CAMBI (De Cambi), Giovanni Maria
Matematico e ingegnere idraulico bolognese, della cui vita e della cui opera si conoscono poche e frammentarie notizie. Nel 1509 fu lettore di aritmetica e geometria nella facoltà degli artisti dello Studio di Bologna, incarico che gli fu rinnovato sino al 1512-13. Riprese l'insegnamento nel 1518, nel 1526, alla morte di Scipione Dal Ferro, gli successe nella cattedra, che era la più eminente della facoltà e comportava anche l'obbligo di fare ogni anno il "giudizio" e il "taccuino", cioè il pronostico e il lunario. Doveva godere di grande reputazione, perché lo stipendio di 150 lire annue corrisposto al Dal Ferro fu a lui aumentato a 175 lire. Conservò ininterrottamente la cattedra sino al 1555, anno in cui forse morì. Non si hanno notizie di sue ricerche o di suoi particolari interessi matematici, né dell'efficacia del suo insegnamento.
Sebbene non si conoscano le opere idrauliche da lui progettate od eseguite nel territorio di Bologna, pure da alcuni episodi si desume che la sua opera d'ingegnere, doveva essere molto apprezzata nella città natale e nelle città vicine. Infatti, per le benemerenze acquisite nell'esercizio professionale, il 21 maggio 1535 fu eletto architetto pubblico dal Reggimento di Bologna, succedendo al defunto Alessandro Ruggieri; per ordine del Senato di Bologna nel 1542 accompagnò a Roma, come esperto, Romolo Amaseo, segretario del Senato e suo collega nello Studio, inviato per perorare la causa bolognese nella controversia col duca di Ferrara a proposito delle acque del Santerno e del Reno. Rimase a Roma sino al marzo 1543, quando, su ordine del Senato, per continuare la missione affidatagli, seguì la corte pontificia che accompagnò a Busseto papa Paolo III per il suo incontro con Carlo V.
Nella primavera del 1545 i fiumi Ronco e Montone, che allora lambivano Ravenna, strariparono, inondando, con gravissimi danni, la città. Il cardinale Farnese inviò allora sul luogo il C., il quale, dopo aver visitato per parecchi giorni la zona devastata, mandò una relazione al cardinale, nella quale, dopo aver descritto lo stato miserando della città e della campagna e lo sgomento della popolazione, redigeva un progetto che, oltre alle provvidenze immediate, suggeriva una regolamentazione duratura dei corsi di acqua, mediante canali derivati che a monte della città smaltissero le acque eccessive deviandole nelle valli, così da permetterne l'utilizzazione per l'irrigazione delle campagne; suggeriva inoltre la costruzione di numerose e ampie condotte di scarico dalla città al mare. Le opere suggerite dal C. forse furono eseguite soltanto parzialmente, perché quasi due secoli più tardi, quando nel biennio 1737-39 i corsi dei due fiumi furono deviati e convogliati in un unico alveo, la situazione idrologica era quale l'aveva vista il Cambi.
Almeno dal sec. XIII la città di Parma era collegata con il Po mediante un naviglio o canale navigabile che dalla città raggiungeva il fiume Parma, affluente del Po nei pressi di Colorno. Verso la fine dello stesso secolo, per un'errata rettifica del percorso, il canale non fu più navigabile. Nel 1421 fu ripristinata la navigazione, che dopo pochi anni cessò per deficienza di acqua. Nel 1544, arrivato a Panna il legato pontificio cardinale Marino Grimani, fu ripreso il progetto di un canale navigabile, che avrebbe dovuto servire anche come scarico della costruenda fogna cittadina e come canale d'irrigazione; l'ambizioso progetto prevedeva anche un gran porto nella città. Ma nell'agosto 1545 Paolo III eresse Parma e Piacenza in ducato e ne investì il figlio Pier Luigi Farnese. Questi, prima di porre in esecuzione il progetto del cardinale Grimani, volle consigliarsi col C. e pregò il Reggimento di Bologna di consentire all'ingegnere di recarsi a Parma. Il C. vi si recò verso la fine dell'anno e il 1º genn. 1546 faceva una prima relazione al duca, a cui seguiva dopo pochi giorni una seconda molto favorevole alla costruzione del canale. Richiamato a Bologna nel corso del 1546 per consulenza sull'ancora aperta controversia col duca di Ferrara a proposito delle acque, ritornò nello stesso anno a Parma, su nuova richiesta del Farnese, molto soddisfatto della precedente prestazione. Ma con la morte del Farnese, avvenuta il 10 sett. 1547, ebbero fine gli studi del C. per il progetto del canale, la cui costruzione, iniziata nel 1628 con nuovi progetti, fu interrotta a causa della peste del 1630 e non più ritentata.
Il nome del C. compare ancora in un celebre episodio di storia della matematica. Nel 1539Girolamo Cardano ottenne da Niccolò Tartaglia, obbligandosi con giuramento al segreto, la regola risolutiva delle equazioni di terzo grado, invano ricercata per più di un millennio. Ma nel 1545 il Cardano si credette sciolto dal giuramento e nella sua Ars magna pubblicò la regola, attribuendo il merito della scoperta al bolognese Scipione Dal Ferro e, indipendentemente, al Tartaglia. Questi, sdegnato della violazione del giuramento, nei Quesiti et inventioni diverse, pubblicati nel 1546, denunciava il preteso spergiuro e attaccava il Cardano con espressioni offensive. A difesa del Cardano si levò Ludovico Ferrari, bolognese, discepolo e genero del Cardano, il quale indirizzò al Tartaglia una lettera a stampa o "cartello di matematica disfida", largamente diffuso, in cui, fra acri critiche al Tartaglia, gli lanciava una sfida a una pubblica disputa di matematica. Il Tartaglia replicava con un altro cartello, a cui seguivano cinque cartelli del Ferrari e altrettante risposte del Tartaglia. Ora, nel suo secondo cartello, redatto nel 1547, il Ferrari racconta che egli e il Cardano, recatisi nel 1542a Bologna, ebbero in visione da Annibale Della Nave, collega del C. nello Studio, un quaderno di Scipione Dal Ferro, suocero del Della Nave, nel quale era data la soluzione delle equazioni cubiche: la conoscenza personale del quaderno indusse il Cardano a ritenersi sciolto dal giuramento. Il Ferrari mandava il cartello anche al C., come a una delle personalità più eminenti e competenti di matematica, il quale, per essere stato collega del Dal Ferro ed essere collega del Della Nave, poteva già conoscere o appurare facilmente la veridicità della vicenda. L'episodio dimostra la stima del Ferrari (e forse anche del Cardano) tanto per la competenza matematica quanto per la probità morale del Cambi.
Fonti e Bibl.: I rotuli... dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, a cura di U. Dallari, I-II, Bologna 1888-1889, ad annos;Fl. Scarselli, Vita Romuli Amasaei, Bononiae 1769, p. 137; A. Ronchini, G. M. C. da Bologna e il Naviglio di Parma, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. modenesi e parmensi, VII (1864), pp. 109-21; G. Zaccagnini, Storia dello Studio di Bologna durante il Rinascimento, Genève 1930, pp. 248, 250, 252; E. Bortolotti, La storia della matematica nell'univers. di Bologna, Bologna 1947, pp. 42 s.