APPULO (Apulo, Apulus), Giovan Pietro
Giureconsulto messinese fiorito nel sec. XV, è ricordato per la prima edizione a stampa dei Capitula Regni Siciliae,che egli curò a Messina nel 1497 per i tipi di'Andrea de Bruges e a spese di Giovanni Gioieni.
Niente sappiamo di lui, se non poche notizie che egli stesso ci dà nel Proemium (Io. Petrus Apulus Messanensis Cunctis Trinacriae Magnificis Iuri consultis: ac sacrarum legum studiosis Proemium)e nella Gratulatio peracti operis della anzidetta edizione, utili solo ad informarci sulla storia esterna di quella prima edizione a stampa del corpo delle leggi dei re Aragonesi e a precisarci la giovanissima età dell'editore quando si accinse a questa fatica (circa venti anni).
La necessità di provvedere al riordinamento e alla compilazione di un corpus della legislazione aragonese in Sicilia, avvertita già dal vicerè F. de Acufla (14881494), fu raccolta dal vicerè: G. La Nuza (1495-1507), che diede incarico a Girolamo Appulo, padre di Giovan Pietro, e a G. Ansalone di provvedere alla raccolta e pubblicazione dei Capitula.Costoro associarono all'opera l'A., il quale ne prese poi su di sé l'intera cura.
Indubbiamente notevoli saranno state le difficoltà incontrate dall'A. nell'approntare e nell'ordinare per la pubblicazione il testo dei Capitula, Constitutiones, Pragmaticae, ma è da ridurre a più giuste dimensioni l'esagerato racconto che egli ne fa nel Proemio e nella Gratulatio (avrebbe, stando alle sue parole, corretto e integrato "chartulas illas veterrimas, interruptas, confusas, ambiguas, mendosas, obliteratas" raccolte in gran numero e non senza fatica), poiché già in Palermo erano state raccolte in un codice manoscritto da Giovanni Matteo Speciale nel 1492. Né, dal punto di vista scientifico, egli consegui quei risultati che pomposamente si riprometteva.
La raccolta è divisa in tre libri e riunisce i Capitula promulgati dal 1286 al 1488. Nel primo libro i Capitula da Giacomo a Martino; nel secondo quelli di Ferdinando I e di Alfonso; nel terzo quelli di Giovanni e di Ferdinando il Cattolico sino al 1488. Ogni capitolo, senza numero progressivo, è preceduto da una rubrica; i re cui appartengono gli atti sono raffigurati all'inizio del primo capitolo della serie sua propria senza alcun altro riferimento.
Non è da ritenere, però, che la edizione appuliana sia completa di tutte le leggi emanate sino al 1488: non vi compaiono i nomi di re come Ludovico, Federico III, Martino il Vecchio; né si può pensare, come giustamente osservò G. Spata, che sotto i loro lunghi regni l'attività legislativa dei sovrani e dei Parlamenti si sia interrotta. Ma, oltre che su questa manchevolezza, su molte altre si sono appuntati gli strali di una critica abbastanza severa, iniziata soprattutto dal Testa che curò nel 1741 l'ultima edizione (a tutt'oggi) dei Capitula.
