SACCHERI, Giovanni Girolamo
Matematico, precursore delle geometrie noneuclidee, filosofo, teologo, nato in S. Remo il 5 settembre 1667, morto a Milano il 25 ottobre 1733. A diciotto anni entrò come novizio nella compagnia di Gesù. Al collegio di Brera, incoraggiato dal p. T. Ceva, compose i Quaesita geometrica (Milano 1693). Ordinato sacerdote nel 1694, insegnò filosofia e teologia nel collegio dei gesuiti di Torino, dove nel 1697 pubblicò la Logica demonstrativa; e in quello stesso anno passò al collegio di Pavia. Nel 1699 il senato milanese gli affidò nell'università ticinese la cattedra di matematica, che tenne fino alla morte.
Nella Logica demonstrativa le osservazioni sulla fallacia della defìnizione complessa (dove si presuppone l'esistenza di un ente soddisfacente a condizioni, di cui non è provata la compatibilità) sembrano ispirate dai tentativi diretti a eliminare il V postulato di Euclide, introducendo la definizione di parallele come rette equidistanti. Il S. ha visto che tale definizione complessa presuppone che il luogo dei punti equidistanti da una retta sia ancora una retta. Inoltre egli nota che le definizioni reali sono definizioni nominali, alle quali si aggiunge un postulato o una dimostrazione di esistenza (v. G. Vailati, Scritti, Lipsia-Firenze i e F. Enriques, Per la storia della logica, Bologna 1922).
Nella Neo-statica (Milano 1708) il S. tratta di proprietà relative al baricentro e alla caduta dei gravi; e seguono alcune opere teologiche, manoscritte come il Tractatus de Deo uno et trino, o stampate come quelle riguardanti i riti cinesi.
Finalmente compare l'Euclides ab omni naevo vindicatus, sive comuui geometricus quo stabiliuntur prima ipsa universae geometriae principia (Milano 1733). Il S., presupponendo le prime 27 proposizioni di Euclide (indipendenti dal postulato V), considera un quadrilatero ABDC i cui lati AC e BD siano uguali e perpendicolari alla base AB. Sopra gli angoli C e D (in ogni caso uguali fra loro, per ragioni di simmetria) sono possibili tre ipotesi: essi sono ambedue retti od ottusi o acuti. Se una di queste ipotesi è vera in un caso, è vera sempre; e ne deriva la proposizione IXª: "Nell'ipotesi dell'angolo retto la somma dei due angoli acuti di un triangolo rettangolo è uguale ad un retto; nell'ipotesi dell'angolo ottuso codesta somma è maggiore di un retto, nell'ipotesi dell'angolo acuto minore". Il teorema generalizzato viene invertito nella proposizione XVª: "Dato un qualunque triangolo ABC, del quale la somma degli angoli è uguale, maggiore o minore di due retti, si stabilisce rispettivamente l'ipotesi dell'angolo retto, dell'angolo ottuso o dell'angolo acuto". Se ne ricava immediatamente il teorema (che un secolo dopo doveva essere ritrovato da A. M. Legendre): Se in un particolare triangolo la somma degli angoli è uguale a due retti, essa è sempre uguale a due retti per qualunque triangolo. Quest'ultimo teorema non viene però enunciato esplicitamente dal Saccheri. Egli invece dimostra (prop. XIVª) che "l'ipotesi dell'angolo ottuso è assolutamente falsa perché distrugge sé stessa". Tale dimostrazione è possibile perché il S. ammette implicitamente con Euclide l'infinità della retta.
Il S. svolge poi notevoli conseguenze dell'ipotesi dell'angolo acuto: (prop. XVIIª) esistenza di perpendicolari ed oblique ad una stessa retta che non s'incontrano; (proposizione XXIIIª) comportamento asintotico di rette rispetto ad una retta data. E in base a quest'ultimo risultato il S. spera di distruggere la nemica ipotesi dell'angolo acuto". Nella prop. XXXIIIª conclude: "Occorre riconoscere assolutamente falsa, perché contraria alla natura della linea retta, l'ipotesi dell'angolo acuto, secondo la quale due rette A X e BX dovrebbero essere perpendicolari in uno stesso punto comune X [all'infinito] ad una terza retta coplanare con esse". Il S. non si accorge d'introdurre così un nuovo dato intuitivo, estendendo all'infinito proprietà valide per figure a distanza finita. Nella seconda parte del libro il S. tenta un'altra via per dimostrare assurda l'ipotesi dell'angolo acuto, riprendendo il concetto di equidistanza, ma cade ancora in errore. Così il preconcetto della validità incondizionata della geometria euclidea tolse al S. di cogliere il frutto delle sue ingegnose investigazioni. Esse tuttavia segnarono la via, che doveva poi essere percorsa dai creatori della geometria noneuclidea, della quale, come per primo rilevò E. Beltrami, il S. va considerato un precursore.
Bibl.: G. Saccheri, L'Euclide emendato, traduz. e note di G. Boccardini, Milano 1904; A. Pascal, G. S. nella vita e nelle opere, in Giornale di matematiche, LII, Napoli 1914; R. Bonola, La geometria non-euclidea, Bologna 1906; E. Beltrami, Un precursore italiano di Legendre e di Lobatchewsky, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, V (1889); C. Segre, Congetture intorno all'influenza di G. S. sulla formazione della geometria non-euclidea, in Atti della R. Accademia delle scienze, Torino XXXVIII (1903).