GIOACCHINO di Giovanni (De Gigante, Gioacchino)
Non si conosce la data di nascita di questo copista e miniatore originario di Rothenburg in Baviera. Secondo De Marinis (p. 61) la denominazione "de Gigantibus" o "de Gigante", con cui è meglio conosciuto, sarebbe la versione latina dell'indicazione di proveninza "von Riesen" o "von Riesem" che lo farebbe supporre oriundo di Ries, presso Rothenburg.
Per lungo tempo sono sorti equivoci circa l'identificazione di G. e di suo figlio Giovanni, anche lui miniatore. Minieri Riccio nel suo studio del 1875 sull'Accademia Alfonsina elencò quattro diversi artisti: "maestro Gioacchino di Giovanni", "Gioacchino di Alemagna", "Giovanni de Gigante", "maestro Giovanni Tudischino"; Mazzatinti invece riconduceva tutti i nomi a un solo personaggio. Nicolini (p. 269) identificava G. con il padre di Giovanni, detto anche "maestro Tudischino", tesi ripresa successivamente da De Marinis e da Ruysschaert (1965). In realtà la critica più recente (Toscano, 1998), pur confermando la presenza di due diverse figure, ha messo in dubbio i legami di parentela fra G. e Giovanni Tudischino.
Le prime notizie circa l'attività di G. a Roma risalgono al pontificato di Niccolò V, come attesta la decorazione eseguita tra il 1448 e il 1453 da G. del Liber de contemplatione, donato dall'autore, il vescovo Domenico Dominici, al cardinale Giovanni de Torquemada. Si tratta del codice Vat. lat. 1057 della Biblioteca apostolica Vaticana, in cui la lettera iniziale decorata a "bianchi girari", secondo un uso desunto dalla tradizione fiorentina che ricorrerà in tutta la produzione di G., raffigura la scena dell'offerta del volume.
A partire da questo periodo la produzione di G., ricostruita dettagliatamente da J. Ruysschaert (1965, a cui si rimanda nel corso della voce, ove non diversamente indicato), fu molto copiosa. Anteriore al 1455 è la decorazione del manoscritto Vat. lat. 2096, che contiene l'Estetica di Aristotele, decorato a "bianchi girari", in cui il riferimento all'antico contrasta con gli sgargianti inserti animalistici (Maddalo); sul frontespizio appare il blasone di Niccolò V, che ne circoscrive la cronologia. Del 1456 è il manoscritto Vat. lat. 4123, De potestate papae di Domenico Dominici, donato al successore di Nicolò V, papa Callisto III. Eccezionalmente la decorazione a "bianchi girari" non appare nell'ornamentazione del manoscritto Vat. lat. 4215, Postilla super Biblia di Nicolas de Lyre, per il cardinale Antonio Cerda, eseguito nel 1457 e passato nel 1459, alla morte di quest'ultimo, insieme con altri manoscritti, nella biblioteca di Pio II.
Il 27 ag. 1460 è attestato un pagamento a nome di G. a Siena, relativo a tre lettere miniate in un manoscritto. Il 3 apr. 1464 "Giovacchino di Giovanni miniatore" fu pagato per la miniatura di un codice di Strabone, il manoscritto Chig. J.VIII.279 della Biblioteca apost. Vaticana, il cui frontespizio riporta il blasone di Pio II. Dal 22 genn. 1465 al 13 apr. 1468 G. ricevette non meno di ventitré pagamenti; in questi anni lavorò ai manoscritti del duomo di Siena, città in cui dovette soggiornare però stabilmente solo tra il 1465 e il 1466. Risiedeva di nuovo a Roma nel 1469, come attesta un documento relativo a un pagamento fatto il 9 febbraio "pro causa elemosine" dal pontefice Paolo II al maestro G. detto "alamano". Di un pagamento del 1° sett. 1470 si specifica che esso venne effettuato "pro eius subventione"; mentre in un ulteriore pagamento di 6 ducati del 29 genn. 1471, che secondo Ruysschaert (1969, p. 263) si riferisce sempre a G., si dice "non placebat opera sua". Queste indicazioni suggeriscono che G. non godesse più a Roma di grande favore e possono giustificare il suo trasferimento a Napoli nel marzo successivo.
