CAVALCASELLE, Giovanni Battista
Figlio di Pietro e di Elisabetta Rosina, nacque a Legnago (Verona) il 22 genn. 1819. Dopo aver frequentato per qualche tempo gli studi di ingegneria, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Poco disposto a seguire regolari corsi di studi, appena si impadronì delle tecniche artistiche abbandonò anche l’Accademia impiegando i soldi destinati allo studio per intraprendere viaggi che lo portarono prima in giro per il Veneto e poi per il resto d’Italia. A piedi “a piccole giornate, da una paese all’altro, con l’involtino delle cose sue in ispalla infilato ad un bastone” (Pognisi), visitava chiese, pinacoteche pubbliche e private, palazzi e conventi, scoprendo un’infinità di opere d’arte inedite, che riportava in schizzi su quaderni di viaggio o su fogli sparsi, e documenti che diligentemente trascriveva. Nel 1846, attraverso il Trentino e il Tirolo, giunse a Monaco, dove si fermò a lungo. Girò quindi tutta la Germania, fermandosi soprattutto a Dresda, Lipsia, Berlino. Mentre, nel 1848, stava risalendo il Reno alla volta dell’Olanda o del Belgio, gli giunse notizia dell’insurrezione della Lombardia e del Veneto; messe in salvo, in una valigia spedita alla famiglia a Legnago, tutte le sue carte, ritornò in patria e, a Padova, si arruolò nella legione studenti e volontari veneti, nel battaglione comandato da A. Cavalletto. I suoi biografi (Crowe, Douglas) dicono che a Piacenza (o Cremona) fu arrestato dagli Austriaci e condannato a morte, ma che si salvò per l’approssimarsi delle truppe piemontesi alla città. Costretto ad emigrare, nel 1850 era a Londra dove viveva con i pochi soldi che i parenti riuscivano a fargli pervenire dall’Italia.
Nel 1847, viaggiando tra Hann e Minden, in Germania, aveva incontrato in carrozza J. A. Crowe, giovane inglese di varia cultura che era con il padre giornalista e al quale il C. si presentò qualificandosi pittore. Il Crowe, allora, e poi anche nel secondo casuale incontro a Berlino, gli parlò del suo progetto di scrivere un libro sulla pittura fiamminga. Arrivato a Londra, il C., che abitava in modeste camere di affitto in Silver street e poi in Regent street, trovò in casa Crowe ospitalità affettuosa e accogliente. Quando anche per i Crowe cominciò un periodo difficile e la famiglia si stabilì a Parigi, il giovane Joseph si trasferì in Silver street con il Cavalcaselle. Questi viveva ingrandendo le illustrazioni che G. Scharfe utilizzava per le sue lezioni di storia dell’arte, e i due, che erano in grande miseria, andavano a visitare collezioni private, studiavano nelle biblioteche preparando la storia dell’arte fiamminga, ed entravano in contatto con persone importanti. Altri modesti introiti provenivano al C. da lavori di restauro; gli fu anche richiesto un parere sullo stato dei quadri della National Gallery. Sir Ch. Eastlake lo apprezzava come conoscitore e, dal Catalogue of the Paintings... in the permanent Gallery of Art di Liverpool (1851), risulta che il C. fu tra gli esperti che fecero attribuzioni in quella raccolta. Negli stessi anni il C. si recò a Parigi (1851) e in Spagna (1852).
Quando viaggiavano separatamente i due studiosi guardavano, prendevano appunti e, incontrandosi, si informavano a vicenda. Il Crowe ricorda nelle sue memorie (p. 103) le accese discussioni quando avevano opinioni divergenti; era sempre l’inglese che scriveva, ma il C. aiutava a ricopiare, e Crowe ammirava la sua straordinaria capacità di definire la successione cronologica all’interno della carriera di un artista. Avevano fiducia assoluta l’uno nell’altro (p. 236) e nulla mai riuscì a incrinare questo perfetto sodalizio (vedi anche Moretti, pp. 45-48).
