PANSA, Giovanni
Nacque il 21 marzo 1865 a Sulmona, da Nicola, avvocato attivamente impegnato nella vita pubblica cittadina, e da Francesca Betti, proveniente da una famiglia della borghesia imprenditoriale aquilana.
Insofferente dell’autorità paterna, nel 1873 entrò nel collegio ‘Alle Querce’ dei padri barnabiti di Firenze, dove manifestò precocemente interesse per gli studi umanistici. Tra i suoi insegnanti i padri Timoteo Bertelli e Luigi Cacciari, che lo appassionarono allo studio della storia, e i padri Luigi M. Bruzza e Leopoldo De Feis, conosciuti archeologi, che erano soliti condurre i collegiali nei dintorni di Firenze per effettuarvi piccoli scavi. Da queste esperienze e dal ritrovamento di alcuni reperti, poi donati al piccolo museo archeologico del collegio, trassero spunto i primi saggi pubblicati da Pansa negli anni del liceo su temi di etruscologia.
Cedendo alle pressioni familiari, nel 1884 s’iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Bologna, che abbandonò, per manifesto disinteresse, nel 1886 per passare, sempre per volontà del padre, alla facoltà di giurisprudenza di Roma. Nella scelta del trasferimento pesò il desiderio di avvicinarsi ai circoli intellettuali della capitale con cui lo aveva messo in contatto Giovanni Battista De Rossi, l’illustre archeologo al quale Pansa aveva fatto omaggio dei suoi primi studi e che lo aveva ricambiato di una affettuosa amicizia. A Roma si dedicò a studi di archeologia, filologia e numismatica, trascurando quelli di diritto: conseguì la laurea solo nel 1892 e non esercitò mai l’attività forense.
La sua formazione, tra Firenze, Bologna e Roma, avvenne nel clima di profondo rinnovamento che il positivismo stava portando nel panorama culturale italiano, ma fu anche improntata alla recente esperienza del Risorgimento, che, intesa come acquisizione da parte del giovane Stato della coscienza di sé e del proprio passato, comportò un moto per il recupero delle storie regionali nonché delle fonti, orali e scritte, delle tradizioni popolari. Testimoniano la contemporanea presenza di entrambe queste influenze i saggi pubblicati fino al principio degli anni Novanta, tra cui numerosi lavori apparsi sulla rivista Il Bibliofilo di Bologna, un contributo sulle credenze popolari sul malocchio edito nel 1885 nel prestigioso Archivio per lo studio delle tradizioni popolari diretto da Giuseppe Pitré (La iettatura, vol. IV, pp. 451-453) e il volume Notarelle di varia erudizione (Lanciano, 1887), in cui raccolse numerosi saggi di archeologia e filologia.
Nonostante la lontananza, rimanevano intensi i contatti di Pansa con la cultura abruzzese, che viveva in quegli anni, all’interno di un più generale processo di rinascita degli studi regionali, una stagione particolarmente felice. Al principio degli anni Novanta, egli maturò la decisione di tornare stabilmente nella sua regione; decisivo per questa scelta si sarebbe rivelato l’incontro con Benedetto Croce, dal quale Pansa non solo apprese la lezione metodologica dell’idealismo tedesco, ma soprattutto raccolse l’invito ad andare a ingrandire il numero dei giovani intellettuali meridionali che, educatisi nei maggiori centri della cultura nazionale, accettarono di rientrare in provincia per portarvi le più moderne metodologie di ricerca e costituire altrettanti punti di riferimento per l’attività scientifica locale.
Con Croce Pansa fu in contatto a partire dalla fine degli anni Ottanta e per un quarantennio, attraverso rapporti epistolari e incontri, frequenti in occasione delle villeggiature estive che il filosofo trascorreva nei pressi di Sulmona; con il tempo il rapporto divenne più profondo, sino a comprendere, negli ultimi anni di vita di Pansa, la condivisione della difficile posizione assunta da Croce nei confronti del fascismo.
Un primo passo verso il ritorno in Abruzzo fu l’adesione alla Società di storia patria per gli Abruzzi Anton Ludovico Antinori, fondata nel 1888, del cui direttivo fu poi chiamato a far parte. L’anno successivo, in occasione del IV Congresso storico italiano di Firenze, Pansa espresse l’auspicio che la Società avesse una propria rappresentanza ufficiale in seno all’Istituto storico italiano, voto che fu poi accolto.
