TRABACI, Giovanni Maria
TRABACI, Giovanni Maria. – Nacque a Montepeloso (oggi Irsina, in provincia di Matera) da Antonio e da Ippolita Galluccio nel 1580 circa.
L’anno di nascita si evince dall’età di 36 anni «vel circa» dichiarata nel processetto matrimoniale del 1616 (Napoli, Archivio storico diocesano, Processetti matrimoniali, 1616, lettera G, n. 529). Fu battezzato dal nobile Gian Geronimo Maffei, padre di Ascanio, suo conterraneo e amico d’infanzia, nonché testimone all’accertamento prematrimoniale. In base alla stessa fonte, dal 1596 fu a Napoli; si può ipotizzare vi giungesse grazie al mecenatismo dell’antico feudatario di Montepeloso, Luigi Gaetani duca di Traetto, noto musicofilo e amico di Carlo Gesualdo, alloggiando nel borgo dei Vergini, dov’era situato l’imponente palazzo Traetto.
Frequentò i padri girolamini dell’Oratorio, come testimoniato nello stesso processetto dall’amico potentino Giuseppe Cosentino, «musico et sonatore»: «semo tutti musici che ci conoscemo tutti tanto alli Gelormini quanto in Palazzo, et so che per lo principio habitò alli Vergini per molti anni et poi a San Biase et da alcuni anni in qua habita alla strata de Chiaija». Praticando la nuova chiesa dell’Oratorio, dove nel 1597 fu collocato il primo organo realizzato dal romano Giovanni Guglielmi, conobbe il musicista franco-fiammingo Giovanni de Macque, maestro di cappella reale, legato al duca di Traetto e a quei padri. Già nelle Nuove laudi ariose della Beatissima Vergine raccolte da don Giovanni Arascione (Roma 1600), comparve la sua lauda a 4 voci Vergine più del sol lucida stella dedicata «A Santa Maria della Stella» (ed. moderna a cura di P. Di Lorenzo, Caserta 2004), insieme a quattro laudi di Macque.
Dal 30 ottobre 1601, con il placet del maestro, fu assunto come organista della Cappella reale insieme ad Ascanio Maione. Il Motectorum quinque, sex et octo vocum cum quibusdam rithmis [...] liber primus (Napoli 1602) apparve sotto il segno e a spese dei padri dell’Oratorio. Gli inizi presso i girolamini sono chiaramente testimoniati dalla dedica alla Madonna della Vallicella raffigurata nel frontespizio; nel libro il giovane compositore mise a frutto il modello dei mottetti del maestro franco-fiammingo, ma ‘romano’ d’adozione, stampati a Roma nel 1596.
L’errata notizia dell’assunzione il 1° dicembre 1594 come tenore nella cappella musicale dell’Annunziata è frutto di uno scambio per corruzione dialettale del cognome con il più anziano sacerdote don Giovanni Maria Travascio, operato da Salvatore Di Giacomo e divulgato da Ulisse Prota-Giurleo (1928, p. 81; 1955, p. 277; 1960, p. 185): a quella data Trabaci non era giunto a Napoli, e ancora nel 1601 non compare tra i «musici napoletani e compatrioti» nel trattato Della prattica musica vocale et strumentale di Scipione Cerreto (Napoli 1601, pp. 154-160), segno che il giovane musicista lucano, da poco giunto nella capitale, non occupava posti di rilievo nelle istituzioni musicali cittadine.
