BROCCHI, Giovanni Battista (Battista da Imola)
Di ragguardevole famiglia imolese (suo padre, Stefano, nel 1475 era capitano del castello di Tossignano), il B. entrò nel 1477 al servizio del conte Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV, e svolse varie missioni politiche in Francia, nel 1479 presso Luigi XI, e in Spagna per conto della corte pontificia. Tali missioni sono da porsi in relazione con la lotta allora in corso tra Roma e la Firenze di Lorenzo il Magnifico, lotta che si venne aggravando dopo la congiura dei Pazzi (aprile 1478) e dopo le accuse mosse contro i Riario per averla favorita. Le legazioni affidate al B. non ebbero successo, e l'opera dell'inviato pontificio fu aspramente criticata. L'oratore milanese Carlo Visconti in un dispaccio del 12 giugno 1479 lo giudicava come "miles levis armaturae et che habia più lingua che cervello"; ed ancora, dopo il suo ritorno dalla Spagna, lo diceva "homo leggero de ogni cosa et de compagnia et di cervello", riferendo che il B. si era offerto di entrare in relazione con la Signoria di Milano - ostile ai Riario -, e che aveva altresì affermato di ritenersi sicuro di poter fare mutare la linea politica del suo stesso signore, il conte Girolamo Riario. Quali che siano il credito e l'attendibilità da attribuirsi a questi rapporti dell'inviato milanese, è tuttavia effettivamente documentato che il B., rientrato in Roma, cadde in disgrazia presso i suoi antichi protettori, tanto che il diarista Iacopo Gherardi'poté qualificarlo come persona "magna paulo ante apuù pontificern et comitem auctoritate, nunc nulla". Come si siano risolte le cose, non sappiamo; ad ogni modo, nella seconda metà di aprile del 1481 il B. si trovava a Gerusalemme durante la celebrazione delle festività pasquali. E il 18 aprile giungeva nella città santa proveniente dal Cairo anche l'ambasceria etiopica che, inviata in Egitto per chiedere al patriarca di Alessandria, col consenso del sultano, la nomina di un nuovo metropolita per l'Etiopia, una volta espletato il proprio incarico aveva deciso di recarsi, secondo l'uso, in pellegrinaggio a Gerusalemme. Persuasili dell'opportunità di rendere omaggio al pontefice di Roma, il napoletano Giovanni Tomacelli, allora guardiano della Custodia di Terrasanta, affidò al B. l'incarico di scortare fino in Italia i dignitari abissini, e di far loro da interprete. Giunta a Roma, la missione fu ricevuta da papa Sisto IV nel novembre di quello stesso anno; e in una serie di colloqui, cui il B. partecipò come interprete, gli orientali si incontrarono con diverse personalità della Curia e del mondo culturale, tra le quali l'oratore francescano Roberto Caracciolo - quello stesso che inserì nel suo Specchio della Fede brani del Kitāb al-Mi 'rāǵ, (che egli conobbe però nella versione latina di Bonaventura da Siena). La visita degli Abissini a Roma dette occasione all'invio di una missione francescana nell'impero etiopico; ne fecero parte lo spagnuolo Francisco Sagrara (che non portò a termine il viaggio), fra' Giovanni di Calabria e lo stesso Brocchi. Questi si accompagnarono sino al Cairo alla missione abissina che rientrava in patria passando per Gerusalemme, e dalla quale si separarono nel gennaio dell'anno successivo (1482). Partiti dal Cairo il B. e fra' Giovanni giunsero senza difficoltà in Etiopia, dove regnava dal novembre del 1478 sotto la reggenza della madre Romoēnā il negus Eskender, ancora fanciullo. L'arrivo dei missionari italiani, il cui soggiorno pare sia stato registrato nella Cronaca reale di Eskender (se in questo senso debba interpretarsi il passo: "Arrivarono prelati da Gerusalemme santa"), precedette di gran lunga quello degli ambasciatori etiopici reduci da Roma e latori delle lettere e dei doni di Sisto IV al negus. Dopo poco più di un anno di permanenza in Abissinia, il B., per ordine di fra' Giovanni di Calabria, rimasto sul luogo, ripartiva per la Palestina col compito di comunicare alla Custodia di Terra Santa la relazione del viaggio e dei progressi compiuti dalla missione francescana in Etiopia. Il 27 dic. 1483 il B. era nuovamente a Gerusalemme, e faceva il suo rapporto al mantovano Paolo del Canneto, il quale era succeduto al Tomacelli nella carica di guardiano.
