GIORGINI, Giovanni
Nacque da una nobile famiglia di Jesi, nell'Anconetano, nella seconda metà del sec. XVI e si dedicò a studi giuridici, laureandosi in legge a Macerata nel 1575. Successivamente si rivolse a studi filosofici ed eruditi, e nel 1580 gli venne affidata la prima cattedra di filosofia creata a Jesi.
Nel 1595 pubblicò presso lo stampatore veneziano allora attivo a Jesi Pietro Farri i Cinque libri delle odi di Orazio Flacco dette in canzoni, sestine, ballate e madrigali: l'opera - attualmente introvabile - rivelava la vastissima erudizione del suo autore (Baldassini, p. 248). Nello stesso anno e presso il medesimo stampatore usciva la Canzone alla maestà del re cattolico il sig. don Filippo d'Austria. Scopo dell'operetta - fitta di ardite metafore volte a esaltare la grandezza di Filippo II - è quello di incitare il monarca spagnolo a partecipare a tutti quei conflitti in cui la volontà di conquista si associa all'intento evangelizzatore. Del 1596 è l'opera a cui il G. deve la sua fama, il poema Il Mondo nuovo… Con gli argomenti in ottava rima del sig. Gio. Pietro Colini, et in prosa del sig. Girolamo Ghisilieri (Jesi, P. Farri). L'opera, in 24 canti in ottava rima, è seguita da un Discorso breve et generale e un Avvertimento sopra il Mondo nuovo di L. Agostino Campano.
Il Mondo nuovo si inserisce nella vasta voga per il poema epico che attecchì tra la fine del sec. XVI e l'inizio del XVII e di cui la scoperta dell'America fu uno dei temi. In realtà, nel poema il viaggio di Colombo diviene un episodio secondario, fondamentalmente per lo scarso interesse che il fatto storico suscitò in Italia, e il G. preferisce puntare sull'elemento del meraviglioso e del fantastico che avrebbe caratterizzato la scoperta dell'America, operando una sintesi, spesso grossolana, fra reminiscenze classiche (in particolare modo virgiliane), mitologiche e ariostesche. Spicca in tal senso la figura di re Ferdinando il Cattolico che, come un eroe dell'epica cavalleresca, viene fatto partecipare in prima persona alla conquista, violando così qualsiasi verosimiglianza storica. Al contrario, Cristoforo Colombo è un personaggio quasi grottesco nel suo esasperato desiderio di gloria e privo di spessore morale. Nell'immaginario europeo, e così nel Mondo nuovo, la vita dei selvaggi viene identificata con l'idea dell'età dell'oro all'origine della civiltà umana, e le terre appena scoperte sono idealizzate e contrapposte al decadimento morale della civiltà europea. Gli ultimi canti sono tutti dedicati alla figura di Hernán Cortes e alla conquista del Messico, di cui viene sottolineata l'importanza religiosa. Nel complesso, lo stile del poema è povero e arido, con versi spesso stentati e privi di sonorità.
Fonti e Bibl.: G. Baldassini, Memorie istoriche dell'antichissima e regia città di Jesi, Jesi 1765, pp. 248, 255; F. Vecchietti, Biblioteca picena, V, Osimo 1796, pp. 99 s.; C. Steiner, Cristoforo Colombo nella poesia epica italiana, Voghera 1891, pp. 11-31 e passim; G. Bianchini, Cristoforo Colombo nella poesia italiana. Parte prima. Poesia epica, Venezia 1892, pp. 17-30; M. Perrotta, Il Mondo nuovo di G. G., in Atti del III Convegno internazionale di studi colombiani, Genova 1979, pp. 633-640.