Forte della carica nella Cappella reale e dell’esordio come compositore da chiesa con i mottetti del 1602, e grazie al mecenatismo di Ottavio di Capua del Balzo e della moglie Giovanna di Capua, nel 1603 Trabaci poté stampare la sua prima raccolta di musica strumentale, destinata al cembalo e all’organo e realizzata in partitura a caratteri mobili su quattro righi: Ricercate, canzone franzese, capricci, canti fermi, gagliarde, partite diverse, toccate, durezze, ligature, consonanze stravaganti, et un madrigale passeggiato nel fine. Opere tutte da sonare, a quattro voci ... Libro primo (Napoli 1603; ed. anast. Firenze 1984; ed. moderna parziale a cura di O. Mischiati, Brescia-Kassel 1964, 1969; ed. moderna completa a cura di A. Carideo, Latina 2010). La «gagliarda seconda» della raccolta si ritrova modificata anche nel manoscritto Londra, British Library, Add. 30491, redatto in parte da un altro allievo di Macque, Luigi Rossi, durante il servizio di quest’ultimo presso il duca di Traetto, e dunque entro il 1612-13, data di morte di Gaetani (ed. facsimile a cura di A. Silbiger, New York-London 1987; ed. moderna parziale Neapolitan keyboard composers, circa 1600, a cura di R. Jackson, s.l. 1967, Neuhausen-Stuttgart 1982).
Gli interessi dei di Capua per la musica, «o sia ella di voce, o sia de istromenti», sottolineati dal compositore nella dedicatoria del 1603, favorì la loro protezione almeno fino al 1611 (Ottavio morì nel 1613). A Ottavio il musicista dedicò le Villanelle et arie alla napolitana, a tre et a quattro voci, con un dialogo nel fine [...] libro primo (Napoli 1606); alla moglie Giovanna il Secondo libro di madrigali a 5 voci (Venezia 1611), contenente brani ch’erano stati cantati «alla sua presenza e del signor d. Ottavio»: tre madrigali intonano versi di Giovan Battista Basile (Madrigali et ode, Napoli 1609, pp. 30, 32, 35), mentre Già part’il verno e già di fior novelli utilizza per intero, non senza qualche problematica variante, un sonetto di Giovan Battista Marino di cui la sola prima parte era stata anticipata nel collettaneo Teatro de madrigali a cinque voci de diversi eccellentiss. musici napolitani (Napoli 1609), promosso dal libraio Scipione Riccio, amico e consuocero di Macque. A istanza di questo stesso libraio era uscito in precedenza il Primo libro di madrigali a 5 voci (Napoli 1606), dedicato a Marc’Antonio da Ponte, figlio di Giovanni Francesco reggente del Consiglio collaterale. Nel panorama musicale napoletano Trabaci è stato classificato come un madrigalista ‘moderato’ alla pari di Scipione Dentice, Donato Antonio Spano e Maione (Larson, 1986), ma a differenza di quest’ultimo, che aveva semplificato il proprio stile, egli ostentò la propria erudizione anche nei madrigali, sfoggiando artifici contrappuntistici ingegnosi. Nel frattempo la sua condizione economica era diventata così florida da indurlo, tra il 1609 e il 1614, a fare investimenti finanziari grazie alla mediazione del di Capua, mettendo a profitto la somma di 500 ducati, frutto soprattutto degli introiti di insegnante di musica dell’aristocrazia.
Scomparso Macque, il 20 settembre 1614 Trabaci divenne maestro di cappella regio: il primo italiano, dopo una serie di spagnoli, borgognoni e franco-fiamminghi. Il riscatto sociale del regnicolo ‘forastiero’ proseguì grazie alle nozze, il 13 settembre 1616, con la benestante Maria Prisco, figlia del napoletano Lentolo e della nobile sorrentina Camilla Falangola, cresciuta a Napoli alla «Strata di San Lorenzo» e poi nella circoscrizione di S. Giovanni a Porta, parrocchia ch’era stata di Macque tra il 1592 e il 1599 (Napoli, Archivio storico diocesano, Processetti matrimoniali, 1616, lettera G, n. 529). Per riconoscenza al viceré Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos, che aveva favorito la sua nomina, il 10 aprile 1615 gli dedicò Il secondo libro de ricercate et altri varij capricci, con cento versi sopra li otto finali ecclesiastici, stampato a Napoli (ed. anast. Firenze 1984; ed. moderna a cura di A. Carideo, Latina 2018).
