PADULA, Giovanni
PADULA, Giovanni. – Nacque a Matera il 14 agosto 1885, primogenito di Giacinto, carrettiere e commerciante, e di Maria Luigia Tamburrino, che contribuiva al bilancio familiare vendendo pane, pasta e tessuti prodotti in casa; nel 1888 nacque il fratello Emanuele, nel 1900 la sorella Angela.
I documenti attestano la presenza dei Padula a Matera sin dal XVIII sec., con il capostipite della famiglia, il «campagnolo» Eustachio, e testimoniano la transizione dei discendenti da contadini a «vaticali» o «trainieri», carrettieri che lavoravano nel trasporto, nella commercializzazione e nella intermediazione di prodotti soprattutto agricoli, socialmente identificabili dalla fascia rossa indossata stretta in vita e da orecchini in oro a entrambi i lobi.
Giacinto intensificò e qualificò le tradizionali attività familiari, segnando il passaggio dalla condizione di trainiere a quella di commerciante e mediatore nel comparto del grano duro, eccellenza del territorio materano. Segno del crescente successo fu la costituzione della società collettiva Giacinto Padula & Figli, con il coinvolgimento di Giovanni ed Emanuele (ma non di Angela). Tenaci e intraprendenti, i Padula furono abili a intessere una fitta trama di relazioni non solo con il mondo agricolo locale, ma anche con le più rilevanti imprese nazionali del settore, come i Tamma di Bari e gli Stucchi di Venezia.
Nel 1913 Giovanni sposò Francesca Fragasso, discendente di una nota e benestante famiglia dell’imprenditorialità edile materana, dalla quale ebbe sette figli (Maria, Luisa, Angela, Teresa, Giacinto, Annunziata, Francesco). Alla nascita di quest’ultimo, Francesca morì. Giovanni si risposò, nel 1929, con Maria Francesca Francomagro di San Severino Lucano (Potenza), anche lei appartenente a una agiata famiglia di allevatori di ovini, dalla quale ebbe altri quattro figli (Luigia, Riccardo, Emanuele, Antonio).
Alla morte del padre Giacinto (1928), i due fratelli-soci, in perfetta sintonia, decisero di entrare nel comparto dell’«arte bianca»: la produzione e la commercializzazione della pasta. Prima di avventurarsi nell’ambizioso piano, e nonostante una formazione scolastica limitata alle sole scuole elementari, vollero studiare – con lungimiranza e intelligenza – i più innovativi processi produttivi del settore.
Rivolsero, pertanto, l’attenzione ai pastifici campani di Gragnano e Torre Annunziata, primi a utilizzare i macchinari delle ditte Pattison di Napoli, Buhler di Zurigo e Ganz di Budapest, dando corpo a una filiera di grande qualità, che aveva nel mulino e pastificio Alfonso Garofalo di Gragnano il punto di eccellenza. Questo, infatti, grazie all’adozione della nuova pressa meccanica continua, introdotta dai fratelli Braibanti di Parma nel 1933, evitava le soste (gli scarti o ‘sfridi’) tra le operazioni di impasto, gramolazione e trafilazione, consentendo un processo continuo di lavorazione dalla semola alla pasta, garanzia di qualità e igiene del prodotto finito, pronto per l’essiccazione.
L’apertura alle più ardite innovazioni non portò mai i Padula a disconoscere e accantonare il patrimonio locale di esperienze e conoscenze. Non a caso continuarono a rifarsi alla consolidata tradizione materana di molitura e pastificazione: dalla produzione artigianale di pasta nel tardo Settecento, opera degli Acito, dei Masciandaro, dei Palumbo, alla diffusione di ‘maccheronerie’ nel primo Ottocento; dalla nascita nel 1884-85 del celebre molino e pastificio Alvino & C., impianto di prima generazione gestito da una società che faceva capo a Vincenzo Alvino, all’avvio dell’opificio Riccardi & C. Mulino e pastificio moderno, attivo dal 1906 per opera di Giuseppe e Damiano Riccardi, pionieri di una brillante stagione di innovazioni tecnologiche, di cui si sarebbero poi giovati i nuovi proprietari, gli Andrisani, produttori dell’omonima pasta.
Il progetto imprenditoriale di Giovanni ed Emanuele fu dunque avviato su solide basi. Essi presero in fitto, dal 1930 al 1935, insieme ad altri soci – i Cocozza, i Giambalvo, i Milella – un mulino e pastificio a Ruvo di Puglia (Bari); comprarono, nel 1935, il vecchio mulino-pastificio Lamacchia-Tortorelli, in via Lucana a Matera, e, dal luglio 1936, rilevarono, ancora in fitto, l’ormai vecchio ma prestigioso mulino Alvino.
La gestione dell’opificio Alvino da parte dei Padula si protrasse per un decennio, con una produzione annua di oltre 30.000 q di pasta, destinati al mercato lucano e pugliese. Cessata la gestione dell’Alvino (acquisito nel dopoguerra dai Quinto e dai Manfredi, titolari dell’omonima azienda, produttrice dell’apprezzata Pasta Lucana), gli sforzi si concentrarono nella modernizzazione del vecchio mulino-pastificio Lamacchia-Tortorelli, passando – nella molitura – dal tradizionale sistema a recupero al sistema graduale e introducendo – nella pastificazione – macchine di nuova generazione. Dal 1948, ottennero ottimi risultati: una rinomata semola di grano duro, fornita anche a grossi pastifici nazionali; una pasta di ottima qualità, sempre più richiesta da mercati ormai fidelizzati.
