NICCOLINI, Giovanni Battista
NICCOLINI, Giovanni Battista. – Nacque a Bagni di San Giuliano (San Giuliano Terme, Pisa) il 29 ottobre 1782, da Ippolito, commissario regio in quella città, e da Settimia da Filicaia.
Ebbe due fratelli maggiori, Bartolomeo (1773-1851), cavaliere professo dell’Ordine di Malta, e Luigi (1778-1859), e uno minore, Achille (1789-1860), ufficiale granducale.
Conseguita una prima formazione presso gli scolopi, coltivò fin da giovane le lettere classiche, esercitandosi sotto la guida di Giovan Battista Zannoni e affrontando in chiave etico-civile e politica autori come Euripide ed Eschine. Nel 1798 ottenne il primo dei sette posti banditi nel Collegio della Sapienza di Pisa per gli studi legali. Durante gli anni universitari manifestò interesse per le lettere e gli studi classici, oltre a stringere diverse amicizie, tra gli altri con Giovanni Fantoni e Ugo Foscolo, che gli avrebbe dedicato in seguito diverse opere. Nell’aprile 1799 fu nominato portavoce studentesco presso le autorità per chiedere armi in difesa della Repubblica. L’8 giugno 1802 conseguì il dottorato in legge e si trasferì a Firenze.
Con motuproprio della reggente del 14 luglio 1803 fu nominato commesso aggregato dell’Archivio delle riformagioni e dei confini con provvisione di 15 scudi al mese, ottenendo con rescritto del 5 gennaio 1804 un congedo di 45 giorni per recarsi in Lombardia e nello Stato Veneto con Gaetano Capponi.
Del 1804 è il suo primo poemetto, La Pietà, descrizione della pestilenza che aveva colpito Livorno l’anno precedente, lodato da Foscolo per lo stile e l’ispirazione. Nel 1806 recitò all’Accademia delle belle arti di Firenze il discorso per l’edizione triennale dei premi, intitolato Sulla somiglianza la quale è tra la pittura e la poesia e dell’utilità che i pittori possono trarre dallo studio dei poeti. Con motuproprio del 10 giugno 1807 e con decorrenza dal 1° luglio fu nominato bibliotecario dell’Accademia con provvisione annua di 200 scudi e professore di storia e mitologia; il 5 dicembre dello stesso anno ebbe l’incarico di segretario, contribuendo alla redazione dei nuovi Statuti.
Mantenne fino al 1860 questa carica, di carattere onorifico, che prevedeva la composizione dei discorsi per l’attribuzione dei premi dell’Accademia; nel 1809 si dedicò al tema Quanto le arti conferir possano all’eccitamento delle virtù e alla sapienza del viver civile, documento di un ellenismo militante.
Del 1810 è la sua prima tragedia, Polissena, di argomento e ambientazione classiche; premiata al concorso dell’Accademia della Crusca, venne pubblicata l’anno successivo. Di pochi anni dopo sono le traduzioni de I Sette a Tebe di Eschilo e dell’Agamennone di Euripide.
Dopo la restaurazione lorenese mantenne le sue cariche e fu anzi nominato dal granduca Ferdinando III bibliotecario della Palatina, incarico cui rinunciò per conservare la propria indipendenza. Corrispondente dell’Accademia della Crusca dal 12 gennaio 1812, ne divenne socio il 1° dicembre 1817.
Qui rivestì più volte la carica di censore (1818, 1823 e 1831), fece parte delle deputazioni per la revisione dei vocaboli e intervenne attivamente nel dibattito sulla questione della lingua che ferveva tra Vincenzo Monti e l’accademia, impegnandosi per una conciliazione. Richiamandosi agli Eléments d’idéologie di Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy e al Traité de la formation méchanique des langues di Charles de Brosses, sostenne che la garanzia del comprendersi sta nell’uso e che la lingua si crea con il consenso della nazione (Discorso in cui si ricerca qual parte aver possa il popolo nella formazione di una lingua..., Firenze 1819; Discorso intorno alla proprietà in fatto in lingua..., in Antologia, V [1822], pp. 403-415).
