GIOVANNI da Capua (Iohannes de Campana, de Campania, de Capua)
Ebreo convertito al cristianesimo, attivo intorno al 1300 a Roma come traduttore in latino. Di G. non si conosce il nome ebraico originario, né la famiglia; si può presumere che sia nato a Capua, forse prima del 1250.
Sull'ambiente ebraico di Capua negli anni della giovinezza di G. abbiamo una testimonianza del mistico ebreo spagnolo del Duecento Abraham Abulafia, citata da J. Derenbourg: mentre Abraham si trovava colà, tra il 1260 e il 1271, per studiare con il filosofo ebreo italiano Hillel da Verona (che fu anche traduttore di alcuni testi dal latino all'ebraico), alcuni suoi condiscepoli si sarebbero convertiti al cristianesimo. Derenbourg ha ipotizzato che G. fosse uno di questi studenti e pone al 1265 circa la data della sua conversione che, stando alle dichiarazioni dello stesso G., potrebbe però essere avvenuta in età più avanzata. Le testimonianze di archivio riportate da Hartwig, relative a un "magister Johannes de Capua" attivo come notaio alla corte papale tra il 1257 e il 1263, non si riferiscono a questo Giovanni da Capua. Infine, la generica qualifica di "magister" con cui G. viene designato nei manoscritti sembra essere stata talora assunta, a titolo onorifico, da medici ebrei non laureati: essa non indica dunque necessariamente che egli abbia fatto studi universitari, che comunque non avrebbe potuto compiere prima della sua conversione.
Di G. non si possiede alcuna opera originale; le sole notizie sicure sulla sua vita e la sua attività si ricavano dalle brevi prefazioni e dai colophon delle sue traduzioni. In esse si fa riferimento pressoché esclusivamente a personaggi presenti alla corte papale di Roma durante il pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303), sicché è presumibile che in quel luogo e in quello stesso periodo e non, come viene affermato da quasi tutta la bibliografia moderna su G., tra il 1263 e il 1278, vada posto il suo floruit. In particolare, nella prefazione della sua traduzione del Teisir, riportata pressoché identica al principio della sua versione del Deregiminesanitatis, G. afferma di aver deviato dalle tenebre della malvagità ebraica per convertirsi alla fede cristiana, che per lungo tempo aveva rifiutato. Egli aveva studiato in ebraico sia l'Antico Testamento, sia altri libri che erano posseduti al tempo dagli ebrei; si era poi istruito leggendo testi latini dedicati alle diverse scienze; infine, lasciati questi studi, si era dedicato alle traduzioni. A queste generiche note autobiografiche si possono accostare quelle riportate nella prefazione al Directoriumhumanaevitae, dove G. dichiara: "Cum plura diversarum scientiarum genera esse prospexerim in lingua fundata hebraica, non parve utilitatis in eruditionem christianorum consortii, ut in sacris scripturis et divinis, moralibus atque medicinalibus, ipsa ex predicta lingua in latinam reducere meus animus aspiravit" (cfr. Geissler, 1960, p. 4).
Il ruolo che G. si assunse, su stimolo dei suoi committenti, è dunque quello di divulgatore della scienza arabo-ebraica presso i cristiani, secondo uno schema frequente nei secoli XII e XIII. In effetti, le traduzioni di G., tutte condotte sulla base di preesistenti traduzioni ebraiche (come egli stesso dichiara), riguardano diversi scritti arabi, solo uno dei quali aveva già avuto una versione latina prima di lui. Si tratta prevalentemente di testi di argomento medico, e quest'ultimo fatto potrebbe suggerire che lo stesso G. fosse, come molti dotti ebrei dei suoi tempi, un medico, impiegato come tale alla corte del papa.
Si ignora la data della sua morte.
