CALTAGIRONE, Giovanni di
Di nobile famiglia palermitana ("miles de Panhormo" infatti è qualificato di solito nei documenti che lo riguardano), non sembra però che fosse imparentato con il protagonista del Vespro, Gualtieri di Caltagirone, suo contemporaneo, la cui famiglia possedeva invece feudi nella Sicilia orientale. è più probabile che egli discendesse da quel magister Burgio di Caltagirone, palermitano, che al tempo della dominazione angioina ricoprì per un certo tempo la carica di vicesegreto di Sicilia.
Nulla si sa del C. fino al giorno in cui Pietro dAragona, appena giunto in Sicilia, lo nominò a Palermo, assieme a Oddobono di Bagnola, miles, e insieme con Venuto di Pulcario e Niccolò Tagliavia, segreto e maestro portulano della Sicilia occidentale. La nominaporta la data del 16 sett. 1282, ma il 1º dello stesso mese risulta già nell'esercizio delle sue funzioni. Rimase in carica fino al 4 maggio 1283, quando re Pietro, in procinto di lasciare l'isola, sostituì i quattro segreti e maestri portulani con un'unica persona, il catalano Romeo Portella.
La scelta del re aragonese rientrava nel quadro di una precisa politica adottata nei confronti dei Siciliani, ma rivelava anche la posizione eminente che il C. occupava a Palermo. Re Pietro usava infatti affidare gli uffici finanziari del Regno a esponenti locali facoltosi, spesso dietro il pagamento o "prestito" di una certa somma, per mettere le mani sulle risorse del paese. Il C. doveva quindi avere una solida posizione patrimoniale (si ha notizia che, forse nel 1280, aveva preso in gabella certe terre appartenenti alla mensa vescovile di Cefalù). Doveva inoltre passare per uno dei più stimati cittadini di Palermo, distintosi sicuramente anche nel corso della rivolta del Vespro. Il Muntaner lo ricorda espressamente tra coloro che accolsero la regina Costanza e i figli, quando nell'aprile del 1283giunsero dalla Catalogna a Palermo.
D'altra parte non sembra che egli abbia mai svolto un ruolo politico oltre la sfera locale palermitana. Nel 1291, qualificato come consigliere e familiare regio, figura nuovamente investito di una carica finanziaria: era tesoriere della Camera reale a Palermo. Nel 1293 poi, in un momento di particolare tensione politica, quando Giacomo d'Aragona era sul punto di cedere l'isola agli Angioini, il C. fece parte dell'ambasceria siciliana, composta da tre messiesi e da tre palermitani, che si recò in Catalogna per indurre il re a desistere da questi piani. Dopo questa data mancano sue notizie.
Il Giovanni di Caltagirone, barone di Santo Stefano di Bivona nella valle di Mazara, ricordato in alcuni documenti del Comune di Palermo del 1321, era probabilmente suo figlio. La "descriptio feudorum sub rege Federico", di cui è incerta la datazione, distingue infatti due persone dello stesso nome: il "baro Sancti Stephani" e un "Ioannes de Caltagirone de Panhormo senior", signore del castello di Misilmeri "prope Panhormum", che si deve identificare con il Caltagirone.
Della stessa famiglia, forse addirittura fratello del C., era indubbiamente quel Pietro di Caltagirone, che nel 1301 progettò un attentato contro la vita di Federico II d'Aragona, insieme a Guido Filangieri e a Gualtieri de Bellando. Niccolò Speciale, il solo cronista che accenni alla congiura, ricorda i tre congiurati come "Panhormitanos cives famosos… inter Siculos". In effetti Pietro, miles, è ricordato dal Muntaner tra coloro che nell'aprile del 1283 accolsero la regina Costanza a Palermo.
Durante la XV indizione poi, cioè nel periodo compreso tra il 1º sett. 1286 e il 31 agosto 1287, aveva ricoperto la carica di protontino di Palermo ed è ricordato nel 1292 come custode dei palazzi reali a Palermo, Cuba, Zisa e Favara. Doveva dunque essere in quotidiani rapporti con la corte. La congiurà fu scoperta in tempo, e Pietro, giudicatone il maggiore responsabile, fu condannato a morte.
Fonti e Bibl.: Nicolai Specialis Historia sicula, in R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, I, Palermo 1791, lib. V, cap. XX, V. 436; Descriptio feudorum sub rege Federico, ibid., II, Palermo 1792, pp. 468 s.; De rebus Regni Siciliae, a cura di G. Silvestri, Palermo 1882-1892, ad indicem; Gli atti della città di Palermo, a cura di F. Pollaci Nucio-D. Gnoffo, Palermo 1892, ad Indicem; Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia, I, a cura di G. La Mantia, Palermo 1917, ad Indicem;II, a cura di G. La Mantia-F. Giunta, Palermo 1956, ad Indicem;Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula, in Rerum Italic. Script., 2ediz., XIII, 3, a cura di G. Paladino, p. 137;R. Muntaner, Crónica, a cura di M. Colli Alentorn, Barcelona 1927-1952, III, p. 14;M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, Milano 1886, p. 254;V. D'Alessandro, Politica e società nella Sicilia aragonese, Palermo 1963, p. 62;A. Nitschke, Karl von Anjou und Peter von Aragon. Ihre Stellung zur sizilianischen Bevölkerung, in Festschrift P. E. Schramm, Wiesbaden 1964, pp. 327 s.