armi (riflesso inevitabile delle fiorenti esportazioni legali) e il particolare impegno profuso nel garantire i sistemi di approvvigionamento alimentare di riserva per le Comunità locali. Sottolineava la sua riorganizzazione delle Camere fiscali e del sistema di entrate pubbliche, nel suo complesso, con una capillare opera di riscossione di dazi e di recupero dei crediti, combattendo o riducendo esenzioni fiscali e incrementando l'efficienza della burocrazia centrale e periferica. Non mancava di accennare al problema sempre più grave della alterazione della moneta e del suo valore legale, suggerendo anche caute aperture nei confronti di monete forti straniere. È una relazione circostanziata, ricca di considerazioni personali e suggerimenti (tra questi, curioso, quello di risparmiare la polvere da sparo e l'usura delle artiglierie mediante una drastica riduzione delle salve di saluto alle personalità in visita e quelle sparate per le solennità religiose), che acquista ampio respiro quando il F. rileva che non c'è buon funzionamento dell'apparato fiscale se non c'è anche un sistema politico-amministrativo efficiente basato sulla razionalizzazione (esplicito il riferimento alla travagliata opera di estimo del territorio bresciano) e su una giusta e accorta attività di governo che, sola, può infondere fiducia nei governati.
Si susseguirono, dopo il rientro del F. a Venezia, le partecipazioni ai ballottaggi per l'assegnazione delle cariche di provveditore in campo, di pagatore in campo, di senatore e di ambasciatore in Francia. Nell'ottobre del 1643 fu provveditore alle Fortezze e alla fine dell'anno fu eletto dei Tre sopra le deliberazioni del Senato, un incarico che interruppe a metà, nel novembre del 1644, quando gli giunse la nomina a consigliere per il sestiere di Santa Croce e contemporaneamente fece per la prima volta il suo ingresso in Senato come membro ordinario dei Pregadi.
Già nel febbraio 1641 aveva assunto l'incarico di camerlengo del Consiglio dei dieci, ossia di amministratore della cassa per le spese segrete, delle quali il Consiglio non doveva rendere conto a nessun altro corpo dello Stato. A un'altra magistratura fortemente legata al Consiglio dei dieci, gli inquisitori di Stato, il F. verrà chiamato qualche anno dopo, per due volte, nell'aprile del 1645 e nell'ottobre del 1649. Candidato, nel febbraio del 1645 alla carica di inquisitore in Terraferma, nell'aprile dell'anno dopo, concluso il mandato di consigliere, fu scelto con altri cinque nobili per porre mano a una capillare opera di censimento e controllo del patrimonio abitativo veneziano e degli affitti, nell'ambito della quale erano previsti interventi sanzionatori e di sovvenzione agli indigenti. Nel maggio del 1646 venne eletto provveditore sopra Monasteri, ma lasciò dopo qualche mese l'incarico perché assunse quello di commissario in Dalmazia.
Eletto il 3 sett. 1647, il F. partì dal Lido il 28 dello stesso mese e inviò il primo dispaccio da Zara l'11 ottobre. Affrontò la missione con la consapevolezza della sua urgenza, percorrendo tutta la regione, occupandosi personalmente dei rifornimenti e delle disposizioni logistiche per l'armata veneziana, così affiancando validamente il provveditore generale Leonardo Foscolo nella dura campagna che culminò nella presa di Clissa presso Spalato.
In agosto il F. entrò nuovamente in Senato e il suo nome venne inserito tra i candidati alle cariche di provveditore generale alle Armi in Regno e di commissario in Armata, oltre che a quelle dei reggimenti di Brescia e di Vicenza. Nel corso del 1649 pose ancora la sua candidatura a provveditore e commissario in Dalmazia; nel luglio venne di nuovo eletto consigliere per Santa Croce e il 29 genn. 1650 fu dei Quattro aggiunti alla riforma dello Studio di Padova. Nel marzo 1650 fu eletto provveditore generale in Dalmazia e Albania, ma, - nominato dopo un tentativo andato a vuoto nel marzo precedente - procuratore di S. Marco de citra il 30 ottobre, rinviò la partenza sino al gennaio del 1651 e il 25 febbraio inviò il primo di una lunga serie di dispacci, l'ultimo dei quali nel gennaio del 1653.