Tra i testi medici tradotti da G. il più noto è il Teisir (Taysirfi l-mudawatwa-l-tadbir, Manuale dei trattamenti e dei regimi) di Avenzoar (Abu Marwan ibn Zuhr, 1090-1162), celebre trattato arabo di patologia e terapeutica. La traduzione, inedita, è conservata in almeno quattro manoscritti (Montpellier, Bibliothéque de la Faculté de médecine, n. 25, cc. 1-47; Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds lat. 6948, cc. 1ra-102rb, e Nouv. acq. 1399, cc. 219r-223v; Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, n. 2280, cc. 53r-88r); non è chiaro se essa venne condotta sull'unica traduzione ebraica oggi superstite, anonima e conservata in un solo manoscritto (cfr. Steinschneider, p. 748), oppure su un'altra, andata perduta. Dedicata a "M. archiepiscopus Bracarensis", da identificarsi con Martim Pires de Oliveira, arcivescovo di Braga tra il 1292 e il 1313 (il quale potrebbe essersi trovato a Roma intorno al 1300 per dirimere i contrasti allora aperti tra re Dionigi di Portogallo e la S. Sede), la traduzione di G. è, con ogni probabilità, indipendente da quella precedentemente realizzata, nel 1281, da tale "magister Patavinus physicus" (spesso erroneamente designato col nome di "Paravicius") con l'aiuto di un "magister Jacobus hebraeus", la quale è alla base delle stampe quattro e cinquecentesche del Teisir.
G. tradusse anche alcuni scritti medici composti, in arabo, da Mosè Maimonide. Si tratta, innanzitutto, del Deregiminesanitatis (Maqalafitadbiral-sihha), noto anche come Dediaeta, trattato di igiene e dietetica: la traduzione di G., conservata in almeno cinque manoscritti (ai quattro segnalati da Bar-Sela, Hoff e Faris, p. 11, va aggiunto Biblioteca apostolica Vaticana, Pal. lat. 1147, cc. 99v-117r), venne edita più volte, seppure in una forma parzialmente alterata rispetto all'originale, in appendice ad alcune delle edizioni dei Consiliaaddiversasaegritudines di Giovanni Matteo Ferrari da Grado; le varianti della versione latina rispetto al testo arabo sono segnalate in apparato alla traduzione inglese di quest'ultimo, curata da Bar-Sela, Hoff e Faris. La traduzione di G. è dedicata, nella prefazione, a papa Bonifacio VIII, al quale il traduttore chiede che essa venga posta "in papali archivo" insieme con gli altri libri di medicina, e venne condotta probabilmente sulla scorta della versione ebraica di Mosheh ibn Tibbon (datata 1244), anche se si presenta in alcuni punti più prossima di quest'ultima al testo originale arabo. Gli stessi testimoni riportano anche il testo della traduzione latina (Decausisaccidentium), sempre opera di G., del Maqalafibayanba'dal-a'radwa-l-gawab 'anha (Trattato sulla spiegazione di alcuni accidenti, e la risposta a essi) dello stesso Maimonide, condotta su una versione ebraica medievale, oggi perduta. G. tradusse poi, di Maimonide, il Dehaemorroidibus (Fi l-bawasir): anche questa versione, inedita e conservata oggi in almeno due codici (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Cod. lat. 77, cc. 69vb-71ra; Biblioteca apostolica Vaticana, Pal. lat. 1147, cc. 117v-121r), venne condotta su una traduzione ebraica medievale (ma non è detto che sia la stessa, anonima, giunta sino a noi in alcuni manoscritti, sulla quale cfr. Steinschneider, p. 763), e venne commissionata, secondo l'indicazione del colophon, da "magister Gulielmus de Brixia domini papae medicus", da identificarsi, probabilmente, con Guglielmo Corvi, che fu archiatra pontificio a partire dal 1298. Infine, Thorndike e Kibre (p. 847) attribuiscono a G. anche la traduzione di un'altra opera medica di Maimonide, il Decoitu (Fi l-gima'): tuttavia, nessuno dei due manoscritti superstiti (Biblioteca apostolica Vaticana, Pal. lat. 1205, cc. 24v-28v, e Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, n. 2280, cc. 99v-100v) riporta il nome di G. come traduttore.
