FAUCHÈ, Giovanni Battista
Nacque a Venezia il 27 febbr. 181 S da Giambattista, ufficiale della marina da guerra francese nato ad Ajaccio, e da Anna Morari di Corfù. Perse il padre prima ancora di nascere e la madre quando aveva appena undici anni; tutore del ragazzo divenne lo zio materno Antonio, ufficiale della marina austriaca, che lo avviò alla sua stessa carriera. Nei primi mesi del 1831, tornato a Venezia dopo una serie di viaggi di addestramento, superati gli esami di navigazione, fu proposto come cadetto. Il Consiglio aulico di Vienna rifiutò però la nomina in quanto il F. non aveva la nazionalità austriaca, ma quella francese, che mantenne fino al 1854. Per intervento dell'ammiraglio A. Paulucci poté comunque passare nel personale d'amministrazione della marina. Per alcuni mesi fece parte della commissione liquidatrice della contabilità del materiale dei bastimenti disarmati poi fu impiegato presso l'intendenza dei magazzini marittimi. Nel 1835 venne nominato ufficiale contabile nell'amministrazione dei corpì militari della marina, dove rimase fino al 1840.
Nel 1837 sposò Irene Vio, una giovane di agiata famiglia veneta, dalla quale ebbe sei figli. Nel luglio 1840 entrò nella Società veneta commerciale come secondo ragioniere e nel 1845 fu promosso capo contabile e segretario. Nello stesso anno il barone K. L. von Bruck, fondatore del Lloyd austriaco, gli chiese di trasferirsi a Trieste per riorganizzare l'amministrazione di quella società di navigazione, il cui carattere politico spinse però il F. a rifiutare l'incarico.
Gli avvenimenti veneziani del 1848-49 portarono allo scoperto i sentimenti politici del F., che entrò subito a far parte della guardia civica col grado di capitano della II legione, sestiere di Castello, e durante la presa dell'Arsenale, il 21 marzo, tentò di garantire "l'ordine in un momento di tanta agitazione". Fu deputato all'Assemblea provinciale e durante le elezioni del 4 luglio 1848 votò per l'annessione al Piemonte. Nel settembre divenne maggiore della guardia civica e nei giorni dal 24 al 26 maggio del '49 si distinse nel bombardamento del forte di Marghera, ricevendo per il suo valore una medaglia d'argento. Tornati gli Austriaci a Venezia, la cittadinanza francese di cui godeva gli consentì di riprendere senza problemi la sua attività fino al 1850, quando dovette occuparsi della liquidazione della Società veneta commerciale, di cui il governo austriaco aveva chiesto lo scioglimento.
Recatosi a Trieste, lavorò per la casa commerciale Michele Vucetich finché l'insostenibilità della situazione politica non lo indusse a trasferirsi prima a Marsiglia poi a Torino, dove lavorò come capo contabile nella Società delle ferriere d'Aosta. Nel 1855, su invito del direttore gene rale della società, Francesco Viti, giunse a Genova, dove assunse l'incarico di agente principale della casa di commercio Viti. Due anni dopo lo stabilimento fu messo in liquidazione mentre il F. diventava direttore della casa bancaria Porro Sciaccaluga e, con l'autorizzazione del ministro della Pubblica Istruzione, svolgeva lezioni serali di contabilità commerciale.
A maggio del 1858 assunse la direzione amministrativa della Società di navigazione R. Rubattino e C., e il 5 giugno Rubattino firmava davanti al notaio G. Balbi una procura generale a favore del F. con la quale lo autorizzava a "rappresentarlo... in tutti gli affari atti ed incombenti relativi alla gestione della ditta suddetta e così con facoltà di vendere e comprare merci e generi" (Roma, Museo centrale del Risorgimento, b. 319,11) . Questa procura segnerà una svolta nella vita del F., che in quel periodo aveva conosciuto Giuseppe Garibaldi per motivi legati al suo lavoro. Nell'aprile 1860, mentre fervevano i preparativi per la spedizione dei Mille, egli ricevette una lettera di Garibaldi, consegnatagli da A. Bertani, nella quale gli chiedeva la disponibilità di un vapore "per trasportarmi in Sicilia con alcuni compagni". Per il noleggio Garibaldi offriva 100.000 franchi che il F. rifiutò, dichiarandosi "ben felice di poter rispondere al suo appello, il vapore sarebbe stato a sua disposizione: che i centomila franchi se li portasse in.Sicilia, ove gli avrebbero servito per altri bisogni". Raccomandò la "massima segretezza". per evitare un veto da parte dei proprietari della Società legati al governo (ibid.).
Nei giorni successivi incontrò più volte Garibaldi a villa Spinola, a Quarto, e a casa di Bertani a Genova, mentre i vapori promessi diventavano due, il "Piemonte" e il "Lombardo". Compito del F. fu quello di mettere in condizione N. Bixio, S. Castiglia e gli altri di impossessarsi facilmente dei due vapori nel porto di Genova per condurli a Quarto, nella notte tra il 5 e il 6 maggio, mentre egli seguiva l'operazione dal terrazzo della sua abitazione in palazzo Serra a S. Sabina, vicinissimo alla darsena.
Il 5 maggio Garibaldi scrisse anche una lettera ai membri della Società, con la quale motivava l'azione compiuta e li rassicurava sotto il profilo economico garantendo che o lui o la "nazione" li avrebbero ricompensati. La mattina del 6 il F. informava il comandante del porto di Genova, G. De Rey, e il vicegovernatore, P. Magenta, che "durante la notte erano scomparsi dal porto i vapori Piemonte e Lombardo", garantendo comunque che il servizio postale non avrebbe subito interruzioni. Rifiutava invece di firmare "una protesta al ministero per i danni che la società avrebbe risentito dalla perdita di detti piroscafi che dovevasi attribuire a mancanza di vigilanza da parte delle autorità" e "la denuncia al fisco contro i predatori degli accennati piroscafi", richiestegli dalla Società Rubattino e C. In conseguenza della posizione assunta, il 18 giugno il F. veniva invitato a rimettere la procura e a lasciare la direzione della Società, che, comunque, nell'autunno dello stesso anno, fu risarcita dal governo dittatoriale di Garibaldi con la somma di 1.200.000 lire (ibid.).