Nell'ultimo periodo a Roma, tuttavia, nonostante le difficoltà economiche in cui versava, G. era stato in contatto con i personaggi più importanti della cultura dell'epoca. In particolare, aveva decorato una serie di manoscritti copiati da Pomponio Leto per il giovane Fabio Mazzatosta (Vat. lat. 3279, 3285, 3302); mentre Bartolomeo Sanvito, miniatore appena giunto da Padova, vi aveva avuto una parte decisamente secondaria. Circa una quarantina di manoscritti attestano l'attività di G. a Roma tra il 1453 e il 1470.
In base ai pagamenti dei libri dei conti della corte aragonese, G. svolse la sua attività a Napoli tra il 28 marzo 1471 e il 15 nov. 1480; mentre l'analisi dei manoscritti suggerisce di estendere la durata del suo soggiorno al 1481, anno a cui risale la decorazione del terzo dei quattro volumi delle Quaestiones di Giovanni Duns Scoto della British Library (Add. Mss. 15272: Ruysschaert, 1965, p. 277). Delle Quaestiones G. trascrisse e miniò anche i primi due volumi (Add. Mss. 15270-15271); mentre il quarto fu completato dal copista Ippolito da Luni e dal miniatore Cola da Rapicano. Presso la corte aragonese, dal marzo 1472 al 1480, G. ricevette un regolare stipendio di 10 ducati e talvolta "panni" per sé e per i figli; veniva inoltre pagato per singoli lavori: il 2 nov. 1473, per esempio, riceveva 10 ducati per un Commentario di Bessarione a Platone (De Marinis, p. 149). Tra gli altri manoscritti ascrivibili agli anni 1473-74 del periodo napoletano vanno ricordati quelli delle due Vitae illustrium virorum di Plutarco della Biblioteca nazionale di Parigi, decorati da G. con la collaborazione di Cola da Rapicano. Si tratta del manoscritto Lat. 5827, in cui il fregio a "bianchi girari" è arricchito da putti e animali, intervallati da medaglioni con stemmi, e del Lat. 5831, uguale nelle soluzioni stilistiche, in cui la traduzione del testo è di Leonardo Giustiniano. Ma l'opera più importante per la ricostruzione dell'attività napoletana di G. è il manoscritto Lat. 12946 della Biblioteca nazionale di Parigi, Adversus Georgium Trapezuntium calumniatorem Platonis, con la versione definitiva del testo scritto da Bessarione nel 1465 e stampato a Roma nel 1469, in cui G. in quanto copista, oltre che decoratore, appose la sua firma e la data 15 genn. 1476. Sulla base di quest'ultimo manoscritto, in cui la decorazione a "bianchi girari" si svolge come sempre con monotona regolarità intorno a listelli dorati, tra volatili, conigli e putti con collane di corallo, sono stati attribuiti a G. due codici della Biblioteca nazionale di Napoli. Si tratta del De bello Gallico (XI.AA.51), in cui il ritratto di profilo di Cesare è reso con chiaro gusto medaglistico, e del Salterio di s. Girolamo (VI.C.2). Quest'ultimo, per la plasticità della figura del santo in preghiera sullo sfondo di un paesaggio roccioso, si collega all'altro Salterio di s. Girolamo, smembrato tra la ex collezione Cockerell e il Victoria and Albert Museum di Londra, presso il quale è conservato il frontespizio del manoscritto con S. Girolamo nel deserto e nella cornice il ritratto di Sisto IV a indicare di nuovo la committenza romana. La firma apposta e la data 10 luglio 1481 segnano, così, la conclusione del soggiorno napoletano e il ritorno a Roma di G. (Putaturo Murano, 1993-96; Toscano, 1998).
La produzione napoletana di G. è caratterizzata soprattutto dall'uso dei "bianchi girari", già venuti a noia alla fine del suo primo soggiorno romano, e che egli arricchì di fasce dorate, putti, nastri intorno a fusti, spingendosi a decorare anche i margini del foglio oltre alla lettera iniziale. Anche la decorazione del frontespizio finì con l'acquisire maggiore importanza; tuttavia, nonostante la perizia tecnica, e le piccole innovazioni apportate nel corso della sua attività, G. rimase soprattutto un fecondo artigiano.
