RASPONI, Gioacchino
RASPONI, Gioacchino. – Nacque a Trieste l’8 marzo 1829, primogenito del conte Giulio e della principessa Luisa, figlia di Gioacchino Murat e di Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone. Ebbe due fratelli, Pietro e Achille, e una sorella, Letizia.
Veniva dunque da una discendenza prestigiosa che andava ad ampliare il ruolo preminente ricoperto a Ravenna dalla famiglia nel controllo delle iniziative intraprese dalle istituzioni e dalla società nella gestione della cosa pubblica, come nella dimensione economica. I numerosi rami dinastici, infatti, in cui si erano via via divisi i diversi componenti della famiglia Rasponi, avevano raggiunto un complesso patrimoniale di assoluto rilievo, in particolare rappresentato da una vastissima proprietà agricola, frutto sovente di lavori di bonifica e per lo più coltivata a grano, ma rivolta anche a proficue sperimentazioni produttive, come quelle rappresentate dalle risaie di colmata. Era stato il nonno di Gioacchino, Pietro, a incrementare ulteriormente tali possedimenti attraverso il matrimonio contratto con Antonia, erede del consistente patrimonio dei conti dal Sale.
Gioacchino Rasponi ricevette un’educazione improntata dalla madre ai più moderni principi di un insegnamento lontano dal forzato accumulo di conoscenze proprio degli schemi tradizionali applicati nei collegi, secondo i consigli che in proposito lei stessa aveva chiesto, fra gli altri, a Pietro Giordani.
Si trattò, dunque, di fargli imparare le lingue vive e di portarlo a contatto con la concretezza del reale, del lavoro dei campi come di quello svolto nelle botteghe artigiane, con la convinzione che solo una minima parte del sapere la si potesse trovare nei libri.
La progressiva ascesa al potere in Francia di Luigi Napoleone Bonaparte consentì a Luisa di usufruire, oltre che di un sempre più ampio prestigio, di un cospicuo appannaggio messole a disposizione dal cugino, mentre la sua influenza sul marito orientò in senso liberale la famiglia, che divenne punto di riferimento della parte progressista della società ravennate.
Del resto, fin dagli anni napoleonici e poi nel successivo periodo degli albori risorgimentali e dei moti del 1831 i Rasponi, nelle loro molteplici discendenze, si divisero nei contrapposti partiti, tanto da essere, per un verso, coinvolti nell’aiuto alla fuga dallo Stato pontificio di Luigi Carlo Farini, inseguito da un mandato di cattura e, nel contempo, partecipare con alcuni dei propri esponenti all’esercizio delle più alte cariche politiche, amministrative e militari del governo della S. Sede.
Addirittura il giovanissimo Rasponi, in virtù del perdurante mito murattiano, si trovò a essere designato, in un sonetto trovato in una perquisizione successiva ai moti del 1845, quale «re d’Italia» (Foschi, 1977, p. 6) ed effigiato con corona d’alloro e vari simboli settari.
La sua prima diretta comparsa nella vita pubblica cittadina fu nel 1857, in occasione della visita del pontefice Pio IX nelle Legazioni, quando fu tra i firmatari dell’indirizzo del 6 giugno rivolto al sovrano per manifestare il disagio della popolazione e reclamare le indispensabili riforme.
Il tono usato era particolarmente deciso nell’affermare un «disaccordo permanente» tra governanti e governati, conculcati, questi ultimi, nelle loro «aspirazioni oneste e liberali dei popoli le quali sono il portato del progresso dei tempi e della civiltà». Abusi e arbitri, commessi dal «predominante [...] elemento ecclesiastico», annullavano l’efficacia delle buone leggi e non restava per cancellare «siffatti mali» che il ricorso all’applicazione di «saggie e liberali riforme» (Ravenna, Biblioteca Classense, Carte Rava 2, Carteggi risorgimentali, 1299, 1-2).
L’anno successivo, su probabile interessamento di Napoleone III, Rasponi si unì in matrimonio, a Parigi, con Costanza Ghika, figlia di Costantino Grande Ospodaro della Valacchia, la cui dote contribuì a incrementare ulteriormente il patrimonio familiare.
Per l’occasione un gruppo di parenti e di notabili ravennati offrirono alla sposa una dissertazione sull’antico sobborgo che univa un tempo il porto di Classe a Ravenna, certi che lei avrebbe voluto visitare la pineta, «poiché il suo bell’animo piega soavemente alle meraviglie della natura e dell’arte» (Per le nozze del conte Gioachino Rasponi da Ravenna con la principessa Costanza Ghika da Bukarest alcuni amici dello sposo plaudendo, Ravenna 1858, p. 3).