Nello stesso periodo, sebbene continuasse a pubblicare su riviste nazionali di storia e arte, presentò numerosi saggi sul Bollettino della Società di storia patria per gli Abruzzi, della cui redazione fu responsabile per alcuni anni, e sulla Rivista abruzzese di scienze e lettere di Teramo, diretta da Giacinto Pannella. Tra il 1889 e il 1894, quando, con l’elezione a sindaco di Sulmona, iniziò a risiedere stabilmente in Abruzzo, apparvero su queste due riviste poco meno dei due terzi dei circa 40 studi pubblicati in quegli anni, mentre nel 1891 uscirono per i tipi dell’editore Carabba di Lanciano tre importanti lavori: La tipografia in Abruzzo dal sec. XV al sec. XVIII. Saggio critico-bibliografico, la Bibliografia storica degli Abruzzi. Terzo supplemento alla ‘Biblioteca Storico-topografica degli Abruzzi’ di Camillo Minieri-Riccio e l’Elenco cronologico delle pergamene e carte bambagine pertinenti all’Archivio della Pia Casa della SS. Annunziata di Sulmona, scritto in collaborazione con Pietro Piccirilli. Questi lavori segnarono il passaggio a una maggiore maturità scientifica di Pansa. L’inventario e il regesto dei documenti dell’archivio di una delle principali istituzioni assistenziali d’Abruzzo e del Mezzogiorno in età medievale e moderna, l’aggiornamento con oltre 800 voci delle bibliografie già pubblicate da Camillo Minieri-Riccio, da Adolfo Parascandolo e da Vincenzo Bindi e infine il saggio sulla tipografia, che fornì il primo tentativo sistematico di ricostruzione delle fasi della diffusione della stampa in Abruzzo, costituirono altrettanti momenti di un unico itinerario di ricerca che individuò nell’attenta ricognizione delle fonti d’archivio e nella minuta conoscenza della letteratura, la necessaria premessa per ogni ulteriore progresso della disciplina. L’edizione dell’Elenco cronologico realizzò la prima piena collaborazione di Giovanni Pansa con un altro studioso abruzzese, Pietro Piccirilli. Tutti questi lavori ebbero favorevolissima accoglienza.
Sulla scia dei sempre più frequenti ritorni da Roma a Sulmona, al principio degli anni Novanta Pansa iniziò a impegnarsi nella vita politica della sua città natale. Rispecchiando fedelmente i cambiamenti in atto in tutta Italia, Sulmona registrava in quegli anni la rapida diffusione della propaganda repubblicana, socialista e anarchica, legata soprattutto alla presenza in città di un cospicuo nucleo di ferrovieri, mentre ancora forte rimaneva il peso del gruppo dirigente liberale. Pansa, che godeva della stima di rappresentanti di entrambi gli schieramenti, fu presentato dal deputato cattolico Gennaro Sardi come candidato di sincera fede democratica e al di sopra delle parti, intenzionato ad affrontare i gravi problemi economici e sociali dell’area in un clima di rinnovata concordia cittadina. Eletto nel Consiglio Comunale nel 1893, nel febbraio 1894, fu, a larga maggioranza, chiamato a essere il nuovo sindaco. Durante il suo sindacato, iniziato non ancora trentenne, Pansa si adoperò con giovanile entusiasmo affinché fossero portate a compimento alcune importanti opere pubbliche, dal miglioramento della rete viaria all’installazione della illuminazione pubblica a energia elettrica, al risanamento dei rioni popolari, senza dimenticare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico cittadino.
Intendeva il suo ruolo di primo cittadino in modo del tutto indipendente dallo schieramento politico che lo aveva candidato, ma questa sua scelta gli procurò non poche ostilità da parte degli ambienti politici cittadini, di maggioranza e di opposizione, spingendolo a rassegnare le dimissioni prima della fine del mandato, nel settembre 1898, disgustato dalle polemiche che il suo operato aveva suscitato e dalle iniziative giudiziarie, pretestuosamente intraprese contro di lui. A coronare questo periodo, alcuni giorni dopo le sue dimissioni, un ignoto attentatore gli esplose contro alcuni colpi di fucile, ferendolo di striscio. In seguito, nonostante le attestazioni di stima ricevute allora e sebbene iniziative giudiziarie promosse contro di lui si dimostrassero presto del tutto prive di fondamento, contribuendo al contrario a far risaltare la sua alta statura morale, Pansa non accettò più di ricoprire nessuna delle cariche pubbliche che gli furono offerte, fino all’avvento del fascismo, che lo escluse da qualsiasi manifestazione della vita civile.
Nel 1897 fondò, con Piccirilli, la Rassegna abruzzese di storia ed arte, con l’intenzione di creare un punto d’incontro tra metodologie e discipline provenienti da culture diverse. Furono invitati a scrivervi studiosi tanto abruzzesi quanto di ogni parte d’Italia o stranieri, come Émile Bertaux o Paul M. Baumgarten, con il duplice fine di rendere più visibile la cultura regionale e di accrescerne i canali di aggiornamento scientifico. Apparvero qui anche alcuni importanti studi sul folklore abruzzese dello stesso Pansa, come La leggenda macabra in Abruzzo (1898), L’epopea carolingia in Abruzzo (1899) e La leggenda del drago di San Leucio e le origini di Atessa (1899). Tuttavia le pubblicazioni della Rassegna s’interruppero già nel 1900 per il venir meno, almeno temporaneamente, dell’intesa con Piccirilli, e forse, in qualche misura, anche con Antonio De Nino, che pure aveva seguito da vicino la vita della rivista.
