SARDI, Giovanni
– Nacque a Venezia il 6 settembre 1863 da Giuseppe, fabbricante di staffe, e da Giovanna Alberti.
Nel 1875 s’iscrisse all’Accademia di belle arti di Venezia, dove seguì, tra gli altri, gli insegnamenti di Giacomo Franco, amico e sodale di Camillo Boito. Dopo essersi diplomato nel 1883 professore di disegno architettonico, integrò le sue scarne conoscenze tecnico-strutturali con l’apprendistato nello studio dell’ingegnere Giovanni Antonio Romano, progettista di infrastrutture viarie, ferroviarie e commerciali.
Iniziò la carriera di libero professionista realizzando, tra il 1891 e il 1896, cinque fabbricati di alloggi sociali per conto della Società cooperativa per il miglioramento e la costruzione di case operarie. Negli stessi anni, per esigenze economiche giunte dopo il matrimonio con Anna Potz nel 1886, lavorò anche come aiutante capomastro presso la Congregazione di carità.
Nel 1898, vero anno di svolta della sua carriera, ricevette da Giulio Grünwald l’incarico per l’ampliamento del proprio hotel – il futuro Bauer-Grünwald –, situato sul lato del Canal Grande che fronteggia punta della Dogana. Qui Sardi dimostrò la sua capacità di cimentarsi con gli stili del passato; in particolare con quel neo-gotico veneziano che gli fu esplicitamente richiesto dal committente.
Completato nel 1901, questo intervento fece da traino, probabilmente, alla sua seconda grande commessa legata a un’attrezzatura ricettiva. Dopo la sfortunata partecipazione al concorso per un nuovo albergo da costruirsi sulla riva degli Schiavoni (1906), Sardi ottenne l’incarico per il Grand Hotel Excelsior al Lido di Venezia (1907-08): a conferirglielo fu Nicolò Spada, allora presidente della neonata Compagnia italiana grandi alberghi (CIGA), e da tutti considerato come ‘il padre del Lido’. Nel progettare questo grande complesso, il linguaggio storicista di Sardi uscì dai canoni della tradizione locale, inglobando riferimenti esotici soprattutto moreschi e arabici; in questo, egli assecondò una moda del tempo inaugurata da alberghi di lusso quali il Pera Palace di Istanbul e il Negresco di Nizza.
In questa nuova dimensione, a metà strada tra la nascente industria turistica e lo sviluppo residenziale del Lido, si colloca il centro della breve ma intensa attività di Sardi come architetto. Qui, tra mare e laguna, per soddisfare le necessità della borghesia veneziana – più che dei facoltosi forestieri approdati a Venezia –, egli realizzò una serie di ville, come quella per i Papadopoli in zona Quattro Fontane (1907-08), la villa e il villino Fanna (1910-11), villa Venuti (1911-12) e villa Pasqualin (1912). In questi progetti egli impiegò forme riprese da una tradizione veneziana codificata nei tre principali filoni: in primis il neo-bizantino e il neo-tardogotico accanto ai modelli dell’architettura proto-rinascimentale.
Tradotta in forme del passato, la residenza privata rappresentò il cuore dell’impegno progettuale di Sardi, sia quando si trattò di costruire ex novo, sia nel restaurare e integrare strutture preesistenti nell’ambito della città storica. Tra gli interventi nel centro di Venezia si segnalano la casa Dal Mistro in rio terà dei Sabbioni (1906, ora distrutta) e la casa Baschiera in rio terà S. Agnese (1910). Non solo per la diversa scala dimensionale, spiccano il palazzo Ravà su Canal Grande in prossimità del ponte di Rialto (1906), il massiccio palazzo Scarpa alle Zattere (1907) e la palazzina sul Canal Grande, costruita nel 1904 su incarico di Costantino Nigra, ambasciatore italiano a Vienna.
Fuori della città lagunare, il linguaggio architettonico di Sardi tendeva a farsi più libero, uscendo in parte dai canoni di stretta osservanza neogotica e neobizantina. Nei casi migliori, anche per i minori vincoli imposti dal contesto, Sardi riesce a raggiungere un maggior grado di articolazione volumetrica, abbinata a una più decisa consistenza della massa muraria. Ne è testimone la serie d’interventi nell’entroterra veneziano e trevigiano, i quali seguirono, per lo più, i percorsi personali di costruttori e committenti con i quali, o per i quali, Sardi aveva avuto modo di lavorare: si ricordano la villa Guillion Mangilli a Cornuda (Treviso, 1903), la villa Delord a Casella d’Asolo (Treviso, 1906-07), la villa Boato a Mirano (Venezia, 1912-13) e il villino Guetta a S. Maria della Rovere (Treviso, s.d.).
