MORANDI, Gino
MORANDI (Morandis), Gino. – Nacque a Venezia il 2 maggio 1915 da Attilio, critico musicale e pianista, nonché compositore di musica sacra per la basilica di S. Marco, e da Luigia Bragagnolo.
Nel 1932, ancora studente dell’Istituto d’arte di Venezia, esordì in pubblico partecipando all’annuale collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa. Conseguito il diploma si iscrisse all’Accademia di belle arti e divenne allievo di Virgilio Guidi, che nel 1935, indotto a lasciare la cattedra veneziana a causa dell’accesa ostilità riservatagli dall’ambiente artistico lagunare, si trasferì all’Accademia Clementina di Bologna, seguito da un gruppo di fedelissimi studenti, tra cui lo stesso Morandi, che qui frequentò le lezioni di Giorgio Morandi, titolare della cattedra di incisione. Nel frattempo proseguì l’attività espositiva con la partecipazione alla II Quadriennale nazionale di Roma del 1935 e con l’ammissione alla XXI Biennale di Venezia del 1938 (Paesaggio). Nel 1937 terminò gli studi diplomandosi in pittura, ma fu costretto a una lunga pausa per il servizio militare, che con lo scoppio della seconda guerra mondiale si protrasse fino al 1943 sul fronte greco-albanese. Tornato in patria, riprese la ricerca pittorica e fu chiamato da Guidi come assistente all’Accademia di Bologna, incarico che mantenne fino al 1945, quando si trasferì stabilmente a Venezia poiché ottenne la cattedra di pittura al locale liceo artistico e pochi anni dopo la docenza all’Accademia di belle arti.
La prima maniera di Morandi risentì del magistero guidiano nella scelta dei temi, ma soprattutto nell’essenzialismo formale, e di quello di Giorgio Morandi per quanto riguarda i delicati accordi e le mirabili correlazioni tonali. Nel corso degli anni Quaranta propose rinnovate soluzioni sintattiche e compositive declinando la propria sensibilità cromatica secondo alcuni esempi tratti dalla cultura pittorica francese, fauve e cubista in special modo, come dimostrano la lunga serie di Spiagge e Nature morte, nelle quali, oltre alla chiara sintassi postcubista con la scomposizione dei piani e la sintesi geometrizzante di forme e volumi, affiorano molti riferimenti, anche iconografici, all’opera di Georges Braque e dei Jeunes peintres de la Nouvelle tradition française (Paesaggio olandese 1946; Natura morta, 1947- 48; ripr. in G. Morandis, 2005, pp. 30 s.).
Nell’immediato dopoguerra prese parte attivamente al fervente dibattito culturale veneziano insieme agli amici Edmondo Bacci e Luciano Gaspari, confrontandosi costantemente con gli esponenti del Fronte nuovo delle arti e in particolare con Emilio Vedova, con il quale strinse un profondo legame d’amicizia. Nel 1947 ottenne il premio Gino Rossi all’annuale collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa e nell’ottobre dell’anno successivo allestì la sua prima personale presso la galleria dello Scorpione a Trieste. Nel 1948 espose anche alla Biennale di Venezia, nella prima edizione del dopoguerra in cui la presentazione della Collezione Peggy Guggenheim proponeva una ricognizione delle avanguardie d’inizio secolo e delle varie manifestazioni dell’astrattismo, che offrirono a Morandi un’ampia possibilità di riflessioni. Non a caso, al volgere del decennio, il suo lessico pittorico si indirizzò verso le ricerche non figurative, privilegiando l’astrazione d’ascendenza lirica.
Non amò viaggiare né allontanarsi dalla sua città, che d’altronde gli offrì sempre importanti stimoli culturali, come per esempio le mostre di Jackson Pollock (1950) e Sebastián Matta (1953) all’ala napoleonica del Museo Correr, che segnarono altri due momenti decisivi della sua ricerca pittorica. Nell’ambito della XXV Biennale d’arte del 1950 con Natura morta (1949) vinse il primo premio Manifesto Mostra del cinema; l’anno seguente fu invitato alla IX Mostra biennale d’arte triveneta di Padova e alla VI Quadriennale di Roma, dove espose Pescatore, riprodotto in catalogo, e Cantiere al mare. Nel frattempo manifestò il suo interesse per il movimento spazialista, tanto che nel 1952 partecipò alle mostre Artisti spaziali veneziani alla galleria del Cavallino di Venezia e Artisti spaziali alla galleria Casanova di Trieste. Tuttavia l’adesione ufficiale al gruppo avvenne nel settembre 1953, al termine della Mostra spaziale presso la sala degli Specchi di Ca’ Giustinian, quando firmò il manifesto Lo Spazialismo e la pittura italiana del XX secolo redatto per l’occasione da Anton Giulio Ambrosini. In quello stesso anno con il gruppo degli spazialisti veneti, di cui facevano parte Mario De Luigi, Bruno De Toffoli, Guidi, Vinicio Vianello e Tancredi, partecipò alla collettiva della galleria del Calibano di Vicenza. Sempre nel 1953 ottenne un importante riconoscimento al III premio Marzotto e ricevette il premio Cinzano alla Mostra nazionale di pittura premio Michetti di Francavilla al Mare.
