GINECOLOGIA
(XVII, p. 122; App. II, I, p. 1055; III, I, p. 759)
Notevoli sono stati i progressi della g. negli ultimi anni, dovuti sia all'evoluzione della scienza medica in generale, sia, soprattutto, alla spinta derivata dal sempre più significativo ruolo assunto dalla donna nella società moderna, che ha stimolato ad approfondire le conoscenze fisiopatologiche in tutto l'arco vitale femminile, dalla fanciullezza alla pubertà e adolescenza, fino alla menopausa e alla senilità. In particolare acquisizioni sostanzialmente originali, con conseguenze cliniche di ampia portata, si sono avute in alcuni settori specifici, fra i quali sono da citare l'endocrinologia, l'infertilità di coppia, la menopausa, le nuove tecniche chirurgiche, l'uroginecologia.
Endocrinologia ginecologica. - Il controllo endocrino della funzione riproduttiva nella donna è svolto essenzialmente da ipotalamo, ipofisi e ovaio. Il ciclo mestruale è il risultato dell'integrità anatomica e funzionale di queste tre strutture e dell'apparato genitale. L'ipotalamo è il centro di controllo dell'attività riproduttiva: coordina i segnali che provengono da aree cerebrali superiori e dalla periferia (ovaie) e, tramite la produzione di neurormoni, stimola la ghiandola ipofisaria a secernere gonadotropine in modo pulsatile. Le gonadotropine ipofisarie (LH e FSH) inducono, a livello ovarico, la produzione di ormoni steroidei (estrogeni, progesterone e androgeni) e la gametogenesi (sviluppo della cellula uovo). Come già detto, gli ormoni ovarici, specie gli estrogeni, modulano, a loro volta, l'attività endocrina ipotalamo-ipofisaria.
Il ciclo mestruale inizia con il flusso mestruale e si compone di tre fasi: follicolare, ovulatoria e luteale. La prima fase è caratterizzata da una sequenza ordinata di eventi che, nell'arco di 10-14 giorni, determinano la maturazione della cellula uovo contenuta nel follicolo e la selezione di un follicolo dominante con progressivo incremento della produzione di estrogeni. Il processo di maturazione follicolare si conclude con l'ovulazione, cioè con lo scoppio del follicolo e l'espulsione della cellula uovo dall'ovaio. Nella fase luteale, dal residuo follicolare si forma il corpo luteo, che secerne per 12÷14 giorni progesterone ed estrogeni. Il progesterone induce a livello dell'utero una serie di modificazioni atte a rendere possibile l'impianto dell'uovo fecondato. Se non interviene la fecondazione il corpo luteo degenera e, cessando la sua attività endocrina, si verifica la mestruazione.
La durata media di un ciclo mestruale regolare è di 28 giorni, con oscillazioni da considerarsi normali fra 21 e 40 giorni. L'acquisizione dell'attività ciclica mestruale e della funzione riproduttiva coincide con la pubertà, espressione della maturazione neuroendocrina dell'asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. La cronologia degli eventi puberali prevede lo sviluppo del seno (telarca), dei peli pubici (pubarca) e ascellari, l'accelerazione della velocità di crescita staturale e la comparsa del primo flusso mestruale (menarca). L'età media del menarca è di 13,2 anni (range 10÷16 anni). Sia i primi cicli dopo il menarca che gli ultimi prima della menopausa sono spesso senza ovulazione e ciò comporta alterazioni del ritmo e della quantità dei flussi mestruali, che frequentemente si verificano agli estremi della vita riproduttiva della donna (flussi distanziati o ravvicinati, con perdite ematiche più abbondanti e prolungate). L'esaurimento del patrimonio follicolare ovarico comporta la cessazione dei flussi mestruali (menopausa; v. oltre).
