CENTURIONE, Giorgio
Nacque a Genova nel 1552 da Domenico, appartenente al ramo dei Becchignoni, e da Nicolosina Fornari. Da giovane, si dedicò allo studio della storia e del diritto civile, componendo un volume sulla Corsica citato dall'abate M. Giustiniani, che lo ebbe presso di sé manoscritto, e un altro manoscritto sui diritti della Repubblica sul marchesato del Finale, utilizzato da R. Della Torre per la Controversiae Finariensis contra senatorem Lagunam Cyrologia (Genova 1642). Studiò anche il tedesco, il francese e lo spagnolo, acquisendo in tal modo una preparazione che doveva poi essergli utile nella sua attività diplomatica. Nel 1571 si unì, con alcune galee delle quali la Repubblica lo aveva nominato comandante, alla flotta spagnola del principe Gian Andrea Doria che faceva vela verso il Levante per affrontare l'armata turca all'ormeggio presso le isole Curzolari e contribuì alla vittoria che la flotta cristiana ottenne il 7 ottobre. Nel 1579 e nel 1580 si prodigò in città nella cura degli appestati.
Nel 1582, avendo i Finalini allargato i confini del marchesato verso Noli, i sudditi della Repubblica intervennero e in loro aiuto fu inviato il C. con un contingente armato. Nel luglio, veniva inviato come ambasciatore straordinario alla Dieta dei principi di Germania, riunitasi ad Augusta, col compito di appoggiare, contro gli Spagnoli, le rivendicazioni che Alfonso Del Carretto avanzava sul marchesato del Finale. Il C., inoltre, ebbe l'incarico di far riconoscere dall'imperatore il titolo di "Serenissimo" rivendicato dal doge di Genova.
Egli trattò dapprima con Ferdinando d'Austria e poi con la Dieta, mettendo in rilievo gli intrighi della Spagna miranti a costruire un porto nel Finale per le merci e per il sale diretti verso Milano. La Dieta dette ragione alla Repubblica e promulgò un decreto per la restituzione del marchesato ad Alfonso, nonostante le proteste dell'ambasciatore spagnolo e degli inviati finalini. Il C. dovette anche superare l'opposizione del vicecancelliere, ottenendo che fosse rimosso dalla carica. Infine, gli venne consegnata copia del decreto, del quale però fu differita l'esecuzione in attesa che ne fosse data parte al re di Spagna. Nell'autunno, espletato felicemente l'incarico, il C. partì da Augusta. La morte di Alfonso Del Carretto, l'anno seguente, rese però inefficace il decreto.
Il C. venne quindi inviato in missione speciale presso la S. Sede e ottenne che si potesse costituire a Genova uno speciale magistrato delle Monache, mentre in cambio la Repubblica forniva seicento soldati corsi a Gregorio XIII per sedare i tumulti scoppiati a Roma. Nel 1585 ebbe l'incarico di organizzare a Savona le accoglienze in onore del duca di Savoia Carlo Emanuele I. Nel frattempo, un grave episodio permise al C. di rivelare la sua energia nella lotta contro la piaga del banditismo infestante le Riviere.
In quell'anno, il giorno dell'Assunta, Nicolò Salvago sorprese in Albaro quattro nobili e li fece prigionieri. Il governo elesse immediatamente a commissario generale con suprema autorità il C., che mise in armi le valli del Bisagno e della Polcevera, occupando tutti i passi per impedire ai banditi di lasciare lo Stato. Tuttavia il Salvago coi suoi riuscì a passare la frontiera del ducato di Milano, dopo aver liberato i prigionieri dietro promessa di una forte somma; l'intervento del governatore di Milano permise in seguito la cattura dei banditi che, riconsegnati alla Repubblica, vennero decapitati, mentre il C. proseguiva la sua lotta contro altre bande.
