CAETANI, Giovanni
Nacque intorno al 1319 da Roffredo (III) conte di Fondi e da Caterina della Ratta; aveva un fratello di nome Giacomo, e quattro fratellastri, Nicola, Francesca, Cristoforo, Roffredo (IV), nati dalle precedenti nozze del padre con Giovanna dell'Aquila.
Roffredo il 25 marzo 1330 aveva rinunziato nelle mani di Roberto d'Angiò la terra di Vallecorsa, sopra Fondi, perché passasse in feudo al C., o, in caso di sua morte, al fratello Giacomo; gli aveva inoltre donato una casa a Napoli e, prima di morire, si era anche preoccupato di impedire che il C. o suo fratello Giacomo rivendicassero diritti su Fondi e le altre terre pervenutegli in dote da Giovanna dell'Aquila e su quelle acquistate da Pietro suo padre. Fece quindi stendere, l'8 febbr. 1335, regolare istrumento, nel quale il notaio di Anagni Giovanni Siracuse giurava di non avere mai assistito alla emancipazione del C. né di ricordare che Roffredo avesse donato al figlio le terre di Pofi, Selvamolle, Carpino e Torre di Ceperano acquistate dall'avo Pietro. Senonché, proprio Selvamolle e il feudo di Falvaterra furono assegnati al C. - che divenne così il capostipite del ramo dei Caetani detto poi di Selvamolle e Castelmola - nella suddivisione dell'eredità paterna avvenuta il 2 dic. 1336. Inoltre Roberto d'Angiò aveva acconsentito che fosse trasferita al C., dopo la morte del padre, la provvisione annua di 50 once tratte dalla dogana di Gaeta che costituiva il reddito annuo della dote di Caterina della Ratta; gli concederà, poi, un'altra provvisione di 50 once sui proventi di Castelmola, pertinenza di Gaeta, per il pagamento della quale darà disposizioni il 4 maggio 1339 e riconfermerà al C., il 19 marzo 1343, ambedue i benefici, con riduzione del secondo a 40 once.
Nell'agosto del 1336 il C. aveva compiuto una spedizione contro Civitella, uccidendovi un uomo, depredando bestiame e appiccando il fuoco: Benedetto XII, il 18 settembre, ordinava al rettore della Campagna e Marittima di procedere contro di lui e il 20 settembre scriveva a suo fratello Nicola, conte di Fondi, perché persuadesse il colpevole a presentarsi davanti alla curia del rettore Ruggero de Vintron. Inoltre il pontefice, per arginare le lotte tra i Caetani di Fondi e di Sermoneta da una parte e i Caetani palatini dall'altra, il 10 ottobre ordinava al C. e a suo fratello Nicola di stipulare una tregua triennale con Benedetto conte palatino. Nello stesso periodo i due fratelli, con l'aiuto dei loro vassalli di Sermoneta e di Bassiano nonché dei Terracinesi, tentavano di risolvere con le armi una controversia con Sezze per il possesso di Campolazzaro e di certe paludi: invadevano Sezze e facevano circa centocinquanta prigionieri, rifiutandosi di liberarli e minacciando la guerra se non avessero ottenuto le terre richieste. Tra il 24 e il 30 nov. 1336 Sezze si arrese e presentò al C., Nicola e Giacomo nonché a Sermoneta, Bassiano e Terracina i capitoli di pace con i quali riconosceva ai Caetani il possesso di Campolazzaro, mentre i diritti sulle paludi sarebbero rimasti in comune. Benedetto XII interveniva ancora una volta, ma invano, il 27 dic. 1336, ordinando al C. e a Nicola di presentarsi alla curia del rettore per rendere conto della spedizione compiuta contro i Setini.