Il consolidato prestigio imprenditoriale dei Padula e la loro affidabilità sociale furono consacrati dall’ascesa politica di Giovanni, tra i fondatori della Democrazia cristiana materana, sindaco nominato dal 1° novembre 1945 al 28 aprile 1946, riconfermato nella carica da successive tornate elettorali (dal 29 aprile 1946 al 30 maggio 1952).
Nel difficile dopoguerra, Giovanni cercò di dotare la comunità materana dei servizi e delle infrastrutture più necessarie e contribuì a porre all’attenzione nazionale l’annoso problema dei ‘Sassi’, in una campagna di mobilitazione che sfociò nella visita del presidente del consiglio, Alcide De Gasperi, il 23 luglio 1950, e nel varo della l. 17 maggio 1952, n. 619, recante norme per il loro risanamento. Padula fu anche presidente della locale Camera di commercio dal 18 aprile 1945 al 19 gennaio 1959, impegnandosi per la rinascita dell’economia cittadina e per il decollo del vasto comprensorio del Metapontino, a favore del quale molto si prodigò con la realizzazione della Centrale ortofrutticola a Metaponto; non ebbe, invece, successo il suo generoso tentativo per la costituzione di un Consorzio di produttori agricoli nell’area di Scanzano. Per i molteplici meriti acquisiti, fu insignito delle onorificenze di cavaliere ufficiale al merito della Repubblica italiana, nel 1952, e di commendatore, nel 1956.
Pur spendendosi sul versante politico-istituzionale, Giovanni non cessò di coadiuvare l’infaticabile Emanuele nel processo di innovazione aziendale, teso alla realizzazione di un opificio di seconda generazione, con il trasferimento del pastificio in via Cererie, entrato in attività nel 1963, dotato di macchine di ultima generazione della Braibanti e strutturato con linee di produzione continua. I Padula divennero così una delle principali industrie di pasta del Mezzogiorno con un messaggio pubblicitario che recitava: «L’antica tradizione su una nuova strada».
Giovanni morì a Matera il 1° febbraio 1963. Nel 1962 era morto Emanuele.
Negli anni Settanta, la famiglia Padula coltivò il progetto di unificare in un solo sito l’intera attività aziendale e di riconvertire lo stabilimento di via Lucana in un fabbricato di civili abitazioni: «Progetto straordinariamente all’avanguardia che il destino ha voluto, invece, che fosse la fine di un’epoca memorabile per l’industria molitoria materana» (Riccardi, 2011, p. 96). L’azienda cessò la sua attività nel 1986, nella congiuntura definita ‘guerra della pasta’, sfociata nella chiusura di molti, piccoli e medi, pastifici meridionali, a vantaggio di grandi gruppi nazionali. Subentrò la Barilla, che, a sua volta, chiuse i battenti nel 2005. Illusorie si rivelarono successive iniziative di rilancio del polo materano della pasta, vivo ormai soltanto nel ricordo di antichi fasti e nelle testimonianze residue di archeologia industriale.
Fonti e Bibl.: Per i dati biografici si è fatto ricorso all’Archivio comunale di Matera, ma soprattutto alle informazioni gentilmente fornite dal figlio Giacinto, suffragate da documenti di famiglia. Utili elementi in: A. Giampietro, Personaggi della storia materana, Matera-Roma 1992, pp. 101 e seguente Fondamentali i contributi di: R. Riccardi, I Padula, in Id., Album Lucano. Famiglie, personaggi e immagini ritrovate, Matera 2008, pp. 146-157; Id., I Padula di Matera da «vaticali» ad affermati imprenditori, in Basilicata Regione Notizie, XXXVI (2011), 127-128, pp. 86-97. Per una contestualizzazione dei profili imprenditoriali: M. Padula, Il più tipico e genuino prodotto materano: la pasta alimentare, in Rassegna economica. Bollettino ufficiale Camera di commercio di Matera, XXVI (1973), 5, ed. speciale, Matera 1948-1975, pp. 103-112; R. Giura Longo, La piccola rivoluzione industriale a Matera tra fabbricanti di mattoni e produttori di maccheroni, in N. Calice et al., Strategie familiari e imprenditoriali fra ’800 e ’900. Il caso della Basilicata, Rionero in Vulture 1992, pp. 33-68; M. Morano, Storia di una società rurale. La Basilicata nell’Ottocento, Roma-Bari 1994, pp. 454-506; R. Bergeron, La Basilicate. Changement social et changement spatial dans une région du Mezzogiorno, Rome 1994, pp. 477 s.; G. Riccardi, Per uno studio delle dinamiche sociali nell’Ottocento meridionale: il caso dei Riccardi a Matera, in Bollettino storico della Basilicata, XIX (2003), 19, pp. 35-120; R. Riccardi, Le famiglie Quinto e Manfredi simbolo della crescita industriale locale e regionale tra Ottocento e Novecento, in Basilicata Regione Notizie, XXXVII (2012), 129-130, pp. 122-141. Per l’attività amministrativa di Padula, cfr. F.P. Valentino, Appunti per la storia del Comune di Matera, Matera 1984, pp. 139-182. Si rimanda, infine, ai seguenti studi e alle bibliografie in essi riportate: R. Giura Longo, Breve storia della città di Matera, Matera 1981; C.D. Fonseca - R. Demetrio - G. Guadagno, Matera, Roma-Bari 1998; A. Pontrandolfi, La vergogna cancellata. Matera negli anni dello sfollamento dei Sassi, Matera 2002; Id., La terra. Ascesa e declino della borghesia agraria materana, Matera 2004; L. Rota, Matera. Storia di una città, Matera 2011.