Tre, soprattutto, sono gli addebiti fatti all'A.: di essersi giovato (come egli riferisce nella Gratulatio) per l'edizione principalmente di un codice manoscritto del barone di Asaro, che, come raccolta privata di legislazione, doveva essere, probabilmente, assai incompleto e scorretto (mende trasfusesi nell'edizione), e di avere trascurato documenti autentici che avrebbe potuto reperire negli archivi palermitani della Real Cancelleria e del Protonotaro; di avere premesso ai singoli capitoli una rubrica che manca nel testo autentico, e che, il più delle volte, dice cosa diversa da quella che costituisce l'oggetto del dettato legislativo; di avere arbitrariamente spostato dall'ordine cronologico alcuni Capitula, principalmente il cap. C Cum varia inserito tra i Capitula di Alfonso, mentre appartiene al re Federico II (fa parte del Nuovo Rito della Magna Regia Curia promulgato il 22 sett. 1300 da questo re per la riscossione di particolari riscossione debiti) e i capitoli sull'ammiragliato, del 13 febbr. 1398, del re Martino, inseriti, invece, tra quelli del re Giovanni (cap. XCI). Ora, pur essendo fondate e ineccepibili tali critiche dal punto di vista diplomatico, è da rilevare che, ai tempi dell'A., sull'ultimo scorcio del secolo XV, la diplomatica non era ancora nata e si era ben lontani dallo scrupolo degli editori settecenteschi; che, per quanto riguarda il capitolo Cum varia (e i dodici successivi inseriti per attinenza di materia), questo era stato richiamato dal re Alfonso (cap. XCIX), e quindi, nella logica dell'editore quattrocentesco, da porre tra gli atti del sovrano più vicino nel tempo; e lo stesso valga per i Capitula di Martino richiamati e omologati (14 15) da Giovanni (cfr. Spata, Capitula...pp.31s.). Che un tal criterio non abbia alcun fondamento scientifico è fuori di dubbio; ma è da ricordare che l'A. non si propose di fare una edizione critica dei corpus di leggi di un diritto storico, concetti assolutamente estranei alla cultura del tempo, ma una raccolta ufficiale (egli eseguiva il mandato del viceré) delle leggi vigenti, e questo intento, a parte le scorrettezze della lezione e alcune manchevolezze, fu conseguito. I successivi editori dei Capitula altro non, hanno saputo fare che correggere gli errori in cui era incorso l'A. e aggiungere la legislazione che a mano a mano si era venuta formando, mentre il disegno generale dell'opera rimase quello fissato dall'A. Se, quindi, la sua non fu opera scientificamente apprezzabile, egli ha tuttavia il merito di avere per primo atteso, con i mezzi di cui poteva disporre, alla pubblicazione di una tra le più importanti legislazioni dell'Europa medievale.
Incoraggiato dal successo avuto con l'edizione dei Capitula,l'A. pubblicò, l'anno successivo, le consuetudini di Messina (Consuetudines et statuta Civitatis Messane: suique Districtus),che egli raccolse per la prima volta. Anche per questa opera egli narra di avere superato grandissime dffficoltà, ma anche qui le sue affermazioni non sono scevre di esagerazioni, poiché le consuetudini di Messina erano state raccolte e adottate da circa un secolo da altre città (Trapani, Noto, ecc.).
Anche per questa pubblicazione l'A. seguì criteri oggi quanto mai discutibili. Proponendosi di fare opera utile alla pratica, fornendo un corpus delle consuetudini vigenti, omise i capitoli che riteneva superati (si vanta di avere escluso dalla raccolta i capitoli relativi agli ebrei e alla praescriptio brevis:gli uni perché inattuali data l'espulsione dei primi dal Regno (1492),gli altri perché contrari al diritto comune e alla costituzione Duram consuetudinem di Federico II (Lib. Const.IIItit. 37 de praescritionibus)e altri ne avrà probabilmente riformati, così che il testo originario e autentico delle consuetudini messinesi, pervenuteci soltanto attraverso l'edizione appuana, si è in parte perduto.
Poiché nulla si sa dell'attività dell'A. che non sia legata alle ricordate edizioni, non è possibile dare un giudizio sulla sua opera di giurista, né valutare l'ambiente culturale in cui si formò e visse. Non si ha notizia di suoi discepoli.
Dell'A. non rimangono che due modestissime glosse pubblicate da lui medesimo nelle Consuetudines messinesi: la prima alla cons. 36 de foro competenti, e la seconda alla cons. 44 de duellis,entrambe per richiamare e rinviare alla legislazione positiva su quelle materie. La prima glossa è firmata con la sigla "Io. Petrus Apu.", la seconda "Io. pe. ap.".
Edizioni: Le due edizioni appuliane dei Capitula e delle Consuetudines messinesi hanno un grande valore bibliografico.