Il 3 ott. 1337 il C., Nicola e Giacomo stipulavano la pace, a Velletri, con i Savelli; restava tuttavia aperta la lotta con i Caetani palatini e i signori di Ceccano. Tra la fine del 1338 e gli inizi del 1339 si formavano due leghe: da una parte Nicola conte di Fondi, il C. e Nicolò Conti, dall'altra Benedetto Caetani, Paolo Conti, i signori di Supino e quelli di Ceccano. Nel febbraio 1339 il C. entrò in Anagni con il fratello Nicola e uccise a tradimento Francesco da Ceccano e Rinaldo di Morolo. Una tregua triennale, destinata a durare ben poco, venne stipulata alla fine dell'estate 1339, per intervento del rettore Napoleone de Tibertis: se ne rallegrava, il 10 ottobre successivo, il pontefice, il quale, per arginare la strapotenza dei baroni, aveva notificato loro, e anche al C., il 18 maggio 1338, il divieto di accedere alle cariche comunali nelle terre della Campagna e Marittima. Benedetto XII, inoltre, il 31 ott. 1339 proibiva al C. e ai suoi fratelli l'ingresso in Amagni, nel tentativo di evitare nuovi scontri con Benedetto Caetani.
Nei primi mesi del 1346 il C. aiutò suo fratello Nicola nell'impresa contro Sessa che presidiò, insieme con Leonardo Gallardo e trecento fanti, durante l'assenza del conte di Fondi, impegnato nell'assedio di Terracina. Il C. compiva anche in quegli anni con suo fratello Giacomo scorrerie e depredazioni nella Marsica e altrove, divenendo bersaglio di Cola di Rienzo. Cola, piegato il conte di Fondi, suo principale nemico nel settembre 1347, impedì poi al C. di entrare in Frosinone- già stretta d'assedio -, grazie anche all'aiuto del rettore, il quale però, subito dopo, tornato ad allearsi con il C., teneva prigionieri gli approvvigionatori dei Romani intervenuti nell'impresa contro Nicola di Fondi.
Verso la fine del 1348 il C. e suo fratello Giacomo fecero prigioniero Rinaldo Orsini e, nonostante i ripetuti interventi di Clemente VI del 27 gennaio, 8 febbraio e 1ºluglio del 1349, lo tennero segregato per molto tempo, liberandolo solamente dietro pagamento di un ingente riscatto. Frattanto, con la morte di Nicola, il C. e suo fratello Giacomo cominciarono ad avanzare pretese sulla contea di Fondi e su Itri. Essi vennero perciò in urto con i legittimi eredi di Nicola, i figli Onorato e Giacomo. Una composizione del contrasto fu possibile solamente quando Onorato e Giacomo, assoggettata Anagni, raggiunsero una posizione di forza: ai primi accordi del 2 ott. 1358 seguirono i capitoli di pace ratificati dai procuratori delle due parti il 17 genn. 1360. In base ad essi si stabiliva per il 15 agosto successivo un incontro risolutivo tra zii e nipoti: in quella occasione il C. e suo fratello avrebbero rinunciato a qualsiasi pretesa su Fondi e Itri, mentre Onorato e Giacomo avrebbero acquistato dal C. Falvaterra. Tuttavia dovette avvenire qualcosa che impedì al C. e a Giacomo di dare seguito agli impegni presi con i nipoti: i procuratori di Onorato e Giacomo, infatti, il 15 ag. 1360 protestarono per l'inadempienza presso la curia del rettore. Forse la spedizione compiuta nei primi mesi del 1360 dal C. e da Giacomo contro Ferentino aveva scatenato la vendetta della milizia romana dei banderesi. Questi ultimi invasero Selvamolle e le altre terre dei due fratelli, uccisero Giacomo e costrinsero il C. e i suoi familiari alla fuga. La Camera apostolica dichiarava il C. ribelle, gli confiscava i beni, mentre le case in Anagni venivano distrutte.
Il C., rifugiatosi probabilmente nel Napoletano, dovette poi riconciliarsi con la Chiesa: il 1ºgiugno 1362, infatti, Innocenzo VI, accogliendone una supplica, concedeva a lui e alla moglie Agnesa Colonna la facoltà di poter essere assolti dal proprio confessore in articulo mortis. Dopo quell'anno non si hanno più notizie del C.; nel 1374, comunque, risulta morto. Lasciava sei figli: Roffredo, Stefano, Fazio, Angelona, Luigi e Rita.
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