TOSCANELLA, Giovanni
TOSCANELLA, Giovanni. – Nacque a Tuscania (Viterbo), nota allora come Toscanella, nei primi anni del XV secolo (Sabbadini, 1903, p. 87). Scarse le notizie sulla famiglia, che pure doveva essere numerosa di fratelli e sorelle. Il nome del padre, Francesco, e la sua qualifica, magister, si ricavano da due documenti sulla carriera universitaria di Toscanella a Bologna (Piana, 1966, pp. 140-141, 154). A un fratello, Luca, è indirizzata una lettera finora sconosciuta e non datata (Berlino, Staatsbibliothek, 4°, 601, cc. 111r-112v), che si conclude con i saluti alla madre, alla sorella Cristofora e a Matteo, forse un altro fratello.
Oscuri gli anni dell’infanzia e dei primi studi; è certo, invece, che fu studente di arti a Siena tra il 1420 e il 1421, sebbene conseguisse poi il titolo di dottore a Bologna nel marzo del 1425. Poco chiare sono le ragioni del cambio di università, dovuto forse al desiderio di seguire Antonio Beccadelli, detto il Panormita, conosciuto in quegli anni a Siena e con il quale si stabilì una forte amicizia: per lui si impegnò nella diffusione dell’Hermaphroditus già all’inizio del 1424 e poi anche in seguito, a Bologna e a Firenze (Sabbadini, 1910, pp. 151 s.; v. anche Panormita, 1990, pp. CXXIX-CXXXI).
A Siena le sue capacità letterarie furono presto apprezzate perché gli fu affidata un’orazione contro il nuovo podestà Polidoro, restio a rispettare i privilegi dello Studium (l’orazione è inedita: Ravenna, Biblioteca Classense, 349, cc. 108v-110v; sull’identità di Polidoro e sulla datazione v. Sabbadini, 1903, pp. 92 s.; Gualdo, 1970, pp. 31 s.; Nardi, 2009, p. 93 n. 37). A Bologna ebbe occasione di avviare un’altra importante amicizia con Giovanni Aurispa, grazie al cui aiuto riuscì in breve tempo a trasferirsi a Firenze (Sabbadini, 1903, pp. 99 s.), dove trovò affettuosa accoglienza: si veda l’entusiasmo con il quale invitò il religioso Enrico, portavoce della famiglia che avrebbe preferito vederlo impegnato nei più redditizi studi di diritto, a verificare quale fosse la sua vita nel capoluogo toscano, quali la fama e le prospettive future (Sabbadini, 1890, pp. 128-130).
Presto entrò in rapporto con figure emblematiche della cultura umanistica: Ambrogio Traversari e Carlo Marsuppini (Sabbadini, 1903, pp. 100 s.; Pertici, 1990, p. 156), Poggio Bracciolini e Cencio de’ Rustici (Sabbadini, 1890, pp. 135-137; Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3370, c. 17rv; Ottob. lat. 1153, c. 36r). Intanto si manteneva con lezioni private: tra i suoi allievi il fiorentino Giacomino Tebalducci (Sabbadini, 1903, p. 111; Resta, 1954, n. 561) e Niccolò e Pietro, nipoti di Tommaso Fregoso (Sabbadini, 1890, pp. 130-134). A Firenze restò almeno fino al 1430, allontanandosi solo per brevi periodi.
