NOGARA, Gino
NOGARA, Gino. – Nacque a Vicenza il 18 giugno 1921 da Guglielmo, orefice, e da Stella Beato.
Frequentò le elementari in una scuola di religiosi e, dopo «un’infanzia vivace e devota, una adolescenza solitaria, malinconica, e devota» (Ritratti su misura…, 1960, p. 304), si diplomò ragioniere all’istituto Ambrogio Fusinieri di Vicenza. Continuò gli studi a Venezia, iscrivendosi al corso in scienze economiche dell’Università Ca’ Foscari. Non ancora ventenne, partecipò alla seconda guerra mondiale. Durante questo periodo contrasse la tubercolosi, i cui effetti patì a lungo anche negli anni successivi e che gli valse una pensione di guerra. Al ritorno, laureatosi e ristabilitosi a Vicenza, sposò Antonietta Ersanilli dalla quale ebbe una figlia, Maristella.
Nonostante la mancanza di un’educazione umanistica, dimostrò una precoce vocazione letteraria. Poco più che ventenne stampò i primi lavori finanziato dal padre: Nel grande silenzio (Vicenza 1944), raccolta di poesie e prose d’arte, e Dopo il peccato (ibid. 1945), la prima di cinque raccolte di racconti. Gli esordi furono segnati dall’incontro con l’opera del concittadino Fogazzaro, del quale lesse i testi con avidità, suggestionato dalla biografia idealizzante di Tommaso Gallarati Scotti a lui dedicata. Un sensibile allargamento dei suoi orizzonti avvenne con la lettura di Piero Nardi, che, se servì a ridimensionare la devozione per lo scrittore vicentino, sviluppò l’interesse per gli autori russi e per i grandi cattolici francesi, François Mauriac e Georges Bernanos fra tutti. La maturazione letteraria e il percorso di parziale affrancamento dal modello fogazzariano ebbero come naturale conseguenza il rifiuto di quelle prime opere.
Per anni aiutò il padre nel mestiere di orefice, senza mai abbandonare la scrittura. Svolse principalmente attività di pubblicista, distinguendosi per le recensioni teatrali e collaborando a numerose riviste (fra cui Il Mondo, Europa letteraria, Lettere italiane, Cenobio, Humanitas, La Fiera letteraria, Nuova Rivista europea, Sipario, Dramma, Galleria, L’Arena) e quotidiani (Il Secolo XIX, Gazzetta del popolo, Il Gazzettino, Il Popolo, Il Tempo, Il Mattino, Momento sera, Il Messaggero veneto, Il Giornale di Brescia, Il Giornale di Vicenza); collaborò inoltre con la Rai e con la televisione svizzera. Agli inizi degli anni Cinquanta, diede vita con altri vicentini (Luciano Bernardelli, Renato Casarotto, Angelo Carlo Festa, Antonio Ferrio, Achille e Maurizio Girotto, Angiolo Montagna, Luciano Rainaldi) al Calibano, un gruppo di artisti e intellettuali che si ritrovava con scadenza settimanale in alcuni locali della città (Crosara, Buffalo Bill, Cantinone). Dopo una prima fase di incontri privati, il Calibano si fece promotore di una serie di conferenze e mostre di pittura, fino alla creazione di una galleria d’arte a carattere stabile (cfr. Si chiude questa sera con successo la prima mostra d’arte del “Calibano”, in Il Giornale di Vicenza, 30 novembre 1951). Nel 1960 Nogara fu tra i fondatori a Venezia, dell’Associazione degli scrittori veneti, la cui direzione fu affidata a Diego Valeri e nel cui consiglio direttivo furono chiamati a far parte Giovanni Comisso, Silvio Guarnieri, Ugo Fasolo (poi succeduto a Valeri nella direzione), Neri Pozza, Andrea Zanzotto, Nino Della Zentil.
Come Nogara tenne a chiarire, l’associazione si proponeva di «mettere in valore l’opera degli associati, in quanto espressione della civiltà della regione nell’ambito della civiltà nazionale», attraverso convegni, giornate di studi e iniziative di vario genere, tra cui la creazione del foglio informativo Lettere venete (Gli scrittori veneti fuori dall’isolamento, in Il Giornale di Vicenza, 16 aprile 1961).
Per circa un decennio, dal 1967 al 1976, diresse l’ufficio stampa del Teatro Olimpico di Vicenza, partecipando all’organizzazione dei cicli di spettacoli classici. Frutto di questa collaborazione fu il volume Cronache degli spettacoli classici nel Teatro Olimpico di Vicenza dal 1585 al 1970 (Vicenza 1972), cui lavorò per tre anni fornendo una accurata ricostruzione dell’attività del teatro palladiano. Agli inizi degli anni Settanta prese parte ad alcune iniziative promosse dal Gruppo di presenza culturale (GPC), associazione spontanea costituitasi al principio degli anni Settanta per opera di alcuni ‘operatori’ provenienti da vari settori della cultura italiana (giornalismo, spettacolo, letteratura). Ispirati ai valori del cattolicesimo democratico, il GPC sorse con l’obiettivo di affermare una presenza più incisiva dei cattolici nel panorama culturale italiano e contemporaneamente denunciare «l’eclisse e il deterioramento progressivo degli ideali maturati nel solco dell’esperienza resistenziale e democratica» (Impegno culturale e presenza politica, a cura del Gruppo di presenza culturale, Roma 1975, p. 7).
