POLLINI, Gino (Gino Fortunato Maria). – Nacque il 13 gennaio 1903 a Rovereto, ultimo di quattro figli, da Luigi, di professione commerciante, e da Teresa Miori, e venne battezzato secondo il rito cattolico il 7 febbraio dello stesso anno (Rovereto, Archivio Ufficio Anagrafe; Milano, Politecnico, Archivi storici, fascicolo personale G. P. [sezione Segreteria, Studenti laureati 1927])
Durante gli anni della Grande Guerra la famiglia si trasferì a Roma, da dove rientrò a Rovereto nel 1918. Gino concluse gli studi liceali presso il liceo governativo “Vittorio Emanuele III” della sua città natale, percorrendo l’indirizzo ‘moderno’, che prevedeva l’inserimento dello studio del francese e del tedesco in luogo del greco. In questi anni strinse amicizia con Fausto Melotti, Carlo Belli, Fortunato Depero, cui si aggiunse Adalberto Libera, che era solito trascorrere l’estate a Villalagarina, dove era nato.
La Rovereto di quegli anni godeva di un clima culturale fondato sulla memoria e l’insegnamento di Antonio Rosmini; manteneva, inoltre, una storica caratterizzazione musicale, cui si aggiungeva la possibilità di ascoltare i racconti di Paolo Orsi sulle spedizioni e gli scavi archeologici condotti a Locri. Un aggiornamento diretto in merito alla letteratura francese coeva era invece assicurato da Carlo Guido Stoffella. Molteplici, dunque, erano gli stimoli culturali, ma quelli che per primi occuparono gli interessi del giovane Pollini furono la musica e le arti.
Nel novembre 1921 Gino s’iscrisse alla Scuola preparatoria per ingegneri del Politecnico di Milano, che frequentò per un biennio. Frattanto continuò a mantenere stretti rapporti con gli amici roveretani e partecipò alla serata dedicata alla metamorfosi della casa d’arte di Depero il 10 gennaio 1923. In quell’occasione Pollini suonò il violino, a dimostrazione della forte passione per la musica che condivideva con Melotti, anch’egli presente alla serata insieme a Belli. Con l’artista astrattista i rapporti rimasero sempre stretti, grazie anche al fatto che entrambi scelsero di trasferirsi a Milano per frequentarvi il Politecnico.
Alla fine del 1923 Pollini richiese e ottenne il passaggio alla Scuola preparatoria per architetti; tuttavia gli venne riconosciuto un solo anno di studi. In quel periodo scrisse una lunga recensione della Recherche di Marcel Proust, incentrata sul tema del superamento del futurismo, attraverso una riscoperta dei concetti di classico, astrazione, ritmo, purezza, funzione. Pollini vi sosteneva l’interdisciplinarità delle arti grazie al ruolo centrale della musica, come si evince dalla corrispondenza con Belli. Alla fine del 1924 intraprese il percorso triennale della Scuola di applicazione per architetti. Nel corso di questi studi conobbe Luigi Figini, che sarebbe diventato suo sodale professionale, e Giuseppe Terragni.
Nel 1925 Depero, al ritorno da un soggiorno parigino, donò all’amico Pollini una copia di Vers une architecture, saggio appena pubblicato di Le Corbusier, che aprì allo studente di architettura la via alla conoscenza della cultura progettuale europea più innovativa. Facendosi portavoce di tale bagaglio culturale, l’anno seguente Pollini partecipò alla fondazione del Gruppo7, insieme a Sebastiano Larco, Guido Frette, Carlo Enrico Rava, Figini, Terragni, Ubaldo Castagnoli, il quale ultimo cedette presto il posto a Libera. Su invito di Alberto Sartoris, nel 1927 Pollini si recò a Stoccarda con Rava e Libera per visitare il quartiere sperimentale di Weissenhof, incubatore di modelli linguistici per il primo movimento moderno, nonché per presentare alcuni disegni del gruppo.
Nello stesso 1927, il 17 novembre, Pollini conseguì la laurea in Architettura. Sempre in quell’anno superò, a Roma, l’esame di stato per l’esercizio della professione di architetto. Dopo aver prestato servizio militare nel 1928 e aver partecipato con Libera al concorso per il piano regolatore di Bolzano, aprì uno studio con Figini a Milano. I primi anni Trenta furono un periodo di pieno fermento progettuale per i due sodali, che affrontarono vari progetti, dei quali molti videro la realizzazione, a partire dalla Casa elettrica presentata alla IV Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne a Monza nel 1930. Patrocinata dalla società Edison e progettata in collaborazione con Guido Frette, Libera e Piero Bottoni, la Casa riuniva «il tema del padiglione espositivo e dunque della costruzione reclamistica, il tema della casetta economica in serie [...] e anche nello stesso luogo il tema di villa, in virtù dell’attenzione insediativa e della riflessione sulla relazione interno-esterno materializzata nella doppia vetrata della serra» (G. Polin, Libera e il Gruppo 7, in Adalberto Libera. Opera completa [catal., Trento], a cura di A. Libera, Milano 1989, p. 59). A questo progetto seguirono nel 1931 il milanese bar Craja (in collaborazione con Luciano Baldessari), nel 1933-34 l’edificio a ville sovrapposte in via Annunciata a Milano, nel 1934 il progetto per il palazzo del Littorio (insieme ai BBPR), nel 1935 il progetto per l’Accademia di Brera (in collaborazione con Lingeri e Terragni). La presentazione della villa-studio per un artista alla V Triennale del 1933 suscitò un ampio interesse nei confronti della coppia di architetti; all’interno della villa, oltre alle opere di Melotti, Lucio Fontana e Angelo del Bon, venne esposto un quadro a olio non firmato ma riconosciuto da Edoardo Persico di mano di Renata Melotti, moglie di Pollini dal febbraio 1931 e sorella di Fausto. Nata a Rovereto nel 1904, pianista e soprano, Renata Melotti si era diplomata presso la Scuola musicale di Milano, ma non abbandonò mai la sua seconda passione: la pittura.