Dopo la drammatica conclusione dell’esperienza come sindaco e l’interruzione delle pubblicazioni della Rassegna Pansa si dedicò interamente alla ricerca; condusse anche una vita molto più ritirata, per il manifestarsi dei primi problemi di salute e per il sopravvenire delle incombenze familiari. Nel 1901 sposò Petronilla Ruggiero (Rodi Garganico 1865 - Sulmona 1947), da cui ebbe tre figlie, delle quali raggiunse l’età adulta solo Chiara (Sulmona 1906 - Roma 1988), che si sarebbe in seguito dedicata alla cura della memoria del padre.
Nell’ambito dell’attività scientifica, mentre continuava la collaborazione sui consueti temi di storia, arte e folklore con riviste locali e nazionali − tra le altre Napoli Nobilissima, Archivio Storico Italiano, L’Arte di Roma, diretta da Adolfo Venturi − e nuovi rapporti epistolari si affiancavano a quelli già consolidati, si delineò sempre più chiaramente uno specifico interesse di Pansa per la numismatica. Nei circa 50 studi pubblicati in questo campo nel corso del primo quindicennio del secolo − per i quali fu in stretto contatto con i maggiori numismatici di quel periodo, italiani, come Memmo Cagiati e Francesco Gnecchi, e stranieri, come Edward J. Seltman e Robert Monwat – Pansa si occupò della monetazione peligna, sannitica, vestina, di Metaponto e di Hatria nel Piceno, oltre che delle monete della repubblica e dell’impero romano e di diverse officine monetarie coloniali; tra gli studi d’insieme da ricordare quelli sulla monetazione dei popoli italici durante le guerre sociali (La monetazione degli italici durante la guerra sociale nel suo valore storico e nel carattere simbolico, in Rivista Italiana di numismatica e scienze affini, XXIII [1910], 3, pp. 1-23), la bibliografia analitica sulle zecche medievali degli Abruzzi (Saggio di una bibliografia analitica della Zecca medioevale degli Abruzzi, in Le monete del Reame delle Due Sicilie da Carlo I d’Angiò a Vittorio Emanuele II. Supplemento, II [1912], 1, pp. 1-40) e sui sigilli della carboneria abruzzese (I sigilli segreti della Carboneria Abruzzese, in Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere e Arti, XXVII [1912], pp. 405-413).
Al procedere di queste ricerche, sembra legarsi anche il consolidarsi della passione per il collezionismo: mentre andava formando un proprio monetiere, Pansa iniziò a collezionare in modo sistematico anche reperti archeologici, oggetti d’arte e armi antiche, compilando per ogni pezzo una scheda che ne documentava la provenienza, i passaggi che l’avevano portato sino a lui nonché l’attribuzione cronologica e stilistica che ne proponeva.
Sempre in quegli anni, Pansa lavorò all’edizione critica del codice dei carmi dell’umanista Giovanni Quatrario: Giovanni Quatrario di Sulmona (1336 - 1402). Contributo alla storia dell’Umanesimo (Sulmona, 1912); nella lunga ed erudita introduzione al volume si confutava la precedente attribuzione della raccolta a Giovanni Barbato e la si contestualizzava nel clima culturale della Sulmona del XIV secolo. L’opera ebbe complessivamente un’accoglienza molto favorevole, ma furono osservate anche delle imprecisioni sul piano filologico e particolarmente severa fu la recensione di Francesco Torraca su l’Archivio Storico per le Province Napoletane, cui Pansa rispose, innescando un vivace scambio polemico.
Dopo lo scontro con Torraca, che attenuò in parte la soddisfazione per aver portato a compimento un lavoro ventennale, Pansa si concentrò nello studio delle tradizioni popolari. Tuttavia non abbandonò mai del tutto i campi di ricerca di sempre, al contrario considerò il folklore il naturale approdo di un percorso scientifico che aveva visto come passaggi obbligati non solo la storia e l’archeologia, ma anche la numismatica, per i problemi che essa pone nell’interpretazione delle rappresentazioni simboliche scelte per trasmettere un messaggio all’immaginario collettivo. Tale percorso portò Pansa alla pubblicazione della monografia su Ovidio nel Medioevo e nella tradizione popolare (Sulmona, 1924), sul permanere del mito del poeta sulmonese tra l’antichità e il Medioevo. Questo percorso, inoltre, si richiamava all’impiego sistematico dello strumento comparativo nell’indagine scientifica, come Pansa indicava chiaramente nelle prefazioni ai due volumi Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo. Studi comparati (Sulmona, 1924 e 1927), che costituiscono di per sé importanti saggi sull’uso della metodologia della ricerca comparata nel campo delle tradizioni popolari.
