MARCHIG (Marchi), Giovanni (Giannino)
Nacque il 29 sett. 1897 a Trieste da Giacomo, alto funzionario del Comune, e da Anna Haberleitner di origine stiriana. Fin da piccolissimo il M. dimostrò un talento spiccato per la pittura e per la musica.
Nel 1903, a soli sei anni, ritrasse con una perizia scevra dalle normali ingenuità infantili, il nonno seduto (Masau Dan - Gregorat, 2000, p. 220); mentre all'età di otto si applicò con profitto allo studio del violino. Nelle 1909 divenne allievo di G. Zangrando e poi di alcuni artisti che in quegli anni avevano diffuso a Trieste le tendenze di Vienna e di Monaco, come G. Parin e B. Croatto. Da quest'ultimo il M. apprese anche l'arte incisoria e il gusto per le atmosfere malinconiche. Studente al ginnasio comunale, tra il 1912 e il 1913, oltre a vari autoritratti e ritratti, eseguì, in linea con gli ideali patriottici mutuati dal padre, alcune cartoline con le effigi di Dante Alighieri (Genova, collezione privata) e di G. Carducci (Trieste, Civico Museo di storia patria), da porre in vendita a vantaggio della Lega nazionale. Dal 1914 iniziò a frequentare lo studio di A. Orell, pittore, grafico pubblicitario e scenografo; da questo apprese lo stile sintetico con il quale realizzò in quell'anno le sei maschere italiane per il boccascena di una rappresentazione teatrale.
Per evitare l'arruolamento nell'esercito austriaco, nel maggio 1915, si trasferì a Firenze dove strinse amicizia, condividendone gli interessi culturali, con S. Ortolani ed E. Valli, giovane letterato faentino. Quando si presentò a sostenere l'esame d'ingresso all'Accademia di belle arti, la commissione, presieduta da D. Trentacoste, gli conferì direttamente il diploma riconoscendone l'alto livello tecnico e artistico. Il M. chiese di poter frequentare comunque il corso di nudo dell'ultimo anno, al quale fu ammesso nel gennaio del 1916.
Tra il 1917 e il 1918, avendo vinto una borsa di studio, si recò a Roma e, per due anni, viaggiò per l'Umbria e la Toscana frequentando luoghi di culto che ben rispondevano al suo desiderio di isolamento e meditazione (Orvieto, San Gimignano, Monte Oliveto Maggiore, Volterra, Pisa). Contemporaneamente condusse ricerche sulle diverse tipologie umane studiando anche la collezione di stampe di C. Waldemar Colucci a Siena. Perfezionista, sensibile e intimamente tormentato dalle drammatiche vicende della guerra, il M. lavorò con tenacia (al 1920 sembra avesse prodotto circa 1500 disegni: Masau Dan, p. 220) sul tema dei luoghi frequentati (interni ed esterni di chiese e conventi), ricorrendo a una pittura scarna, che riflette la sua tensione spiritualistica e la sua ferrea volontà di purezza. Una di queste opere, Interno di convento, esposta nel 1917 alla Mostra del soldato di Firenze, fu acquistata dal re Vittorio Emanuele III.
Nel 1918 dipinse la tela con la Cattedrale di Arezzo (Ginevra, collezione privata). L'anno successivo, di nuovo a Firenze, il M. pubblicò una cartella con 10 stampe di soggetti senesi (della quale venne rilevata l'alta qualità artistica oltre che documentale: ibid.), e dipinse il Trittico del Calvario (Ginevra, collezione privata) che nel 1920 vinse il premio Stibbert e che fu presentato alla sua prima Biennale (la XII) di Venezia. L'opera è estremamente simbolica in quanto, priva di figure, illustra tre interni spogli, conventuali, mutuati dal soggiorno del M. a Monte Oliveto Maggiore.
Sempre nel 1919 il M., attento alle tendenze contemporanee presentate alle mostre internazionali di Venezia, Milano e Roma, svolse per un breve periodo la sua attività, prevalentemente con commissioni di ritratti, a Trieste, dove, alla galleria Michelazzi, nel 1920, tenne la sua prima personale in cui vennero esposti, tra gli altri, Signora sul divano, Nora Grandi, Fausto Cosulich, Madre e figlio (Trieste, collezione privata) ed Ettore Valli (Bologna, collezione privata), quest'ultimo realizzato per sintesi di volumi e con forti chiaroscuri che evocano P. Cézanne. Tornato a Firenze, tra il 1920 e il 1921 risiedette, insieme con l'artista C. Sbisà, presso i Vermeheren, famiglia di restauratori olandesi attivi agli Uffizi, dai quali apprese i rudimenti dell'arte del restauro, disciplina cui dedicò in seguito gran parte della sua vita.
