Divisione di piante, già considerata come classe (Ginkgoine), e giudicata dalla maggior parte degli autori come una delle linee evolutive delle Gimnosperme. Le G. sono rappresentate da vari generi fossili (circa 16) dal Paleozoico al Cretaceo; l’unica specie attualmente vivente è Ginkgo biloba (v. fig.), famiglia Ginkgoacee, ordine Ginkgoali, che con i suoi 200 milioni di anni è senza dubbio la pianta a semi più antica ancora esistente. Resti fossili di specie affini si trovano dal Giurassico al Terziario.
Le G. presentano caratteri primitivi che le avvicinano alle Cicadofite e altri caratteri, come la struttura del legno, tipici delle conifere. Si distinguono dalle Conifere per il modo particolare di fecondazione, che ha luogo mediante spermi pluricigliati, originati a due per ogni granello pollinico. Le piante della famiglia Ginkgoacee hanno una chioma più o meno asimmetrica e una corteccia grigia e solcata. Le foglie, dalla caratteristica forma a ventaglio incisa nella parte mediana, presentano numerose venature divise dicotomicamente e con un certo numero di anastomosi. Le strutture riproduttive femminili sono costituite da una coppia di ovuli su un peduncolo, inserito a sua volta su un rametto di 4-6 cm, detto brachiblasto. Oltre ai brachiblasti, che portano foglie e strutture riproduttive, la chioma delle Ginkgoacee comprende rami con foglie che si allungano normalmente, i macroblasti. Le piante di questa famiglia, come le altre Gimnosperme, presentano una riproduzione che procede molto lentamente, e dal momento dell’impollinazione a quello della germinazione del seme può passare più di un anno. L’impollinazione ha luogo dall’inverno all’estate, e la fecondazione si ha solo dopo 4-7 mesi, conseguentemente alla maturazione dell’ovulo che avviene quando questo è staccato dalla pianta. Anche la maturazione del seme si verifica a terra e dura a lungo.
La specie Ginkgo biloba è un vero e proprio fossile vivente; originaria della Cina, è spesso coltivata per ornamento anche in Italia. È un albero alto sino a 30 m, con canali resiniferi nelle parti parenchimatiche. È dioico: i fiori staminiferi amentiformi, con numerosi stami, hanno di solito due sacchi pollinici; mentre gli ovuliferi sono costituiti da 1-2 foglie ovulifere rudimentali, ognuna con un ovulo eretto, poste all’apice di un lungo peduncolo. Il seme è drupaceo, globoso, giallastro, con polpa di odore disgustoso; per questo motivo si preferisce coltivare per ornamento gli individui maschili. L’ovulo abbrustolito è edule. Il legno si usa come quello del cipresso. Semi e foglie sono usati fin dall’antichità nella medicina tradizionale cinese. Dalle radici e dalle foglie si estraggono composti terpenici indicati con il nome generico di ginkgolide. Si distinguono un ginkgolide A, C20H24O9, un ginkgolide B, C20H24O10, e un ginkgolide C, C20H24O11, contenenti rispettivamente due, tre e quattro gruppi ossidrilici. Il ginkgolide B, il più importante, sintetizzato per la prima volta nel 1988 da E.J. Corey, è un potente inibitore del fattore di attivazione delle piastrine del sangue e svolge un’efficace funzione di stimolo della circolazione, aumentando in particolare l’afflusso di sangue al cervello. Per queste proprietà, nel corso degli anni 1990 gli estratti di Ginkgo biloba sono stati oggetto di vari studi clinici e hanno trovato una certa diffusione nel trattamento dei disturbi senili della memoria, dei problemi di concentrazione, degli acufeni e della claudicatio intermittens; è stato anche proposto il loro impiego nelle fasi iniziali della malattia di Alzheimer. Oltre alla frazione terpenica degli estratti, contenente i ginkgolidi, anche la frazione flavonoide, ricca di composti antiossidanti, contribuisce in modo essenziale alle loro proprietà.