FRANCESCHI, Giovanni
Nacque a Firenze il 9 sett. 1470 da Piero di Giovanni e da Ginevra di Bernardo Fantoni.
L'attività economica prevalente della famiglia era stata durante tutto il sec. XIV quella di speziale, ma con il secolo successivo, pur conservando l'iscrizione all'arte dei medici e speziali, i Franceschi avevano cominciato a specializzarsi nell'esercizio delle cariche pubbliche, tanto che il ramo a cui il F. apparteneva era soprannominato "della Mercanzia", dall'attività di notaio addetto a quel tribunale svolta per molti anni dal capostipite, ser Luca di Francesco (priore nel 1403, 1412 e 1418), bisnonno del Franceschi.
Anche il F. a partire dal 1504, anno della sua elezione a gonfaloniere di Compagnia per il quartiere Santa Maria Novella - gonfalone Leon Rosso, cominciò ad essere frequentemente impegnato in incarichi pubblici, tanto "estrinseci" (quelli che comportavano funzioni governative e giudiziarie nei vari centri del Dominio fiorentino e che davano diritto a una congrua retribuzione), quanto "intrinseci" (svolti all'interno della città, di solito da membri delle magistrature collegiali che componevano il governo centrale; a differenza dei primi, questi incarichi erano per lo più a carattere gratuito, ma erano ugualmente ambiti dai cittadini per l'onore che riverberavano sull'eletto e sulla sua famiglia).
Per tre volte il F. fece parte della Signoria, il più importante tra gli uffici "intrinseci", in qualità di priore: nei bimestri gennaio-febbraio 1507, luglio-agosto 1514 e marzo-aprile 1527. A quest'ultimo periodo risale l'episodio per cui il F. viene menzionato in molte storie e cronache del periodo.
Secondo il Varchi, autore del resoconto più dettagliato e autorevole di questi avvenimenti, a corollario dei disordini scoppiati in città il 26 apr. 1527, noti come il "tumulto del venerdì" e diretti soprattutto contro l'incerto e inviso governo del cardinale S. Passerini, rappresentante in città della famiglia Medici, alcuni giovani occuparono il palazzo della Signoria, chiedendo a gran voce la messa al bando dei Medici e la convocazione del Parlamento. Poiché alcuni membri della Signoria, tra cui il F. e Federigo Ricci, sembravano indugiare, furono assaliti e feriti con un coltello da Iacopo Alamanni, uno dei più violenti e indisciplinati membri dell'opposizione.
Leggermente discordante e meno convincente il racconto di Iacopo Nardi, che pur si trovava presente agli avvenimenti narrati, in quanto rivestiva in quel momento la carica di gonfaloniere di Compagnia. Secondo il Nardi, l'assalto avvenne dopo che le richieste degli insorti erano state accettate e deliberate dai Signori, mentre il Ricci e il F. stavano facendo ritorno alle loro camere e soltanto perché godevano fama di filomedicei. Inoltre si sarebbe trattato, sempre secondo il Nardi, soltanto di tentato ferimento, in quanto l'Alamanni fu trattenuto da alcuni presenti.
Non è stato possibile trovare un riscontro documentario delle tendenze filomedicee del F. prima del 1530, quando egli fu cooptato, in qualità di "arroto" per il quartiere Santa Maria Novella, nella Balia che doveva preparare il passaggio dello Stato fiorentino dal regime repubblicano, in vigore nel triennio precedente, al ducato di Alessandro de' Medici.
Con l'avvento del principato il F., che aveva precedentemente ricoperto, oltre a quelli già menzionati, gli incarichi di podestà di Pieve Santo Stefano (1509), di Empoli (1512), di Castel San Niccolò (1513), di San Gimignano e di Pratovecchio (1521), fu quasi costantemente impegnato in uffici pubblici di varia natura: tra gli "intrinseci", Otto di guardia e balia (1532 e 1538), Sei della mercanzia (1532, 1536, 1537, 1539 e 1540), ufficiali dell'Onestà (1533), Dodici buonuomini (1534 e 1546), Otto di pratica (1536), Conservatori di leggi (1544); tra gli "estrinseci", capitano di Montepulciano (1535), vicario di San Miniato (1538), vicario di Scarperia (1542).
Nel 1503 il F. aveva sposato Maddalena di Neri Paganelli, da cui ebbe almeno otto figli: Cosimo, Piero, Neri (nato nel 1508), Francesco (nato nel 1506), Zanobi (nato nel 1523), Cassandra, Lucrezia e Ginevra. Quest'ultima sposò nel 1533 Domenico Pandolfini; tra i garanti del pagamento della sua dote figurava Maria Salviati, madre del futuro granduca Cosimo I de' Medici.
Uno dei figli, Francesco, era "inabile" e pertanto fu particolarmente favorito nel testamento paterno, rogato il 19 giugno 1550, quando il F. era già "corpore languens": gli fu destinato dal padre, oltre alla casa di abitazione con le sue masserizie, trasferitagli fin dal 1546 mediante una donazione inter vivos, un deposito di 1.000 fiorini sul Monte di pietà di Firenze, garantiti dallo stesso Cosimo de' Medici con il suo patrimonio personale.
Morì a Firenze il 12 febbr. 1553 e fu sepolto nella chiesa di S. Pancrazio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Carte Sebregondi, 2309; Carte Ceramelli Papiani, 2309; Arte medici e speziali, 251, c. 78; Decima granducale, 3623, cc. 13 s.; 2638, c. 113; 2642, c. 185; Notarile Antecosimiano, 13995, c. 38; 13997, cc. 194, 202; 13998, c. 179; Mediceo avanti il principato, 84, n. 138; 90, cc. 170-173; Mediceo del principato, 331, cc. 82, 136, 195, 313; 333, c. II: Otto di pratica, Missive, 31, c. 150; Dieci di balia, Missive, 88, c. 49; 95, c. 42; 97, c. 12v; Manoscritti, 388, ad vocem; Catasto, 1014, c. 145; B. Varchi, Storia fiorentina, Colonia 1721, pp. 32, 458; I. Pitti, Istoria fiorentina, in Arch. stor. ital., s. 1, I (1842), p. 137; I. Nardi, Istorie di Firenze, Firenze 1858, II, p. 117.