Nel 1428 fu a Bologna, dove prese una seconda laurea in medicina e conobbe Francesco Filelfo, che lo avrebbe ricordato fra i suoi allievi; tra marzo e aprile del 1430 fu a Sarzana (Sabbadini, 1910, p. 143) e l’anno dopo a Luni. Da Firenze, il 23 ottobre 1430 scrisse a Giovanni d’Anagni, docente di diritto a Bologna, di aver saputo che nel capoluogo emiliano un tale maestro Tommaso affermava che avrebbe tenuto un corso mattutino in concorrenza con lui (Sabbadini, 1890, pp. 122 s.), il che sembrerebbe indicare che a quella data egli fosse stato invitato a insegnare allo Studium, sebbene non si possa accertare se si fosse trasferito a Bologna già quell’autunno (è perduto il rotolo dei dottori e lettori di arti e medicina per l’anno accademico 1430-31). È certo, invece, che gli fu affidato un corso di retorica per il successivo anno accademico 1431-32, quando pronunciò un’orazione inaugurale nella quale rivendicò a Bologna il ruolo di nuova Atene (Müllner, 1899, pp. 191-197). Tuttavia, egli interruppe il corso dopo circa tre mesi (Piana, 1966, pp. 140 s.), verso la metà di febbraio del 1432: aiutato forse ancora da Aurispa, allora istitutore di Meliaduse d’Este, si trasferì infatti a Ferrara come segretario e consigliere di Borso (Gualdo, 1970, p. 37). Qui strinse nuove amicizie: con Guarino Guarini e con Angelo Decembrio, che nel 1447 gli avrebbe dedicato il suo De maiis supplicationibus veterumque religionibus (copia di dedica: Modena, Biblioteca Estense, Lat. 121), e forse con Teodoro Gaza (Sabbadini, 1890, pp. 125 s.). Per Borso svolse anche incarichi diplomatici lontano da Ferrara (Bertoni, 1903, p. 101, e 1921, p. 64; Pardi, 1906, p. 17): a Firenze (Filelfo, 2016, I, p. 220), a Verona nel 1440, a Milano nel 1442 (da qui scrisse per Ciriaco d’Ancona una lettera di presentazione al canonista Baldassarre da Modena a Como, dove era diretto Ciriaco: Commentariorum Cyriaci..., 1763, pp. 44 s.).
A fine gennaio del 1443 fu nuovamente a Ferrara (Epistolario di Guarino Veronese, 1915-1919, III, p. 376); non è certo, invece, che nel 1444 abbia seguito Borso nel viaggio a Napoli per incontrare Maria d’Aragona, figlia del re Alfonso, e condurla a Ferrara in sposa a Leonello (ma su queste nozze Toscanella inviò un lungo resoconto ad Aurispa ancora inedito: v. Sabbadini, 1890, p. 124; Carteggio di Giovanni Aurispa, 1931, pp. 105 s.; Gualdo,1970, p. 41); né è possibile documentarne la partecipazione alla successiva missione segreta condotta da Borso nel Regno di Napoli tra ottobre del 1444 e aprile del 1445.
Intanto, tra il 1442 e il 1445, a Ferrara, Toscanella aveva preso moglie (non se ne conosce il nome); ebbe anche una figlia, Teodosia, che avrebbe poi sposato Michele Arienti, un amico di Aurispa (Sabbadini, 1890, pp. 123 s.; Epistolario di Guarino Veronese, 1915-1919, III, p. 376).
Nella primavera del 1445 si trasferì a Roma, forse perché i rapporti con gli Estensi non erano ottimi (Pardi, 1907, p. 117), o perché ancora intervenne per suo conto Aurispa, ben inserito in curia e desideroso di favorire l’amico (Gualdo, 1970, p. 43). Il primo documento che registra la sua presenza a Roma è del 18 aprile 1445 e lo vede commendatario del priorato di Santa Cristina (diocesi di Perugia), mentre il 24 agosto gli fu assegnato l’ufficio di scriptor litterarum apostolicarum (ibid., pp. 43 s., 55 s.). Alla morte di Eugenio IV il suo nome era tra i familiari del papa, ma non risulta che abbia mai esercitato l’ufficio di scrittore di lettere apostoliche, pur ricevendone i relativi emolumenti (Paschini, 1939, p. 144), né fu tra i medici ordinari del pontefice, sebbene il suo nome sia accompagnato dalla qualifica di medicus (Bourgin, 1904, p. 212). Niccolò V dovette poi limitarsi a confermare l’ufficio già conferito da Eugenio IV: in sostanza Toscanella fu addetto alla corrispondenza privata del papa e non a quella pubblica (Gualdo, 1970, pp. 46 s.). Infondata, dunque, la notizia che Niccolò V lo avesse nominato segretario, come invece proponeva il settecentesco Filippo Maria Buonamici. La carriera in curia fu breve: Toscanella morì di peste tra la fine del 1448 e l’inizio del 1449 (ibid., pp. 29 s., 56-58 ).