Abbandonata ogni referenzialità naturalistica elaborò nuove soluzioni sintattiche e compositive sull’esempio dell’action painting, dell’espressionismo astratto e delle poetiche del tachisme e dell’informel. «Su tali fondamenti nascerà così una serie di tecniche miste – carboncini e pastelli su carta – sovente intitolate Composizioni o Composizioni spaziali, nella quali il colore si espande e risuona per proprie, autonome energie interiori, mentre le differenti tonalità, accostandosi armonicamente, danno vita a un arioso insieme sinfonico che sembra, quasi spontaneamente affiorare nello spazio» (D. Marangon, in G. Morandis. Rincontro ..., 2004, p. 14). Morandi, infatti, riconosceva nello spazio una dimensione emotiva ed eidetica, definibile attraverso il segno, il gesto e la materia (Composizione, 1954: Venezia, Archivio privato Morandis), e in merito precisava che «La materia in sé è cosa inerte, ma può venirle attribuita una emozionalità quando la si collochi nell’ambito dei rapporti» (Intervista a S. Branzi). Nell’intento di fondere colore, forme e trame di luce in un continuo e vibratile spazio, elaborò una particolare tecnica di frottage utilizzando un tessuto che durante l’esecuzione posizionava sul retro del foglio per farne affiorare la texture nella composizione (Primaverile, 1952; ripr, in G. Morandis. Rincontro ..., 2004, p. 27). In pittura ottenne un risultato analogo attraverso l’abile uso di colle, pigmenti in polvere, calibrate diluizioni dei colori, sottilissime velature che lasciavano percepire la trama della sottostante tela, sabbie o impronte di reti. In Immagine spaziale n. 10 del 1954 (esposta a Venezia, galleria del Cavallino) la materia pittorica sembra aver subito una deflagrazione che l’ha ridotta in lacerti e chiazze affioranti dalla tela, disposti secondo esigenze tonali e liberati da qualsivoglia struttura geometrica al fine di dilatare dinamicamente lo spazio. Dalla seconda metà degli anni Cinquanta preferì strutturare le composizioni in base a un nucleo centrale, sovente dai profili curvilinei, che appare come una sorta di embrione, da cui dipartono spinte centrifughe o centripete di forme-colore (Senza titolo, 1959; ripr. in G. Morandis. Rincontro ..., 2004, p. 35).
Nel 1955 gli fu assegnata la Tavolozza d’argento alla IX Mostra nazionale premio Michetti, rassegna alla quale partecipò costantemente fino al 1964, ottenendo ulteriori riconoscimenti nel 1957, 1959, 1960, 1962 e 1964. Nel 1957 tenne un’importante personale nella veneziana galleria del Cavallino e fu invitato alla mostra Between space and earth alla galleria Marlborough di Londra. Nel 1959 venne premiato al concorso Manifesto Il Popolo nell’ambito della VIII Quadriennale di Roma, mentre nella sua città ottenne la medaglia d’oro al II gran premio Venezia Biennale d’arte contemporanea di Ca’ Giustinian. Nel corso degli anni Cinquanta fu presente a tutte le edizioni della Quadriennale di Roma e della Biennale di Venezia, dove nel 1954 propose Immagine spaziale n. 1 e Immagine spaziale n. 2, mentre nel 1958, presentato da Giampiero Giani, espose in una sala personale cinque opere tra cui Immagine blu (1958), riprodotta in catalogo. Senza interruzioni, tra il 1953 e il 1961, partecipò altresì a tutte le edizioni del premio internazionale Lissone.
Nel 1961 prese parte al premio nazionale di paesaggio Autostrada del sole indetto dalla Quadriennale romana e nello stesso anno ottenne un premio acquisto alla Mostra del premio Marzotto. Nel 1962, anno in cui su suggerimento di Carlo Cardazzo, direttore della galleria del Cavallino, aggiunse una «s» enclitica al suo cognome firmandosi d’ora in poi Morandis per distinguersi da Giorgio Morandi, fu di nuovo invitato alla Biennale di Venezia, che nel 1968 gli riservò una sala personale con la presentazione critica di Berto Morucchio. Nel 1963, oltre a partecipare alla mostra itinerante (Venezia, Ankara, Istanbul) 50 anni di pittura veneziana, tenne una personale alla galleria del Cavallino che fu poi trasferita alla Galerie Internationale di New York con la presentazione in catalogo di Peggy Guggenheim. Nel 1964 approntò la pittura parietale (affresco con larghi interventi a secco) nell’atrio dell’aula Morgagni del policlinico universitario di Padova, dove, su una vasta superficie, illustrò i vari aspetti della scienza medica, inserendo taluni brani figurativi nel flusso delle sue immagini cosmico-spaziali impostate su caleidoscopici passaggi tonali.