In questo periodo rivolse la sua attenzione ai linguaggi pittorici cinque-seicenteschi apprendendone stili e metodologie mediante l'assidua frequentazione museale e l'esercizio pratico. Altre forme di aggiornamento furono per il M. le riviste specializzate e le monografie di artisti contemporanei d'Oltralpe sulle quali si documentò, per esempio, quando si accinse a eseguire il ritratto dell'amico Ortolani, opera che, diversamente dalla matrice cezanniana del ritratto di Valli, rivela un'origine whistleriana (Venezia, collezione privata: Fergonzi, 2001, p. 151).
Tra i dipinti presentati nel 1921 alla prima Biennale romana vi era Il filosofo (intitolato anche L'amico Popper vegetariano: Trieste, collezione privata). Nel 1922, alla Primaverile fiorentina, espose, tra gli altri, il Vecchio cocchiere (acquistato dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma) da cui traspare il tono malinconico del Marchig. Alla XIII Biennale di Venezia presentò il dipinto Danzatrice orientale (Trieste, Civico Museo Revoltella).
L'opera segnò un netto distacco dal sentimento mistico ispiratore di una parte importante della produzione precedente. Ricca di vitalità, al confine tra verosimiglianza, simbolismo viennese e surrealismo ante litteram, suscitò scandalo a tal punto che il patriarca di Venezia chiese, e ottenne, che fosse spostata in una sala appartata (Montenero, 1980, p. 15).
Tra il 1923 e il 1924 partecipò alla Permanente di Trieste, alla II Biennale romana, alla Quadriennale torinese, alla XIV Biennale di Venezia. In questa sede presentò Epilogo, che ritrae l'interno della chiesa di S. Croce (Trieste, collezione privata), tra le ultime interpretazioni dei temi tanto amati e meditati in passato. Del 1924 è Morte di un autore, dipinto che, ispirato all'opera di L. Pirandello Sei personaggi in cerca d'autore, gli valse a Firenze il premio Ussi. Acquistato dalla Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti venne presentato di nuovo nel 1925 alla III Biennale romana. Sempre al 1924 risale l'Autoritratto (Trieste, Civico Museo Revoltella) che, realizzato senza enfasi, ben esprime la sua indole inquieta.
Dopo aver partecipato ad altre esposizioni nazionali, nel 1926 aderì alla prima Mostra del Novecento italiano, organizzata da Margherita Grassini Sarfatti nel palazzo della Permanente a Milano, presentando Il carnevale del vedovo (Ginevra, collezione privata) e il Ritratto dello scultore Domenico Trentacoste (Palermo, Civica Galleria d'arte moderna Empedocle Restivo). Tra il 1925 e il 1930 partecipò alle Biennali veneziane, organizzò diverse personali in Italia e all'estero; e i suoi dipinti furono acquisiti da numerose gallerie pubbliche d'arte moderna italiane (Ragionieri, 2000, p. 230). Nel 1926, alla XV Biennale veneziana, espose la grande tela con la Resurrezione di Lazzaro (Firenze, sacrestia di S. Frediano in Cestello: Masau Dan, p. 221). Nel 1927 partecipò alla Mostra internazionale d'incisione fiorentina e viaggiò in Spagna e Inghilterra, aggiornandosi sulle opere del passato e traendo impressioni esotiche che emergono in opere quali La signora Francesca (Trieste, collezione privata) o La velata (Genova, Galleria d'arte moderna).
Dal 1928 la sua pittura si fa più mossa, brillante, il tocco più rapido sotto le suggestioni di F. Goya e della pittura veneta dell'ultimo Tiziano, ravvisabili in alcune opere esposte alla Sindacale di Trieste come Vita allegra (ubicazione ignota: ibid., p. 222), presentata alla XVI Biennale veneziana.
Nel 1929 fu nominato professore di disegno all'Accademia di Firenze e membro accademico per la sezione di pittura. Gli anni Trenta furono di intensa attività, soprattutto nell'ambito della ritrattistica, e di conferme professionali. Alla personale del 1930, tenuta nella galleria Bardi di Milano, espose 40 dipinti presentati da R. Papini; alla XVII Biennale di Venezia portò Debutto (Trieste, Civico Museo Revoltella); alla IV Sindacale di Trieste fu citato come artista tra i più apprezzati e, dal soprintendente alle Belle Arti A. Riccoboni, ricevette l'incarico di eseguire i ritratti dei genitori del duca d'Aosta per la residenza del castello di Miramare. Ma già dal 1931 si delineò, sul piano economico, un periodo molto difficile. Gli vennero in soccorso i vecchi amici: Valli con un prestito in denaro e Ortolani (divenuto soprintendente alla Pinacoteca di Napoli) con l'offerta di commissioni di restauro "difficilissime" che confermano la sua alta professionalità in questo campo (ibid.). Dal 1931 al 1933 riprese il tema del teatro con il dipinto Attore napoletano (ubicazione sconosciuta) e con vari Pulcinella (uno di questi a Ginevra, collezione privata) in cui ritrasse l'amico e attore napoletano R. Viviani. Per risollevare le proprie finanze, nel 1932 assunse l'incarico di decorare le sale fiumane per la Mostra della rivoluzione fascista di Roma.