Questa raccolta strumentale, più matura, è dotata di precise destinazioni organologiche: un ricercare è per il «cimbalo cromatico», alcuni «versi» per organo si approssimano al tipo dei ‘fioretti’ frescobaldiani; una toccata è concepita per l’arpa; le gagliarde a 4 e 5 voci sono più specificamente concepite per il «concerto de violini o viole ad arco».
Sotto il segno della devozione mariana coltivata presso gli oratoriani, Trabaci diede alle stampe almeno quattro libri di musica da chiesa, dedicati alla Beata Vergine Maria: Missarum et motectorum quatuor vocum [...] liber primus (Napoli 1605), poi ristampato con l’aggiunta di tre frottole latine (Napoli 1616) come maestro di cappella regio; Psalmorum pro vesperis et completorio totius anni [...] quatuor vocum [...] liber primus (Venezia 1608); l’arrangiamento per voce di tenore e organo di alcuni suoi mottetti giovanili nella raccolta Sylvae harmonicae variarum vocum [...] liber primus (Napoli 1609); e Psalmi vespertini quatuor vocibus [...] liber secundus (Venezia 1630). Nel 1625-30 ritornò a prestare servizio come organista nella chiesa di quei padri, con una retribuzione mensile modesta integrata con un compenso in natura di olio; a questo periodo potrebbero risalire le quattro messe a 8 voci a 2 cori e basso continuo (Napoli, Archivio musicale della Congregazione dell’Oratorio, cfr. Pannain, 1934, p. XXIX), così come i Mottetti e hinni ad otto voci (Napoli, Archivio musicale della Congregazione dell’Oratorio, mss. 396-397). Nello stesso archivio si conservano altre raccolte di composizioni vocali sacre manoscritte (464.1, 470.5), e altri tredici mottetti a 4-5 voci datati maggio 1634, nettamente diversi dalla produzione mottettistica giovanile (462.1/1-4; ed. moderna a cura di A. Caroccia e R. Giarraffa, Roma, in corso di stampa).
La situazione economica di Trabaci migliorò ulteriormente, se nell’anno del matrimonio poté prestare 300 ducati a una vedova benestante e se nel 1617, nello stipulare i capitoli matrimoniali con la madre e i fratelli della sposa, ai 1500 ducati di dote pattuiti decise di affiancare 500 ducati suoi dati in dono alla moglie in segno di benevolenza; nel 1631 deteneva ancora beni stabili nel paese natale, destinati all’affitto.
Il 1° marzo 1635 Trabaci firmò la dedica al viceré Manuel de Acevedo y Zúñiga, conte di Monterrey, di un libro contenente le quattro Passioni di Cristo a 3 voci pari, con interventi solistici per Cristo e per Giuda (Napoli 1634); nell’avvertenza ai lettori indicò che «tutti quattro Passii s’han da cantar in modo recitativo e senza battuta», e nella dedica disse di aver appreso dal viceré addirittura «il modo ed il nuovo stile di comporre in musica la Passion di Christo Giesù».
La pubblicazione figura come «opus decimum tertium», il che, rispetto ai complessivi undici libri pervenuti, implica che a quella data il compositore avesse pubblicato altri due libri, oggi irreperiti; si ha inoltre tardiva, incerta notizia di un libro di ricercate datato 1645 (sempre che non si tratti di un equivoco per 1615; cfr. Pitoni, circa 1713-1730, 1988).