Verso la seconda metà degli anni Sessanta, le costanti ricerche in merito alla leggerezza e alla labilità sia dei supporti che della materia pittorica, volte a sottrarre alla gravità le forme intese come organismi cromatici dotati di un moto proprio, portarono Morandi all’uso di materiali extrapittorici, come reti metalliche e brandelli di sottili stoffe incollati direttamente sulle tele. Allo stesso tempo, con analoghi intenti, realizzò alcune sculture in rete metallica a maglie piccolissime dalla struttura reticolare facilmente e liberamente modellabile: forme oltremodo aeree oggettivata cromaticamente con interventi di colore (Senza titolo, 1966: Venezia, Archivio privato Morandis). Inoltre si dedicò alla realizzazione dei collages lignei, nei quali tradusse le forme della sua pittura in sagome colorate di faesite applicate su lastre di compensato e messe in rapporto dialettico con le parti dipinte e gli interventi segnici (Immagine in bianco 523, 1971; ripr. in Spazialismi a confronto, p. 81).
Nel 1965 partecipò alla Quadriennale di Roma, dove tornò nella X edizione del 1972. Nel 1967 la galleria del Naviglio di Milano gli dedicò una personale. Oltre alla serie dei monotipi, ossia stampe tirate in un unico esemplare, non tralasciò di cimentarsi con altre prove grafiche. Significativa, infatti, fu la produzione serigrafica, per la quale si avvalse, a partire dal 1972, della collaborazione di Fiorenzo Fallani, sperimentando costantemente nuove e inusitate modalità realizzative. Convinto sostenitore dello studio dell’arte del passato, soprattutto per l’apprendimento delle tecniche esecutive, tra il 1975 e il 1978 realizzò un’opera di grandi dimensioni (Senza titolo, Venezia, Accademia di belle arti) proponendola come una sorta di esperimento didattico a beneficio degli studenti. In essa, infatti, offrì una summa dei procedimenti tecnici e operativi del fare pittorico. Durante gli anni Ottanta fu presente alle più significative rassegne dedicate al movimento spazialista (Spazialismo a Venezia, Venezia-Ferrara 1987; Fontana e lo Spazialismo, Lugano 1987; Spazialismo, Desenzano 1989). Nel 1988 al palazzo dei Diamanti di Ferrara allestì un’ampia personale.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del decennio successivo lavorò a una lunga sequenza di immagini nella quali visualizzò il suo universo puramente immaginario costituito da dinamiche forme di luce- colore. In questa sorta di vedute cosmiche, che l’artista numerò progressivamente (Immagine n. 833, 1988; ripr. in Di Genova, 1990, p. 435; Immagine 750 B, 1989), indagò le possibilità timbriche, tonali e strutturali offerte dalle singole gamme cromatiche, per dimostrarne oltremodo sia le capacità espressive che le valenze evocative (Azzurro in caduta, 1985; Immagine in nero, 1988, Immagine verticale con argenti, 1990; Immagine con rosso, 1992, ripr. in G. M. Rincontro ..., p. 78).
Nel 1992 partecipò alla mostra De Italienske Kunstnere og Serigrafien (Gli artisti italiani della serigrafia) organizzata a Oslo dalla Fondazione Querini Stampalia e l’anno successivo fu invitato alla XX Biennale internazionale di grafica di Lubiana.
Morì a Venezia il 21 gennaio 1994.
Fonti e Bibl.: Venezia, Archivio privato Morandis, G. M. Intervista a Silvio Branzi, dattiloscritto, s.d. s.l.; Morandis (catal.), presentazione di S. Branzi, Trento 1963;V. Sgarbi, Pitture di G. Morandis (catal.), Venezia 1985; Spazialismo a Venezia (catal.), Milano 1987, pp. 40-43, 86- 88, 116 s.; G. Di Genova, Storia dell’arte italiana del ’900 per generazioni: generazione anni Dieci, Bologna 1990, pp. 241-244, 435 s.; La pittura in Italia. Il Novecento, 1 1900-1945, a cura di C. Pirovano, Milano 1992, pp. 138, 317, 984; G. Morandis. Antologica (catal.), a cura di A. Rosa - L.M. Barbero, Sacile 1996; L’officina del contemporaneo. Venezia ’50-’60 (catal., Venezia), a cura di L.M. Barbero, Milano 1997, pp. 81-83; Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia, a cura di M.G. Messina in collaborazione con D. Marangon, Ferrara 1999, pp. 116-120, 201 s.; G. Morandis. Incanti della materia (catal.), a cura di A. Castellani, Padova 2004; G. Morandis: immagini a collage (catal.), Venezia 2004; G. Morandis. Rincontro con la pittura sottile dieci anni dopo, a cura di G. Granzotto - B. Morandi, Roma 2004; G. Morandis, a cura di G. Granzotto - B. Morandi - L. Conti, Roma 2005; Spazialismi a confronto: Bacci e Morandis (catal.), Treviso 2006; G.Morandis (1915-1994). Documenti (catal., Venezia), a cura di G. Granzotto - D. Marangon, Roma 2006; Venezia ’900 da Boccioni a Vedova (catal., Treviso), a cura di N. Stringa, Venezia 2006, pp. 196 s., 216, 366 s.; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori… moderni e contemporanei, III, p. 1222.