CORSINI, Giovanni
Nacque a Firenze l'11 marzo 1398 da Stefano di Corsino e da Tessa di Cola Nerini dei Pitti.
Il padre, ascritto sia all'arte della lana (Arch. di Stato di Firenze, Mss. 171: Cittadini descritti per quartieri, 1381-1391) sia a quella degli speziali - di cui fu console nel 1402 - fu il primo della consorteria a risentire pesantemente della congiuntura finanziaria del decennio 1420-30, pur non rimanendo estraneo, come del resto voleva la tradizione familiare, alle più alte magistrature della Repubblica, e specialmente a quelle estrinseche: segno indiretto di una stasi economica frequente nelle famiglie di rango equestre finanziariamente non più sulla cresta dell'onda.
Così il Cavalcanti (p. 195) non esita a presentarcelo, insieme al figlio, in una situazione economica disastrosa "... il quale [Giovanni] io vidi già poverissimo, e se io dicessi mendico sarebbe più vero vocabolo, perocché sarebbe più confacente all'essere di quest'uomo. Avvegna Dio che solo un poderuzzo avea al fiumicello alla Terzona, il quale non avrebbe dato le spese a lui proprio; ed il padre era col figliuolo attuffato nello strabocchevole profondo di tutte le miserie...". Da tali condizioni il C. fu risollevato dall'interessata protezione di Cosimo il Vecchio (A. Petrucci, Intr. al Libro di ricordanze, p. xxxi).
Nel 1420 il C. riconobbe la matricola paterna nell'arte della lana, esercitando al contempo la sua attività, come già aveva fatto Stefano, in quella degli speziali, di cui raggiunse il consolato nel 1426. Contemporaneamente accettò la podesteria di Castelfranco (Passerini, pp. 20 s.).
La sua dichiarazione catastale nel 1427 (Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 66, cc. 267-268) lascia intravvedere una situazione forse meno drammatica di quella riferita dal Cavalcanti, ma comunque tutt'altro che florida: pochi poderi nell'area centrale delle proprietà dei Corsini - San Casciano e dintorni - vari debiti e quattro figli.
La sua ascesa iniziò nell'anno cruciale che vide l'esilio di Cosimo: tra i fautori del Medici che nel 1433 si infiltrarono in tutte le magistrature fiorentine per renderne possibile il ritorno, c'era anche il C. che fu infatti in quell'anno uno dei sei ufficiali di Mercanzia, risiedé tra i Sedici gonfalonieri ed infine fece parte di quella Balia che nell'anno seguente richiamò Cosimo in Firenze. "Più avvezzo ad ascoltare la voce dell'interesse che quella della coscienza", come dice il Passerini (p. 20), il C. ebbe, come sostenitore del Medici, molti incarichi. Nel 1438 e nuovamente venti anni più tardi fu chiamato a far parte di altre balie con le quali il "criptosignore" Cosimo, con il pretesto di riforme o di provvedimenti di ordine pubblico avrebbe sempre più saldamente preso in pugno il governo della città e le sue leggi. Nel 1440 fu dei Dodici buonomini - carica che ricoprì ancora nel 1446 - e per quasi tutto il decennio fu impegnato con le magistrature forestiere nei territori soggetti (1441, vicario di San Giovanni; 1443, podesta di Vicopisano; 1445 podestà di Pistoia; 1446 podestà di Arezzo; 1449, vicario di San Miniato). Parallelamente procedevano i suoi impegni nelle cariche cittadine: nel 1445 era gonfaloniere di Giustizia, nel 1449 e nuovamente nel 1451 fu tra gli Otto di balia (Passerini, p. 20). Il Gherardi (Statuti; p. 102) riporta il suo nome tra quelli delle personalità delegate, il 13 giugno 1448, all'approvazione degli statuti dello Studio fiorentino, alla cui storia numerosi membri della sua famiglia furono legati. Nel 1467 lo troviamo ancora impegnato nelle magistrature forestiere, come podestà di Diacceto; l'anno successivo fu tra i cinque ufficiali del Monte.
Fu anche per molto tempo camerlengo della Camera del Comune, mansione che svolse senza riscuotere il consenso dei contemporanei, stando almeno alla malevola testimonianza del Cavalcanti, che dopo aver sottolineato la profonda miseria delle origini del C., prosegue: "... ma, come sa fare questa nostra fortuna casi inopinati per mezzanità di uomini, fu posto al governo delle ricchezze del Comune: delle quali se ne fece siffatta parte che per istima furono dette ch'erano di valuta fiorini ventimila ... Così da questi siffatti uomini era il governo della Città guarentito: e non ostante che tante fellonie fussero in quest'uomo l'autorità dei dieci tiranni il fecero Gonfaloniere di Giustizia" (p. 196). L'ascesa sociale gli aveva permesso di imparentarsi con i Bardi grazie al matrimonio con Alessandra di ser Notto (Firenze, Bibl. nazionale, Mss. Magliabech. XXVI,135, cc. 225, 229), "la quale non fu meno superba che gentile" (Cavalcanti, p. 195), che il C. sposò in seconde nozze nel 1434. Dai suoi due matrimoni (il primo era avvenuto nel 1421, con Fresca di Domenico di Cenni dei Bardelli) ebbe dodici tra figlie e figli; questi ultimi alla sua morte raccolsero l'eredità paterna di fedeltà medicea, avendo infine a soffrire, come nel caso di Roberto, momenti di grave difficoltà politica all'indomani della cacciata dei signori di Firenze.
Il C. morì a Firenze il 2 maggio del 1462.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Sebregondi, 1830; Ibid., Catasto, 66, cc. 267-268; Ibid., Necrol. fiorentino, 1424-1430; Ibid., Notarile Antecosimiano, Protocolli di ser Filippo di Niccolò Nacci da Gambassi, F 334, 1418, ottobre, 13; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Magliabech. XXVI, 135, cc. 225, 229; 137, C. 233, 141, c. 148; 143, c. 93; XXVI,211, C. 429; Poligrafo Gargani, 675; Firenze, Bibl. Riccardiana, Mss. Riccard. 2023, C. 201; G. Cambi, Istorie, in Delizie degli erud. toscani, XX,Firenze 1785, p. 249; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, II, Firenze 1839, pp. 195 s.; Statuti dell'univers. e Studio fiorentino dall'anno 1320 all'anno 1472, a c. di A. Gherardi, Firenze 1881, p. 102; B. Pitti, Cronaca, a C. di A. Bacchi della Lega, Bologna 1905, p. 19; Il libro di ricordanze dei Corsini, 1362-1457, a c. di A. Petrucci, Roma 1965, in Fonti per la storia d'Italia, C, pp. XXXI s., XXXVII; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, pp. 20 ss.; L. Martines, The social world of the Florentine humanists, Princeton 1963, p. 25.