Nel 1819, per mediazione di Gino Capponi, venne pubblicato a Londra il Nabucco, tragedia allegorica scritta dopo il 1815 e che vedeva nei protagonisti Nabucco, Mitra e Arsace le raffigurazioni rispettivamente di Napoleone, Pio VII e Lazare Carnot. La sua firma comparve tra i primi 17 sottoscrittori dell’abbonamento al Gabinetto di Giovan Pietro Vieusseux. Negli anni Venti contribuì con diversi scritti d’arte e letteratura all’Antologia e le sue tragedie di tema e argomento classici (Ino e Temisto, 1823; Edipo nel bosco delle Eumenidi, 1824; Medea, 1825) vennero recensite sulla rivista fiorentina.
Dalla metà degli anni Venti, l’originaria fedeltà classicista venne progressivamente contaminata dall’utilizzo di temi e ambientazioni romantiche, pur non abbandonando del tutto le forme classiche e criticando spesso le nuove tendenze letterarie. Nel discorso Del sublime e di Michelangelo (1825) propose una concezione che esaltava il sentimento e la sua rappresentazione animata e violenta, in accordo con l’estetica del sublime; la tragedia Matilde(1825), imitazione dal Douglas di John Home, vide il passaggio dall’ambientazione classica a quella medievale.
L’eredità ottenuta nel 1825 dopo la morte dello zio, Alamanno da Filicaia, mise fine alla precarietà economica in cui si trovava e gli consentì fra l’altro di acquistare la villa di Popolesco, vicino Prato, dove risiedette di frequente e ricevette gli amici letterati.
L’8 febbraio 1827, al teatro del Cocomero di Firenze venne messa in scena per la prima volta la tragedia AntonioFoscarini, connotata da una forte ispirazione antitirannica e patriottica.
Ambientata a Venezia in età moderna, la tragedia rappresenta il dramma del protagonista che per salvare l’onore della donna amata rimane vittima della condanna a morte dell’Inquisizione. A Firenze e fuori l’opera ebbe successo (fu addirittura coniata una medaglia da un gruppo di sottoscrittori), ma ebbe anche un seguito di polemiche e non mancarono accuse di plagio (Osservazioni meramente letterarie sul teatrale componimento intitolato Antonio Foscarini, 1827).
Dopo tre anni, fu maggiore il successo della tragedia Giovanni da Procida sulla rivolta dei Vespri siciliani, incentrata sulla figura dell’eroe che guida una congiura contro l’oppressore angioino e sulla relazione incestuosa tra Imelda, figlia di Procida, e Tancredi, suo fratello per parte di madre. La forte impronta nazionalpatriottica suscitò le proteste dei rappresentanti di Francia e Austria e provocò un irrigidimento della censura toscana, che proibì lo smercio dell’edizione a stampa del 1831. Stessa sorte toccò al Ludovico Sforza, rappresentata nel 1833, ma la cui pubblicazione fu permessa solo nel 1847. A fronte delle restrizioni della censura (De Rubertis, 1921), Niccolini si allontanò dai temi politicamente impegnati, componendo una tragedia sentimentale di ambientazione medievale, la Rosmonda d’Inghilterra (1837) e un’imitazione da Shelley, la Beatrice Cenci (1838-40). Nel 1837 curò insieme a Capponi e altri l’edizione Le Monnier della Divina Commedia. Nel 1843, stampato a Marsiglia da Le Monnier e fatto entrare clandestinamente in Toscana, comparve l’Arnaldo da Brescia, considerato dai contemporanei il suo capolavoro.
Letta, più che messa in scena, la tragedia fu considerata da Francesco Domenico Guerrazzi l’antidoto al Primato di Gioberti. Rappresentava il contrasto tra la libertà politica del popolo romano, impersonata da Arnaldo, e la tirannide imperiale e papale di Federico Barbarossa e Adriano IV, coalizzate, pur nella rivalità di fondo, per catturare e condannare il frate. L’opera, contenente un ricco apparato di note e fonti storiche, consuetudine antiquaria in diverse sue tragedie, fu discussa e criticata, tra gli altri da Cesare Balbo in una nota delle Speranze d’Italia e da Giuseppe Ferrari.
Nel 1847 pubblicò la sua ultima tragedia, Filippo Strozzi, dramma storico-romantico che violava le regole di unità di tempo e luogo e rappresentava ancor più che nelle precedenti il popolo come attore collettivo.