Coniugò fino all’ultimo l’attività poetica a quella di narratore, rimanendo nei confini di una mai rinnegata ‘vicentinità’. Trascorso circa un decennio dalla sua prima raccolta di versi, uscì Ecco si fa luce (Padova 1956): «una riscoperta della natura e dell’uomo all’insegna della fede» (Sbragi, 1964, p. 8), in cui a dominare era il legame del poeta con la propria terra. Seguirono le poesie di Oro di paglia (Caltanissetta 1959), ispirate dal «rimpianto per una giovinezza che in realtà non ci fu, o prematuramente troncata da un brusco e duro risveglio» (Una lettera di Mario Luzi, ibid., p. 5). Dopo le prove di Estro e pretesto (Venezia 1962), Detto con ironia (ibid. 1966) mostrava un allargamento della tematica a elementi di attualità e un ricorso alla vena ironica già manifestata nella silloge precedente, cui si aggiungeva «il risentimento di una religiosità irta, mai compiaciuta di sé, alla quale fa da specchio più che l’affermazione della fede il bisogno di macerarsi nel dubbio, di interrogarsi sui primi motivi di rispondere a Dio» (Spagnoletti, 1985, p. 11). Nelle ultime poesie cedeva all’amarezza e alla volontà di sfuggire ogni sogno di felicità e consolazione. Antologizzò i suoi versi, a partire da Ecco si fa luce, in La trama lacerata (Caltanissetta 1985).
Più organica fu la produzione narrativa, segnata dall’influenza dei modelli veneti e in particolare di Fogazzaro. Nelle prove più riuscite, Una donna morbida (Roma 1958, Premio di narrativa del ministero dell’Interno), L’amoroso cugino (ibid. 1962) e L’impedita (Milano 1973), predilesse gli ambienti provinciali e piccolo borghesi, dentro i quali mise in scena i drammi etico-morali di persone comuni, dibattute nel conflitto sfibrante tra lo spirito e la carne. Una decisa centralità assunse la componente cattolica, «presente piuttosto come esigenza ed interrogativo che non come fede certa», un cattolicesimo dal carattere veneto in cui predominava la «segreta sensualità» e «l’attitudine a procedere per i camminamenti della coscienza, il gusto della sottile casistica, il lasciar lievitare a mezz’aria la nozione di peccato e intriderne gli eventi» (Pomilio, 1973, p. 6). Nelle novelle, specie in quelle contenute nelle raccolte L’incrinatura (Padova 1969), Nel segno del Pavone (Ancona 1975) e L’anonimo in soffitta (ibid. 1979), accolse viceversa una componente ironica coincidente con «una più rapida corrosione dei margini d’idillio o di incanto evasivo che resistevano nella compagine più complessa dei romanzi» (Lanza, 1981, p. 343). Nel saggio Pena d’un uomo: Ungaretti (in Lettere italiane, II [1950], n. 2-3, pp. 111-126), propose una personale lettura dei versi del poeta, ricercandovi i motivi umani e gli aspetti mistici celati, originati dal dolore e dalla pena sofferte dall’uomo Ungaretti.
Morì il 10 luglio 1989 ad Asolo, in provincia di Treviso, dove si era ritirato dalla seconda metà degli anni Settanta.
Fra le opere non rammentate nel testo: le raccolte poetiche Giobbe canta, Vicenza 1947; Per grazia e corruzione, Caltanissetta-Roma 1972; Qui bisogna restare, Vicenza 1980; L’ottavo giorno, Spinea 1987; le raccolte di racconti Fuoco e cenere di Ruth, Firenze 1985; Il vento, quella notte, Treviso 1986; i romanzi Dammi la mano, Laura. (Dionysoplaton), Milano 1951; Concerto in nero, ibid. 1976; Le giarrettiere di Gastone, Treviso 1983.
Fonti e Bibl.: Un breve scritto autobiografico appare in Ritratti su misura di scrittori italiani, a cura di E.F. Accrocca, Venezia 1960, pp. 304 s. Altre notizie biografiche in Scrittori di Vicenza, a cura di L. Quaretti, Vicenza 1974, p. 277; F. Bandini, La scomparsa di G. N., poeta veneto, in Il Giornale di Vicenza, 11 luglio 1989; A. Frasson, Il Veneto raccontato dai suoi narratori, Camposampiero 1997, p. 768. Forniscono un quadro critico L. Sbragi, La poesia di G. N., in Nostro Tempo, XIII (1964), 6-7, pp. 8-12; M. Pomilio, Prefazione a G. Nogara, L’impedita, cit., pp. 5-9; F. Lanza, G. N., due lustri di narrativa, in Otto/Novecento, V (1981), 2, pp. 337-346; G. Spagnoletti, Prefazione a G. Nogara, La trama lacerata, cit., pp. 7-14.