A Roma, durante il pontificato di Sisto IV, G. ebbe senz'altro maggiore fortuna rispetto al passato. Si avvalse della collaborazione di altri artisti tra cui Bartolomeo Santovito con cui lavorò alla decorazione dell'"Ausonio", il manoscritto 747 della Biblioteca universitaria di Valenza, già della biblioteca aragonese di Napoli, passato in Spagna ai tempi di Leone X attraverso il cardinale Luigi d'Aragona (Ruysschaert, 1969, p. 273).
Molto feconda continuò a essere la sua produzione fino al 1485, anno a cui si riferiscono due pagamenti per alcune miniature realizzate durante il pontificato di Innocenzo VIII, il 17 agosto e il 20 sett. 1485 (De Marinis, 1952, p. 161 n. 17). Si tratta delle ultime notizie certe relative a G., di cui non si conosce neppure la data di morte. Per un elenco dei manoscritti da lui miniati sono ancora fondamentali i testi di De Marinis e Ruysschaert.
Fonti e Bibl.: C. Minieri Riccio, Cenno storico della Accademia Alfonsina, Napoli 1875, pp. 2, 5; A. Rossi, Spogli vaticani, in Giornale di erudizione artistica, VI (1877), p. 279; E. Müntz - P. Fabre, Bibliothèque du Vatican au XVe siècle, Paris 1887, pp. 123, 307, 310; G. Mazzatinti, La biblioteca del re d'Aragona in Napoli, Rocca San Casciano 1897, pp. LXXV-LXXVII e ad indicem; W. Rolfs, Geschichte der Malerei, Neapel-Leipzig 1910, pp. 167-169; P. D'Ancona, La miniature italienne du Xe au XVIe siècle, Bruxelles 1925, p. 90; F. Nicolini, L'arte napoletana del Rinascimento e la lettera di P. Summonte a M.A. Michiel, Napoli 1925, pp. 268-270; V. Lusini, Il duomo di Siena, II, Siena 1939, pp. 94, 100, 262, 265, 270, 278, 281, 290; T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona, I, Milano 1952, pp. 48, 61 s., 149, 161; Supplem., a cura di D. Bloch - Ch. Astruc - J. Monfrin, App., J. Ruysschaert, Miniaturistes "romains" à Naples, Verona 1969, pp. 5, 248, 263 s. 267, 272-274; J. Ruysschaert, Miniaturistes "romains" sous Pie II, in Atti del Convegno per il V centenario della morte di E.S. Piccolomini…1965, a cura di D. Maffei, Siena 1968, pp. 248, 254 n. 51, 267-282; S. Samek Ludovici, La miniatura rinascimentale, Milano 1966, pp. 137 s., 143; M. Rotili - A. Putaturo Murano, Introduzione alla storia della miniatura e delle arti minori in Italia, Napoli 1970, p. 139; A. Putaturo Murano, Miniature napoletane del Rinascimento, Napoli 1973, pp. 30-34; A. Compagnone, Aggiunte alla miniatura napoletana del Rinascimento, in Miniatura a Napoli dal '400 al '600 (catal.), a cura di A. Putaturo Murano - A. Parriccioli Saggese, Napoli 1991, pp. 59-79; G. Toscano, Mécènes et artistes du livre dans l'Italie du Quattrocento: manuscrits enluminés provenant de Naples…, in Les Granvelle et l'Italie au XVIe siècle. Actes du colloque… 1992, a cura di J. Brunet - G. Toscano, Besançon 1996, p. 38; A. Putaturo Murano, Miniatura alla corte dei re d'Aragona, in Miniatura, 1993-96, nn. 5-6, pp. 41-48; S. Maddalo, "Quasi preclarissima suppellectile": corte papale e libro miniato nella Roma di primo Rinascimento, in Studi romani, XLII (1994), pp. 20-22; G. Toscano, in La biblioteca di Napoli al tempo della dinastia aragonese (catal.), Napoli-Valencia 1998, pp. 437-440, 582 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 12 s.; P. D'Ancona - E. Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes du Moyen-Âge et de la Renaissance, Milano 1948, p. 87; J.W. Bradley, A Dictionary of miniaturists, illuminators, calligraphers and copysts, New York 1958, II, pp. 26 s., 29; Diz. enc. Bolaffi…, V, pp. 429 s.