DANTI, Girolamo
Figlio di Giulio e di Biancofiore degli Alberti, e fratello minore di Egnazio e Vincenzo, nacque, probabilmente a Perugia, nel 1547, come si ricava dalla iscrizione apposta al monumento funebre suo e di Vincenzo in S. Domenico di Perugia, in cui si legge che morì nel 1580 a trentatre anni.
Il 31 maggio 1575 si iscrisse all'arte degli orafi (Manari, 1866); nello stesso mese ricevette un pagamento di 20 ducati a saldo delle pitture da lui eseguite nella "sala nova" e in "quella sopra il camerotto" nel monastero di S. Pietro (Perugia, Arch. di S. Pietro, L.E. 24, c. 183). Nel giugno 1576, come erede del fratello Vincenzo, morto nel mese precedente, ricevette da Diomede Della Corgnia 40 scudi a saldo del lavoro eseguito da Vincenzo nella cappella di Giovanna Baglioni Della Corgnia (morta attorno al 1571) nella chiesa di S. Fiorenzo a Perugia (Arch. di Stato di Perugia, Notaio Agabito Nerucci); prese in affitto la bottega del fratello sita in palazzo Armellini (Mariotti, 1788); aveva in corso una causa a Gubbio (lettera di Egnazio al duca di Urbino, in Sapori, 1981, p. 11 n. 18). Nello stesso anno ricevette un pagamento e nell'anno successivo, fra gennaio e aprile, altri quattro per lavori, di cui non è specificata né la natura né la ubicazione, eseguiti per i cassinesi di S. Pietro (Perugia, Arch. di S. Pietro, L. E. 25, c. 16; L. E. 124, cc. 8, 9, 14, 19). Nel 1578 cedette al Comune la bottega in palazzo Armellini, destinata a sede della Accademia del disegno (Mariotti, 1788), di cui era sicuramente membro visti i rapporti strettissimi che legarono la sua famiglia a questa istituzione sin dall'origine. Nel primo semestre dell'anno fu priore e nel secondo camerlengo dell'arte degli orafi (Bombe, 1913).
Il 25 maggio 1580 fece testamento; uno dei testimoni era il pittore Giovanni Antonio Pandolfi da Pesaro, marito di sua sorella Lucrezia (Arch. di Stato di Perugia, Notaio Giacomo Masci);morì il giorno dopo lasciando erede il figlio Giulio.
Le opere che i documenti ricordano eseguite dal D. nel monastero di S. Pietro andarono perdute probabilmente già nel Settecento. Agli affreschi della "sala nova", da identificare con quelli della foresteria citati dal Borghini (1584),l'artista già lavorava nella prima metà del 1574,come si può dedurre dai pagamenti ricevuti dal pittore Giulio Caporali "nel giugno" per "tanti colori che ha dati li mesi passati alli pittori della sala nova" (Manari, 1866).Non è stato invece rinvenuto alcun documento che possa essere messo in relazione con gli affreschi della sagrestia della chiesa di S. Pietro che tutte le fonti ricordano come opera del D., a cominciare dal Borghini (1584),e che le descrizioni dell'edificio affermano eseguiti nel 1574 per 31 scudi. Vi sono rappresentati: il Battesimo di Saulo; il Battesimo del centurione; la Visione della Sindone; il Sacrificio di Listra; la Morte di Anania, cioè storie dei ss. Pietro e Paolo tratte dagli Atti degli Apostoli, ed inoltre due Profeti.
La decorazione della sagrestia costituisce attualmente la base per la valutazione della personalità del D. che non è sorretta dalla conoscenza di buona parte delle opere, d'altronde poco numerose, citate da fonti e documenti. Sono andati perduti, nel corso di una delle drastiche trasformazioni dell'edificio, i dipinti della cappella di S. Luca in S. Francesco al Prato (la Resurrezione, nella volta, e altre storie) della cui notizia siamo debitori a Raffaello Borghini, autore della più antica biografia, a quattro anni dalla morte del pittore. Né oggi più si vede la Madonna e angeli raffigurata sulla controfacciata della chiesa di S. Francesco ad Umbertide, allora Fratta (Lancellotti).
Secondo il Borghini, il D. dipinse alcune figure nella Galleria delle carte geografiche nei palazzi vaticani, dove Egnazio, responsabile delle cartografie, lo chiamò a collaborare nella fase iniziale dei lavori (1580).La notizia è ripresa dal Baglione (1649),che certamente per errore pone vicino ad Egnazio un altrimenti ignoto Antonio Danti, e più tardi, fra gli altri, dal Lanzi (1809) che scambia Girolamo con Vincenzo. Anche per lo stato di conservazione degli affreschi della Galleria, non è possibile localizzare la partecipazione del D. a quella grandiosa impresa diretta dal Muziano, che, a stare al Borghini, dovrebbe essersi limitata a parti di contorno e, in genere, a elementi non cartografici nei dipinti delle pareti. Forse l'intento di Egnazio era quello di introdurre nell'ambiente romano il fratello che però ritroviamo poco dopo a Perugia ad affrescare il chiostro di S. Domenico. L'opera fu interrotta dalla morte quando il D. aveva eseguito una sola scena raffigurante La Morte, il Tempo, la Vecchiaia (Alessi).