L'alterazione del sistema ipotalamo-ipofisi-ovaio o dell'integrità dell'apparato genitale determina disordini o assenza del ciclo mestruale (amenorrea). L'amenorrea primaria (mancata comparsa del menarca a 15÷16 anni) richiede sempre un approfondimento diagnostico in centri specializzati, perché può essere espressione di patologie congenite. L'amenorrea secondaria è l'assenza per almeno sei mesi di un ciclo mestruale già instaurato. In relazione alle sedi anatomiche e/o funzionali interessate si possono distinguere amenorree da causa uterina, ovarica, ipofisaria o ipotalamica. Le amenorree primarie da malformazione dell'apparato genitale (utero e vagina) si associano di regola a una normale funzione dell'asse ipotalamo-ipofisi-ovaie, cui consegue un regolare sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Nelle amenorree da causa ovarica la mancata produzione degli estrogeni può dar luogo a stati d'infantilismo sessuale. Le amenorree ipotalamo-ipofisarie possono essere il risultato di un ritardo nei processi maturativi neuroendocrini (ritardi puberali) o di interferenze di vari fattori. Fra queste sono molto frequenti le amenorree causate da stress emotivi, da fattori psicogeni, da diete alimentari con importanti cali ponderali e da esercizio fisico intenso. Disfunzioni di altre ghiandole, come per es. tiroide o surrene, possono essere in causa nelle irregolarità del ciclo mestruale. La più frequente alterazione endocrina della donna in età fertile è la sindrome dell'ovaio policistico, caratterizzata da un assetto endocrino in cui predomina un aumento degli androgeni con irregolarità mestruali, infertilità, obesità, irsutismo e acne. Anomalie mestruali fino all'amenorrea possono essere indotte da un'aumentata produzione di prolattina in relazione ad adenomi ipofisari, ipotiroidismo, cause iatrogene o idiopatiche.
Infertilità di coppia. - Si definisce infertile la coppia che non ottenga il concepimento in un anno di rapporti intenzionalmente fecondi. Si considera infertilità anche l'incapacità di portare a termine una gravidanza e di partorire un feto normale; quest'ultima circostanza è tuttavia un problema di competenza prettamente ostetrica e pertanto non verrà trattata in questa sede. L'infertilità è una condizione patologica a eziologia multipla, e i fattori che la determinano possono interessare il partner maschile, femminile o l'interazione tra gameti maschili e vie genitali femminili, configurando rispettivamente l'infertilità maschile, femminile e immunologica.
L'infertilità maschile (30÷40%) è dovuta alla mancata o alterata spermatogenesi (dispermie), alle alterazioni dell'anatomia e funzionalità delle vie seminali e delle ghiandole accessorie, alle infezioni acute e croniche dell'apparato genitale e all'incapacità di deporre il seme in vagina.
Le cause di infertilità femminile (30÷40%) sono legate alla mancanza o alterazione della ciclicità ovulatoria, alle alterazioni a carico delle tube e dell'utero che interferiscono con la captazione e la fecondazione dell'ovocita e con il trasporto e l'impianto del prodotto del concepimento, alle infezioni dell'apparato genitale e all'incapacità di ricevere il seme in vagina.
L'infertilità immunologica (5÷10%) origina come già detto dal contatto tra gameti maschili e vie genitali femminili e può non sussistere se componenti della coppia si uniscono ad altri partners. La riduzione della fertilità è dovuta all'induzione di anticorpi contro i gameti, che interferiscono sulla migrazione degli spermatozoi nelle vie genitali femminili e sulla fecondazione dell'ovocita.
Esiste poi la cosiddetta infertilità sine causa (10÷15%), di cui è impossibile, con i mezzi diagnostici oggi a disposizione, stabilire l'origine organica o funzionale; è possibile in questi casi attribuire la riduzione della fertilità a fattori di origine psicosomatica.
Il programma terapeutico per la coppia infertile può essere più o meno complesso in proporzione alla severità e al numero di fattori d'infertilità riscontrati nell'iter diagnostico. Di essenziale importanza è coordinare all'interno della coppia le varie decisioni terapeutiche. Esistono presidi medici per le disfunzioni ovulatorie, per le dispermie (ormoni steroidei e peptidici, antibiotici, antiinfiammatori, oligoelementi, ecc.) e la sterilità immunologica (cortisonici, condomterapia), e terapie chirurgiche per la correzione di alterazioni organiche. Gli ultimi due decenni hanno visto mutare radicalmente l'approccio terapeutico all'infertilità grazie alla messa a punto di tecniche chirurgiche nuove e alla diffusione ed espansione delle tecniche di concepimento assistito. Tali tecniche hanno permesso la terapia di quadri patologici un tempo relegati nell'ambito della sterilità, come l'assenza di ovociti, l'occlusione tubarica irreversibile, l'azoospermia, ecc. Nate principalmente, se non esclusivamente, al fine di curare le patologie che impediscono l'incontro dei gameti, hanno oggi indicazioni più vaste e particolari, tra le quali vanno ricordate le ''fecondazioni dilatate nel tempo'', le ''ovodonazioni'' e le ''madri surrogate''.
