MAINERIO, Giorgio (Mainer, Maynar, de Maynerijs)
Non si hanno notizie di questo prete, musicista e compositore, prima del 2 sett. 1560, quando fu investito della cappella di S. Orsola in duomo a Udine. Se certa è la sua origine parmense (è probabile appartenesse alla locale famiglia borghese dei Maineri, mentre non sono dimostrati legami con l'omonima famiglia cremonese che pure vantava diversi musicisti in quegli anni), sconosciuta rimane la data di nascita, che solitamente viene collocata intorno al 1535 in considerazione del fatto che quando comparve a Udine era già prete.
La proposta avanzata da Pressacco (1984, pp. 258, 264), in seguito più volte ripresa, di identificare il M. con un organista dal nome ignoto, parmense di nascita sebbene di origine scozzese, attivo a Gorizia dal 1547 circa, come traspare da un rapporto inviato intorno al 1555 ai commissari imperiali di guerra in Friuli, pur suggestiva, non appare convincente. E non tanto perché questo organista risulta sposato e con un figlio (lo stato clericale del M. è accertato solo dal 1560), quanto perché appare piuttosto strano che negli anni seguenti non abbia più messo a frutto questa sua abilità nelle istituzioni in cui si trovò a lavorare. Altro ostacolo a questa proposta di identificazione viene dalla testimonianza di un canonico udinese, resa nel gennaio del 1564 al tribunale dell'Inquisizione, secondo cui il M. "era partito della sua terra a posta per venir a servire questo reverendo Capitolo et poi non li havevano vosto dar la mansionaria et che era in perdita de incirca de cento ducati per tal fatto" (Arch. diocesano di Udine, Arch. curia arcivescovile, Acta S. Officii, b. 1279, c. 255r).
A Udine, il 20 nov. 1560, il M. concorse senza successo a una mansioneria; circa tre anni dopo tentò nuovamente di ottenerne una grazie a un accordo con Giovan Battista Nascimbeni (disposto a cedergli la sua direttamente non appena ottenuto un canonicato ad Aquileia), ma nella seduta dell'8 luglio 1563, il capitolo udinese decise diversamente. In compenso il M. ottenne, il 29 dicembre, la nomina a mansionario soprannumerario con diritto di investitura al primo posto vacante. Accusato presso il vicario patriarcale di aver commesso "opprobriosa et nephanda crimina contra honorem Dei omnipotentis" (ibid., c. 252r), tra il 30 dic. 1563 e il 14 genn. 1564 fu sottoposto a un processo dall'Inquisizione - nel quale gli stessi testimoni, appartenenti al clero locale, si dimostrarono restii a presentarsi all'inquisitore o addirittura reticenti - che non ebbe conseguenze ("ad ulteriora non proceditur", ibid., c. 263v), nonostante in casa sua fossero stati trovati (oltre a libri di F. Petrarca, L. Ariosto, C. Janequin, V. Lusitano, intavolature per liuto) trattati di chiromanzia e negromanzia e un testo di Erasto (probabilmente Th. Lieber, Explicatio gravissimae quaestionis). Forse era stato vittima di calunnie nate nell'ambiente del capitolo udinese.
Il 3 dic. 1565 il M. ottenne la tanto sospirata mansioneria, che tuttavia lasciò ai primi di aprile del 1570, dopo essersi garantito una sistemazione migliore. Nei dieci anni trascorsi a Udine sicuramente aveva avuto modo di completare la sua formazione musicale (sostanzialmente amatoriale, secondo quanto da lui stesso affermato nella dedicatoria dei suoi Magnificat) a stretto contatto con i maestri di cappella G. Martinengo (1561-66), D. Micheli (1567, per pochi mesi) e I. Chamaterò (1567-70), espletando gli obblighi di canto corale cui erano tenuti gli 8 cappellani e i 18 mansionari del duomo, e prestando la sua opera come cantore anche presso la Fraterna udinese di S. Maria della Misericordia. Il 2 apr. 1570, superato l'esame in lectura et cantu, fu investito di una mansioneria nella cattedrale di Aquileia, antica sede del patriarcato e, il 25 maggio seguente, della cappella di S. Canciano. Ad Aquileia il M. trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita, caratterizzati dalla continua ricerca di migliorare il suo status - per esempio chiedendo di subentrare nei benefici di volta in volta resisi vacanti qualora più redditizi dei suoi, o di cambiare casa o i terreni in affitto - ma anche dall'assunzione di responsabilità amministrative e incarichi musicali: rifiutato il dapiferato nel 1571, lo accettò negli anni 1573, 1577 e 1580 (nel '73 e nel '77 insieme con l'officium canipariae), svolgendolo in modo tanto scrupoloso ed esigente da provocare non poche lagnanze da parte dei canonici e del vicario patriarcale.
Per quanto riguarda la musica, furono questi gli anni più fecondi della sua vita: nel 1574, infatti, diede alle stampe i Magnificat octo tonorum cum quattuor vocibus (Venezia, G. Bariletto) che dedicò, con un'ampollosa lettera, al capitolo di Aquileia.
