GIROLAMO di Stefano d'Alemagna (detto Girolamo Vicentino)
Sono sconosciuti la data e il luogo di nascita di questo pittore, figlio di un certo Stefano "pistor" (fornaio) di origine tedesca e fratello di un non meglio noto Bernardino, anch'egli pittore. È però plausibile ipotizzare che G. fosse nato a Vicenza, dove risulta attivo tra il 1481 e il 1510.
Si deve alle ricerche di G.G. Zorzi (1916) la ricognizione documentaria relativa alle scarne notizie biografiche riguardanti G., citato per la prima volta il 24 nov. 1481 come residente a Vicenza e testimone nell'atto nuziale del pittore Bartolomeo Cincani, detto il Montagna, del quale fu molto probabilmente allievo e amico. Infatti, l'anno successivo, il 16 sett. 1482, G. è ancora documentato a Vicenza, qualificato come "pictore filio Stephani fornarii", in casa dello stesso Montagna. Ancora il 25 nov. 1488 risulta "in contrata Santi Laurentii in domo habitacionis magistri Bartholomei Montagna pictoris", dove la sua presenza è attestata a più riprese fino al 17 giugno 1494.
Ma già nel 1488 G. doveva essersi recato a Venezia, come attesta la tavoletta con la Morte e Assunzione della Vergine, oggi alla National Gallery di Londra, firmata e datata: "Hieronimus Vincentinus pincsit Venetiis 1488".
Gli stretti rapporti intrattenuti dal pittore non solo con il Montagna, ma anche con gli artisti che frequentavano la sua bottega sono confermati in sede documentaria. Il 3 sett. 1495 fu eletto arbitro dai frati di S. Vito del borgo di Lisiera per dirimere una controversia circa il pagamento di un'ancona, dovuto dai religiosi al pittore Francesco Pandini che, per parte sua, aveva eletto quale arbitro Leonardo da Caldogno. Quest'ultimo era appunto allievo del Montagna, come pure Giovanni Speranza Vajenti, che il 13 dic. 1496 stipulava un atto notarile al quale fu presente anche Girolamo.
L'anno seguente G. sottoscrisse un contratto, in data 6 maggio 1497, per la realizzazione di un dipinto, oggi perduto, destinato alla chiesa del piccolo centro di Barbano, nei pressi di Vicenza.
Il soggetto e il carattere dell'opera si possono ricostruire sulla scorta del contratto stesso, nel quale il pittore si impegnava a eseguire una sorta di piccolo polittico, su disegno fornito dal suo committente, il nobile vicentino Gerolamo Pagliarini, che prevedeva uno scomparto centrale con la Vergine ed il Bambino, due laterali con S. Pietro e S. Paolo, una Pietà nel tondo centrale superiore, e una Annunciazione nei tondi minori, oltre alla cornice con colonne di stucco dorate, il tutto per un compenso di 15 ducati da pagarsi in tre rate successive.
Poco altro si sa della vita di G., se non che nell'agosto del 1499 acquistava, per 30 ducati e 3 lire, i diritti livellari di una casa in contrada S. Marcello, di nuovo ricordata in un documento del 1506.
Al 12 marzo del 1510 risale l'ultima notizia relativa a G., che risulta testimone, ancora una volta in compagnia del maestro Montagna, al testamento di una tale Laura Zancani.
Se paiono dunque assodate la formazione vicentina e le frequentazioni montagnesche, ancora non del tutto pacifiche restano le questioni concernenti la ricostruzione di un catalogo dei dipinti ragionevolmente attribuibili al pittore.
Rientrano nella sua produzione, oltre alla già citata tavoletta londinese, il S. Sebastiano del Museo Jacquemart-André di Parigi, firmata "Hieronymus Vicentinus fecit", realizzata per Sant'Angelo in Vado, presso Urbino; il Cristo portacroce dell'Accademia Carrara di Bergamo e un altro S. Sebastiano - già nella collezione del conte Guardino Colleoni nel castello di S. Maria a Thiene, e oggi disperso - entrambi ugualmente firmati.
Come è stato riconosciuto pressoché da tutti gli studiosi, e sottolineato in particolare da Berenson (1957) e da Puppi (1958), la Morte della Vergine di Londra segna un momento di deciso avvicinamento alla pittura di Vittore Carpaccio - che G. può aver conosciuto e frequentato direttamente a Venezia - sia nell'impostazione spaziale, sia nel trattamento delle figure e degli elementi architettonici, sia in certi brani del paesaggio.
I raffronti più precisi e pertinenti a opere del pittore veneziano si possono istituire con le due tavolette con Scene di torneo pure conservate alla National Gallery di Londra; ma la stessa Morte della Vergine fu registrata nel catalogo della galleria come opera di Carpaccio, e Longhi (1934), seguito da Perocco (1967), considerò il dipinto come una copia da un disperso autografo carpaccesco.