Tutte le tecniche di fecondazione assistita prevedono l'induzione di maturazioni follicolari multiple e la preparazione del seme alla fecondazione mediante vari metodi di capacitazione in vitro, intendendo col termine capacitazione l'acquisizione da parte dello spermatozoo dell'idoneità a fertilizzare l'uovo. Si ottengono in questo modo più ovociti disponibili alla fecondazione e si seleziona dal liquido seminale un numero sufficiente di spermatozoi anche negli individui dispermici; tuttavia le possibilità di fecondazione sono praticamente nulle quando dopo capacitazione non si ottengono almeno 1.500.000 spermatozoi con buona mobilità progrediente.
Le tecniche di fecondazione assistita comprendono: l'inseminazione artificiale, il trasferimento intratubarico dei gameti o degli zigoti, la fecondazione in vitro ed embryotransfer.
L'inseminazione artificiale consiste nell'introduzione di spermatozoi nell'apparato genitale interno femminile in periodo ovulatorio, allo scopo di avvicinare i gameti tra loro. Può essere eseguita col seme del partner della coppia (inseminazione omologa), con seme di donatore, ossia di uomo diverso dal partner della coppia (inseminazione eterologa), con seme crioconservato.
La fertilizzazione in vitro ed embryotransfer (FIVET) consiste nel prelievo translaparoscopico degli ovociti, nella loro fecondazione extracorporea in provetta e nel trasferimento in utero degli embrioni così ottenuti.
L'inseminazione intratubarica dei gameti (GIFT) prevede il trasferimento immediato degli ovociti aspirati dai follicoli ovarici, assieme agli spermatozoi capacitati, dentro le tube. A differenza della FIVET, l'incontro dei gameti avviene nel tratto ampollare della tuba, e cioè nella sede naturale della fecondazione.
Nei casi di dispermia severa con notevoli anomalie morfologiche degli spermatozoi e pervietà tubarica conservata, si utilizza la tecnica di recupero ovocitario ecoguidato seguita da fecondazione extracorporea in provetta e trasferimento tubarico laparoscopico dello zigote (ZIFT). Tale tecnica permette anche nei casi di ripetuti fallimenti della GIFT il controllo della capacità fecondante dei gameti mediante la valutazione, se pur sommaria, dello zigote. Globalmente la percentuale di successo delle tecniche di fecondazione assistita si aggira intorno al 30%, variabile in relazione all'indicazione, alla metodica e al centro presso il quale viene eseguita. Il fattore che ne limita maggiormente il successo è senza dubbio la qualità degli spermatozoi utilizzati.
In ogni caso la fecondazione alternativa deve rappresentare il punto ultimo a cui ricorrere dopo il fallimento di qualsiasi altro approccio terapeutico sui vari fattori d'infertilità. Un corretto trattamento dei fattori d'infertilità maschile e femminile è in grado, nella maggior parte dei casi, di risolvere un'infertilità di coppia e sarà tanto più efficace quanto più precisa sarà stata la diagnosi.
Menopausa. - L'incremento della vita media femminile, la relativa costanza nell'età media d'insorgenza della menopausa (intorno ai 50 anni) e la riduzione della mortalità hanno fatto sì che una percentuale sempre maggiore della popolazione femminile sia costituita da soggetti in post-menopausa. È stato stimato che nel 1988 circa 1/3 della popolazione femminile italiana (oltre 9 milioni di soggetti) fosse in post-menopausa; inoltre una donna che abbia attualmente 65 anni potrà in media raggiungere gli 83 anni di età e passerà quindi oltre 1/3 della sua vita dopo la menopausa. Questi dati rendono conto dell'importanza del problema su base sia sociale che individuale.
Il termine ''menopausa'' indica l'ultimo flusso mestruale e rappresenta unicamente una tappa nel lungo periodo di decadimento dell'attività ovarica che avviene durante il climaterio.
