FALIER, Giovanni
Nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Marina, il 3 ag. 1637, da Vitale di Giovanni e da Franceschina Minotto di Gasparo di Vincenzo. Era figlio unico, in una famiglia bastantemente provvista di mezzi, e questo probabilmente spiega perché il F. si sia sposato molto presto, non ancora ventenne (29 febbr. 1656), con Elena Valaresso di Marcantonio di Gabriele, che gli diede numerosi figli.
Anche la carriera politica ebbe inizio per tempo: appena entrato nel venticinquesimo anno - come previsto dalla legge -, il 30 apr. 1662 era eletto provveditore a Orzinuovi; rifiutò, ma qualche settimana dopo, l'11 giugno, dovette accettare la nomina a provveditore e capitano a Legnago.
La cittadina, posta ai confini col Mantovano e con i territori pontifici, rappresentava uno dei baluardi difensivi dell'apparato militare veneziano in Terraferma, ma era soprattutto un importante scalo fluviale e sede del principale mercato del riso che, dal Veronese e dalla vicina Lombardia, affluiva verso l'emporio realtino; questo spiega come le maggiori occupazioni del F. fossero rivolte alla repressione del contrabbando ed alla tutela dei diritti doganali appoggiati a quella Camera fiscale.
Al termine del mandato il F. venne eletto provveditore alla Sanità (8 giugno 1664, giugno '65), dopo di che per lui ebbe inizio un lungo periodo di latitanza dall'attività politica: in mancanza di precisazioni, da parte del segretario alle Voci, va tenuta presente l'indicazione del Barbaro, che attribuisce la carica di provveditore sopra i Conti (24 giugno 1667-23 giugno '68) ad un suo omonimo secondo cugino, figlio di Marcantonio, vissuto tra il 1628 ed il 1680, mentre fu senza dubbio quest'ultimo che esercitò la carica di provveditore a Peschiera nel biennio 1669-70, alla quale pure il F. era stato in precedenza eletto due volte (3 ottobre e 7 nov. '66), riuscendo però, in entrambi i casi, a far annullare lo scrutinio. Accettò finalmente un altro rettorato il 15 genn. 1673 (podestà e capitano a Treviso), probabilmente in un mutato contesto economico: l'anno prima, infatti, era morto senza eredi il fratello della moglie, Gerolamo Valaresso, rimasto l'unico del suo ramo, per cui non è da escludere che nel testamento egli avesse provveduto a beneficiare il cognato e la sua discendenza.
A Treviso il F. rimase fino al maggio del '74, senza eccessive afflizioni, per essere tradizionalmente quella sede una delle più tranquille del dominio veneto. Numerosi furono tuttavia i dispacci inviati al Consiglio dei dieci, ma per così dire, del tutto "normali" e monocordi: inesistenti risultano infatti i problemi di natura politica o religiosa, mentre agli occhi del lettore si snoda una serie interminabile di omicidi, furti, violenze di ogni genere, peraltro usuali in un secolo in cui il sopruso e la prevaricazione erano presenti ad ogni livello del tessuto sociale. Un dispaccio del F. in proposito, del settembre '75, aveva il sapore di una dichiarazione di resa: nel tentativo di reprimere "le comotioni gravissime partorite in queste parti da banditi tristi, e malviventi con latronezzi anco alla publica strada, caggionando terrore e confusione ne' sudditi", aveva chiesto ed ottenuto un rinforzo di soldati, i quali, dietro "ordini risoluti, che da me gli sono stati impartiti, battono frequentemente la campagna, et un giorno alla settimana pratticano una cerca generale per tutto il territorio"; ma la misura non aveva sortito alcun esito, e i suoi uomini manifestavano segni di logoramento.Al reggimento di Treviso seguì la podestaria di Bergamo, dove il F. risiedette dall'8 sett. 1677 al 7 genn. '79; neppure di questa carica abbiamo la relazione, per cui non resta che rifarsi alla corrispondenza intercorsa con il Consiglio dei dieci.
Da essa si ricava che le principali incombenze che il rettore dovette affrontare furono costituite dalle "ragioni di poveri popoli", ossia dell'approvvigionamento dei cereali, fondamentale in una provincia endemicamente travagliata dalla carestia perché in gran parte montuosa: un problema che neppure la recente istituzione del Monte dell'abbondanza era valso a rimuovere in misura soddisfacente, ma che fortunatamente era reso meno acuto dalla presenza di un'intensa produzione di seta e di panni, per cui - perlomeno in assenza di guerre o disastri climatici - l'industria dei Bergamaschi era in grado di fornire al Fisco i mezzi per provvedere al sostentamento delle popolazioni più lontane dalle zone fertili. Ancora una volta, protagonista dei dispacci del F. è tuttavia l'abituale elenco di furti, violenze, omicidi perpetrati con "lame" o "archibuggi", che non risparmiavano neppure gli appartenenti ai ceti più elevati.
Morì a Venezia, il 4 genn. 1681.
Fonti: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19, M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii..., III, p. 455; Ibid., Avogaria di Comun: G. Giomo, Indice dei matrimoni patrizi per nome di donna, sub voce Valaresso Elena; Ibid., Segretario alle Voci. Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 21, cc.38, 155, 188; reg.22, cc. 26, 115, 154; reg. 23, c. 186; Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 220, n. 251 (Legnago); b. 142, nn. 170-210 (Treviso); b. 7, nn. 1-4, 6-16 (Bergamo); Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., CI. VII, cod. 846 (= 8925): Consegi, cc. 132r, 146r.