Al tempo degli entusiasmi per Pio IX Niccolini rimase molto critico verso le effervescenze neoguelfe, che gli procurarono scontri con diversi amici, come Gino Capponi e Giuseppe Montanelli. Nel 1849 rifiutò la carica di senatore della Repubblica fiorentina, offertagli dal governo provvisorio. Sempre più affetto da depressione nervosa, visse gli ultimi anni della sua vita appartato. La sua fama di poeta civile e propugnatore dell’unità italiana non venne però meno. Nel 1858 Corrado Gargiolli pubblicò il Mario e i Cimbri, tragedia incompleta che implicitamente incitava alla lotta contro gli austriaci. Nel luglio dello stesso anno, la rappresentazione a Firenze della Medea, alla presenza dell’autore, fu occasione di pubbliche dimostrazioni patriottiche.
Morì a Firenze il 20 settembre 1861.
La salma fu sepolta in S. Croce, dove nel 1883, dopo alterne vicende, venne collocato il monumento funebre opera di Pio Fedi (De Rubertis, 1935).
Opere: Durante la vita di Niccolini più volte furono pubblicate sue opere (cfr. Vannucci, 1866, pp. 275-390; Clio. Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento, 1801-1900, IV, Milano 1991, pp. 3235 s.). L’edizione più completa curata da lui stesso è quella Le Monnier (Opere, I-III, Firenze 1844; ried. 1847, 1852, 1858). Vivente, comparvero anche: Lezioni di mitologia ad uso degli artisti, dette da Giovanni Battista Niccolini nella Reale Accademia delle belle arti in Firenze nell‘anno 1807-8, ibid. 1855; Poesie nazionali di Giovanni Battista Niccolini, pubblicate a profitto della guerra dell’indipendenza italiana, ibid. 1859. Dopo la morte, Gargiolli iniziò presso la casa editrice Guigoni di Milano la pubblicazione delle Opere edite ed inedite di Giovanni Battista Niccolini, Milano 1862-80 (II ed. 1880), avvalendosi degli autografi lasciati per testamento alla Bibl. Laurenziana di Firenze; dell’opera comparvero almeno 10 volumi (un piano approssimativo è in Poesie inedite di Giovanni Battista Niccolini. Canzoniere civile, 1796-1861, raccolte e pubblicate da C. Gargiolli, Firenze 1884, pp. 367-381), con apparati ricchi di informazioni e citazioni da testi inediti, ma sovente non controllabili; sempre Gargiolli pubblicò il Vespro siciliano. Storia inedita di Giovanni Battista Niccolini, Milano-Firenze 1882. Lo stesso anno comparve nella «Biblioteca Universale» Sonzogno l’Arnaldo da Brescia, basato sull’edizione di Gargiolli del 1876 nelle Opere edite ed inedite. L’ultima edizione della tragedia è in Il teatro italiano, V, La tragedia dell’Ottocento, a cura di E. Faccioli, II, Torino 1981, pp. 61-244.
Fonti e Bibl.: Gli autografi di Niccolini (opere inedite e lettere) risultano dispersi in svariati fondi, pubblici e privati, solo in parte censiti: Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Fondo Niccolini, 16 voll. in 20 tomi; Bibl. nazionale centrale, Fondo Giovanni Battista Niccolini, 5 cass. (v. Censimento..., 2004); Carteggi, ad nomen; Fondo Tordi, cod. 25, app. 4, f. 6; Bibl. Moreniana, Autografi Frullani, 1369; Palagi, 382, scatola 1, ins. 10; Bibl. Riccardiana, Carteggi vari, cass. 4.5; Ricc. 3524, cc. 514-527 (Lettere originali a Mario Pieri, vol. IV); Ricc. 3556-63 (Memorie di M. Pieri), passim; Livorno, Bibl. Labronica F.D. Guerrazzi, Autografoteca Bastogi, cass. 83; Centro documentazione e ricerca Visiva, Autografi Targioni Tozzetti, ins. 48; Autografi Biblioteca Labronica, ins. 62; Arch. di Stato di Pisa, Carteggio Centofanti, b. 22, ins. 33; Legato Carmignani, b. I, f. 21; Bibl. Universitaria, Ms. 676/322, 766, 215; le lettere a Enrico Mayer sono conservate presso gli eredi a Santa Maria a Monte (Pisa); Siena, Bibl. Comunale degli