Da essi emerge l'instancabile attività svolta dal F. nei due anni di permanenza in questa terra vitale del Dominio veneto, teatro dell'aspra lotta che la guerra di Candia aveva originato. Come suo costume il F. percorse in lungo e in largo il territorio in accurate ispezioni, delle quali informava la Signoria con dovizia di dettagli e schiette considerazioni personali. L'impegno e la durezza del mandato finirono per ripercuotersi sulla sua salute dopo aver notevolmente compromesso anche il suo patrimonio; il F. fu perciò costretto a chiedere il rientro anticipato a Venezia.
Gli ultimi anni della carriera del F. furono contrassegnati da numerose elezioni, talmente vicine da obbligarlo a passare dall'una all'altra senza prenderne effettivamente possesso: revisore e regolatore sopra Dazi (28 genn. 1652), revisore e inquisitore sopra le Scuole grandi (17 febbr. 1653), provveditore sopra il Lido (8 marzo 1653), soprintendente alle decime del clero (22 marzo 1653), membro del Collegio di sette sopra la liberazione dei banditi (23 marzo 1654), savio alle Eresie (28 marzo 1654) inquisitore in Terraferma (24 giugno 1654). Il 6 dic. 1654 fu nominato capitano generale da Mar. Partì da Venezia alla fine di febbraio dell'anno dopo, solennemente, con gran seguito e alla testa di un ingente apparato militare. Non attese che fosse eletto il successore del doge Francesco Molin: in quel sofferto conclave anche il suo nome comparve nella rosa dei candidati.
"Di spirito ardente e disciplina severa - annota il pubblico storiografo della Serenissima Battista Nani - il F., "arrivando all'armata, pensava di corregere molti abusi che il costume della guerra, la mancanza dei capi, l'età giovanile dei comandanti, haveva o introdotti o permessi". Progettava inoltre audaci e incisive campagne militari nel cuore del territorio nemico, ma "col finir de' suoi giorni - annota ancora il Nani - cancellò i suoi generosi disegni".
Morì il 5 maggio 1655, ad Andros, nelle Cicladi, a seguito di un attacco di "febbre maligna". Il suo corpo fu trasportato a Venezia e, dopo una spiacevole disputa tra il pievano di S. Stae e i frati della basilica dei Frari, fu tumulato in quest'ultima, nell'arca di famiglia.
Nel 1650 aveva fatto testamento, alla vigilia della partenza per la Dalmazia. Erede universale dei beni, sottoposti a "strettissimo et perpetuo fidecommesso", era nominato il figlio Alvise, dal quale sarebbero passati poi ai nipoti Nicolò (1647-1670) e Sebastiano (1649-1711) con la costituzione di un fondo per dotare la nipote Lucrezia. Il patrimonio era costituito, oltre che da un'imprecisata somma liquida, da immobili a Venezia (a S. Stae, dove il F. abitò e a S. Polo) e da proprietà immobiliari e fondiarie a Pontelongo, nel Padovano, nei pressi di Mestre, e a Oderzo, nel Trevigiano. Numerosi erano i legati in denaro a istituzioni religiose e assistenziali. Tra i parenti era ricordato lo zio Antonio, condannato a morte nel 1622 per tradimento in un clamoroso e sommario processo e altrettanto clamorosamente riabilitato pochi mesi dopo. Per onorare la sua memoria il F. ordinò di far erigere un monumento nella chiesa dei Frari con un'iscrizione che ne esaltasse l'innocenza. Solo molti anni dopo fu posto un busto, non ai Frari ma nella chiesa di S. Stae, accanto a quelli di altri membri della famiglia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti…, III, p. 542; Ibid., Avogaria di Comun. Libri d'oro. Nascite, regg. VI, c. 136; VIII, c. 110 b. 166, fasc. 145; Ibid., Ospedali e Luoghi pii, b. 304, fasc. 4 (testamenti di vari membri della famiglia e divisioni beni); Ibid., Notai di Venezia. Testamenti, b. 1241, n. 87 (testamento del padre del F.). Sulla carriera politica e il cursus honorum: Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Giuramenti dei rettori, reg. 6, c. 