Il climaterio è definito come quella fase dell'invecchiamento femminile che separa il passaggio da una normale capacità riproduttiva alla perdita di tale capacità. La menopausa divide il climaterio in due fasi: pre-menopausa e post-menopausa. La pre-menopausa è caratterizzata da un progressivo peggioramento della funzione ovarica, interessa i 2÷10 anni che precedono la menopausa e si manifesta clinicamente con irregolarità mestruali e, dal punto di vista endocrino, con cessazione dell'ovulazione e progressiva riduzione della produzione ormonale ovarica (ormoni estrogeni e progesterone). Quando a livello ovarico non esistono più follicoli in grado di maturare, la produzione di ormoni estrogeni diventa insufficiente a stimolare la mucosa uterina e viene persa la funzione mestruale.
La menopausa interviene nel 95% dei soggetti in un'età compresa fra i 45 e i 55 anni: essa è geneticamente predeterminata e l'età media appare costante negli ultimi 15 secoli. La post-menopausa si estende dall'ultima mestruazione all'instaurarsi di un quadro di senilità (intorno ai 65 anni), o, secondo altri, alla morte dell'individuo. Tale periodo è caratterizzato dalla carenza di ormoni ovarici e dagli effetti psico-sociali dell'invecchiamento.
Nell'80÷90% dei casi il climaterio si associa a una sintomatologia caratteristica, la cosiddetta ''sindrome climaterica''. I disturbi possono essere più o meno evidenti e nel 10÷15% dei soggetti presentano un'intensità tale da compromettere lo svolgimento di una normale attività.
La genesi della sindrome è multifattoriale ed esprime l'integrazione di tre fattori: 1) riduzione della normale produzione ormonale ovarica e velocità con cui si realizza; 2) fattori socio-culturali, determinati dall'ambiente (accettazione sociale dell'invecchiamento); 3) fattori legati alla struttura della personalità (impatto psicologico dell'invecchiamento). Di conseguenza la sintomatologia è estremamente complessa e variabile da soggetto a soggetto, comprendendo vampate di calore, sudorazioni, insonnia, palpitazioni, faticabilità, vertigini, cefalea, dispnea, irritabilità, depressione, ansia, frigidità. Le vampate di calore costituiscono il disturbo più frequente e caratteristico: vengono descritte come una sensazione di calore che si diffonde dal torace al volto e agli arti e interessano, con varia intensità, l'85% dei soggetti. Scompaiono in genere entro i primi due anni dalla menopausa, ma nel 25÷50% dei casi sono ancora presenti dopo 5 anni.
Col passare degli anni dopo la menopausa, la carenza ormonale tipica di questo periodo è alla base di importanti alterazioni a carico di diversi organi e apparati: possono essere coinvolti la vulva e la vagina (prurito, dispareunia, vaginiti atrofiche), la vescica e l'uretra (incontinenza, prolasso, uretriti abatteriche), la pelle e le mucose (aridità, prurito, ridotta resistenza ai traumi, secchezza e perdita dei capelli, cambiamenti nel tono della voce), la mammella (riduzione del volume e della consistenza), il sistema scheletrico (osteoporosi) e il sistema cardiovascolare (patologia coronarica su base aterosclerotica). Le conseguenze sullo scheletro e sul sistema cardio-vascolare appaiono di particolare importanza per il benessere e la vita stessa delle donne anziane.
L'osteoporosi è una condizione patologica dello scheletro caratterizzata da un'esasperata perdita di materiale osseo (matrice proteica + componente minerale). La malattia è stata efficacemente denominata ''ladro silenzioso'', perché decorre asintomatica fino a quando la fragilità ossea si manifesta con fratture spontanee o per minimi traumatismi. Le sedi più frequentemente interessate sono la colonna vertebrale, il femore, il polso.
Sebbene tutti gli individui perdano materiale osseo a partire dai 30÷40 anni, nella donna tale perdita è grandemente accelerata dalla carenza ormonale che si verifica dopo la menopausa. Questo rende conto del fatto che dopo i 50 anni, oltre il 50% delle donne mostri segni radiologici di osteoporosi e l'80% delle fratture sia su base osteoporotica.
La patologia coronarica su base aterosclerotica (infarto, angina) appare la causa principale di morte nelle donne di età compresa tra i 50 e i 75 anni. Sebbene non vi sia uniformità di vedute, questo appare correlato alla perdita, dopo la menopausa, dell'effetto protettivo esercitato dagli ormoni femminili, e vi sono sostanziali evidenze che una terapia a base di estrogeni possa ridurre il rischio. Assieme a opportuni suggerimenti igienico-dietetici, una terapia ormonale sostitutiva appare in grado di alleviare la sindrome climaterica e di prevenire le conseguenze a lungo termine della carenza ormonale. Qualora non sia possibile o non si voglia instaurare una terapia ormonale sostitutiva, il trattamento con calcitonina appare adeguato per prevenire l'osteoporosi.
