GIOVANNI da Ancona
Non si hanno notizie di questo frate francescano, poi vescovo di Senigallia, anteriormente al 1324. È di quell'anno la lettera di papa Giovanni XXII (incipit: "velut pecus morbidum"), scritta da Avignone il 10 giugno e indirizzata, appunto, "dilectis filiis Iohanni de Ancona et Servodeo de Penna Sancti Iohanni, de ordine fratrum minorum, in provincia Marchiae Anconitanae inquisitoribus heretice pravitatis" (edita, dal documento conservato in Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat. 112, II, c. 112, in Mariano d'Alatri, 1963): se ne può dunque soltanto inferire l'origine anconitana e collocarne approssimativamente la data di nascita negli ultimi decenni del secolo XIII. Con quella missiva il pontefice ordinava ai due inquisitori francescani della Marca Anconitana di proseguire e portare a compimento l'opera di repressione già avviata dal loro predecessore Lorenzo di Mondaino (morto nel 1323) impegnato contro i fautori e i seguaci del conte Federico da Montefeltro, massacrato nella fortezza di Urbino il 22 apr. 1322 dal popolo inferocito a seguito del tentativo d'imporre un'imposta per il soccorso dei Recanatesi assediati, nonché contro i rettori di Osimo Lippaccio e Andrea di Gonzolino e nove nobili recanatesi, già condannati, appunto, da fra Lorenzo per presunti gravi delitti contro la fede (eresia e idolatria).
Il quadro, ben noto fin dalle ricerche del Fumi e del Bock, è dunque quello delle tormentate vicende dell'accanita lotta papale contro il partito dei capi ghibellini (noti anche come "amici della Marca") che nei primi due decenni del Trecento sottrassero, fra l'altro, ai domini temporali della Chiesa la signoria delle città e dei territori di Urbino, Osimo e Recanati. Il processo politico-inquisitoriale dei sostenitori di Federico - contro il quale Giovanni XXII l'8 dic. 1321 avrebbe pure bandito una crociata -, istruito e avviato sin dai primi mesi del 1320, si concluse prevedibilmente, dopo l'escussione di alcuni testimoni interessati e ben disposti ad accreditare accuse infamanti e inverosimili di idolatria, con la condanna in contumacia degli imputati e il loro prammatico affidamento al braccio secolare (1320-21).
Nel 1324, quando G. fu incaricato di proseguire nell'opera di repressione, tre di essi (oltre al conte Federico, Cerolo di Corrado e Percivallino di Gabriele) non erano più in vita; mentre, quattro anni più tardi, il 1° dic. 1328 - dopo che G. aveva ricevuto da Giovanni XXII, rispettivamente nel 1325 e nell'agosto del 1326, l'ordine di portare a termine l'inquisizione contro i vescovi di Arezzo e di Fano, sospetti fautori dei predetti eretici - i quattro condannati superstiti si sarebbero presentati in ginocchio e a capo scoperto al vicerettore pontificio della Marca per abiurare i propri errori e ottenere così l'assoluzione. Non è chiaro se a quel punto G. fosse ancora il titolare dell'inchiesta: infatti, il 7 novembre di quello stesso anno il papa lo aveva nominato vescovo della diocesi di Senigallia, anche se da successivi documenti (in particolare, il mandato del 1329 con il quale Giovanni XXII lo invitava ad agire contro i tre vescovi intrusi di Fermo, Osimo e della stessa Senigallia, promossi dall'antipapa Niccolò V) sappiamo per certo che G. avrebbe continuato ancora in quelle vesti a occuparsi dell'ufficio inquisitoriale.
Lo ritroviamo, il 29 ott. 1329, quando fece richiesta al tesoriere e rettore papale della Marca Fulcone di Pavia di potersi allontanare dalla città ormai devastata e spopolata a causa delle guerre di riconquista degli ultimi anni, nonché colpita da pestilenza, e ritirarsi ad abitare nel castro di Corinaldo (in territorio diocesano), presso il palazzo del Presidiato di S. Lorenzo in Campo. Non ci è dato sapere se il vescovo G. si trasferì effettivamente in quella sede periferica, ma comunque dovette trattarsi di una soluzione temporanea, come comprova la documentazione che proprio in quegli anni iniziava a raccogliersi nei cosiddetti codici vescovili, in particolare il Codex Palmae e il Codex Lilii, dai quali emerge il profondo stato di degrado della città e delle sue celebri saline, nonché le puntuali attestazioni di ordinarie attività amministrative della curia: da segnalare a questo riguardo la delibera del 1333 con la quale il Consiglio cittadino, confortato due anni dopo da un ordine perentorio del rettore della Marca, il celebre Bertrand du Poujet (Bertrando del Poggetto), concedeva a G. la terza parte delle entrate e dei proventi della Comunità.
Tra il 27 marzo 1341 e 4 maggio 1347 G. presiedette cinque sinodi diocesani, tre dei quali celebrati a Serra de' Conti, gli altri due a Montalboddo e a Senigallia.
G. morì con ogni probabilità anteriormente al 5 maggio 1349, e in ogni caso prima del 17 dicembre di quell'anno, quando risulta insediato il suo successore Ugolino (II) Federicucci, canonico della cattedrale nominato da papa Clemente VI.
Fonti e Bibl.: Senigallia, Archivio vescovile, Miscellaneorum Codex I (sec. XIV), pp. 1-9; Codex Lilii (sec. XIV), pp. 153 s.; Codex Palmae (sec. XIV), pp. 3-5, 97 s., 190-193, 215-218; Ibid., Arch. comunale, Memorie diverse, vol. 724, VI, (sec. XVIII), cc. 14, 15r-16v; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 965; Bullarium Franciscanum, a cura di C. Eubel, V, Romae 1898, nn. 536 p. 265, 622 p. 395, 627 p. 308, 736 p. 361; 739 pp. 362 s.; Jean XXII,Lettres communes, a cura di G. Mollat, VIII, Paris 1924, p. 59 n. 43256; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, II, Parma 1991, pp. 341-343; L. Fumi, Eretici e ribelli nell'Umbria dal 1320 al 1330, Perugia 1889, pp. 35-95; T.M. Cucchi, Cronologia dei vescovi della Santa Chiesa senigalliese, Senigallia 1931, p. 18; L. Wadding, Annales minorum, VII (1323-1346), 3, ad Claras Aquas 1932, pp. 40, 46, 59 s., 74 s., 121 s.; F. Bock, I processi di Giovanni XXII contro i ghibellini delle Marche, in Bullettino dell'Istituto stor. italiano per il Medio Evo, LVII (1941), pp. 19-70; C. Schmitt, Un pape reformateur et un defenseur de l'unité de l'Église. Benoît XII et l'Ordre des frères mineurs (1334-1342), Quaracchi-Firenze 1959, pp. 295 s.; Mariano d'Alatri, Gli idolatri recanatesi secondo il rotolo Vaticano del 1320 (1963), in Id., Eretici e inquisitori in Italia. Studi e documenti, II (Il Tre e il Quattrocento), Roma 1987, pp. 9, 38-40; A. Polverari, Senigallia nel Trecento, Senigallia 1965, pp. 15 s., 23 s., 53 s.; Id., Senigallia nella storia, 2, Evo Medio, Senigallia 1981, pp. 148 s., 156, 172 s.; C. Eubel, Hierarchia catholica, I, p. 447.