43; Ibid. Lettere rettori. Udine, b. 173, cc. 134-142; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni Pregadi, regg. 10, cc. 25v, 34v; 11, cc. 20v, 182v; 12, cc. 19v, 57v, 116, 136v; 13, c. 23v; 14, c. 20v; 15, cc. 12v, 13v, 19, 30v, 86v, 115v, 119v, 162, 163v, 181v; 16, cc. 11v, 18v, 55v, 60; 17, cc. 61v, 69v, 83v, 107v, 115v, 116v; Segretario alle Voci. Elezioni Maggior Consiglio, regg. 15, cc. 22, 85v; 16, cc. 22v, 43v, 134v; 17, c. 163v; 18, c. 1v; 19, cc. 1, 187v; 20, cc. 93v, 160v; Ibid., Consiglio dei dieci. Miscellanea codici, regg. 62, cc. 6v, 48v, 68, c. n.n. (1° ott. 1649); 63, cc. 8, 11v; Ibid., Senato. Dispacci rettori. Udine, filze 26-28; ibid. Brescia, filze 43-45; Ibid., Collegio. Relazioni, b. 37; Ibid., Provveditori da Terra e da Mar, b. 374 (rubrica del provv. gen. in Dalmazia); filze 471-473: b. 1096; Ibid., Inquisitori di Stato, b. 1215, fasc. 81; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. P.D. 2624/8; Mss. P.D. C 868, 19; Cod. Cicogna 2994; Mss. P.D. 617, 1; Cod. Cicogna 2014, 12 (iscrizioni veneziane nelle chiese e luoghi pubblici [S. Stae], inedite, di E.A. Cicogna), c. 1; 2009, I, c. 5v. Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII 837 (=8916), Raccolta dei Consegi…: cc. 60, 78v, 221v, 264v, 268v; 838 (=8917), cc. 12v, 107, 110; 839 (=8918), cc. 6v, 18, 90, 99, 218v, 263v, 289v, 310, 311, 312v, 332; 840 (=8919), cc. 64v, 70v, 74, 82, 87, 140v, 151v, 210; 841 (=8920), cc. 13v, 33, 54v, 63v, 67, 82, 93, 94v, 116, 225v, 232v, 243v, 247v, 253, 256v, 258, 259, 264v, 267; 842 (=8921), cc. 6, 31, 48, 54, 90v, 96v, 100v, 130, 152v, 172v, 194v, 212, 213, 221v, 237v; 843 (=8922), cc. 15v, 19v, 29, 32v, 42v, 75v, 79v, 104v, 105v, 127v, 132v, 134v, 171v, 220v; 844 (=8923), cc. 22v, 33v, 36v, 49, 51v, 55v, 57v, 58, 60v, 66v, 67v, 84v, 109v, 127v, 129v, 135v, 141v, 166, 186, 201v; Mss. It., cl. VII 1008 (=7446), c. 210; Ibid., Mss. It., cl. VII 639 (=8058); Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura di A. Tagliaferri, I, Patria del Friuli (Luogotenenza di Udine), Milano 1973, pp. VIII, LX, LXIV, 228, 231; XI, Podestaria e capitaniato di Brescia, ibid. 1978, pp. IX, XXXIII, LIV, 421, 432; Sententiae latae… in favorem… Petri de Gallicis plebani… S. Eustachii contra… rr. pp. conventuales min. vulgo li Frari causa funeralis… anno MDCLV… pro H. Fuscareno, Venetiis 1657; F. Rossi da Retimo, Il ritratto del vero cittadino aristocratico o pure la vita di G. F. proc. di S. Marco capitano generale da Mar, Venezia 1659; M. Trevisan, I gesti eroici di G. F.…, Venezia 1665; B. Gallici Mercurii tripoda et trium Venetorum heroum…, Venezia 1666, pp. 63-92; G. Brusoni, Historia dell'ultima guerra tra' Veneziani e Turchi, I, Venezia 1673, pp. 238 ss., 242, 256, 265, 267; B. Nani, Istoria della Repubblica veneta, in Degl'istorici delle cose veneziane…, Venezia 1720, II, pp. 173, 260 s., 301, 344; A. Morosini, Historia Veneta…, ibid., III, p. 462; E.A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 25, 365, 424 s.; Prospetto cronologico della storia della Dalmazia…, Zara 1878, p. 263; G. Valentinelli, Bibliografia dalmata tratta da' codici della Marciana di Venezia, Venezia 1845, sub voce; Id., Supplemento al saggio bibliografico della Dalmazia e del Montenegro, Zagabria 1862, pp. 14, 90; G. Soranzo, Bibliografia veneziana…, Venezia 1885, p. 401; M. Nani Mocenigo, Storia della marina veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica, Roma 1935, pp. 179 s.; G. Zorzanello - P. Zorzanello, Inventari dei mss. delle biblioteche d'Italia, LXXXV, Firenze 1963, ad Indicem; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1966, pp. 473, 612, 626; S. Romanin, Storia documentaria di Venezia, Venezia 1974, VII, p. 261; K.M. Setton, Venice Austria and the Turks in the seventeenth century, Philadelphia 1991, pp. 179, 182.