Sempre per la V Triennale, Pollini insieme a Bottoni si occupò dell’allestimento della sala dedicata al Cirpac (Comitato internazionale per la risoluzione dei problemi dell’architettura contemporanea), incaricato di dirigere l’attività dei CIAM (Congressi Internazionali d’Architettura Moderna) tra un congresso e l’altro. Pollini, primo delegato Cirpac, partecipava alle riunioni dei CIAM dal 1930 (III CIAM, Bruxelles), quando era stato eletto come rappresentante italiano, incarico che mantenne fino al dopoguerra (1946). Prendendo parte al celebre IV CIAM, svoltosi nel 1933 lungo il tragitto a bordo del Patris II da Marsiglia ad Atene e, quindi, ad Atene stessa, Pollini collaborò alla stesura della Carta d’Atene, documento in cui si raccoglievano le idee emerse sul tema della città e dell’abitazione.
Il 1933 fu un anno cruciale per Pollini e Figini a causa di un altro incontro: quello con Adriano Olivetti, che aveva avuto modo di conoscere il modo di lavorare dei due architetti proprio alla Triennale di Milano. Olivetti dapprima li invitò ad occuparsi del progetto di ampliamento delle Officine meccaniche eporediesi, delle quali era da poco diventato direttore, e in seguito li coinvolse nel suo ampio progetto culturale destinato a Ivrea e al suo territorio. Dal 1933 al 1942, infatti, Pollini e Figini operarono contemporaneamente su più fronti: all’ingrandimento della fabbrica, al piano regolatore per Ivrea (in collaborazione con Luigi Piccinato), a sua volta compreso in quello regionale della Val d’Aosta, e al complesso residenziale e dei servizi di via Castellamonte.
Per la progettazione di quest’ultima parte, Figini e Pollini si dovettero applicare primariamente allo studio del piano urbanistico della zona olivettiana di Ivrea: inizialmente propensi a una disposizione regolare degli edifici lungo la via principale e all’integrazione di costruzioni a funzione e dimensioni diverse, i due giovani architetti cambiarono le modalità di distribuzione delle architetture, tenendo conto della varietà paesaggistica e dell’andamento topografico, in seguito ad alcune lettere inviate a Pollini da Le Corbusier, il quale aveva visitato quei luoghi su invito di Olivetti stesso. Oltre a fornire un’opportunità di crescita professionale, l’occasione offerta dall’imprenditore eporediese si offrì quale campo sperimentale non solo per la progettazione di una serie di varietà tipologiche, ma anche per lo studio stilistico personalizzato applicato a ognuna di esse.
Nel 1942 Pollini diventò padre di Maurizio e, dalla fine dello stesso anno, fino al giorno della Liberazione, fu richiamato alle armi in qualità di tenente. Nel dopoguerra lo studio Figini-Pollini intensificò il lavoro nella città di Milano, realizzando l'edificio per abitazione uffici in via Broletto (1947-48) e si dedicò alla progettazione di abitazioni per l’INA-Casa, esordiendo nel quartiere milanese Harar-Dessiè, in collaborazione con Giò Ponti per il progetto generale. Tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta Olivetti propose a Figini e Pollini ulteriori estensioni del progetto complessivo attorno alle Officine: tra il 1949 e il 1957 i due architetti si occuparono della terza estensione (insieme ad Annibale Fiocchi) e della quarta (insieme a Goffredo Boschetti) degli spazi di produzione, mentre tra il 1954 e il 1959 realizzarono la Fascia di servizi sociali, edificio destinato a ospitare la biblioteca, il centro culturale, i servizi sanitari, il centro di gestione delle colonie aziendali. Negli anni Cinquanta i due sodali realizzarono la loro prima opera religiosa (se si escludono le precedenti cappelle funerarie presso il cimitero Monumentale di Milano): la chiesa della Madonna dei Poveri (1954), cui seguì nel 1964 la chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, entrambe nel capoluogo lombardo.
