FALCO, Giovenale
Nacque a Cuneo (e non a Luni come affermano alcuni autori), a quanto si desume da un documento del 1634 nell'Archivio della Congregazione di Propaganda Fide. Non si conosce la data di nascita, ascrivibile con tutta probabilità al secondo decennio del XVII secolo, né si sa quando entrò nell'Ordine dei frati minori conventuali. Il documento di Propaganda Fide riporta che nel 1634 "Falcum. de Cuneo", Benedetto da Milano e Giovanni Mainieri da Roma "in sacra theologia baccalaureatos, et concionatores Ord. min. convent." furono inviati in Moldavia e Valacchia quali missionari (Roma, Arch. di Propaganda Fide, Acta, vol. 11 [1634 duplicato], f. 5).
Nel marzo 1635 il F. si presentò a Pera da Guglielmo Viziani, vicario patriarcale di Costantinopoli e prefetto delle missioni in Valacchia e Moldavia. Il 2 aprile fu inviato in Valacchia con il titolo di commissario delle missioni. Il suo primo incarico fu quello di indagare sulla presunta morte di Gregorio da Bari, missionario presso la corte di Matteo Basârab, principe di Valacchia.
Il F. riferì che il suo predecessore era stato gettato nel Danubio per ordine del principe, che in tal modo avrebbe reagito all'accusa di aver usurpato un'eredità lasciata alla Chiesa. Viziani decise di non divulgare la notizia per timore che il F. incorresse nell'ira di Matteo Basârab. Questo pericolo fu presto scongiurato, perché il F. dimostrò notevole abilità diplomatica e si ingraziò il principe.
Nel 1636 il F. si dedicò alla costruzione di una chiesa a Bucarest. Nel dicembre di quell'anno gli fu inviato come aiuto Silverio (secondo alcuni Silvestro) Pilotti, che, però, non resistette a lungo in Valacchia e preferì recarsi a Costantinopoli. Partito il Pilotti, il F. terminò la chiesa di Bucarest e ricostruì la chiesa della vicina Turgovište (ora in Bulgaria).
Nel frattempo erano giunte a Roma diverse lettere del Pilotti che lamentava di essere stato maltrattato dal suo superiore. Pilotti aveva cominciato a scrivere già da Bucarest, il 2 dic. 1637. In questa prima lettera raccontava di aver incontrato il F. che cantava in una bettola in evidente stato di ubriachezza. Pilotti avrebbe rimproverato il suo superiore per il comportamento indegno di un religioso e gli avrebbe inoltre rinfacciato di vestire alla valacca. Il F. sarebbe allora montato su tutte le furie e avrebbe scomunicato seduta stante il suo coadiutore. Il Pilotti chiedeva a Propaganda Fide che gli fosse tolta la scomunica e inoltre accusava il F. di apostasia, indecenza e "suspetto, d'heresia".
Il 28 dic. 1637 il Pilotti scrisse ancora a Roma da Rusich sul Danubio per accusare il F. d'avere una moglie e di aver frequentato "qualche fata seu putta". Raccontava che si era allontanato da Bucarest, perché il F. aveva minacciato di ucciderlo. Egli aveva preso sul serio tale minaccia, perché il suo superiore era uso girare armato di pistola "et coltellaccio" (Diplomatarium Italicum, II, pp. 339-40). In una lettera successiva aggiungeva che il F. non gli aveva mai dato denaro né scarpe. Infine in una missiva datata 1° marzo 1638 portava all'attenzione della congregazione che il F. aveva venduto il monastero di Turgovište, dove normalmente risiedeva, per ottenere il denaro necessario a ritornare a Cuneo.
Le accuse del Pilotti erano un misto di fantasia e verità; in ogni caso Propaganda Fide decise di far tornare in Italia il F., tanto più che questi ne aveva fatto domanda. Il segretario di Propaganda, Francesco Ingoli, scrisse in tal senso ad Angelo Petricca da Sonnino, nuovo prefetto delle missioni per la Valacchia e la Moldavia. Questi, però, preferì trattenere sul posto il suo missionario e prendere informazioni personalmente. I fedeli del F. dichiararono nel 1639 che il comportamento del loro sacerdote non era mai stato scandaloso, anche se pareva loro vera l'accusa di avarizia. Di conseguenza il prefetto decise di non rinviare in Italia il F. e di spostarlo invece a Câmpulung (Cimpulung), dove un predicatore calvinista approfittava dell'assenza di missionari.