Accettato negli ambienti della speculazione finanziaria, Trabaci fu ammesso almeno dal 1635 a investire i propri risparmi in arrendamenti insieme a tanti bei nomi della società napoletana. Già nel 1613-14, conquistata una certa agiatezza, amò circondarsi di quadri e oggetti vari di argenteria, come di servitori che periodicamente cambiò. Nominato maestro della Cappella reale, accrebbe gli investimenti in opere pittoriche acquistando dipinti del caravaggesco Carlo Sellitto, anch’egli di origine lucana, e del tardomanierista Fabrizio Santafede. In qualità di governatore della Congregazione dei musici di Palazzo, nel 1613 riuscì a ottenere ancora da Sellitto per l’altare della cappella dei musici regi nella chiesa di S. Maria della Solitaria la meravigliosa S. Cecilia con angeli musicanti (Napoli, Museo e Rael Bosco di Capodimonte).
Nel ruolo di maestro di cappella regio fu occupato come compositore sia sul versante profano sia su quello ecclesiastico. Nel 1620, per le «Delizie di Posilipo boscarecce e maritime», una «festa a ballo» data a palazzo, compose le «canzonette rappresentate in musica» Arie di tre Sirene e Aria de Venere (ed. moderna A Neapolitan festa a ballo and selected instrumental ensemble pieces, a cura di R. Jackson, Madison 1978, con due gagliarde del manoscritto Napoli, Biblioteca del Conservatorio, 4.6.3, olim Mus. Str. 55/1-4, già edite nel 1603). Undici canzonette «italiane e spagnole» a 3-4 voci si conservano manoscritte a Bruxelles, Bibliothèque du Conservatoire royal (17062). Sempre nel 1620 il salmo Ecce nunc benedicite fu accolto nei collettanei Salmi delle compiete de diversi musici napolitani a quattro voci raccolti (Napoli, Beltrano), fianco a fianco con Gesualdo, Fabrizio Dentice, Pomponio Nenna, Giovan Battista De Bellis e Maione e con le prime composizioni di Giovanni Maria Sabino. Nel 1632 Heinrich Schütz da Dresda fece ricercare a Napoli di «Joan Maria Trabaci motetti et altre robbe di chiesa» (Gesammelte Briefe und Schriften, a cura di E.H. Müller, Regensburg 1931, p. 118).
Nello stesso anno l’esigente musicofilo francese Jean-Jacques Bouchard ascoltò Trabaci dirigere due volte la cappella musicale vicereale durante i riti della settimana santa con giudizi contrastanti: la musica una volta fu «assez bonne», l’altra «assez médiocre» (Journal, a cura di E. Kanceff, II, Torino 1977, pp. 185-187). I «Responsorij di Settimana S(an)ta, di Natale e dell’Epifania» a 3 cori furono ricordati ancora nel 1664 dall’erudito Camillo Tutini, insieme a «tutti li Passij» e le «Messe, Vesperi a quattro et otto voci» (Napoli, Biblioteca nazionale, ms. Branc. II.A.8: La Porta di S. Giovanni Laterano ... Musici, c. 95r).
Trabaci non favorì la carriera musicale al proprio primogenito Carlo, che fu avviato a più redditizi studi giuridici: si laureò in utroque iure il 22 agosto 1637 dietro raccomandazione del marchese di Belmonte, Carlo Tapia. Dopo il matrimonio, Trabaci abitò stabilmente nella circoscrizione parrocchiale di S. Anna di Palazzo, dove nacquero i dieci figli – tra di essi una coppia di gemelli – battezzati tra il 1617 e il 1630 a intervalli regolari di uno-due anni alla presenza di padrini della corte spagnola e di colleghi della Cappella reale. Almeno dal 1628 i Trabaci abitarono alla «Trinità degli Spagnoli» in una casa di proprietà degli agostiniani spagnoli da pochi anni insediatisi nel convento di S. Maria della Speranza, dove sicuramente nel 1644 il procuratore di quell’istituto era un suo compaesano, fra Agostino di Montepeloso.
Morì il 10 gennaio 1648, stando alla registrazione di sepoltura nei libri parrocchiali di S. Giovanni Maggiore. Trabaci, che abitava ancora «alla Trinità di Spagnoli», fu sepolto nella chiesa dell’omonimo convento dov’era già stato seppellito il figlio Giuseppe nel 1643; le spese dell’«attierro» furono in parte rimborsate dalla Congregazione di S. Cecilia dei musici regi al figlio Carlo tra il 1655 e il 1656.