È infine di G. una versione latina della celebre opera favolistica indiana Pañcatantra, o meglio di una rielaborazione araba di questa, il Kalilawa-Dimna. La traduzione di G. venne condotta sulla base della versione ebraica del Kalila redatta, forse nel secolo XII, da tale rabbi Yoel; dedicata a Matteo cardinale di S. Maria in Portico (Matteo Rosso Orsini, cardinale dal 1263 al 1305), essa porta il titolo di Directoriumhumanaevitae,aliasParabolaantiquorumsapientum, ed è certamente, tra gli scritti di G., quello che ebbe maggiore fortuna. Conservato oggi in almeno cinque manoscritti, il testo del Directorium venne pubblicato la prima volta a Strasburgo tra il 1484 e il 1493, fu riedito più volte alla fine del secolo XIX, ed ebbe finalmente un'edizione critica a cura di F. Geissler (Berlin 1960). Va rilevato che, tra la fine del Quattrocento e la metà del Cinquecento, l'opera era già stata tradotta in diverse lingue europee: in tedesco, da A. von Pforr intorno al 1470 (prima edizione, Urach 1480-82); in spagnolo, sotto il titolo di Exemplario contra los engaños y peligros del mundo (prima edizione, Zaragoza 1493); in ceco, da N. Konac (Praha 1528); in italiano, da A.F. Doni (Venezia 1552).
Fonti e Bibl.: Biblioteca apostolica Vaticana, Pal. lat. 1147, ff. 99v (prefazione al De regimine sanitatis), 121r (colophon del De haemorroidibus); Johannis de Capua, Directorium vitae humanae alias Parabola antiquorum sapientum, a cura di J. Derenbourg, Paris 1889, pp. XIII-XVI, 3; Beispiele der alten Weisen des Johann von Capua. Übersetzung der hebräischen Bearbeitung des indischen Pañcatantra ins Lateinische, a cura di F. Geissler, Berlin 1960, pp. XII, 4; Moses Maimonides' two treatises on the regimen of health, a cura di A. Bar-Sela - H.E. Hoff - E. Faris, in Transactions of the American Philosophical Society, n.s., LIV (1964), 4, pp. 11 s.; Moses b. Maimon, "Regimen sanitatis" oder Diätetik für die Seele und der Körper…, a cura di S. Muntner, Basel 1966, pp. 16 s.; M. Guedemann, Geschichte des Erziehungswesens und der Cultur der Juden in Italien während des Mittelalters, Wien 1884, pp. 149 s.; O. Hartwig, Die Übersetzungsliteratur Unteritaliens in der normannisch-staufischen Epoche, in Centralblatt für Bibliothekswesen, III (1886), pp. 187-189, 225; M. Steinschneider, Die hebraeischen Übersetzungen des Mittelalters und die Juden als Dolmetscher, Berlin 1893, pp. 748 s., 772 s., 875, 981; G. Colin, Avenzoar. Sa vie et ses oeuvres, Paris 1911, pp. 83-87; G. Sarton, Introduction to the history of science, II, 2, Baltimore 1931, p. 856; L. Thorndike, Paravicius: a misprint not a translator, in Isis, XXVI (1936), pp. 33-36; L. Thorndike - P. Kibre, A catalogue of incipits of Mediaeval scientific writings in Latin, London 1963, pp. 537, 572, 747, 751, 847; F. Geissler, Handschriften und Drucke des "Directorium vitae humanae" und des Buches der Beispiele der Alten Weisen, in Mitteilungen des Instituts für Orientforschung, IX (1963), pp. 433-461; Id., Die Inkunabeln des "Directorium vitae humanae", in Beiträge zur Inkunabelkunde, s. 3, I (1965), pp. 7-47; Lo spazio letterario del Medioevo, 1, Il Medioevo latino, V, Cronologia e bibliografia della letteratura mediolatina, Roma 1998, p. 651; Nouvelle Biographie générale, XXV, Paris 1858, pp. 558 s.; Lexikon des Mittelalters, V, p. 561; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, VI, p. 149 n. 3494 B.