Dal loro matrimonio nacquero cinque figli: Luisa (1859-1919), Gioacchino (1861-1868), Giulio (1863-1916), Raspone (1872-1890), Eugenia (1873-1958).
Le vicende del 1859 ravennate lo videro protagonista: fu uno dei tre componenti (gli altri due erano il fratello Pietro e il cugino Ferdinando) della giunta provvisoria destinata a reggere la città dopo l’abbandono del delegato apostolico, nonché deputato all’Assemblea nazionale delle Romagne, che il 6 settembre votò l’annessione al Regno di Sardegna approvando un Rapporto di cui lo stesso Rasponi fu relatore e che ripercorreva le tappe del processo risorgimentale guidato da casa Savoia nel rispetto delle libertà costituzionali e nell’aspirazione all’indipendenza nazionale, fino alle vittoriose battaglie di Palestro e di S. Martino, dove «i Romagnoli divisero fatiche e pericoli colle armate alleate» (Rapporto della commissione nominata dagli uffizi per l’esame e le modificazioni alla proposta del 6 settembre relativa all’annessione delle Romagne al Regno costituzionale di Sardegna e per riferire in proposito, Bologna 1859, p. 6).
Cominciò da allora ad assumere una precisa dimensione il suo ruolo di collegamento tra la periferia ravennate e il centro del potere politico, gestito dal governo e dal Parlamento. Dal 1860 Rasponi fu membro della Camera dei deputati, dove sedette nella VII, VIII, IX, XI legislatura per il collegio di Ravenna, nella XII per quello di Ferrara e nella XIII per la circoscrizione di Osimo, giungendo anche a ricoprire la carica di vicepresidente dell’Assemblea fra marzo e novembre del 1876. Legato a Urbano Rattazzi, si collocò sovente all’opposizione dei governi della Destra, in particolare del secondo ministero Ricasoli, del governo Lanza e del secondo dicastero Minghetti. Fece comunque pesare nella sua città l’influenza di chi poteva dialogare con le massime autorità nazionali.
Sul versante municipale, infatti, forte della possente rete relazionale dei Rasponi e della propria influenza nei gangli vitali di un potere economico che rimaneva largamente fondato sulla rendita della proprietà terriera, si impegnò alacremente per la modernizzazione sociale, culturale ed economica della città e della provincia, assumendo in prima persona numerosi incarichi.
Nel 1860 fondò il giornale L’Adriatico, cui seguì nel 1868 Il Romagnolo; presiedette dal 1865 il prestigioso Circolo ravennate, luogo di aggregazione dell’élite cittadina; fu sindaco fra il 1863 e il 1865 e poi nel 1873; fu venerabile della loggia Dante Alighieri affiliata al Grande Oriente d’Italia; fondò e diresse dal 1867 la filiale locale della Banca del Popolo di Firenze; fu presidente dell’Accademia Filodrammatica dal 1866; fu ispiratore dell’associazionismo mutualistico e cooperativo attraverso l’esperimento di un vero e proprio magazzino cooperativo (la Società industriale italiana, sostenuta economicamente proprio dalla Banca del Popolo, e destinata con essa a un rapido declino).
Rasponi influì anche indirettamente sulla vita cittadina attraverso l’attività del fedele collaboratore, il cugino Ferdinando, cui vennero affidate le presidenze di alcune iniziative innovative. Così fu per la società di Mariola che, destinata a organizzare le feste del Carnevale, ne devolveva i proventi al ricovero di mendicità e operava in tal modo all’aggregazione dei ceti meno abbienti, istituendo una sorta di beneficenza programmata ed entrando in diretta competizione con l’incipiente riorganizzazione dei settori democratico-repubblicani di fine anni Sessanta. A Ferdinando spettò altresì di tentare l’avventura di uno sfruttamento del litorale marino per il loisir borghese, con la costituzione, nel 1872, della Società balnearia, troppo precoce per non fallire anch’essa in breve tempo. Così come negli stessi anni non riuscì neppure il progetto, realizzato insieme a imprenditori liguri, di sviluppare un cantiere navale sulle rive del Candiano. Ferdinando divenne vicepresidente e Gioacchino membro del consiglio di amministrazione dell’apposita società. Nonostante il varo di due bastimenti, il fallimento della Banca di Romagna, che aveva fornito i finanziamenti necessari, obbligò a una traumatica chiusura dell’esperienza.