Èinvece conservata un'altra opera citata dal Borghini, cioè la Natività "benissimo lavorata" in S. Domenico di Gubbio, che è da identificare con l'Adorazionedei pastori, tuttora in situ. Anche questa commissione gli fu probabilmente procurata da Egnazio, influente membro dell'Ordine domenicano.
Sulla base del confronto con gli affreschi di S. Pietro può essergli attribuita la tela della Madonna con Bambinoe i ss. Giuseppe e Claudio (Perugia, Museo dell'Opera del duomo, proveniente da S. Claudio) che gli evidenti rapporti con le opere tarde di Orazio Alfani, e con quelle di Leonardo Cungi collocano in una fase anteriore alla decorazione della sagrestia di S. Pietro. In questi affreschi, il cui stile sottintende viaggi di studio a Roma e a Firenze, ai quali non furono certo estranei Vincenzo ed Egnazio, l'influenza del Vasari (tra l'altro presente con tre tele nella stessa S. Pietro) e di alcuni pittori della sua cerchia si accosta a forti suggestioni da Salviati e da esponenti della corrente michelangiolesca a Roma, da Daniele da Volterra a Pellegrino Tibaldi. Giudicati dall'Orsini (1784) di "maniera soverchia" e dal Bombe (1913) "ultramichelangioleschi" gli affreschi, caratterizzati da una condotta pittorica larga, da singolari dissonanze fra toni cupi e aspri, da bizzarrie e goffaggini nella scelta dei tipi e degli effetti mimici, unitamente alla decorazione della sagrestia del duomo di Giovanni Antonio Pandolfi, costituiscono il più importante ciclo pittorico perugino di quegli anni. Meno aspra e sperimentale è la tela di Gubbio, forse l'opera più matura del D., da cui sembra trapelare un rapporto con Niccolò Circignani, che sul finire degli anni Settanta era già da tempo attivo in Umbria. Ai modi del D. possono avvicinarsi opere ancora problematiche come la Madonna e santi della abbazia di Pietrafitta, presso Città della Pieve, e la Madonna e santi della collegiata di Umbertide.
Fra i pittori umbri dell'avanzato Cinquecento il D. è l'interprete migliore, non privo di originalità, del manierismo maturo saldamente ancorato alla continuità della tradizione toscana, sostanzialmente estraneo a nuove proposte come quella, di eccezionale rilievo, rappresentata nella stessa Perugia dalla grande Deposizione di Federico Barocci (1569).
Fonti e Bibl.: R. Borghini, Il Riposo [1584], Milano 1967, II, p. 524; Perugia, Bibl. com., ms. B. 45: C. Crispolti, Compendio delle mem. della città di Perugia [sec. XVI], c. 27v; Ibid., ms. 1020: F. Alberti, Elogi degli huomini illustri di Perugia, cc XXIV,XXV;Ibid., ms. 1213: C. Alessi, Elogia illustrium virorum Augustae Perusiae…, I, cc. 676, 677; G. Baglione, Le vite de' pittori, scultori et architetti…[1649], Velletri 1924, I, p. 56 s.; Perugia, Bibl. com., ms. B.4: O. Lancellotti [m. 1671], Scorta sagra...,c. 207; Ibid., ms. F. 22: Raccolta delle cose segnalate di pittura, scoltura ed architettura, che si trovano inPerugia [sec. XVIII], cc. 35, 43; L. Pascoli, Vitede' pittori, scultori ed architetti perugini, Roma 1732, pp. 155 s.; F. M. Galassi, Descrizione dellepitture di S. Pietro di Perugia, Perugia 1774, p. 62; B. Orsini, Guida al forestiero per l'augustacittà di Perugia, Perugia 1784, pp. 39 s. (ristampa anastatica Treviso 1973); A. Mariotti, Lettere pittoriche perugine…,Perugia 1788, pp. 118 s., 261 s.; L. Lanzi, Storia pittorica dellaItalia, Bassano 1809, II, p. 118; S. Siepi, Descriz. topologico-istorica della città di Perugia, Perugia 1822, pp. 486, 602; Perugia, Arch. di S. Pietro: M. Bini, Mem. stor. del monastero diS. Pietro di Perugia [ms.,1848], p. 226; L. Manari, Documenti e note ai cenni storico-artistici dellaBasilica di S. Pietro di Perugia, in L'Apologetico, III (1866), pp. 163 ss.; I. Del Badia, EgnazioDanti cosmografo e matematico, Firenze 1881, pp. 18, 21; W. Bombe, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII,Leipzig 1913, pp. 381383; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria [1923], Foligno 1980, p. 93; A. Mariotti Puerini, Aspetti iconogr. della decorazione di S. Pietro aPerugia, in Arte e musica in Umbria tra Cinquecento e Seicento, Arti del XII Convegno di studiumbri... 1979, Perugia 1981, pp. 330 s.; G. Sapori, Perugia 1565-75: G. D.,in Boll. d'arte, 11, 1981, pp. 1-12; Id., Artisti e committentisul lago Trasimeno, in Paragone, XXXIII (1982), 393, pp. 41-43.