Nel frattempo Crowe, che faceva il giornalista, si recò in Crimea, dove era scoppiata la guerra; al ritorno da Balaklava (1854) trovò il C. alle prese con le bozze della storia della pittura fiamminga, per le illustrazioni della quale aveva eseguito anche xilografie. L’ultimo giorno dell’anno 1856 l’opera uscì presso l’editore J. Murray di Londra con i due nomi, come in seguito per tutte le altre edizioni (prima quello del Crowe e poi quello del C.; solo nella edizione italiana della Storia della pittura in Italia il Crowe darà il permesso di mettere prima il nome dell’italiano). The Early Flemish Painters ebbe successo e uscì in breve tempo in edizioni in francese e tedesco. Nel frattempo il C. viaggiava in Europa su incarico di sir Eastlake, prendeva appunti e studiava, con l’idea di scrivere in seguito una storia dell’arte italiana.
Quando nel 1857 Crowe partì per l’India, il C. chiese a Eastlake di trovargli lavoro in Italia, ma data la sua condizione di esule politico, era difficile farlo ritornare in patria con una certa sicurezza. Eastlake riuscì a ottenergli un passaporto, e il C. partì con il proposito di preparare per l’editore Murray una nuova edizione del Vasari. Tra il 1857 e il 1860 poté girare per la penisola (fu però arrestato a Napoli nel 1859 dalla polizia borbonica che lo spedì a Roma). Dal 1860 il Crowe, raggiunta la tranquillità economica e rimessosi in contatto con lui, lo incoraggiò a riprendere il comune lavoro per una storia della pittura italiana. Nel 1862 il C. si recò a Lipsia, ospite del Crowe, con il quale preparò il primo volume di questa seconda opera. Nel 1861 con G. Morelli aveva redatto il Catalogo degli oggetti d’arte delle Marche e dell’Umbria, recuperando materiale identificato nei suoi viaggi precedenti (il Catalogo fu pubblicato in Le Gallerie nazionali italiane, II [1896], pp. 191-349; i rapporti con il Morelli divennero successivamente pessimi: Moretti, pp. 35-37).
Il 13 sett. 1862, a Torino, fu ferito con arma da taglio da persona ignota: non si riuscirono a capire i motivi del gesto che il C. pensava fosse motivato dai suoi elenchi di opere d’arte conservate nei conventi soppressi dalle leggi ecclesiastiche (Ricci, 1912, p. 33). Nel 1862, con toni accorati, indirizzò al ministro dell’Istruzione, C. Matteucci, varie sollecitazioni Sulla conservazione dei monumenti e oggetti d arte... (pubbl. 1863).
Fece proposte, tra l’altro, per un inventario e catalogo generale delle opere, oltre che di norme per il restauro dei mosaici, degli affreschi e dei quadri (“meglio di restaurar sarebbe sempre conservare l’antico qual è”), e per fermare l’esodo delle opere d’arte dall’Italia. Purtroppo neppure i successivi ministri tennero conto degli avvertimenti del C., tuttora attualissimi e in parte recepiti dall’attuale legislazione (Magagnato, 1973).
Erano usciti intanto (1864-66) i tre volumi della storia della pittura italiana. Il C. raggiunse finalmente un minimo di sicurezza economica con la nomina (13 febbr. 1867) ad ispettore del Museo nazionale del Bargello a Firenze, nomina che non lo soddisfece, in quanto i suoi interessi erano sempre stati per la pittura, ma che lo immise finalmente nell’amministrazione statale delle Belle Arti. Poté anche, essendogli ormai garantito un lavoro stabile, sposare (1867) Angela Rovea e stabilirsi a Firenze; nel 1868, dopo gli elogi che ne fece il principe Federico di Prussia che lo ebbe come guida nel giro delle collezioni fiorentine, gli fu conferita la croce mauriziana. In quegli anni il C. continuava a viaggiare: nel 1865 fu a Copenaghen, Stoccolma, Pietroburgo, Praga, Vienna, Budapest, oltre che in Scozia e a Londra. Nel 1870 ebbe l’incarico dal ministro C. Correnti di studiare e attuare i più urgenti restauri delle opere d’arte; il C. cercò di infondere ai restauratori il più rigoroso rispetto per le opere, raccomandando che non vi fosse alcun intervento di ritocco pittorico nel restauro degli affreschi, e che anche in quello dei dipinti su tela o su tavola le ridipinture sulle lacune si limitassero al minimo.
Fece in tal modo restaurare, tra gli altri, gli affreschi di Giotto nella basilica di S. Francesco di Assisi (suscitando polemiche: si veda la bibliografia in Ricci, 1912), quelli della cappella dell’Arena e quelli del Mantegna nella cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova, e nel palazzo ducale di Mantova.