Intronati, Autografi Porri, scatola 89; Autografi Bruchi, A 102; Pistoia, Bibl. Forteguerriana, Raccolta Puccini, cass. XXI, 7.4.8, 8.31; Carte Ciampi, E.362.10, F.431.7; Prato, Bibl. Roncioniana , Carte Guasti, 65, 102, 104, 123, 233, 243, 245, 256; Manoscritti roncioniani, 224, 232 ins. 19, 427, 500, 570, 646, 652, 656, 658, 661, 752; Arch. di Stato di Milano, Carteggio Giovanni Rosini, voll. 33-34; Roma, Museo centrale del Risorgimento, bb. 2, 7, 69, 242, 386, 387, 593, 713; Fondo Martini, b. 373, Fondo De Lieto, b. 174, Fondo Jessie White Mario, b. 438, Fondo Nelson Gay, b. 550, Fondo Pinto, b. 884; Sez. Icon., R 626-27, 1381, S 1136, 2117, 2160, 2253, Aroldi VIII(55); Genova, Bibl. Universitaria, Fondo Autografi, ad nomen; diversi manoscritti e lettere autografe e in copia, raccolti o copiati da Gargiolli, sono conservati a Genova, presso l’Arch. Giorgio e Maria Eugenia Parodi. Dell’epistolario di Niccolini, dopo i tentativi falliti di Gargiolli prima, e di R. Guastalla e F. Martini poi, non esiste ancora un’edizione critica. Per quel che riguarda le lettere edite, la più grossa raccolta rimane quella curata da A. Vannucci, 1866; diverse lettere sono state pubblicate negli studi di G. Ferretti, 1915; V. Orvieto, 1903; M. Ostermann Vaccaro, 1900; oltre che negli epistolari di G. Capponi, U. Foscolo, P. Giordani, G. Leopardi, V. Monti, G.P. Vieusseux e altre personalità della cultura. Non esiste una biografia critica. Per molti particolari, rimane ancora fondamentale A. Vannucci, Ricordi della vita e delle opere di G.B. N., I-II, Firenze 1866. Seppure poco attendibili, restano utili i ricordi di I. Franchi [E. Montazio]: La Gioventù di G.B. N., in Fanfulla della Domenica, II (9 maggio 1880), 19; G.-B. N.(Ricordi intimi), I. In casa Certellini, ibid., IV (1° gennaio 1882), 1; G.-B. N. (Ricordi intimi), II. Amori, ibid., IV (8 gennaio 1882), 2; Arnaldo da Brescia e G.B. N., ibid., IV (20 agosto 1882), 34; La vecchiaia di G.B. N. (Ricordi intimi), I. Le frenesie, in La Domenica letteraria, I (24 settembre 1882), 34; La Vecchiaia di G.B. N. (Ricordi intimi), Gli ultimi anni, ibid., I (1° ottobre 1882), 35; Rimembranze niccoliniane, Una dimostrazione in teatro, I, La sera del 5 luglio 1858, inIl Convegno, I (7 e 14 ottobre 1883), 41-42; Rimembranze niccoliniane, Una dimostrazione in teatro, II, La sera del 3 febbraio 1860, ibid., I (21 ottobre 1883), 43; Gli amori di G.B. N. Romanzo contemporaneo, in Il Corriere italiano, XIX (8 agosto 1883), 220; (14 agosto 1883), 226; (23-25 agosto 1883), 235-237; (10 ottobre 1883), 283; (22-23 novembre 1883), 325-327; G.B. N. in S. Croce, in Gazzetta d’Italia, XVIII (20 settembre 1883), 263 (numero straordinario interamente dedicato a Niccolini). Necr: [B. Bianchi], Giambattista N., in Archivio storico italiano, n.s., XIV (1861), parte 1ª, pp. 164-166; X.Y.Z. [E. Montazio], Commemorazione: G.B. N., in Rivista contemporanea, IX (agosto 1861), 26, pp. 310-325. Studi e profili: C. Tenca, Giambattista N. [1845], in Id., Saggi critici, a cura di G. Berardi, Firenze 1969, pp. 181-203; Ch. de Mazade, N., in Revue des deux Mondes, XI (15 septembre 1845), pp. 1054-1081; Delle opere di G.B. N.: discorso di Agamennone Zappoli dettato nel 1847, Bologna 1848; N. Giotti, G.B. N., Torino 1860; Genealogia e storia della famiglia N. descritta da Luigi Passerini, Firenze 1870, pp. 20-24; Lezioni di letteratura italiana dettate nell’Università di Napoli da Luigi Settembrini, III, Napoli 1872, pp. 344-353; F. De Sanctis, Mazzini e la scuola democratica [1874], a cura di C. Muscetta - G. Candeloro, Torino 1951, pp. 185-211; S. 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