FASSETTI, Giovan Battista
Nacque nel 1686 a Reggio Emilia da ricca famiglia genovese, ivi trasferitasi per impiantare una fabbrica di velluti, "ma come non ebbe quella l'esito desiderato, il povero figlio si ridusse a lavorare giornaliero di seta" (Tiraboschi, 1786, p. 411). Tra l'ultimo scorcio del secolo e i primi anni del Settecento frequentava la scuola di disegno e pittura fondata, nel 1660, da G. Massarini sotto la protezione della Comunità reggiana, nonché la bottega del più noto 0. Talami, esponente della cultura figurativa irradiatasi da Bologna, di prevalente matrice reniana. Attorno al 1712 coadiuvò come "macinator di colori" (ibid.) il quadraturista modenese G. Dallamano, che in Reggio attendeva alla decorazione dell'atrio e della biblioteca nel soppresso convento di S. Spirito. Seppur "qualche cosa disegnò sotto questo maestro" (ibid.), dombroso carattere, fu con T. Bezzi, ingegnere teatrale e scenografo veneziano a più riprese all'opera in quella città presso il "Teatro dell'illustrissimo pubblico" o teatro Vecchio, fra il 1699 e il 1728, che il F. poté cimentarsi nella tecnica pittorica, collaborando alla realizzazione delle scene (Martinelli Braglia, 1982).
Determinante per l'affermarsi del F. fu poi l'incontro con il celebre Francesco Galli Bibiena, reiteratamente attivo per il teatro reggiano nei primi decenni del secolo; meritatasi la stima di quel maestro, il F. si trasferì al suo seguito a Bologna, collaborando così a una fittissima serie di imprese teatrali, ma pure imponendosi a livello personale "come il Bigari e il Civoli avanzatissimi in età affermarono al sig. cav. Francesco Fontanesi" (Tiraboschi, 1786, p. 412).
Nuovamente operoso nella città natale, durante il carnevale del 1727 eseguì l'unica scena (Paesaggio delizioso in Atene) prevista per l'Imeneo in Atene (musica di N. Porpora), rappresentata in quell'occasione al "Teatro dell'illustrissimo pubblico" di Reggio (cfr. C. Sartori, I libretti italiani a stampa, III, Cuneo 1991, p. 407). È inoltre ipotizzabile, nello stesso anno, la sua partecipazione agli allestimenti di mascherate eroiche, mitologiche e satiriche per festeggiare il soggiorno di Antonio Farnese, duca di Parma. venuto "a godere il carnevale" (cfr. Teatro a Reggio Emilia, 1980, p. 282). Ancora, nel 1737, curava, insieme col famoso scenografo modenese A. Jolli, il restauro di quel medesimo teatro, lavoro per il quale ricevette un pagamento di L. 2.300 nel 1738 (cfr. Zarotti, 1980). Ivi, infine, eseguì, oramai nel 1772, nel corso del carnevale, insieme con F. Bartoli e con A. Recalcati, le ambiziose scene ideate dal giovanissimo F. Fontanesi per i drammi giocosi Calandrano di G. Cazzaniga e L'Astratto ovvero Il giocatore fortunato di N. V. Piccinni, con l'assistenza dell'architetto A. Tarabusi (Pigozzi, 1980, p. 168).
A tutt'oggi non si conosce alcuna testimonianza figurativa dell'opera teatrale del F., che lo storico reggiano G. Fantuzzi (1854) disse, forse con allusione a temi arcadici a lui congeniali, "caro ai Silvani e ai Fauni".
Chiare riaffiorano, tuttavia, le coordinate della sua formazione, ambientata nella feconda realtà reggiana, come altre poche vivace nel settore dello spettacolo, stimolata dalle prestigiose personalità attirate dal suo teatro per il carnevale e per la nota Fiera di maggio. A questi artisti forestieri il F. dovette le sue poliedriche esperienze, maturate tanto sugli esempi della grande eredità teatrale veneziana di cui il Bezzi era rinomato portavoce, quanto sui saggi della tradizione scenografica e prospettica emiliana, rappresentata dal Dallarnano e rinnovata dai Galli Bibiena.