Questa vicenda diede luogo nei decenni seguenti ad una polemica senza fine tra Rubattino e il F., che rivendicavano, ognuno per sé, il merito di aver reso possibile la spedizione dei Mille con l'aver messo a disposizione, con profondo spirito patriottico, i due vapori della compagnia.
Licenziato dalla società di navigazione, il F. si recò subito a Palermo dove fu accolto con grande disponibilità da Garibaldi, che gli promise adeguata sistemazione in ringraziamento dei servigi resi. Il 1º luglio il Consiglio dei ministri, su proposta del dittatore, nominò il F. commissario generale della Marina e il 17 settembre segretario di Stato della Marina. Il 15 ottobre, sotto la prodittatura di A. Mordini, fu promosso capitano di vascello di prima classe ed entrò a far parte del ministero che decretò l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia.
Fu probabilmente in questo periodo che il F. divenne massone. Lo rimase comunque per tutto il resto della sua vita, raggiungendo il 180 grado del rito scozzese antico e accettato. Nel 1883, nel corso di una solenne cerimonia, donerà al Grande Oriente d'Italia una sciarpa massonica indossata da Garibaldi a New York e a lui regalata a Livorno, nel 1864, dal fratello F. Lavarello.
Il 14 apr. 1861 il F. fu nominato console di prima classe nell'amministrazione della Marina mercantile. Trattenuto in aspettativa fino al luglio 1862, fu infine destinato al consolato di marina ad Ancona. Due anni dopo, nel maggio 1864. fu trasferito a Livorno. Nel 1865 fu promosso capitano di porto di prima classe e assegnato alla capitaneria di porto di Livorno e successivamente, nel 1867, a quella di Genova. Collocato in aspettativa per motivi di salute, nel dicembre 1871, fu dispensato dàll'impiego due anni dopo. Richiamato in servizio nel giugno 1874, fu collocato a riposo, in via definitiva, il 1º genn. 1883.
Non gli mancarono i riconoscimenti per il suo impegno politico. Nel 1864 fu decorato della croce di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, diventando poi ufficiale dell'Ordine. Nel 1866 fu autorizzato a fregiarsi della medaglia commemorativa delle guerre combattute per l'indipendenza e l'Unità d'Italia. Nel 1868 ricevette la croce di ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia.
Nel 1883 gli morì la moglie. Altre disgrazie familiari lo indussero a tornare a Venezia, dove morì il 28 febbr. 1884. La sua salma riposa nella cappella che i Veneziani hanno dedicato ai difensori della patria.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo centrale del Risorgimento, buste 45, CCXL, CCXXXIV, 316, 317, 319, 336, 552, 573; Roma, Ufficio stor. della Marina, Direzione generale personale, Stato matricolare; C. A. Radaelli, Storia dell'assedio di Venezia negli anni 1848-49, Venezia 1875, p. 541; G. B. Fauché, Una pagina di storia sulla spedizione dei Mille, estratto dalla Gazzetta d'Italia, n. 168, 17 giugno 1882, Roma 1882, pp. 1-12; Genova - La sciarpa di Garibaldi - La spedizione dei Mille e la massoneria, in Rivista della massoneria italiana, 1883, p. 69; G. Garibaldi, Memorie autobiografiche, Firenze 1888, p. 336; P. Fauché, G. F. e la spedizione dei Mille, Roma-Milano 1905; Id., Una pagina di storia sulla spedizione dei Mille, Roma 1906; Id., Ricordi storici. I due vapori della spedizione dei Mille, in Giornale di Sicilia, 23-24 apr. 1910; Le Assemblee del Risorgimento, Venezia, Roma 1911, p. 196; F. Crispi. I Mille, Milano 1911, pp. 109-311 passim.
M. Rosi, Il Risorgimento ital. e l'azione di un patriota cospiratore e soldato, Roma-Torino 1906, pp. 206 s.; F. Guardione, Una pagina di storia sulla spedizione dei Mille, Roma-Milano 1906, pp. 5-10; A. D'Amia, G. F. nell'epopea dei Mille, Pisa 1915; A. Luzio, La massoneria e il Risorgimento italiano, Bologna 1925, II, pp. 5 s.; A. Abruzzese, Patrioti veneziani e la spedizione dei Mille, in La Gazzetta di Venezia, 12 ott. 1930; G. Pipitone Federico, Di alcune note autobiografiche di patrioti che presero parte alle rivoluzioni siciliane del 1848 e del 1860, in Rass. stor. del Risorg., XVIII (1931), Suppl. al fasc. 1, pp. 229-236; M. Rosi, G. Garibaldi, Bologna 1932, p. 82; F. Guardione, Ancora dei Mille e di G. B. F., in Rass. stor. del Risorg., XXI (1934), 4, p. 872; A. Codignola, G. B. F. e le navi dei Mille, in Camicia rossa, settembre-novembre 1935, pp. 207-210; Id., Rubattino, Bologna 1938, pp. 197 ss.; F. Ercole, Gli uomini politici, II, Roma 1941, p. 97; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, p. 650; P. Ginsborg, D. Manin e la rivoluzione veneziana del 1848-49, Milano 1978, p. 112; M. Rosi, Diz. del Risorgimento naz., III, pp. 45 s.