Nel 1871 si trasferì a Roma, ed ebbe l’incarico di redigere gli inventari dei quadri e delle statue nelle collezioni pubbliche italiane; ma, come aiutanti, gli furono dati due poeti, G. Prati e A. Aleardi, e i risultati furono assai scarsi: resta solo l’Inventario di quelle esistenti in Friuli, pubblicato nell’edizione postuma (1973) della sua Pittura friulana (pp. 159-262).
In esso per ogni opera registrata vengono fornite notizie sintetiche, ma precise e sufficienti, riguardanti l’ubicazione, la descrizione, l’autore, le fonti documentarie, lo stato di conservazione oltre ad osservazioni sulla storia esterna dell’oggetto (iscrizioni, restauri, ecc.).
Usciva intanto a Londra (1871) A History of Painting in North Italy, firmata con il Crowe, opera nuova per indirizzo metodologico e per ricchezza di dati (e però tutt’oggi non ancora tradotta in italiano), mentre il C. pensava a un rifacimento, in italiano, della storia della pittura in Italia. Nel 1873, insieme con il Crowe, fu invitato a Vienna per assistere E. Engerth nel riordino della Galleria del Belvedere e ottenne, per tale lavoro, la medaglia d’oro al merito da parte dell’imperatore. Il governo italiano lo nominò formalmente il 27 maggio 1875 ispettore generale per la pittura e scultura. Ma la delusione per i mancati riconoscimenti ufficiali in patria e le modeste condizioni economiche lo rendevano sempre più aspro nei suoi rapporti con gli altri.
Nel 1875 giudicò e valutò la collezione del Monte di pietà di Roma; nell’archivio della Galleria Doria di Roma è conservato un manoscritto cartaceo con l’elenco schematico delle Pitture dell’appartamento nobile, accompagnato da indicazioni delle decorazioni pittoriche, tradizionalmente attribuito al C. (G. Carandente, Il palazzo Doria Pamphilj, Milano 1975, pp. 159, 170, 299). Negli anni seguenti uscivano le monografie su Tiziano (1877) e Raffaello (1882-85), che segnarono la fine della collaborazione con Crowe (morto nel 1896), e quindi la traduzione italiana, riveduta e ampliata dal C., della Storia della pittura in Italia (1886-1908). Nel 1883 si era recato per l’ultima volta in Inghilterra, Francia e Spagna. Il 30 giugno 1893 lasciò il servizio per limiti di età, restando membro della Giunta delle Belle Arti.
Durante un viaggio in treno da Firenze a Roma, veniva colto da malore e moriva a Roma il giorno seguente (31 ott. 1897).
Tutte le sue carte e i suoi libri furono donati dalla vedova alla Bibl. Marciana di Venezia nel 1904; altre carte si trovano nel Victoria and Albert Museum di Londra insieme con quelle del Crowe. Solo una parte dei disegni dei taccuini è stata pubblicata, oltre che in articoli (si veda Gardner, 1972, e Magagnato, 1973), nel catalogo curato dal Moretti nel 1973. Ovviando con i disegni alla mancanza di fotografie, il C. “penetrò nello stile dei pittori più a fondo di chiunque altro prima di lui. Dotato di una memoria visiva di ferro e di un notevole senso della qualità della pittura, con l’aiuto dei disegni egli riuscì a confrontare lo stile di opere vedute a distanza di luogo e di tempo in modo preciso. E quindi distrusse una quantità enorme di leggende sul valore assegnato a copie o imitazioni, e distinse i maestri e gli scolari, e seppe indicare la successione delle produzioni di uno stesso maestro” (L. Venturi).