Questa decisione fu motivata in una lettera del 28 nov. 1639, nella quale si ricordava che il F. era prezioso per le missioni, dati la sua conoscenza della lingua e il favore di cui godeva alla corte del principe Matteo Basârab. Roma accettò quindi la decisione di Angelo da Sonnino, ma d'altronde il F. aveva ricevuto sino allora soltanto lodi dai suoi superiori. Nel luglio 1636 il Viziani aveva infatti scritto a Roma per elogiare la costruzione della chiesa di Bucarest e l'anno successivo aveva affermato che il F. meritava un premio per quanto aveva fatto a Turgovište.
Nel frattempo il F. era, partito per Câmpulung, dove giunse alla fine dell'estate 1639 insieme con Francesco da Castro e Girolamo da Acquapendente. Grazie all'appoggio di Matteo Basârab i tre riuscirono a scacciare il predicatore calvinista e inoltre presero possesso della chiesa di un nucleo locale di luterani. Iniziarono subito corsi di istruzione cattolica che in capo a due anni dettero, a loro dire, ottimi frutti. Dichiararono infatti a Propaganda Fide di aver convertito almeno cinquecento anime.
Nel 1643 il F. si recò con gli ambasciatori di Matteo Basârab a Costantinopoli. Lo scopo ufficiale del viaggio era la consegna al sultano del tributo annuale della Valacchia. Il F. doveva inoltre ritirare i sussidi per i missionari in questa regione. In realtà egli contava anche di ottenere dal prefetto il permesso di tornare in Italia, ma questo gli fu negato. Tornò quindi a Câmpulung, dove gli fu comunicato che gli era stata concessa la laurea in teologia.
Al F. questa concessione non bastò e cercò quindi di ottenere un sostituto per poter rientrare in Italia. Infine nel 1645 la congregazione accettò di concedergli un breve periodo di riposo in patria. Egli doveva, però, aspettare che arrivasse il suo sostituto, ma qualche mese dopo padre Venanzio Bernardi, anche lui missionario a Câmpulung, scrisse al segretario di Propaganda Fide per comunicare che il F. si era spento il 18 genn. 1646.
Della sua vita sappiamo ben poco. Tuttavia la missione in Valacchia riveste un qualche interesse per lo scandalo che ne nacque. La vera ragione dei rumori che corsero sul F. fu infatti la sua scelta di vestire alla valacca e questo fu anche il motivo per cui Propaganda Fide pensò di richiamarlo a Roma. Eppure, come rilevò lo stesso F., proprio il fatto di vestire come i suoi fedeli e di girare armato e a cavallo gli valse il rispetto generale e la possibilità di essere uno dei missionari più efficienti. Era il classico dilemma dei missionari del Sei-Settecento nell'India come nella Cina, nell'Europa orientale come nelle Americhe.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio di Propaganda Fide, Acta 1634, f. 5; 1639, f. 312; 1643, f. 494; 1644, f. 206; Scritture originali riferite nelle Congregazioni gen., Lettere da Costantinopoli, vol. 153 (1636), f. 74rv; vol. 156 (1637), f. 43rv; vol. 162 (1639), f. 194rv; vol. 174 (1646), f. 20; Scoala Romana din Roma, Diplomatarium Italicum, I-III, Roma 1925-1932, ad Indicem; B. Morariu, Series chronologica praefectorum apostolicorum missionis fr. min. conv. in Moldavia et Valachia, Città del Vaticano 1940, pp. 26 s.; Omagiu profesoru lui D. Gazdaru. Miscellanee din Studiile sale inedite sau rare. Studii istorico-filologice (Omaggio al prof. D. Gazdaru ...), Freiburg in Brisgau 1974, pp. 152 ss.; B. Morariu, La missione dei frati minori conventuali in Moldavia e Valacchia nel suo primo periodo, 1623-1630, Roma 1962, passim; Calatori straini despre tarile romane (Viaggiatori stranieri sui paesi romeni), V, Bucarest 1973; VII, ibid. 1980, ad Indicem; S. Andreescu, Le missionnaire G. F. da Cuneo en Valachie: nouvelles données pour une biographie, in Revue roumaine d'histoire, I-II (1986), pp. 81-87.