GIOLITO DE' FERRARI, Bernardino (detto Stagnino)
Nacque a Trino, nel Vercellese, da Giovanni, stampatore, probabilmente verso la metà del XV secolo. Non si è in grado di definire il grado di parentela con gli altri Giolito tipografi, anche se si dà per probabile che fosse cugino di Giovanni senior.
Non si sa esattamente quando si trasferì in Veneto, ma era a Padova nel 1480, dove collaborava con G. Herbort di Seligenstadt, nella bottega del quale probabilmente rimase fino al 1482. L'anno successivo si mise in proprio e il primo libro da lui stampato uscì il 30 marzo 1483: si tratta del Liber nonus ad Almansorem del famoso medico Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā ar-Rāzī (865-923), noto in Occidente con il nome di Rhazes. Il G. stampava a Venezia, dove abitava "in contrata sancti Mauritij", ma manteneva un punto d'appoggio a Padova: il 15 dic. 1483, infatti, prese in affitto per tre anni una casa "in contrata Burgi Plebis". Il recapito padovano consentiva allo stampatore di mantenere i contatti con l'università, con la quale aveva cominciato a stampare i primi libri. Nell'ottobre 1484 moriva lo Herbort, lasciando al G. alcune matrici e relative forme.
Nel 1486, il G. si affermò come editore, con la pubblicazione della terza parte della Summa theologiae di Tommaso d'Aquino, delle Decretales di Gregorio IX e delle opere di Orazio. L'attività si intensificò fino al 1495, con una media di sei opere l'anno, e punte di nove titoli nel 1488 e nel 1495. Prevalgono le opere di carattere giuridico (alla fine dell'attività risulterà un totale di 78), la cui stampa era dovuta soprattutto ai contatti del G. con l'Università di Padova. Di rilievo, tra queste opere, undici edizioni del giurista imolese A. Tartagni (1424-77), professore a Pavia, Bologna, Ferrara e Padova, e altre di famosi giureconsulti, quali Bartolo da Sassoferrato, Baldo degli Ubaldi, L. Pontano, Paolo da Castro, B. Cipolla, F. Accolti. Notevole fu anche la produzione nel settore del diritto canonico, comprendente edizioni del Decretum Gratiani e delle citate Decretales di Gregorio IX.
Accanto a questa produzione, però, il G. si avventurò anche in altri campi. Nel 1489 pubblicò una vasta raccolta di opere di Aristotele. Nello stesso anno è attestata la presenza di merci del G. alla fiera di Francoforte, portatevi da H. Rinck di Colonia. Negli anni successivi, anni di crisi dell'editoria veneziana, anche se l'attività del G. declinò, egli fu ancora presente alla fiera di Francoforte, dove nel 1494-95 il suo agente J. Loetze cedette 75 edizioni di diversi autori allo stampatore H. Eckart, che però non rimase soddisfatto dei volumi, e intentò una lite giudiziaria che proseguì fino al 1508. Forse in questo periodo il G. reagiva alla crisi del mercato veneziano proiettando la sua attività Oltralpe. Ma già nel 1499 ripartiva con dodici titoli, e undici nell'anno successivo. Dal 1501 al 1538 produsse cento titoli, 47 dei quali, però, concentrati negli ultimi tre anni (dal 1536 al 1538), mentre in alcuni degli anni precedenti non stampò nulla. Cambiò anche, in tale periodo, l'indirizzo dell'azienda, con una maggiore attenzione ai libri liturgici e ai testi di religione e di letteratura, mentre non vengono più stampati testi universitari. Mutano anche i formati: da una prevalenza di in folio, si passa agli in ottavo e in dodicesimo. La produzione del G. in questo settore rispecchia l'inquietudine religiosa del tempo, particolarmente sensibile a Venezia: si oscilla così da libri dichiaratamente ortodossi ad altri aperti a istanze luterane. Tra il 1501 e il 1535 il G. agì quattordici volte come editore, affidando la stampa ad altri tipografi: G. de' Gregori (sei opere), G. Regazzo di Monferrato (tre opere), G. Arrivabene e A. Pincio (un'opera ciascuno), oltre a tre di cui è ignoto il tipografo. Altrove è il G. a stampare per conto di terzi: P. de' Paganini nel 1506, il libraio C. Ferrari nel 1509, L. Giunti nel 1509, Giovanni Giolito de' Ferrari senior nel 1536.