Il C., come si è detto, disegnava tutto ciò che vedeva: prima ne faceva uno schizzo a matita, veloce e sintetico, poi lo rifiniva, cercando soprattutto di cogliere i caratteri specifici dell’arte di ogni autore, ripassando infine a china il tutto: a lato, le osservazioni, le particolarità salienti, il richiamo ai colori, appunti vari, memoranda. Tra questi ultimi compaiono spesso documenti trovati in archivi pubblici e privati a dar peso e conferma a certe sue nuove e stupefacenti attribuzioni. Gran merito del C. è infatti quello di aver improntato i suoi scritti ed una scientificità tutta moderna, ispirata alla storiografia artistica dei fratelli Milanesi; non più dunque l’accettazione, supina delle antiche tradizioni o di leggende tali da trasfigurare la personalità dell’artista, né un’adesione reverenziale alla critica vasariana che ancora informava di sé i maggiori studiosi; il supporto di una ricca documentazione, spesso di prima mano, affiancata a un notevolissimo bagaglio bibliografico, rappresenta il pregio e la novità di tutta la sua opera. Per tali motivi, a distanza di un secolo, durante il quale i nuovi ritrovati della tecnica (piante, rilievi, disegni d’architettura, foto, fotocolor, “trasparenti”) hanno in tutto sostituito i promemoria grafici del C., i suoi scritti continuano a mantenere validità.
Per quanto riguarda la struttura e le classificazioni della sua Storia, il C. riprese lo schema del Lanzi, dividendo i pittori per scuole e dando particolare rilievo alla pittura veneta.
Il suo interesse andava direttamente ai valori formali delle opere, e in questo l’indagine meticolosa che egli sviluppava con il disegno e l’analisi grafica dei particolari era lo strumento essenziale della sua penetrazione critica nello stile dei pittori. Giustamente annota il Moretti (1971, pp. 40-41): “Il suo metodo era empirico e si fondava sulla percezione acuta delle distinzioni di stile da cogliere in tutte le parti dell’opera; metodo estraneo al tentativo del Morelli di razionalizzare la tecnica del conoscitore con la nota dottrina per la quale l’individualità dell’autore si manifesta in quei particolari, dove lo sforzo artistico è più debole, e perciò la forma è meno elaborata e più rispondente all’istinto inconscio”.
L’ideologia risorgimentale trova in C. un eminente esponente; tutti e due gli aspetti fondamentali della sua attività – di storico dell’arte e di operatore culturale per la difesa del patrimonio artistico nazionale – trovano ispirazione nella sua concezione di cultura nazionale. “L’arte di un’epoca – egli dice nella pagina conclusiva del suo saggio del 1863 sulla Conservazione dei monumenti ed oggetti d’arte – non può essere la stessa di quella di un’altra, come l’italiana non fu la greca, perché l’arte non esprime che i bisogni del tempo ed i caratteri del popolo in mezzo al quale è nata e vive, altrimenti è un’arte convenzionale, fattizia, arte senza vita... Per avere un’arte dunque non bastano gli insegnamenti, ma conviene che essa sia sentita nel paese, sia, per così dire, un bisogno, un’emanazione del sentimento nazionale stesso; ispirazione d’una grande idea, d’un grande principio che le dia vita o moto...”. Perciò la difesa dell’arte del passato si colloca in una visione di restaurazione del principio di unità e continuità della vita e della tradizione nazionale; e si attua da un lato con un’azione legislativa, per impedire le esportazioni delle opere d’arte più importanti (contrapponendosi il C. in ciò al concetto pseudoliberistico in materia di svendita all’estero dei governanti del tempo e di storici dell’arte insensibili al problema, come il Morelli e altri) e dall’altro “col provvedere alla conservazione delle opere antiche, col riordinare le gallerie, col dimostrare le scuole degli antichi nostri maestri per mezzo delle opere, non che colla ricerca dei documenti atti a correggere i molti errori che s'incontrano, anche nella storia dell’arte”. Queste parole di apertura del saggio citato sono la sintesi del suo concetto di organizzazione scientifica dell’amministrazione delle Belle Arti, nel quale la storia dell’arte ha la stessa funzione che la storia della letteratura nell’idea che De Sanctis, allora ministro della Pubblica Istruzione, ha dell’educazione nazionale. Ed è da notare che in questo atteggiamepto rinnovatore della cultura e della politica delle arti il C. si trova nella stessa posizione che anima gli altri esponenti dell’amministrazione e della politica culturale del nuovo governo della Destra storica: Giuseppe Fiorelli nel campo dell’archeologia, Ruggero Bonghi in quello delle biblioteche, C. Boito in quello della difesa e del restauro dell’architettura. Anche se nel C., per i molti indizi segnalati dal Moretti (1973, pp. 23, 131), si può sottolineare una concordanza di cultura e formazione con lo storicismo di Cattaneo e del Politecnico.