Non è dunque il nostro quel Toscanella in lite con Trapezunzio alla fine del 1459 (Cessi, 1956), poiché a quella data egli era già morto. Ancora un altro Giovanni Toscanella, ma figlio di Lazzaro, abitava a Ferrara in Santa Maria di Vado tra il 1447 e il 1448: a quella data, però, il nostro Toscanella era a Roma.
Figura minore nel quadro della letteratura umanistica di primo Quattrocento, fu al centro di intensi rapporti di amicizia con i più illustri protagonisti di quella stagione, divenendo un saldo punto di riferimento nei circuiti culturali animati dal rinnovato interesse per i classici. Frequenti gli giungevano le richieste di codici: ad Aurispa procurò un Sallustio, l’Etica aristotelica e un Esopo in latino (Franceschini, 1976, pp. 92, 94, 148), a Panormita nel 1444 i Commentarii di Cesare (Sabbadini, 1890, pp. 125 s., e 1903, pp. 111-114, 116 s.; Buonfiglioli, 2014, pp. 118, 120). Panormita gli spedì Tibullo, Musca, la pseudo lettera di Virgilio a Mecenate (un falso di Pier Candido Decembrio), la commedia dello pseudo Lepido (cioè la Philodoxeos fabula di Leon Battista Alberti) e la Pharsalia di Lucano (Buonfiglioli, 2014, pp. 100, 117). E nel gennnaio del 1431 Aurispa propose di scambiare tramite Toscanella un suo Diogene Laerzio con il Dione Crisostomo di Filelfo (Filelfo, 2016, I, pp. 119 s.). A Ciriaco d’Ancona fornì la trascrizione di epigrafi di Brescia e di Tuscania (Commentariorum Cyriaci..., 1763, pp. 65-67; Espluga, 2011). Si segnala infine che Teodorico Buckinck, copista dell’Orthographia di Giovanni Tortelli, si dichiarò, nel manoscritto della Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3319, c. 301r, «olim Io. Tuscanelle famulus» (Gualdo, 1970, p. 52; per altre sottoscrizioni analoghe v. Caldelli, 2007).
Opere. Sebbene apprezzato dai contemporanei per le qualità letterarie (a lui Porcellio Pandoni dedicò un carme oratori et vati clarissimo; Iacono, 2010), Toscanella ha lasciato pochissime opere: due orazioni e un manipolo di epistole.
Soltanto una parte della corrispondenza, non raccolta da Toscanella, è pubblicata in sedi per lo più datate. Un discreto numero è in Sabbadini, 1890 e 1903; altre lettere sono nelle raccolte dei suoi corrispondenti (Filelfo, Guarino, Aurispa, Panormita). A lui appartenne un Frontino (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3408; a c. 74v la nota di possesso), con note marginali e di collazione di più mani (de Nohlac, 1887, p. 225; Les manuscrits classiques..., 2010, p. 296): non è escluso che il testo d’impianto sia di mano di Toscanella, benché in mancanza di autografi non sia possibile averne certezza. L’unico esempio disponibile di scrittura a firma Iohannes Tuscanella è un documento del 1448 oggi conservato all’Archivio di Ferrara (Franceschini, 1976, p. 16 e tav. 1), in cui un tale Toscanella agiva come procuratore di Aurispa: anche in questo caso è difficile che si tratti del nostro Toscanella, non solo perché a quella data era già a Roma, ma soprattutto perché in un altro documento del 1447 questo stesso Toscanella viene identificato come figlio di Lazzaro (v. supra).