Tale commissione gli consentì di acquisire competenze nell'ambito della decorazione murale. L'attività pittorica e quella del restauro procedettero parallelamente nel suo studio sul Lungarno a Firenze, con consensi che raggiunsero l'acme nel 1937 all'Esposizione universale di Parigi, dove vinse la medaglia d'oro per il pannello dell'agricoltura realizzato per il padiglione italiano, e a Berlino, dove fu notevolmente apprezzato il suo ritratto di V. Nomellini (Ginevra, collezione privata). Sempre in quell'anno il Comune di Arezzo gli affidò la realizzazione di dieci vedute della città per la riproduzione a stampa. Il M., però, decise allora di abbandonare la pittura (come risulta dalla lettera scritta dieci anni dopo a F. Cosulich: ibid., p. 222) e di dedicarsi alla sola professione di restauratore.
Nel 1944 il suo studio di Firenze venne distrutto durante un bombardamento aereo. L'anno successivo si adoperò per organizzare una mostra sulla pittura francese a Palazzo Pitti curata da B. Berenson; mentre, negli anni successivi, grazie anche ai contatti con prestigiosi committenti nell'ambito del restauro procurati dallo stesso Berenson, compì diversi viaggi negli Stati Uniti durante i quali arricchì il suo già ampio bagaglio culturale visitando i musei statunitensi. Tra il 1947 e il 1948 collaborò con la casa editrice Electa ideando una collana di monografie di artisti.
Nel 1949 incontrò Jeanne, giovanissima pittrice scandinava in viaggio in Italia che divenne sua moglie e sua fidata collaboratrice. Insieme si trasferirono in Svizzera, prima a Losanna e poi, dal 1960, a Ginevra. Jeanne lo convinse a riprendere la pittura e, nel 1969, il M. eseguì un bel ritratto della moglie con il gatto (Ginevra, collezione privata). Avendo definito se stesso "un figlio dell'Ottocento" (Marchig - Ragionieri, 2000, p. 230), negli anni Settanta realizzò due opere sul tema della ricerca del tempo perduto: Le nozze e L'anniversario.
Nel 1973 il M. riprese il tema del carnevale con uno spirito assai diverso dal passato. La paternale (1973), Carnevale a Basilea (1974) e Elogio della follia, omaggio a Erasmo (1977) sono tre dipinti (tutti a Ginevra in collezione privata) in cui i volti deformati delle maschere non comunicano umorismo o malinconia, ma un'atmosfera inquietante e una drammaticità latente, accentuate dai piani obliqui e instabili delle scene rese con rapide pennellate. Con le nature morte (Natura morta con uova o Natura morta con fiori e libro vuoto: Ginevra, collezione privata), alle quali nel corso della sua prima attività pittorica non si era dedicato spesso, il M. riallacciò il dialogo con la pittura del passato (da Cézanne alla pittura fiamminga del Seicento).
Il M. morì a Vandoeuvres il 4 maggio 1983.
Nel 2005 Jeanne ha donato circa 200 opere del M. (tra disegni, incisioni e taccuini) al Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi. La collezione comprende anche le 30 litografie dei caffè di Trieste del 1920 e quelle delle fiere toscane realizzate tra il 1919 e il 1920. Nel 2006 una parte delle opere acquisite è stata esposta nella sala del Camino del Gabinetto fiorentino.
Fonti e Bibl.: G. M., a cura di G. Montenero, Trieste 1980; C.H. Martelli, Artisti di Trieste, dell'Isontino e della Dalmazia, Trieste 1985, p. 157; S. Ragionieri, Una proposta per "La morte di un autore" di G. M., in Artista, IV (1992), pp. 152-157; La pittura in Italia. Il Novecento/1, 1900-1945, II, Milano 1992, p. 953; G. M. (1897-1983): dipinti, disegni, incisioni (catal.), a cura di S. Ragionieri, Firenze 1994; G. M., a cura di J. Marchig - S. Ragionieri, Milano 2000; G. M.: un artista triestino a Firenze, a cura di M. Masau Dan - S. Gregorat, Cinisello Balsamo 2000; F. Fergonzi, Nota a margine di due mostre antologiche di G. M., in Arte in Friuli, arte a Trieste, XX (2001), pp. 151-158; Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, Nuovi arrivi. Primo Conti e G. M., Firenze 2006; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani…, III, Milano 1972, p. 1098.