Opere del C. pubblicate in collaborazione con J. A. Crowe: The Early Flemish Painters, London 1857 (2 ediz., 1872; ediz. in francese, Bruxelles 1862-65; ediz. tedesca, Leipzig 1875; ediz. italiana, Firenze 1899); A New History of Painting in Italy from the Second to the Sixteenth Century, I-III, London 1864-1866 (edizione tedesca, I-VI, Leipzig 1869-1876; ediz. italiana ampliata, Storia della pittura in Italia dal sec. II al sec. XVI, I-VIII, Firenze 1875-1898; ediz. riveduta, IXI, ibid. 1886-1908; ediz. ulteriormente ampliata su appunti degli autori con note dei curatori con il titolo di A History of Painting in Italy, I-VI, a cura di L. Douglas-A. Strong, London 1923); A History of Painting in North Italy, London 1871 (2 ediz., I-III, a cura di T. Borenius, London 1912); The Life and Times of Titian, London 1877 (ediz. tedesca, Leipzig 1877; ediz. ital. con il titolo di Tiziano: la sua vita e i suoi tempi con alcune notizie della sua famiglia, I-II, Firenze 1877-78); Raphael: his Life and Works, London 1882-85 (ediz. ital., I-III, Firenze 1884-1891). Da solo il C. firmò: Sul più autentico ritratto di Dante..., Firenze 1864; Sulla conservazione dei monumenti e oggetti d’arte e sulla riforma dell’insegnamento accademico, in Riv. dei Comuni ital., 1863, n. 4-5 (poi Firenze 1870 e Roma 1875); Spigolature tizianesche, Roma 1891. A cura di G. Bergamini, Vicenza 1973, è stata pubblicata la Pittura friulana del Rinascimento (1876), che contiene anche l’Inventario citato delle opere d’arte del Friuli.
Fonti e Bibl.: In Moretti (1973, pp. 13-52) la più accurata biografia con citazione delle fonti archiv. e bibliogr., tra cui si veda il Fascicolo personale nell’Arch. centrale dello Stato, i taccuini, i disegni e altro materiale nella Bibl. Marciana di Venezia (cod. Marc. It., IV, 2024-2041; X, 377-378) e le lettere ad Atto Vannucci nella Bibl. nazionale di Firenze (Vannucci, IV, inserti 9-11). Ma vedi anche: J. A. Crowe, Reminiscences of thirtyfive years of my life, London 1895, ad Indicem; A. Pognisi, in J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, La storia dell’antica pittura fiamminga, Firenze 1899, pp. V-XLII; A. Venturi, G. B. C., Legnago 1908; L. Douglas, in J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A History of Painting in Italy, I, London 1923, pp. XIV-XVIII; C. Ricci, Per G. B. C., in Boll. d’arte, V (1911), pp. 399-403, ma anche in Inauguraz. del monumento a G. B. C. ... 1911, Legnago 1912 (con bibliografia, necrologi; elenco delle opere, pp. 54-57); C. L. Ragghianti, Come lavorava un critico dell’800, in Sele Arte, I (1952), 2, pp. 3-9; G. Fiocco, Gli appunti di G. B. C., in Arte veneta, XVI (1952), pp. 208-210 (con bibl.); M. Muraro, Sulle vie del C. restaurando affreschi, in Studies in the History of Art dedicated to W. Suida, London 1959, pp. 129-143; G. Cavalcaselle, Note rievocative di G. B. C. …, in Boll. stor.-bibliogr. subalpino, LIX (1961), pp. 600-608; L. Venturi, Storia della critica d’arte, Torino 1964, ad Indicem; U. Kulturmann, Geschichte und Künstgeschichte, Wien-Düsseldorf 1966, pp. 199-206; G. Marangoni, G. B. C., Legnago 1969; E. E. Gardner, Dipinti rinascim. del Metropolitan Museum nelle carte di G. B. C., in Saggi e mem. di storia dell’arte, VIII (1972), pp. 67-74; G. Bergamini, in G. B. Cavalcaselle, Pitt. friulana del Rinasc., Vicenza 1973, pp. XVII-XXIII; L. Moretti G. B. C. Disegni da antichi maestri (catal.), Vicenza 1973; L. Magagnato, G. B. C. a Verona, Verona 1973; C. L. Ragghianti, Profilo della critica d’arte in Italia, Firenze 1973, pp. 128-132; F. Bernabei, C. “on the road”, in Arte veneta, XXIX (1975), pp. 269-275.