Esse sono tra i primissimi preziosi incunaboli stampati in Sicilia, e se ne conoscono pochissimi esemplari. L'edizione dei Capitula ècostituita da un volume in folio di cc. 164stampate in caratteri gotici a lunghe linee: nelle pagine intere queste sono 44.Iltesto latino è pieno di abbreviazioni e non vi sono numeri o richiami. Le lettere iniziali sono ornate in legno, e la prima di ogni serie di Capitula rappresenta un re di Sicilia. La qualità della carta è cattiva ed è soggetta ad annerirsi. Nel frontespizio è raffigurata una aquila coronata che presenta nel petto lo stemma reale. Il titolo dell'opera non è impresso in questo frontespizio, ma a c. 164v.: Regalium Constitutionum / Pragma ticarum et Capitulorum Huius Regni Liber / Trinus et unus.
Sopra l'aquila a c. i r si legge in tre linee "Io. Petrus Apulus Messanensis / Flecte genu ad terram; Regis mox inspice esigna / Inspice signa tui Siciliana coliors s. A c. i v. sono stampati 14versi dell'A., e così a c. 163r., alla fine della Gratulatio peracti Operis una composizione poetica intitolata Versus editi elapso anno per eundem L P. A. Introducitur Pirata una cum socii condonnatus ad furcas in zancleo promontorio loqui ad alios transeuntes eis mostrando recitandoque Iustitiani Proregis,si estende a tutto il verso della carta stessa. Nel colophon a c. 164r., si legge: Impressum est Presens Opus in Nobili Civitate Messanae per Magistrum Andream de / Bruges impressorem. Sub biennali cura laboriosaque diligentia Io. Petri Apuli correctoris ad hoc statuti. Sub expensis D. Ioannis de Juenio. Et absolutum / est, volente Deo / anno ab incamatione domini M°. CCCC°. LXXXXVII° die X° octobris prima Inditione".
L'edizione dei Capitula (che cominciano a c. 3) è preceduta dal Proemium diretto ai giureconsulti siciliani, e termina alla c. 161 v. La Gratulatio peracti operis inizia a 162 r. e termina a 163 r.
L'edizione delle Consuetudines et Statuta Civitatis Messane: suique Districtus, consta di un vol. di cc. 8 in folio non numerate, e termina con le parole: "Impressum est praesens opusculum in nobili civitate Messanae per Guilelmuni Schomberger de Franckfordia, correctum et ordinatum per Io. Pe. Apu. sub expensis eiusdem XV Maij j. ind. Mij D. Cum privilegio quod infra Vi annos nemo idem opus facere audeat sub pena unciarum L." I capitoli delle Consuetudines sono disposti senza numero progressivo: ognuno porta una rubrica, e terminano a c. 6 con il capitolo De solutionibus faciendis.
Questo raro incunabolo era sconosciuto al Gregorio e al Mongitore.
Fonti e Bibl.: R. Gregorio, Introduzione allo studio del diritto pubblico siciliano,Palermo 1830, pp. 7-12; D. Orlando, Biblioteca di antica giurisprudenza siciliana, Palermo 1851, pp. 9, 10; G. Mira, Manuale teorico pratico di bibliografla, II, Appendice, Palermo 1862, pp. 388, 389, 390, 391; G. Sipata, Capitula Regni Siciliae recensioni Francisci Testa addenda, Panormi 1865, pp. 22-35; V. La Mantia, Storia della legislazione civile e criminale di Sicilia, II,1, Palermo 1874, p. 69; Id., Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia, in Arch. stor. it., s. 4, VII (I88I), pp. 317-320; G. Oliva, L'Arte della stampa in Sicilia nei secc. XV e XVI, in Arch. stor. per la Sicilia Orientale, VIII (1911), pp. 120, 122, 124, 125; L. Genuardi, Gli atti del Parlamento Siciliano, Bologna 1922, pp. XV, XVI; C. Giardina, Le fonti della legislazione siciliana nel periodo dell'autonomia, in Arch. stor. per la Sicilia, I(1915). pp. 73,74,75.