Morì a Sulmona il 19 gennaio 1929.
La morte interruppe al secondo volume il grande affresco di Miti, leggende e superstizioni, previsto su tre volumi. Sin dall’anno precedente, a causa delle cattive condizioni di salute, Pansa era stato costretto a declinare l’invito, rivoltogli da Raffaele Corso, a partecipare al primo Convegno del folklore italiano, dove furono discusse le basi metodologiche per i successivi sviluppi della nuova disciplina. Questi due appuntamenti mancati nocquero al consolidamento della fortuna critica di Pansa, ma in tal senso svolse un ruolo importante anche l’ostilità che il regime fascista gli dimostrò, come storico esponente dello schieramento liberale abruzzese e in quanto intellettuale notoriamente vicino a Croce. Solo dopo la fine del fascismo, pertanto, fu possibile realizzare il desiderio espresso da Pansa di rendere fruibili a un più vasto pubblico di studiosi le sue raccolte di reperti archeologici e di libri, accolti i primi presso il Museo archeologico nazionale di Chieti e i secondi in un fondo costituito ad hoc presso la biblioteca del Museo delle genti d’Abruzzo di Pescara. Sempre nel dopoguerra fu possibile dare alle stampe in modo soddisfacente alcuni inediti: il Catalogo descrittivo e analitico dei manoscritti riflettenti la storia d’Abruzzo (a cura di P. Aniceto Chiappini, L’Aquila, 1964), la Bibliografia storica degli Abruzzi. Supplemento dei supplementi (a cura di P. Aniceto Chiappini, L’Aquila, 1960) e i capitoli già completati del terzo volume di Miti, leggende e superstizioni (a cura di G. Cercone, L’Aquila, 1979). Altri inediti sono tuttora conservati nell’archivio di famiglia custodito presso gli eredi a Sulmona (Ministero per i Beni culturali e ambientali, Archivi di famiglie e di persone. Materiali per una guida, I, Abruzzo - Liguria, Roma, 1991, p. 10).
Fonti e Bibl.: Cenni biografici ed elenchi delle opere di Pansa si trovano in A. Pagliaini, Catalogo Generale della Libreria Italianadall’anno 1847 a tutto il 1899, III, Milano 1905, pp. 45-54; G. Boffito, Cinquantacinque anni di vita del Collegio “Alle Querce” di Firenze, Firenze 1922, pp. 153-158; G. Piccirilli, Saggio di bibliografia degli scritti di G. P., in Atti del Convegno storico Abruzzese-Molisano II - Atti e memorie, Casal-bordino 1935, pp. 485-494; R. Aurini, Dizionario bibliografico della Gente d’Abruzzo, IV, Teramo 1962, pp. 219-238; F. Cercone, G. P.: vita e opere, in Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, LXIII (1973), pp. 199-282; E. Mattiocco, G. P., in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico, VII, Castelli 2006, pp. 299-310; G. Sabatini, Vita e opere di G. P., in Lettere a G. P., a cura di E. Mattiocco, L’Aquila 2008, pp. 11-56 (censisce 241 pubblicazioni). Sull’opera di Pansa e sulla sua fortuna critica: G. Cocchiara, Storia degli studi sulle tradizioni popolari in Italia, Palermo 1947, p. 270; Id., Popolo e letteratura in Italia, Torino 1959, p. 348; F. Toschi, Guida allo studio delle tradizioni popolari, Torino 1967, p. 126; G. Cocchiara, Le origini della poesia popolare, Torino 1970, pp. 211-213; F. Toschi, Pagine abruzzesi, L’Aquila, 1970, p. 89; A.M. Di Nola, Prefazione a E. Giancristofaro, Totemaje. Viaggio nella cultura popolare abruzzese, Lanciano 1978, pp. 9-10; G. Cocchiara, Storia del Folklore in Italia, III ed., Palermo 1989, pp. 218-220; U. Russo, L’Abruzzo aquilano nella cultura italiana, in L’Aquila e la provincia aquilana. Economia, società e cultura dal 1859 al 1920, a cura di F. Sabatini, L’Aquila 1993, pp. 229 s.; G. Papponetti, De Nino, Finamore, P., in L’Abruzzo nell’Ottocento, Pescara 1997, pp. 505-514; G. Profeta, Bibliografia della cultura tradizionale del popolo abruzzese. 1486-2003, L’Aquila 2003 (con oltre 40 schede relative a Pansa); Lettere a G. P., a cura di E. Mattiocco, L’Aquila 2008.