Si tratta di una raccolta di Magnificat composti sugli otto modi gregoriani; per ogni modo il M. propone dapprima le intonazioni polifoniche per i sei versetti dispari e poi quelle per i versetti pari, che, diversamente da quanto recita il titolo, sono realizzate da 2 a 8 voci con frequenti ricorsi a canoni e altri artifici contrappuntistici o, nel caso degli organici più vasti, alla tecnica dei cori spezzati. In ben 7 intonazioni (2 di versetti pari e 5 di quelli dispari) compare l'indicazione "Mutata voce", che sta a indicare talvolta un organico di voci pari, talaltra semplicemente una compagine di voci più gravi rispetto al coro cosiddetto "a voce piena"; ciò probabilmente al fine di offrire diverse possibilità esecutive a seconda degli organici a disposizione (non ultima la possibilità di realizzare l'intero Magnificat con le intonazioni polifoniche sia dei versetti dispari sia di quelli pari, affidate però a 2 gruppi vocali diversi per ambito). Spiccano nel libro due intonazioni davvero particolari, la Sexti toni sopra la Battaglia francese e la Quinti toni sopra la Battaglia italiana, che utilizzano liberamente materiali tematici tratti da due celebri "battaglie" musicali: La guerre di Janequin commemorativa della battaglia di Marignano (1515) e La bataglia taliana scritta dal fiammingo M.H. Werrecore per celebrare la battaglia di Pavia del 1525.
La dedica valse al M. 15 scudi d'oro (7 genn. 1575) e la promessa di assegnazione di una nuova cappella; la ottenne (S. Ellaro) il 12 nov. 1576, insieme con il titolo di maestro di cappella e con la preminenza su tutti i mansionari, senza dover rinunciare a quella che già deteneva, perché "leto animo possit inservire sanctae Aquileiensi ecclesiae et facilius se sustentare" (Arch. capitolare di Aquileia, Acta, vol. 19, c. 77v), ma con il compito aggiunto di insegnare il canto ai fanciulli inservienti nella chiesa.
Frattanto continuava a comporre, se nel 1578 diede alle stampe Il primo libro de balli a quatro voci, accommodati per cantar et sonar d'ogni sorte de istromenti (Venezia, Gardano), dedicati "Alli molto magnifici Signori Accademici Philarmonici del Nobil Casin del reverendo monsignor Oratio Billiardo dignissimo Canonico di Parma", che probabilmente aveva avuto modo di visitare nella primavera del 1575 quando gli erano stati concessi tre mesi di licenza per recarsi in patria e a Roma per il giubileo indetto da Gregorio XIII. Il M., come si apprende dalla dedicatoria, lo aveva preparato da tempo ma si era trattenuto dal pubblicarlo perché "assalito da gran tempesta di molti travagli in grandissima parte cagionati da la passata mortalità di Venetia a tutta Europa dannosa" (il riferimento è senza dubbio alla terribile peste del 1576).
Il libro, oggi particolarmente apprezzato e conosciuto, è una fra le più importanti fonti di musica per danza della seconda metà del XVI secolo e raccoglie 21 balli, alcuni dei quali accompagnati da saltarelli e riprese; sono intitolati a personaggi reali (La Billiarda) o popolari pittoreschi (La Saporita Padovana), o hanno nomi di danze caratteristiche di particolari aree regionali (come L'arboscello ballo furlano) e nazionali (come Ballo francese, Ballo anglese). Scritti in forma perlopiù omoritmica, con pochissime movenze contrappuntistiche, solitamente affidano la melodia al soprano, rendendola l'elemento predominante: brevità, freschezza, simmetria del fraseggio sembrano sottolinearne un'origine popolare (che in diversi casi è stata dimostrata), nobilitata sapientemente con frequenti procedimenti variativi (si veda in particolare il Ballo francese) e talvolta con l'utilizzo di bassi in funzione di ostinato. I saltarelli sono sempre in ritmo ternario e sono melodicamente ricavati dal ballo binario che li precede. Fra tutti, particolare interesse rivestono Pass'e mezzo antico e Pass'e mezzo moderno, considerati già da Blume i più antichi esempi di suite strumentale che si conoscano.
La terza fatica musicale del M., i Sacra cantica Beatissimae Mariae Virginis omnitonum sex vocum parium canenda (Venezia, A. Gardano, 1580), fu dedicata alla Confraternita del Ss. Sacramento di Ancona, sodalizio devozionale-assistenziale di cui era stato ospite nel 1579 in occasione di un pellegrinaggio a Loreto effettuato con la Compagnia del Ss. Crocifisso della città di Udine.
Il libro, pervenuto solo nelle parti di Quinto e Basso, si apre con il mottetto O sacrum convivium e contiene poi 10 intonazioni polifoniche a 6 voci pari dell'intero testo del Magnificat (una per ciascuno dei modi gregoriani dal II al VII, due per il I e due per l'VIII): si tratta di un organico piuttosto impegnativo, che richiede molta abilità da parte del compositore, considerato il numero delle voci da far muovere in un ristretto ambito vocale. È probabile che tale scelta sia stata fatta in funzione dei destinatari della raccolta.