Nel 1588 il C. venne nominato governatore della Corsica, ma il magistrato dei Conservatori delle leggi oppose il suo veto, non avendo egli ancora i quarant'anni prescritti. L'anno seguente venne inviato nell'isola come sindicatore degli ufficiali politici, amministrativi e giudiziari. Nonostante questi incarichi, il C. continuò la cura dei suoi affari, aprendo proprio in questi anni, insieme con il fratello Stefano e con Giulio Centurione, un banco a Napoli che compì operazioni di prestito alla Tesoreria reale, finché, dopo circa due anni, il contratto di società veniva sciolto e il banco "alzato".
In seguito, il C. ebbe il compito di esaminare con altri il problema della riforma del magistrato delle Triremi, rivestì la carica di sindicatore della Rota per rivedere le cause civili (1593) e quella di sovraintendente alla costruzione delle nuove mura della città (1594). Nel dicembre 1595 venne estratto senatore ed ascritto al Collegio dei governatori della Repubblica, risolvendo in tal veste diverse questioni insorte intorno all'ospedale di Pammatone. Nel 1599 fu incaricato di incontrare la regina di Spagna, Margherita, diretta a Genova per imbarcarsi e al suo seguito si recò in Spagna come ambasciatore straordinario presso quella corte.
Egli ebbe l'incarico di illustrare al re cattolico i diritti vantati dalla Repubblica sul Finale, cercando di bloccarne la vendita che Sforza Andrea Del Carretto aveva intenzione di compiere a favore della Spagna. Il C. illustrò i vantaggi economici, politici e militari che la monarchia avrebbe ottenuto, qualora il possesso del tanto conteso territorio fosse stato riconosciuto alla Repubblica; il re invitò l'ambasciatore ad esporre le ragioni genovesi davanti al Consiglio, ma egli preferì attendere istruzioni dal suo governo che, dopo attento esame, gli ordinò di non comparire davanti al Consiglio per non attribuire ad esso la facoltà di giudicare sulla causa e questo con l'assenso dello stesso ambasciatore. La missione non sortì, in tal modo, alcun esito e la Repubblica fu costretta a rinunciare al Finale, acquistato dalla Spagna.
Ritornato in patria, il C. ebbe l'incarico di continuare a seguire gli sviluppi della questione e ottenne poi per la seconda volta l'ufficio di commissario generale "cum suprema auctoritate contra exules in toto dominio et in Corsica", assolvendo in modo così brillante al suo compito da ottenere, con decreto del 27 giugno 1601, l'esonero dai pubblici gravami per sé e per la sua discendenza maschile primogenita. Nel novembre venne di nuovo estratto senatore e aggregato al Collegio dei procuratori sino al novembre 1603; nello stesso tempo, riprese la lotta contro i banditi sotto il doge Agostino Doria, fu protettore del S. Uffizio, partecipò al magistrato delle Milizie ed ebbe l'incarico di provvedere alla sicurezza del forte di Savona. Dovette poi sovraintendere ad altre opere quali la costruzione della torre della Darsena e della caserma per i soldati corsi. Terminato il biennio senatoriale, venne inviato insieme con Orazio Lercari a Monaco dove era stato ucciso il principe Ercole Grimaldi, con l'incarico di sventare le manovre del duca di Savoia e di far giurare fedeltà alla Repubblica al figlio dell'ucciso, Onorato II, e agli abitanti monegaschi. La flotta da lui comandata riuscì a bloccare il tentativo sabaudo di invadere il territorio e ne impedì l'occupazione. Nello stesso anno, venne inviato come ambasciatore presso il governatore di Milano, conte di Fuentes, ritenuto responsabile dalla Repubblica di atti arbitrari di giurisdizione nel territorio genovese, avendo egli citato illegalmente i marchesi Malaspina, il marchese di Fosdinovo, il signore di Groppoli ed altri feudatari della Repubblica. Il C. rivestì altri incarichi: venne ascritto al corpo dei Quaranta capitani dell'esercito urbano e all'Ufficio della milizia; nel 1604 fu eletto sindicatore di Corsica dove compì anche un viaggio di ispezione. Due anni dopo, eretta dal Senato la podesteria