Simili insuccessi non scalfirono più di tanto la forza di Rasponi, anche perché in Parlamento era destinato a rafforzarsi lo schieramento di Sinistra cui apparteneva. Ciò gli consentì di realizzare il suo vasto programma in favore della pubblica istruzione, ispirato dal senso del dovere civico e del rifiuto di una religione dogmatica fatta di «pratiche materialistiche» (Gli istituti femminili, 2005, p. 227).
Allo stesso modo, favorì una serie di importanti lavori stradali e ferroviari, applicandosi inoltre a un deciso miglioramento dell’organizzazione municipale e delle istituzioni che ne dipendevano. I lavori di risistemazione da lui promossi nel 1865 della cappella di Braccioforte portarono altresì al rinvenimento delle ossa di Dante. Un’accurata serie di relazioni storiche, anatomico-fisiologiche, calligrafiche venne nel contempo commissionata a certificazione scientifica della validità del rinvenimento. La loro pubblicazione si ebbe nel 1870 con sindaco Cosimo Fabri e assessore lo stesso Rasponi (Della scoperta delle ossa di Dante. Relazione con documenti per cura del Municipio di Ravenna, Ravenna 1870).
Nell’ottobre del 1873 fu chiamato da Marco Minghetti a svolgere il delicatissimo compito di prefetto di Palermo. Volontà del governo era quella di porre fine alle pratiche eccezionali di controllo dell’ordine pubblico. Accettato l’incarico in tale prospettiva, Rasponi cercò di rompere immediatamente ogni connivenza tra potere economico, autorità politiche e ‘malandrinaggio’, escludendo il ricorso a mezzi straordinari come l’ammonizione o il domicilio coatto. La reazione della mafia fu violenta, con il ricorso a clamorosi sequestri di ricchi ed eminenti possidenti, alimentando così la superficiale interpretazione che in Sicilia esistesse un legame tra delinquenza comune, sovversione politica estremista e malessere sociale e favorendo in tal modo un’azione repressiva incapace delle necessarie distinzioni.
Nel settembre del 1874 il governo decise il ripristino della repressione militare e nel novembre a Rasponi non restò che dimettersi. Ne spiegò le ragioni nel giugno successivo, quando, tornato alla Camera come deputato di Ferrara, intervenne in merito alla legge in discussione sui provvedimenti eccezionali e fece riferimento alle relazioni inviate al ministero nella sua veste di prefetto relative al fenomeno mafioso. A suo avviso le scelte effettuate erano incostituzionali e non favorivano l’esigenza prioritaria di riconquistare la fiducia delle popolazioni siciliane (Considerazioni del deputato Rasponi Giovachino nella discussione sul progetto di legge sui provvedimenti straordinari di pubblica sicurezza, seduta del 13 giugno 1875, Roma 1875).
Soltanto la via della normalità legislativa insieme al coinvolgimento dell’intera società poteva «abbattere questa mala pianta» della mafia: «Il tempo, l’istruzione, la rigenerazione delle infime classi, ed un miglioramento delle locali condizioni industriali ed economiche sono poi, a mio avviso, i rimedi più sicuri ed efficaci a far sparire gradatamente il male che si lamenta» (Faraci, 2008, p. 130).
Fu proprio in quel novembre 1874 che Rasponi subì un’imprevista sconfitta nelle elezioni a deputato di Ravenna, a opera del cugino Cesare, presidente della locale Cassa di Risparmio e tipica espressione del tradizionale ceto dirigente poco propenso all’investimento innovativo. Si trattava del mondo del moderatismo da cui Rasponi, anche per l’esperienza prefettizia, sempre più prese a distinguersi nel nome di una diversa interpretazione del progresso, più sollecita verso lo sviluppo di legami da ‘terzo stato’ fra i ceti produttori. I giornali nazionali, come La Gazzetta piemontese di Torino, diedero in tono scandalizzato la notizia dell’intervento del ministero sul prefetto di Ravenna perché favorisse il successo di Cesare, mentre Felice Cavallotti presentò un’interpellanza parlamentare a riguardo. Anche i giornali locali stigmatizzarono aspramente il comportamento del governo che, dopo aver abbandonato Rasponi nella sua opera prefettizia, lo aveva fatto sconfiggere nella sua città con un’operazione che «il dizionario delle persone oneste non ha parole per qualificare» (Monitore delle Romagne, 29 novembre 1874).
La ‘rivoluzione parlamentare’ del 18 marzo 1876 non poté che favorire Rasponi, impegnato a sostenere la vittoriosa elezione nei collegi locali degli amici Domenico Farini e Alfredo Baccarini.
Non gli fu possibile, però, sviluppare questi progetti politici, perché una dolorosa malattia lo stroncò il 10 settembre 1877 nella villa Paolucci di Selbagnone presso Forlimpopoli.