Nei primi mesi del 1581 le condizioni di salute del M. non erano buone e il canonico Francesco Susanna, suo fideiussore per il dapiferato, pretese davanti al capitolo che si saldassero rapidamente i conti "stante mala valetudine ipsius dapiferi" (Arch. capitolare di Aquileia, Acta, vol. 19, c. 234r). Nonostante ciò, frequenti vertenze e liti lo videro protagonista almeno fino al 7 febbr. 1582, quando gli fu intimato di presentarsi a Udine di fronte al vicario patriarcale.
Il M. morì ad Aquileia probabilmente il 3 maggio 1582: la notizia fu data nel capitolo del 4 maggio tenuto a Udine nella cappella di S. Marco in duomo.
Nel 1583 quasi tutti i suoi balli furono ristampati anonimi, e in qualche caso con il titolo leggermente variato, in due importanti e diffusissime antologie: 18 balli confluirono in Chorearum molliorum collectanea (Anversa, P. Phalèse e J. Bellère); 7 furono invece inseriti sotto forma di intavolatura tedesca per organo in Ein schön nutz unnd [sic] gebreüchlich Orgel Tabulaturbuch von Jacobo Paix (Lauingen, L. Reinmichel). La notizia riportata da G. Draud (Bibliotheca classica, 1611) secondo cui il M. sarebbe autore di un'altra raccolta di balli, Choreae variorum nationum, edita da Gardano a Venezia nel 1576, non trovando riscontro alcuno, sembra essere una svista o un riferimento impreciso al Primo libro de balli.
Fonti e Bibl.: Arch. diocesano di Udine, Arch. Curia arcivescovile, Acta S. Officii, b. 1279, n. 36; Arch. capitolare di Udine, Acta, voll. 10, 12; Arch. capitolare di Aquileia, Acta, voll. 18-20; G. Pressacco, G. M.: nuovi documenti d'archivio, in Rass. veneta di studi musicali, II-III (1986-87), pp. 307-330; G. Draud, Bibliotheca classica, sive Catalogus officinalis, in quo singuli singularum facultatum ac professionum libri recensentur, Frankfurt a.M. 1611, p. 1213; Fr. Blume, Studien zur Vorgeschichte der Orchestersuite im XV. und XVI. Jahrhundert, Leipzig 1925, pp. 127-130; G. Vale, La cappella musicale del duomo di Udine, in Note d'archivio per la storia musicale, VII (1930), pp. 111, 113; Id., Vita musicale nella chiesa metropolitana di Aquileia (343-1751), ibid., IX (1932), pp. 209 s.; C. Sartori, Bibliografia della musica strumentale italiana stampata in Italia fino al 1700, Firenze 1952, pp. 34 s.; M. Schuler, in G. Mainerio, Il primo libro de balli, Venezia 1578, a cura di M. Schuler, Mainz 1961, pp. 3-14; S. Cisilino, G. M., maestro di cappella della chiesa metropolitana di Aquileia nel secolo XVI, in Atti dell'Acc. di scienze, lettere ed arti di Udine, s. 7, III (1963), pp. 345-373; H.M. Brown, Instrumental music printed before 1600. A bibliography, Cambridge, MA, 1965, pp. 297 s., 317-320, 325-327; D. Kämper, La musica strumentale nel Rinascimento. Studi sulla musica strumentale d'assieme in Italia nel XVI secolo, Torino 1976, pp. 175-179, 198 s.; A. Arcangeli, Il primo libro de balli di G. M., tesi di laurea, Università degli studi di Bologna, Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo (DAMS), a.a. 1982-83; G. Pressacco, Canti, discanti e incanti. Intorno alle disavventure inquisitoriali di un organista friulano del '500, in Spilimbèrc, Udine 1984, pp. 256-259, 261-266; O. Tonetti, Due battaglie musicali per due Magnificat di G. M., in Riv. internazionale di musica sacra, VIII (1987), 3, pp. 269-301; G. Pressacco, Il canto/ballo dell'arboscello in G. M. e G. Croce, in La cultura popolare in Friuli, a cura di G.P. Gri, Udine 1990, pp. 121-155; Id., Sermone, cantu, choreis et marculis. Cenni di storia della danza in Friuli, Udine 1991, pp. 90-101 e passim; G. Sommi Picenardi, Diz. biogr. dei musicisti e fabbricatori di strumenti musicali cremonesi, ed. annotata da C. Zambelloni, Cremona 1997, pp. 164-166; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, Suppl., pp. 494 s.; Répertoire international des sources musicales, s. A/I, Einzeldrucke vor 1800, V, p. 395; s. B/I, Recueils imprimés XVIe et XVIIe siècles, pp. 319 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 586; Diz. biogr. dei Parmigiani, III, pp. 306 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, p. 640; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XI (2004), Personenteil, col. 876; F. Colussi - G. Veronese, G. M. (in corso di stampa).