Di diversa e più eterogenea matrice culturale si rivelano invece le componenti stilistiche alle quali sembra essere debitore il dipinto di Parigi, e segnatamente centro-italiane e ferraresi: ciò che ha suggerito l'ipotesi di un viaggio del pittore nelle Marche attraverso l'Emilia e Ferrara, verso la fine del Quattrocento. Così, il S. Sebastiano del Museo Jacquemart-André sarebbe databile verosimilmente intorno al 1498 (Puppi, 1958; Barbieri). Col che si è pure accantonata l'ipotesi, avanzata dallo stesso Longhi, di postulare due omonimi ma distinti maestri tra i quali dividere il catalogo di Girolamo. Secondo Puppi (1962) l'esperienza ferrarese di G. sarebbe comunque già riscontrabile in opere precedenti, quali, per esempio, la Madonna con il Bambino del Museo nazionale di Cracovia, e testimonierebbe la presenza e la mediazione di elementi di cultura figurativa ferrarese a Vicenza nell'ultimo ventennio del XV secolo.
Tra il soggiorno veneziano e quello marchigiano, o subito dopo, intorno al 1500, si possono collocare la paletta con la Madonna e il Bambino con i ss. Giorgio e Benedetto della parrocchiale di S. Giorgio a Sorio di Gambellara, nei pressi di Vicenza, e una Madonna con Bambino in collezione privata a Budapest, forse entrambe frutto di una diretta collaborazione con Giovanni Speranza (Puppi, 1963).
A completare il modesto catalogo delle opere di G. vanno aggiunti: una Madonna con Bambino conservata all'Istituto Bertolio di Cittadella (Padova), opera presumibilmente giovanile; due Ritratti virili, uno ai Musei civici di Padova, l'altro al Museo civico di Vicenza, databili sul finire del secolo; un Ritratto di giovinetto già in collezione Dreicer a New York e ora disperso. Il già citato Cristo portacroce di Bergamo, riferibile agli anni tra il 1508 e 1510, segna un definitivo ritorno di G. al montagnismo.
La vecchia identificazione di G. con l'omonimo scultore vicentino Girolamo Pironi, o più esattamente Pittoni, avanzata da Borenius e accolta dubitativamente da Fiocco (1917), si è rivelata assolutamente insostenibile in seguito alle pubblicazioni di Zorzi, come dimostra il fatto che Pittoni è documentato dal 1504 al 1558 e morto forse tra il 1567 e il 1568. Lo stesso Borenius ha poi lasciato cadere la sua ipotesi nella voce dedicata a Pittoni redatta per il Künstlerlexikon (XVII, p. 88).
Di G. non sono noti né il luogo né la data di morte.
Fonti e Bibl.: G. Lochis, La Pinacoteca e la villa Lochis alla Crocetta di Mozzo presso Bergamo, Bergamo 1858, p. 218; E. Jacobsen, Die Galerie Lochis zu Bergamo, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XIX (1896), p. 263; T. Borenius, I pittori di Vicenza, Vicenza 1912, p. 213; G. Lafenestre, La peinture au Musée Jacquemart-André, in Gazette des beaux-arts, II (1913), pp. 352 s.; L. Venturi, Una risorta casa del Rinascimento italiano, in L'Arte, XVII (1914), pp. 71 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 4, Milano 1915, p. 660; G.G. Zorzi, Contributo alla storia dell'arte vicentina nei secoli XV e XVI, in Miscellanea di storia veneta, s. 3, X (1916), pp. 122-127, 177 s.; G. Fiocco, Recensione ai contributi di G.G. Zorzi, in L'Arte, XX (1917), p. 183; A. Venturi, Il Quattrocento nell'Emilia, Bologna 1931, pp. 72 s.; G. Fiocco, Carpaccio, Roma 1932, p. 85; Id., Porträts aus der Emilia, in Pantheon, VI (1932), p. 338; R. Longhi, Officina ferrarese, Roma 1934, pp. 42, 161 s., 197; R. Van Marle, The development of Italian schools of painting, XVIII, The Hague 1936, p. 570; B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936, p. 523; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1946, p. 15; R. Pallucchini, Capolavori dei musei veneti, Venezia 1946, p. 115; M. Davies, The National Gallery catalogues. The earlier Italian schools, London 1951, pp. 168 s.; L. Grossato, Il Museo civico di Padova. Dipinti e sculture dal XIV al XIX secolo, Venezia 1957, pp. 177 s.; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Venetian school, London 1957, p. 91; L. Puppi, Il problema di G. Vicentino. Contributi per un profilo storico della pittura vicentina del tardo '400 e del primo '500, in Vita vicentina, 1958, nn. 6-7, pp. n.n.; Id., Precisazioni e aggiunte a G. Vicentino, ibid., 1959, n. 3, pp. 1-5; Id., Francesco Verla, in Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, IX (1960), pp. 266 s.; Id., Bartolomeo Montagna, Venezia 1962, pp. 46 s.; Id., Giovanni Speranza, in Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, XII (1963), pp. 389-392; M. Cancogni - G. Perocco, L'opera completa del Carpaccio, Milano 1967, p. 87; F. Barbieri, Pittori di Vicenza. 1480-1520, Vicenza 1981, p. 38; M. Tanzi, Ipotesi per Paolo Antonio da Scalzoli. Aspetti della pittura cremonese nel secondo Quattrocento, in Itinerari, V (1988), p. 97; M. Lucco, in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, a cura di M. Lucco, II, Milano 1990, p. 751; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 188.