Dieci anni dopo, l’11 gennaio 1658, il padre trinitario Presentado rilasciò una fede di morte di Trabaci con la data del 31 dicembre 1647 agli ufficiali della Tesoreria reale, che dovevano pagare gli arretrati di stipendio alle figlie Margherita e Antonia come eredi ancora in vita del maestro di cappella regio; a partire da Prota-Giurleo (1928), tale data che anticipa di dieci giorni la morte del compositore – forse per ragioni amministrative – è stata presa per buona.
Circostanza pressoché unica per un musicista napoletano del Seicento, si dispone di un ritratto ufficiale del cinquantottenne Trabaci come ‘maestro di cappella’ con tanto di bastone per battere il tempo e rotolo di carta di musica, firmato nel 1638 da Jusepe de Ribera, il pittore di punta in quegli anni a Napoli, prediletto dalla corte spagnola (Toledo, Ohio, Museum of art).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Notai del XVI secolo, Troilo Schivelli, 331/19, cc. 579r-587r, Capitoli matrimoniali tra Giovanni Maria Trabaci e Maria Prisco del 15 luglio 1617; Napoli, Archivio storico diocesano, Processetti matrimoniali, 1616, lettera G, n. 529, Processetto matrimoniale di Giovanni Maria Trabaci e Maria Prisco del 13 settembre 1616; Parrocchia di S. Giovanni Maggiore, Libri dei defunti, vol. 122 olim 114, c. 10v; G.O. Pitoni, Notitia de’ contrapuntisti e compositori di musica (circa 1713-1730), a cura di C. Ruini, Firenze 1988, p. 281; Napoli, Biblioteca nazionale, ms. XVII.9: S. Di Giacomo, L’Annunziata, pp. 109 s.; U. Prota-Giurleo, La musica a Napoli nel Seicento (dal Gesualdo allo Scarlatti), in Samnium, I (1928), 4, pp. 81 s.; G. Pannain, L’oratorio dei Filippini e la scuola musicale di Napoli, I, Milano 1934, pp. XXVII-XXIX, LXIV-LXXIV, 65-217; U. Prota-Giurleo, Aggiunte ai ‘Documenti per la storia dell’arte a Napoli’, in Il Fuidoro, II (1955), 7-10, pp. 277 s.; Id., G.M. T. e gli organisti della Real Cappella di Palazzo di Napoli, in L’Organo, I (1960), 2, pp. 185-195; R.J. Jackson, The ‘Inganni’ and the keyboard music of T., in Journal of the American musicological society, XXI (1968), pp. 204-208; W. Apel, Storia della musica per organo e altri strumenti da tasto fino al 1700, Firenze 1985, II, pp. 644-657; K.A. Larson, The unaccompanied madrigal in Naples from 1536 to 1654, diss., Harvard University 1985, Ann Arbor (Mi.), 1986, pp. 114, 556, 619-625, 667; La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, ad ind.; D. Cannizzaro, La musica per organo e clavicembalo nei regni di Napoli e di Sicilia tra XVI e XVII secolo, diss., Roma, Università La Sapienza, a.a. 2003-04, I, pp. 87-109; R. Giarraffa, G.M. T.: i mottetti del 1634, Napoli 2005; N. Spinosa, Ribera. L’opera completa, Napoli 2006, p. 341; D.A. D’Alessandro, Giovanni de Macque e i musici della Real Cappella napoletana, in La musica del Principe. Studi e prospettive per Carlo Gesualdo, a cura di L. Curinga, Lucca 2008, pp. 27, 76-78, 82 s.; G. Porzio, Carlo Sellitto. 1580-1614, Napoli 2019, pp. 204, 277 s., 280; Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, Napoli in corso di stampa.