All'attività teatrale il F. alternò quella pittorica, definendosi egli stesso, nel 1771, "pittore d'architettura e di figure" (Tiraboschi, 1786, p. 412), specificando di aver appreso le nozioni figurative da G. Massarini e da O. Talami, con un successivo perfezionamento volto a "conoscere i valenti pittori ..." (ibid.).
D'altro canto, la stessa Reggio poteva vantare un patrimonio artistico copioso e dal livello singolare, con prevalenti presenze d'ambito bolognese, ma anche di eterogenea estrazione, in private raccolte come nelle sedi ecclesiastiche e precipuamente presso il santuario della B. Vergine della Ghiara, autentico polo d'attrazione per la cultura figurativa dell'Italia settentrionale lungo l'intero arco del Seicento.
Il F. privilegiò l'attività quadraturistica, dalle palesi attinenze, nell'applicazione dei principi prospettici, alla pratica scenografica; frequenti gli inserti figurati, nei quali, tuttavia, va rilevato uno scadimento qualitativo. È il caso dei tre soffitti superstiti presso l'oratorio di S. Filippo Neri in Reggio (perduto invece quello della sagrestia), con sfondati architettonici e, al centro, rispettivamente, Angeli, la Trinità e l'Assunzione di Maria Vergine (Ferrari, 1963).
Quest'ultimo episodio, in particolare, si presta alla lettura dei referenti compositivi e lessicali sottesi al linguaggio figurativo dell'artista: il brano della Madonna assisa su nubi, sollevata da angeli in volo, in un'inquadratura d'esasperato sott'in su, ostenta infatti memorie correggesche mediate da C. Cignani - sovviene un riferimento all'Assunzione nel duomo di Forlì - in un manierato recupero della retorica gestuale reniana.Ancora in Reggio sono riconducibili al F. le volte a quadrature, putti e ornati fioreali nel palazzo Calcagni (Pirondini, 1982). Cospicuo è il catalogo delle opere del F. in Carpi, indagato dal Garuti (1979) sulle tracce degli scritti stesi dall'erudito E. Cabassi nel sec. XVIII. Da annoverare, del 1749, la serie delle otto cappelle laterali e l'abside della chiesa già di S. Maria delle Grazie (ora S. Rocco), dipinte su incarico di Antonio Maria Rocca, priore dei serviti officianti il tempio. Cancellata la decorazione absidale nel 1771 per dare spazio alla pala di S. Rocco del Reni, rimane ancora leggibile, nonostante le superfetazioni e il degrado, il ragguardevole ciclo delle cappelle, di uguale dimensione e scarsa profondità, delimitate da archi a tutto sesto sull'unica navata. In esse, gli ornati fingono ancone dall'estroso e ridondante fraseggio barocco che si coniuga al gusto degli apparati scenografici con palesi richiami alla cultura bibienesca. Nella quarta cappella di destra, della Madonna del Rosario, nella doviziosa morfologia di cartigli e volute, il F. delinea in monocromo viola, con tratti neomanieristici, i Misteri del Rosario; mentre nella cappella di fronte, del Crocifisso, in una coppia d'angeli a grisaille ottiene un illusionistico effetto di stucchi. Sul primo altare di destra, l'Estasi di s. Giuliana Fálconieri, lodata dai contemporanei per taluni spunti realistici, è però in effetti greve reinterpretazione di stereotipi cignaneschi (Garuti, 1979).
Al F. è stato pure riferito, sempre nella chiesa di S. Rocco, sulla base di consonanze stilistiche (ibid.), lo stendardo processionale su tela con S. Rocco tra gli appestati: la cornice a cartouches, dai risentiti effetti chiaroscurali, che racchiude l'ovale della scena, risulta infatti tipologicamente simile a quelle delle ancone affrescate, così come il modulo della figura femminile in diagonale verso il primo piano, trova preciso riscontro nella positura della s. Giuliana Falconieri. Nel fabbricato adiacente all'attuale chiesa di S. Rocco, già convento dei serviti, è stata poi riconosciuta la mano del F. (Garuti, 1985 e 1989) in una serie di affreschi interessanti due bracci del corridoio superiore, con prospettive di porte e scale, di stucchi e tendaggi, dipinti in trompe-l'oeil, in una dominante tenue cromia di verdi e rosati d'ascendenza rococò.