Imponente fu la partecipazione al funerale, che si svolse due giorni dopo in una Ravenna dalle botteghe chiuse e dalle bandiere a lutto, coronato da numerosi discorsi commemorativi, fra cui quelli di Farini, Alfredo Baccarini e Gioacchino Pepoli.
I testi degli interventi furono raccolti in un libretto pubblicato in occasione del primo anniversario della scomparsa con l’aggiunta delle orazioni tenute il 23 novembre 1877 alla Camera dal presidente Francesco Crispi e dallo stesso Baccarini, ai quali si unì Benedetto Cairoli. In particolare, Crispi volle ricordare il forte sentimento nazionale di Rasponi che, nonostante i vincoli di parentela, si era opposto nel 1859 all’ipotesi della costituzione nell’Italia centrale di un regno assegnato a un principe francese (Gioacchino Rasponi. Commemorazione, Ravenna 1878). Il primo anniversario della morte sancì altresì la totale sintonia dei settori politici della Sinistra locale con le scelte di Rasponi degli ultimi anni. L’organo della democrazia La Giovane Romagna dell’11-12 settembre 1878 lo ricordò come colui che «per lungo tempo tenne accesa la face dei principi liberali del paese» e che subì la vendetta dei «tristi» che «avevano in comune con esso il sangue e la parentela, ma non la gentilezza del cuore, il senno e la virtù».
Scritti e discorsi. Oltre a quelli citati, si segnalano: Discorso letto dal presidente del comitato della Società nazionale Gioacchino Rasponi in occasione delle solenni esequie celebrate nella chiesa di S. Maria in Porto pei ravennati caduti nelle guerre dell’italica indipendenza, Ravenna 1860; Parole pronunciate dal conte cav. Gioacchino Rasponi sindaco di Ravenna il giorno 24 giugno 1865 in occasione del sesto centenario della nascita di Dante Alighieri, Ravenna 1865; Considerazioni del deputato Gioacchino Rasponi nella discussione sul progetto di legge sui provvedimenti straordinari di pubblica sicurezza, seduta del 13 giugno 1875, Roma 1875.
Fonti e Bibl.: Le Carte Rasponi sono conservate dalla famiglia; F. Tarducci, Gli ultimi giorni del conte G. R., Bologna 1878.
L. Miserocchi, Ravenna e ravennati nel secolo XIX. Memorie e notizie, Ravenna 1927, passim; U. Foschi, Il conte G. R. nel centenario della morte, in Bollettino economico della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Ravenna, XXXII (1977), 9, pp. 3-14; C. Bassi Angelini, Gli “accoltellatori” a Ravenna (1865-1875). Un processo costruito, Ravenna 1983, ad ind.; L‘Emilia Romagna in Parlamento (1861-1919), a cura di M.S. Piretti - G. Guidi, I-II, Bologna 1992, ad indices; R. Balzani, Circoli e politica. Le origini della Consociazione repubblicana ravennate, 1863-1872, Bologna 1993, ad ind.; Storia di Ravenna, V, L’età risorgimentale e contemporanea, a cura di L. Lotti, Venezia 1996, ad ind.; A. Varni - C. Giovannini, Storia della Cassa di risparmio di Ravenna, Roma-Bari 2000, ad ind.; La Camera di commercio, la classe dirigente e la realtà economica ravennate (1862-2002). Un’istituzione al servizio del territorio ravennate, a cura di D. Bolognesi - P. Morigi, Ravenna 2003, ad ind.; R. Balzani, Gusto aristocratico, politica e sociabilità: i Rasponi a Ravenna dopo l’Unità, in Arte e genius loci. La donazione Elisabeth Ottenbacher Rasponi. Una famiglia alla ricerca del bello, una comunità alla sua riscoperta, a cura di N. Ceroni, Ravenna 2004, pp. 134-140; La nobile villeggiatura. I Rasponi a palazzo S. Giacomo di Russi, a cura di S. Tumidei, Ravenna 2004; Gli istituti femminili di educazione e di istruzione (1861-1910), a cura di S. Franchini - P. Puzzuoli, Roma 2005, pp. 227-229; E.G. Faraci, Le istituzioni liberali e l’ordine pubblico. G. R. a Palermo: un prefetto “politico” contro la mafia, in Quaderni del dipartimento di studi politici, 2008, vol. 3, pp. 93-155; G. Rossi, Ravenna la città dei Rasponi. XVI-XIX secolo, Ravenna 2012, ad ind.; Camera dei Deputati, Portale storico, http:// storia.camera.it/deputato/giovacchino-rasponi-18290308/organi#nav (30 maggio 2016).