della Polcevera in capitaneato, sostituendovi come reggente un nobile al posto di un borghese, il C. ottenne tale carica sino al novembre 1607, quando fu estratto per la terza volta senatore e aggregato ai governatori della Repubblica con l'incarico di studiare una nuova sistemazione di difesa per il golfo della Spezia, provvedendo alle necessarie opere di fortificazione. Nel frattempo venne chiamato a far parte degli Otto colonnelli della Repubblica, da poco istituiti, e, come capitano della Polcevera, fu eletto colonnello di Sestri Ponente e di tutto il territorio delle valli, contribuendo ancora un volta alla lotta contro i banditi. Si adoperò, inoltre, insieme con Bernardo Clavarezza, per porre fine alle contese tra gesuiti e teatini. Nel 1609 fu assunto alla carica di supremo sindicatore. Negli anni seguenti (1610-1612) divenne sindicatore dei giurisdicenti, fu eletto di nuovo capitano della città, ascritto al magistrato della Moneta e scelto come conservatore delle Leggi. Nel 1613, eletto governatore di Corsica, rivestì tale carica per due anni, facendoanche parte di una commissione, presieduta dal doge, incaricata di rivedere il cerimoniale. Fu quindi nominato conservatore della Pace e nel febbraio 1616 venne inviato come ambasciatore alla corte di Carlo Emanuele I, per giustificare il comportamento della Repubblica che aveva appoggiato la Spagna nella occupazione di Oneglia; l'anno dopo, sotto la minaccia di una invasione piemontese, egli ebbe l'incarico di comandare le truppe inviate a difendere i confini. Nel 1619 venne di nuovo inviato come ambasciatore al duca di Savoia che continuava nelle sue intenzioni ostili. Completata la missione nel marzo, ritornò a Genova dove ricoprì altre cariche: due volte quella di conservatore delle Leggi, quella di magistrato degli Straordinari e dell'Annona, con il compito di stabilire il prezzo dei cambi. Tale instancabile attività si concluse con l'elezione a doge, il 22 giugno 1621; fu incoronato il 25 settembre in S. Lorenzo, e l'orazione rituale fu tenuta dall'abate Agostino Mascardi.
Per un errore dei Saggi cronologici che posero la data dell'elezione del C. e quella del suo successore Federico de Franchi nello stesso giorno, 25 giugno 1623, gli storici seguenti annullarono il dogato del C., ritenendo che egli non avesse accettato la carica. Merito del Levati è stato quello di aver corretto tale errore.
Durante il suo dogato, si dovette far fronte alla carestia; venne istituito il magistrato delle Comunità, per curare le rendite della Repubblica e per riscuotere le taglie; venne introdotta in città la Compagnia dei mercanti armeni; si concluse l'acquisto del feudo di Zuccarello dall'Impero; il C. stesso provvide a fissare il cambio del denaro, attraverso colloqui col gran cancelliere di Milano, Carlo Strada. Il 24 maggio 1623 ebbe termine il suo dogato e, come ex doge, venne dichiarato procuratore perpetuo ed eletto preside delle Milizie, nel momento in cui le minacce franco-piemontesi contro il territorio della Repubblica si facevano più insistenti. Con la collaborazione del duca di Feria, l'invasione nemica venne fermata dal C. nella Riviera occidentale. Istituito il magistrato di Guerra, con il compito di prendere provvedimenti in caso di attacchi improvvisi, il C. ne venne posto a capo. Nel 1625 fu incaricato, con Bernardo Clavarezza, di dare istruzioni ai sindicatori della Riviera di Ponente; inoltre, fu consultore del doge intorno agli affari della Germania e incaricato di proseguire la lotta contro i banditi.
Morì a Genova l'11 genn. 1629.
Nel 1582 aveva sposato Ippolita Spinola, dalla quale ebbe Francesco, e, dopo la morte di lei, nel 1585 Lelia figlia di Ambrogio Spinola, che gli diede numerosi figli tra i quali Stefano, Anna (sposa a Vincenzo Squarciafico), Domenico, Cecilia (sposa a G. B. Spinola) e Virginia. Morta Lelia nel 1593, sposò Ersilia figlia di Cattaneo de Marini, da cui ebbe Giovanni Battista.
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