RICCIOLI, Giovanni Battista
Astronomo e geografo, nato a Ferrara nel 1598, morto a Bologna il 25 giugno 1671. Entrò a sedici anni nei gesuiti, fu insegnante di lettere, di filosofia e teologia, prima a Parma e poi a Bologna. Latinista, uno dei maggiori astronomi del sec. XVII, scrisse anche un'importantissima Geographia et Hydrographia reformata (Bologna 1661), in 12 libri.
Essa è un tentativo di coordinare i materiali e le osservazioni che si erano venute raccogliendo, per l'opera gigantesca di esplorazione del mondo continuata ormai da più di 150 anni, sia nel campo dell'idrografia, sia in quello della geografia, intesa quest'ultima in senso alquanto ristretto, come conoscenza della situazione dei luoghi (latitudine, longitudine, altitudine) e delle dimensioni della Terra. A questo proposito il R. criticò le misure tentate dallo Snellius; ma egli stesso non giunse, adoprando sistemi del tutto diversi, a valori più esatti, anzi commise errori ancor più gravi: Lavoro ingente e preciso è la sua tavola di posizioni (latitudine e longitudine) desunte dalle migliori osservazioni, che comprende circa 2700 località; ne derivano rettifiche molto rilevanti (specie per le longitudini) alle carte geografiche, che avrebbero dato risultati immediati, se l'opera fosse stata accompagnata da carte. Il Riccioli avrebbe in tal caso, nella riforma della cartografia, una posizione non diversa da quella che più tardi è stata attribuita a Guglielmo Delisle. Minor valore ha il libro altimetrico dell'opera del R., mentre quello, molto ampio, dedicato all'idrografia si può considerare come una sagace sistemazione, sia dal lato teorico sia da quello pratico, di una materia che aveva assunto ormai proporzioni vastissime; ma in questo campo il R. aveva avuto già numerosi precursori. Anche il libro onomastico, che dà, per un grandissimo numero di luoghi, la corrispondenza fra il nome classico e il moderno, mostra la vasta dottrina umanistica del R.
L'opera astronomica del R. è nella sua parte generale e teorica, viziata dal proposito preconcetto di confutare a qualsiasi costo il sistema copernicano, per quanto, com'ebbe ad osservare il Delambre egli sembri un avvocato, cui sia stata affidata d'ufficio una cattiva causa e faccia ogni sforzo per perderla; né trovo alcun seguito il sistema da lui proposto, in via d'ipotesi, per spiegare le irregolarità del moto della Luna (Sole, Luna, Giove, Saturno rotanti intorno alla Terra; Mercurio, Venere e Marte satelliti del Sole). Ciò nondimeno il Riccioli, con la sua instancabile attività di trattatista e di ricercatore, diede un potente impulso agli studî astronomici. Le sue opere - e particolarmente l'Almagestum novum (Bologna 1651) e l'Astronomia reformata (ivi 1665), l'uno e l'altra in due volumi in-folio - costituiscono un vasto, minuzioso repertorio, in cui, al principio di ogni trattazione, si trova una diligente e precisa enumerazione dei risultati ottenuti dagli scienziati che già si erano occupati dell'argomento. E d'altra parte sono anche notevoli i contributi recati dal Riccioli all'astronomia di osservazione. Così nell'Almagestum novum egli dà per 1500 stelle, osservate da Ipparco, Tycho-Brahe, Kepler e da lui stesso, le posizioni riportate all'equinozio del 1700. Soprattutto importanti sono, per quei tempi, gli studî del Riccioli sulla Luna (in particolare sulla librazione, così mal conosciuta dall'Hevelius) e i suoi disegni lunari, di gran lunga più precisi di quelli dei suoi predecessori. Egli descrisse 600 macchie lunari e ne stabilì la nomenclatura, che, con qualche traccia di quella anteriore dell'Hevelius, è quella stessa ancor oggi universalmente adottata. Il Riccioli intravide anche l'anello di Saturno e riconobbe (1650) in Mizar il primo esempio di stella doppia visuale.