In tutti questi casi, l’immancabile riferimento medievale non rappresentava che il punto di partenza per una ricerca verso una sintassi architettonica meno rigida. Tuttavia Sardi restò all’interno di un linguaggio di marca storicista e, a differenza di alcuni suoi coetanei come Guido Costante Sullam e Giuseppe Torres, non riuscì a compiere quel ‘salto’ che avrebbe potuto condurlo verso approdi espressivi completamente nuovi, poi variamente catalogati come ‘art nouveau’, ‘secession’, ‘free style’.
Nell’ultimo periodo, Sardi si trasferì a Mogliano Veneto (Treviso), nella villa, tuttora esistente, che egli progettò per sé stesso. Qui, a soli cinquant’anni, morì per malattia il 26 giugno 1913, vegliato anche dall’amico Umberto Bellotto, artista del ferro battuto.
Accanto al tema della residenza cui, come detto, Sardi dedicò la gran parte delle energie, vanno menzionati i progetti per edifici pubblici, specie nella sfera dell’utile; tra questi la realizzazione di una scuola a Ceggia nell’entroterra veneziano (s.d.) e di una fabbrica per la produzione di scope a Mestre (s.d.). Da sottolineare è poi il suo interesse per il restauro, concretizzatosi in alcuni importanti interventi di ripristino nella chiesa di S. Stefano a Venezia e nel completamento ‘in stile’ della facciata del settecentesco palazzo Azzoni Avogadro a Castelfranco Veneto (Treviso, 1905-08). Tra il 1909 e il 1911, la progettazione del quartiere veneziano di S. Elena costituì uno degli ultimi impegni: redatto in collaborazione con gli ingegneri Attilio Cadel e Prudente Padoan, questo schema rappresentò il suo unico progetto di dimensione urbana.
Fonti e Bibl.: Venezia, Università IUAV, Archivio Progetti, Fondo Giovanni Sardi; ibid., Biblioteca di ateneo, Fondo librario Sardi; Venezia, Archivio storico del Comune (Campo della Celestia), Archivio municipale di Venezia, Licenze edilizie; Venezia, Archivio dell’Accademia di belle arti, Matricole studenti, Registro degli alunni iscritti dal 1878-79 al 1886-87.
Il nuovo Palazzo dell’albergo ‘Italia’ in Venezia in Edilizia moderna, XI (1902), pp. 23-26; G. Sardi, Il campanile di S. Marco di Venezia e la loggetta di Sansovino, ibid., pp. 42-46; Progetto di aggiunta alla chiesa di S. Cristoforo nel cimitero Comunale di Venezia, ibid., pp. 57 s.; Il villino del nob. Guido Guillion Mangilli in Cornuda (provincia di Treviso), ibid., XII (1903), pp. 6 s.; La nuova facciata del palazzo dei conti Azzoni Avogadro in Castelfranco Veneto, ibid., XIV (1905), pp. 62 s.; Il nuovo campanile di S. Stefano in Venezia, ibid., XV (1906), p. 3; La nuova villa Delord alla Casella d’Asolo, ibid., XVI (1907), pp. 63 s.; Casa Dal-Mistro a Venezia, in L’Architettura italiana, IV, (1909), 5, pp. 53 s.; Ville del Lido a Venezia. Facciate, particolari, sezioni, piante raccolte dall’ing. Giovanni Sicher, Torino [1913], tavv. 25-28; Villa Boato a Mirano, in L’Architettura italiana, X (1915), 10, pp. 118 s.; G. Romanelli, Architetti e architetture a Venezia tra Otto e Novecento, in Antichità viva, XI (1972), 5, pp. 25-48 (in partic. pp. 35-38); Id., Venezia Ottocento. Materiali per una storia architettonica e urbanistica della città nel secolo XIX, Roma 1977, pp. 297, 301, 475; Id., Dalle ‘case dei poveri’ ai quartieri anni Trenta: i residui del linguaggio, in Edilizia popolare a Venezia, a cura di E. Barbiani, Milano 1983, pp. 35-67 (in partic. pp. 50-52, 54); M. Carraro, La colonizzazione di S. Elena, in La grande Venezia, Una metropoli incompiuta tra Otto e Novecento, a cura di G. Zucconi, Venezia 2002, pp. 162-173 (in partic. pp. 167-168, 173); L’Accademia di belle arti di Venezia. Il Novecento, a cura di S. Salvagnini, II, Documenti, a cura di M. Bonanomi - L. Marchese, Crocetta del Montello (TV) 2016, pp. 45-47, 52-55.