gioco simbolico
Nei bambini, gioco tipico (il far finta di...) dell’intelligenza rappresentativa. La capacità di immaginare una qualsiasi realtà, anche se non presente e tangibile, costituisce un fenomeno prettamente umano. La finzione è caratterizzata dall’uso dei concetti già posseduti (per es., quello di casa) per classificare una realtà o un oggetto diverso (per es., una scatola), senza che vi sia un cambiamento di essi (ovvero, il riconoscimento dell’oggetto scatola con le esclusive prerogative di contenitore). Per un bambino, una scatola può rappresentare una casa perché alcune caratteristiche (per es., la forma cubica) ne evocano le pareti e il tetto; la scatola diventa dunque, per il bambino che gioca, una casa maneggevole da spostare a piacimento, nella quale si può entrare di nascosto dai grandi, far abitare le bambole, raccogliere i giocattoli. Il gioco simbolico, proprio in quanto creazione soggettiva, viene inizialmente praticato dal bambino soprattutto quando è solo, ma ben presto, con l’entrata nella scuola materna, diventa gioco di gruppo. Sembra che esso possa essere presente anche negli animali. I cani e i gatti inseguono spesso la propria coda, mordendola come se si trattasse di una preda o di un avversario, e capita frequentemente che tentino di ‘assaltare’ la ciotola del cibo o di ‘accoppiarsi’ con essa (con ripetuti tentativi di monta). Alcuni animali dominanti mostrano durante il gioco episodi di autoimpedimento e di ribaltamento dei ruoli, e in tal modo sembrano fingere di non essere tali, probabilmente nell’intento di indurre a giocare con loro i compagni che altrimenti non lo farebbero. È comunque raro che l’individuo che ha eseguito un autoimpedimento cerchi poi di dominare il suo compagno di gioco. (*)