Il G. stampò cinque edizioni del Canzoniere di F. Petrarca, con i commenti di Antonio Da Tempo, di F. Filelfo e di G. Squarzafico, alcune dei Trionfi, con il commento di B. Lapini detto l'Illicino, quattro della Commedia, le prime tre delle quali (1512, 1516, 1520) con il commento di C. Landino. Per la letteratura latina il catalogo del G. reca Virgilio, Giovenale, Persio, Ovidio, Cicerone. Frequenti, sia in questo settore sia in quello liturgico, le ristampe. Abbastanza numerose le opere di medicina (18 nel corso di tutta l'attività), tra le quali spiccano alcune traduzioni latine di Dioscoride, Ippocrate e Galeno.
Nel 1521 il G. ritornò a Trino, dove il 10 aprile di quell'anno pubblicò il Dictionarium del Calepino (A. Calepio). Vi si fermò almeno sino all'8 marzo 1522, data della stampa di un Canzoniere di Petrarca, poi fece immediatamente ritorno a Venezia, dove il 28 dello stesso mese pubblicò i Trionfi.
La marca usata nelle uniche due edizioni trinesi è un cuore sormontato da una croce e le iniziali "S. B." entro una cornice con il motto "Laus Deo". Altrove si trova l'immagine di un francescano che sostiene un ostensorio con il monogramma latino di Gesù Cristo (IHS) con la sinistra mentre nella destra ha un libro chiuso; raramente s'incontra anche una corona. In alcuni frontespizi del 1538 campeggia l'araba fenice, che sembra anticipare la marca tipica di Giovanni e soprattutto di Gabriele Giolito de' Ferrari.
Piuttosto rare sono le dediche del G. premesse alle sue edizioni; tanto più spicca quella che si trova in Le molte et diverse virtù delli savi antichi di N. Liburnio (1537), dedicata a Francesco Corner e Marco Foscari, personaggi di rilievo, soprattutto il secondo, della vita politica veneziana, dove si evidenziano i segni di una reciproca stima.
Il notevole intensificarsi dell'attività degli ultimi tre anni fa pensare che il G. si fosse associato ad altri stampatori: tra questi furono altri Giolito, la cui tipica marca si trova in un'edizione del Savonarola stampata dal G. nel 1537, mentre l'edizione della Commedia del 1536 è stampata a istanza di Giovanni Giolito.
In totale le edizioni attribuite al G. fino alla cessazione dell'attività nel 1538 sono 193.
Il G. morì in luogo non precisato nel 1540.
Nel testamento chiede di essere sepolto a S. Francesco della Vigna, dove già riposava la moglie Elisabetta, morta nel 1518; menziona la possibilità che la morte possa coglierlo a Padova, dove evidentemente continuava a recarsi per motivi di lavoro, e manifesta la volontà che gli eredi continuino l'attività. Commissari sono nominati i nipoti Giuseppe Stagnino, Giovanni Filippo Stagnino e Bernardino Stagnino. Risulta però che, dopo la cessazione dell'attività da parte del G., l'attrezzatura della sua officina fu acquisita da Giovanni Giolito de' Ferrari.
Fonti e Bibl.: G. Vernazza, Diz. dei tipografi e dei principali correttori e intagliatori che operarono negli Stati sardi di terraferma e più specialmente in Piemonte sino all'anno 1821…, Torino 1859, pp. 169 s.; M. Bersano Begey - G. Dondi, Le cinquecentine piemontesi, III, Torino 1966, pp. 164, 295; G. Clerico, Catalogo delle edizioni dei tipografi di Trino nei secoli XV e XVI, in Giornale delle biblioteche, III (1969), pp. 46 s., 53-55, 58-60, 66-68, 73-75, 82 s., 89-92, 103 s., 107-110, 117-120, 124; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, pp. 218, 242-245, 337; S. Pillinini, B. Stagnino. Un editore a Venezia tra Quattro e Cinquecento, Roma 1989.