La relazione fatta dal B. a Paolo del Canneto fu in seguito inserita, in riassunto, da Francesco Suriano nel Trattato di Terra Santa, dove questo irtinorita veneto, al termine di un lungo soggiorno in Palestina, espose le sue memorie. Veniamo così a conoscere, sia pure per sommi capi, l'itinerario seguito dal B. e da fra' Giovanni di Calabria. Da Suachin passarono lungo il golfo di Massaua, presso le isole Dahlac dove "se pescano le matreperle" la quale (Dahlac) è "de' Saraceni, tamen l'è recommandata al Prete jane" (esatta descrizione dello staterello musulmano di Dahlac alla fine del sec. XV). Da lì i due viaggiatori, attraverso l'Eritrea e il Tigré, raggiunsero l'altipiano etiopico (nella chiesa di Gannata Ghiorghis videro "un organo facto alla Italiana"); quindi, superato il difficile cañon dell'Ahyâ-fağğ, la pericolosa frattura nella quale scorre il fiume Mofer, raggiunsero il campo di Barar, allora residenza del negus (nello Scioa, a sud-est dell'attuale Addis Abeba). Qui si incontrarono con un gruppo di Italiani che, per motivi di commercio o di lavoro, operavano allora in Etiopia. Il B. fa i nomi di un Gabriel Napoletano, di uno Iacomo di Garzoni veneziano, di un Ioanne da Fiesco genovese, di un Elia de Barutho - forse un levantino - "il qual andò cuni littera papale", di un Zuan Darduino nipote di Nicolò da le Carte e veneziano, di un Cola di Rosi romano, di un Nicolò mantovano, e di un altro veneziano, Nicolò Brancaleone.
Consegnato il rapporto, il B. ritornò in Etiopia con una lettera del guardiano della Custodia di Terrasanta (18 genn. 1484). Di questo suo secondo viaggio e delle vicende che lo accompagnarono non siamo informati per il silenzio delle fonti: dopo questa data il B., per quasi quattro anni, non viene più menzionato dai documenti a noi noti. La successiva citazione relativa al viaggiatore imolese è infatti del 10 nov. 1487, quando rilasciò ricevuta per un manoscritto etiopico avuto in prestito dalla Biblioteca Vaticana: si trattava del Salterio (ora segnato Vat. Et. 20), che egli restituì il 20genn. 1493. Rientrato in Italia il B., dopo un lungo soggiorno a Siena, si stabilì nuovamente a Roma, prendendo parte attiva agli intricati maneggi politici di quegli anni tumultuosi. Agente di Ludovico il Moro in un primo tempo, poi suo avversario dopo che Caterina Sforza, reggente di Imola per conto del figlio Ottaviano Riario, gli aveva fatto imprigionare i fratelli, passò al servizio di Giovanni Bentivoglio, signore di Bologna. Riconciliatosi con il Moro grazie ai buoni uffici del cardinale Raffaele Riario nel 1498, caduta Imola nelle mani di Cesare Borgia (27 nov. 1499) e quindi annessa ufficialmente agli Stati della Chiesa nel dicembre del 1503, il B. fu nominato nel 1505 oratore della sua città presso il papa Giulio II. La sua agitata vita ebbe termine tragicamente qualche anno dopo, quando il B. fu ucciso a Roma nel 1511. Sul delitto non si riuscì a far luce; il nome del mandante, o dei mandanti, rimase sempre ignoto: non è improbabile, tuttavia, che esso sia da riconnettere con la varia attività di emissario politico svolta dal Brocchi.
Fonti e Bibl.: Il Trattato di Terra Santa e dell'Oriente di F. Suriano,missionario e viaggiatore del sec. XV, a cura di G. Golubovich, Milano 1900, passim; G. Levi Della Vida, Doc. intorno alle relazioni delle Chiese orientalicon la S. Sede durante il pontificato di Gregorio XIII, Città del Vaticano 1948, p. 481; E. Cerulli, L'Etiopia del sec. XV in nuovi docum. stor., in Africa italiana. Riv. di storia e d'arte, V (1933), pp. 54-112; R. Lefevre, G. B. B. da Imola,diplomaticopontificio e viaggiatore in Etiopia nel '400, in Boll. della Soc. geografica ital., s. 7, IV (1939), pp. 639-659; Id.,Su di un codice etiopico della Vaticana, in Bibliografia, XLII(1940); E. Cerulli, Etiopi in Palestina. Storia della comunità etiopica di Gerusalemme, I, Roma 1943, pp. 336-345; R. Lefevre, Ricerche sull'imolese G. B. de B. viaggiatore in Etiopia e curiale pontificio, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XII (1958), pp. 55-118.