Nel 1959 Pollini ottenne la libera docenza in Composizione architettonica e s’iscrisse nell’elenco dei liberi docenti del Politecnico di Milano, dove venne chiamato, inizialmente, ad affiancare il professor Carlo Cocchia nel corso di Elementi di progettazione. Tuttavia fu soltanto nel 1963 che egli ricevette la proposta dell’incarico di un corso, quello di Architettura sociale; nel successivo anno accademico ottenne, invece, l’incarico dell’insegnamento di Elementi di architettura e rilievo dei monumenti. In quel 1964 si concluse il quinquennio di prova di libera docenza: la relazione finale in merito all’operato di Pollini venne scritta e letta davanti ai docenti della Scuola di architettura da Lodovico Barbiano di Belgiojoso, che sottolineò il valore e l’impegno dell’attività didattica di Pollini per chiedere formalmente la conferma del suo ruolo. Per l’ordinariato Pollini aspettò fino al 1969, quando risultò nella terna dei vincitori per la cattedra di Composizione architettonica. Risultando primo nel concorso indetto a Palermo, tentò di avanzare la richiesta di un trasferimento a Milano, anche in riferimento alla legge coeva che rendeva il trasferimento di residenza obbligatorio nell’ateneo di assegnazione e la permanenza per almeno cinque anni. Ma ciò non fu possibile: Pollini prese servizio nell’università di Palermo il primo novembre 1969.
A causa di tale trasferimento Pollini rinunciò a un secondo incarico proposto dal Politecnico di Milano, quello di Disegno dal vero. Chiese, però, di poter mantenere l’incarico di Elementi di architettura e rilievo dei monumenti, al fine di portare avanti gli studi sui problemi dell’architettura urbana e sulle metodologie conoscitive e progettuali, finanziati dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).
Dividendosi tra lo studio milanese e l’insegnamento palermitano, Pollini si applicò alla progettazione, insieme a Vittorio Gregotti, dei dipartimenti di scienze dell’università di Palermo (1968-84); per la capitale siciliana progettò pure il centro culturale studentesco, in collaborazione con Pasquale Culotta, Giuseppe Laudicina, Tilde Marra e Franco Purini (1973-84). Alla morte di Figini nel 1984, Pollini portò avanti i lavori dello studio partecipando al concorso per piazza Fontana a Milano, in collaborazione con Giulio Marini e Giacomo Polin, nel 1989.
Nel 1983 Pollini divenne membro dell’Accademia roveretana degli agiati. Fu accademico nazionale di S. Luca.
Morì a Milano il 25 gennaio 1991 (Gregotti - Marzari, 1996).
Opere (dal 1930 al 1984 i progetti furono ideati insieme a Luigi Figini): Casa elettrica, Esposizione dell’Alto Adige, Bolzano, 1929; uffici De Angeli Frua, Milano, 1930 (con L. Baldessari); ambiente di soggiorno e terrazzo, VI Triennale, Milano, 1936; piano del centro turistico, Courmayeur, 1937; concorso per i palazzi delle Forze Armate, E.42, Roma, 1938; asilo nido e casa popolare a ventiquattro appartamenti, Ivrea, 1939; case per impiegati, Ivrea, 1940; villa Manusardi, Cartabbia, 1942; piano e progetti abitativi e per uffici, Borgo Porto Conte, 1951; abitazioni INA-Casa, Borgomanero, 1952; abitazioni INA-Casa, Como, 1952; palazzo per uffici, via Hoepli, Milano, 1955; quartiere Gescal, Milano, 1957; quartiere CEP (Centro Edilizia Popolare), Bergamo, 1959; complesso industriale della manifattura di ceramica Pozzi, Sparanise, 1960-63; albergo e abitazioni in largo Augusto, Milano, 1961 (con C. Blasi); complesso per la manifattura di ceramica Pozzi, Ferrandina, 1962 (con C. Blasi); villa Guida, Guanzate, 1971; concorso per il mercato dei fiori, Pescia, 1972 (con G. Marini, E. Mercatali); case IACP (Istituto Autonomo Case Popolari), S. Giuliano Milanese, 1975 (con G. Marini); progetto per la chiesa Mater Ecclesiae, Roma, 1978 (con G. Marini).
Fonti e Bibl.: Milano, Politecnico, Archivi storici, fascicolo personale G. P. (sezione Segreteria, Studenti laureati 1927), e fascicolo personale n. 3143.
E. Gentili Tedeschi, Figini e Pollini, Milano 1959; G. Polin, La casa elettrica di Figini e Pollini: 1930, Roma 1982; Fausto Melotti, Luigi Figini, G. P., Renata Melotti (catal.), a cura di G. Marzari - P. Setti, Rovereto 1984; V. Savi, Figini e Pollini: architetture 1927-1989, Milano 1989; Figini e Pollini: opera completa, a cura di V. Gregotti - G. Marzari, Milano 1996; M. Casciato, Figini, Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, 47, Roma 1997, ad vocem; V. Fontana, Profilo di architettura italiana del Novecento, Venezia 1997; Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati (1901-2000), a cura di G. Coppola - A. Passerini - G. Zandonati, II, Rovereto 2003.