Perdute, invece, altre prove lasciate dall'artista in Carpi in quel torno di tempo: il padiglione dell'altar maggiore e le decorazioni della cappella principale e delle finestre nella scomparsa chiesa dell'Annunciata o S. Maria dei Bastardini e le pitture parietali nell'oratorio privato del conte Ferdinando Molza, arciprete ordinario della città (Cabassi, sec. XVIII).
Ignota resta a tutt'oggi la data esatta della morte dell'artista, che dovette avvenire in Reggio - secondo la storiografia -poco dopo la sua più tarda realizzazione scenografica, nel 1772.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Modena, Soppressioni napoleoniche, Serviti, busta 155, Libro de' partiti, c. 8v; Carpi, Arch. comunale, Arch. Guaitoli, Libri dei partiti del convento delle Grazie, regesto, filza 9, fasc. 8, c. 18; E. Cabassi, Notizie degli artisti carpigiani, 1784, a cura di A. Garuti, Modena 1986, pp. 60, 198 s., nn. 130-34; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, Modena 1786, VI, pp. 411 s.; L. Unzi, Storia pittorica della Italia [1808], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 219; S. Ticozzi, Diz. degli architetti, scultori, pittori, Milano 1830, p. 49; G. Fantuzzi, Vita di F. Fontanesi, Reggio Emilia 1854, p. 10; G. Campori, Artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, pp. 74, 225; N. Campanini, La Real Scuola di disegno per gli operai "G. Chierici", Reggio Emilia 1920, p. 7; M. Degani, Scenografi reggiani dal XVII al XX secolo (catal.), Reggio Emilia 1957, p. 22; W. Ferrari, Gli affreschi di G. B. F. in S. Filippo Neri di Reggio, in Nuove lettere emiliane, Reggio Emilia 1963, nn. 4-5, pp. 33-39; A. Balletti, Storia di Reggio nell'Emilia, Roma 1968, pp. 440, 515 s.; A. Garuti, Le opere del F. nelle chiese di Carpi, in Reggio storia, 1979, n. 4, pp. 34-37; M. C. Ferri, Mostra di Francesco Camuncoli (catal.), Reggio Emilia 1980, p. 32; A. Spaggiari, Le opere e i secoli. Storia dell'artigianato a Reggio Emilia, Reggio Emilia 1980, pp. 72, 182 s.; M. Pigozzi, Scenografia e scenografi dal Rinascimento al Settecento, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli-E. Garbero, Firenze 1980, I, pp. 167 s., 173, 177; M. Zarotti, Documenti d'archivio, ibid., p. 302; G. Martinelli Braglia, Contributi per una storia dell'effimero nel Ducato modenese tra Sei e Settecento: T. Bezzi, in Aspetti e problemi del Settecento modenese, Modena 1982, pp. 165 s.; M. Pirondini, Reggio Emilia…, Reggio Emilia 1982, pp. 34 s., 86, 88, 196; M. Pigozzi, Disegni di decorazione e di scenografia nelle collezioni pubbliche reggiane, Reggio Emilia 1984, p. 24; A. Garuti, Dalla scena al privato: testimonianze della decorazione prospettica a Modena nel XVIII secolo, in Alessandro Stradella a Modena, Atti del Convegno (Modena 1983), Modena 1985, p. 212; M. Pigozzi, Informa di festa. Apparatori, decoratori, scenografi, impresari in Reggio Emilia dal 1606 al 1857 (catal.), Reggio Emilia 1985, p. 59; M. Pigozzi, Francesco Fontanesi (catal.), Reggio Emilia 1988, p. 219; A. Garuti, in S. Rocco. La storia, il restauro, Carpi 1989, pp. 16, 18, 23 s.; A. Garuti - D. Colli, Carpi. Guida storico-artistica, Carpi 1990, pp. 261 s., 265; N. Roio, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, pp. 712 s.; G. Martinelli Braglia, in L'arte degli Estensi. Architettura, apparati e decorazioni nel Seicento e Settecento a Modena e Reggio, in corso di stampa; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 287.