FORTEGUERRI, Giovanni
Figlio di Bartolomeo, discendente da una nobile famiglia pistoiese, nacque intorno agli anni Trenta del XV secolo. Terzogenito di molti fratelli, fra i quali ricordiamo il cardinale Niccolò, fu allievo a Firenze del noto letterato Carlo Marsuppini e in seguito, a partire dal 1454, studiò diritto, stando al tenore di alcune memorie familiari (edite in Beani, p. 60), presso lo Studium di Bologna.
Il nome del F. è legato a un'orazione letta in occasione dell'ottenimento del dottorato e datata dal Chiappelli (1887) intorno al 1460. Il testo costituisce una delle prime testimonianze della nuova tendenza, diffusa negli ambienti colti fiorentini, che propugnava un diverso approccio nei riguardi dell'interpretazione e dell'esegesi del Corpus iuris. Dall'analisi del componimento il Chiappelli ha delineato un breve profilo del F., presentandolo come un banditore delle nuove idee umanistiche e un avversario di quei "metodi antichi" e di quel "classicismo invadente" che caratterizzavano l'ambiente dei legisti.
Il F. sosteneva infatti la necessità di migliorare lo stile, desiderando riavvicinarsi all'"eleganza dei classici giureconsulti". In analogia con l'orientamento della cosiddetta scuola dei culti, il F. riteneva ormai fossero da superare - nell'esegesi dei testi legislativi - sia le glosse, sia i commentari, esposizioni queste con le quali i seguaci di Bartolo da Sassoferrato avevano condotto l'analisi del testo legislativo con lo scopo di ricavarne la ratio legis. Sia le glosse sia i commentari, infatti, secondo il F., rendevano più difficile e confusa la conoscenza degli antichi testi giuridici, facendo anzi perdere di vista le fonti stesse.
Contestualmente alla tendenza manifestatasi a Firenze nel Quattrocento, l'orazione cercava di affermare una nuova esegesi legata alla renovatio promossa dall'Umanesimo - mirando al miglioramento del metodo e all'abbandono della filosofia scolastica che aveva costituito il fondamento delle scuole dei glossatori e dei commentatori o bartolisti - e riproponeva all'attenzione degli studiosi la conoscenza dei giuristi classici, in primo luogo quelli delle compilazioni giustinianee.
Secondo quanto riferito dal Fioravanti il F. fu lettore di diritto civile nell'ateneo fiorentino, anche se non è noto in quale periodo egli abbia svolto questa attività. La letteratura erudita vuole sia stato anche "consigliere maggiore" del re di Napoli Ferdinando d'Aragona, il quale, a differenza del padre Alfonso, preferì servirsi di pratici e attivi giuristi, piuttosto che di umanisti esperti in letteratura e retorica. Non sappiamo quando il F. abbia ricoperto questo incarico - con ogni probabilità egli venne in contatto con la corte aragonese tramite il fratello Niccolò - che proprio presso Ferdinando aveva svolto, a partire dal 1458, importanti missioni diplomatiche. Proprio al felice esito di una di queste missioni si deve la nomina del F. a cavaliere da parte del re. Il F. fu anche podestà a Città di Castello nel 1471 e a San Quirico nel 1472.
La data di morte del F. ci è ignota. Fu nominato erede, insieme col nipote Nicodemo, figlio del fratello Pietro, dei beni posseduti dal fratello Niccolò scomparso nel dicembre del 1473. Trovò sepoltura nella chiesa di S. Cecilia a Roma, all'interno del monumento funebre costruito in onore del fratello cardinale da Mino da Fiesole e terminato nel 1480. La data di morte può quindi essere collocata in questo arco di tempo. Aveva sposato una donna romana, appartenente alla famiglia Ponziani.
Pietro, fratello del F. e del cardinale Niccolò, ricoprì diversi incarichi di natura amministrativa dapprima presso la Curia pontificia, raggiungendo agli inizi del pontificato di Pio II nel 1458 la carica di tesoriere del Patrimonium S. Petri; in seguito fu consigliere del re di Napoli Ferdinando d'Aragona. Morì a Viterbo il 24 ag. 1481; in tale occasione l'umanista Pietro da Ravenna compose alcuni brevi Carmina, editi a Padova intorno al 1484 (Hain, Repertorium bibliographicum, IV, 13696; Indice generale degli incunaboli…, n. 7664). Dalla moglie Selvaggia Mati, Pietro ebbe un figlio, il già ricordato Nicodemo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pistoia, Familiario Franchi, vol. 9, cc. 255 s., 267 (per Pietro); I.M. Fioravanti, Memorie stor. della città di Pistoia, Lucca 1758, pp. 363, 375 (per Pietro); V. Capponi, Biografia pistoiese, Pistoia 1878, pp. 181 s. (per Pietro); G. Beani, Niccolò Forteguerri cardinale di Teano, Pistoia 1891, pp. 60, 81; L. Chiappelli, Carlo Marsuppini e G. F. precursori della scuola umanistica di diritto romano secondo un testo ined., in Archivio giuridico, XXXVIII (1887), pp. 398-410; Id., I pistoiesi andati come rettori in altri Comuni fino al sec. XVI, in Boll. stor. pistoiese, XIX (1917), p. 91; Id., Studi stor. pistoiesi, I, Pistoia 1919, p. 126; G. Corti, Un frammento di protocollo di lettere di Lorenzo de' Medici, in Rinascimento, II (1951), p. 310 (per Pietro); D. Maffei, Gli inizi dell'umanesimo giuridico, Milano 1972, pp. 44 s.