Fonti e Bibl.: Buona parte della produzione di Toscanella è inedita; necessario dunque ripartire da Toscanella Giovanni/Tuscanella Johannes, in A cumulative index to volumes I-VI of Paul Oskar Kristeller’s Iter Italicum, Leiden-New York-Köln 1997, per una ricerca completa dei manoscritti. I primi studi che hanno messo a fuoco la sua figura, soprattutto attraverso materiali epistolari, sono stati quelli di R. Sabbadini, G. T., in Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, XVII (1890), pp. 119-137; Id., Un biennio umanistico (1425-1426) illustrato con nuovi documenti, in Giornale storico della letteratura italiana, 1903, suppl. 6, pp. 74-119. A distanza di molti anni ha fornito un profilo più documentato e organico G. Gualdo, G. T., in Italia medioevale e umanistica, XIII (1970), pp. 29-58 (ristampato in Id., Diplomatica pontificia e umanesimo curiale. Con altri saggi sull’Archivio Vaticano, tra medioevo ed età moderna, a cura di R. Cosma, Roma 2005, pp. 283-314). Inoltre si veda: A. Beccadelli, detto il Panormita, Epistolarum libri 5..., Venetiis, apud Bartholomaeum Caesanum, 1553, cc. 85v-86r; F.M. Buonamici, De claris pontificiarum epistolarum scriptoribus, Roma 1753, p. 308; Commentariorum Cyriaci Anconitani nova fragmenta notis illustrata, a cura di A. Olivieri degli Abati, Pisauri 1763, pp. 44 s., 65-67; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, p. 225; R. Sabbadini, Biografia documentata di Giovanni Aurispa, Noto 1891, p. 92; K. Müllner, Reden und Briefe Italienischer Humanisten, Wien 1899, pp. 93, 191-197; G. Bertoni, La biblioteca estense e la coltura ferrarese ai tempi del Duca Ercole I (1471-1505), Torino 1903, p. 101; G. Bourgin, La «familia» pontificia sotto Eugenio IV, in Archivio della Reale Società romana di storia patria, XXVII (1904), p. 212; G. Pardi, Borso d’Este duca di Ferrara, Modena e Reggio (1450-71), in Studi storici, XV (1906), pp. 8, 17, XVI (1907), pp. 114, 117; R. Sabbadini, Ottanta lettere inedite del Panormita tratte dai codici milanesi, Catania 1910, pp. 139, 143; Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, Venezia 1915-1919, II, 1916, p. 405, III, 1919, pp. 197 s., 230, 375 s., 387, 471; R. Cessi, La corrispondenza tra il Panormita ed il Guasco, in Archivio storico per la Sicilia orientale, XIII (1916), pp. 246 s.; G. Bertoni, Guarino da Verona fra letterati e cortigiani a Ferrara (1429-1460), Ginevra 1921, pp. 64 s.; Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma 1931, pp. 36 s., 105 s.; P. Paschini, Lodovico cardinal camerlengo (†1465), Roma 1939, p. 144; G. Resta, L’epistolario del Panormita. Studi per una edizione critica, Messina 1954, passim; R. Cessi, L’ultima avventura di Giorgio da Trebisonda, in Saggi romani, Roma 1956, pp. 153-185; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Firenze 1966, pp. 140 s., 154; G. Franceschini, Giovanni Aurispa e la sua biblioteca. Notizie e documenti, Padova 1976, pp. 16, 92, 94, 148; A. Panormita, Hermaphroditus, a cura di D. Coppini, Roma 1990, pp. CXXIX-CXXXI; P. Pertici, Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese. Le epistole di Andreoccio Petrucci (1426-1443), Siena 1990, p. 156; E. Caldelli, Per un autografo di Andrea Contrario, in Segno e testo, V (2007), pp. 396 s.; P. Nardi, Maestri e allievi giuristi nell’Università di Siena. Saggi biografici, Milano 2009, p. 93 n. 37; A. Iacono, La dedica ad Antonello Petrucci del De proelio apud Troiam di Porcelio de’ Pandoni, in Vichiana, XII (2010), 2, pp. 203 s.; Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, III, 2, Cité du Vatican-Paris 2010, p. 296; X. Espluga, Frustuli epigrafici bresciani di G. T. e Ciriaco d’Ancona tra Rimini e Cesena (1457-1458), in Epigraphica, LXXIII (2011), pp. 247-264; C. Buonfiglioli, La fortuna della Philodoxeos fabula di Leon Battista Alberti, Firenze 2014, pp. 81, 94-99, 114 s., 117-119, 120 s., 164; F. Filelfo, Collected letters. Epistolarum libri XLVIII, a cura di J. De Keyser, Alessandria 2016, I, pp. 35, 119 s., 197, 207, 220, 229, 295, 339, IV, p. 1143.