Nuove tecniche chirurgiche. − Recentemente si sono delineate nuove possibilità d'intervento chirurgico offerte dallo sviluppo delle tecniche endoscopiche. La chirurgia isteroscopica, per sua peculiarità conservativa, ha oggi acquisito un ruolo ben determinato, e rappresenta una sicura via di elezione, per es. per alcuni tipi di malformazione uterina o di patologia cavitaria. Ancora in fase di definizione è il ruolo della chirurgia laparoscopica, che può essere applicata per diverse patologie quali l'endometriosi, la gravidanza ectopica, le flogosi pelviche e anche i miomi. Ben valutabili sono i vantaggi per alcune di queste situazioni, rispetto al tradizionale approccio chirurgico, soprattutto alla luce della comparabilità dei risultati. Alcune indicazioni per la chirurgia laparoscopica cominciano a essere oggi codificate: la loro limitata diffusione deriva dal fatto che attualmente non tutti i centri hanno maturato le competenze necessarie, che implicano strumentazione e cultura di non facile acquisizione.
La microchirurgia ginecologica trova indicazione essenzialmente nella patologia tubarica, per la correzione del fattore tubo-peritoneale della sterilità; il ricorso a tale tecnica è oggi posto sulla base dell'indagine laparoscopica, che permette di escludere gravi danni tubarici. Il successo con tale tecnica si aggira oggi sul 37%. Altra indicazione alla microchirurgia è rappresentata dal trattamento conservativo della gravidanza tubarica con enucleazione dell'impianto ovulare e ricostruzione della salpinge.
Uroginecologia. − L'uroginecologia studia i peculiari aspetti dell'apparato urinario femminile in relazione alle diverse condizioni fisiologiche e patologiche. Nella donna l'apparato urinario, in virtù dei suoi stretti rapporti con quello genitale, viene estesamente coinvolto nei momenti fondamentali della vita femminile: gravidanza, parto, menopausa; ciò rende necessario che il ginecologo abbia specifiche conoscenze su entrambi gli apparati in questione. Due sono fondamentalmente le patologie studiate in ambito sia preventivo, sia curativo: l'incontinenza urinaria e il prolasso genitale.
L'incontinenza urinaria è molto più diffusa di quanto si possa credere: il 30% delle giovani donne che hanno partorito per la prima volta presenta questo disturbo, che diventa cronico nel 10% dei casi. In Italia si calcola che ne soffra il 10% della popolazione femminile. La donna vive oggi in modo molto più negativo che in passato la situazione d'incontinenza o di prolasso genitale; ciò in rapporto alle mutate condizioni di vita, più attiva e urbanizzata, all'allungamento della vita media, alle maggiori esigenze di benessere a ogni età: è necessario sottolineare che questa patologia inficia gravemente la qualità di vita, soprattutto delle pazienti più anziane, per cui si rende indispensabile una risposta terapeutica efficace.
La scelta va posta fra terapia chirurgica e non chirurgica, ricordando che le due vie possono essere fra loro complementari e basandosi sulla gravità dell'incontinenza e del prolasso, sull'età e sulle condizioni generali della paziente: di fondamentale importanza, al fine del successo, è un corretto inquadramento diagnostico, nel quale lo studio urodinamico riveste un ruolo prioritario. Oggi i limiti dell'operabilità sono enormemente ampliati grazie ai progressi anestesiologici e a quelli della terapia perioperatoria, per cui possono essere sottoposte a intervento anche donne in età molto avanzata.
Molto numerosi sono gli interventi proposti, che qui possiamo solo citare, raggruppandoli in tre classi principali: interventi per via addominale (colposospensione secondo Burch, uretropessi secondo Marshall-Marchetti-Kranz); interventi per via vaginale (colpoisterectomia con plastica posteriore e anteriore secondo Kelly-Kennedy, Nichols, ecc.); interventi per via mista (cervicopessi secondo Pereyra-Raz, ecc.). I risultati della terapia chirurgica sono in generale buoni, e soprattutto, anche in virtù delle nuove tecniche e dei moderni materiali operatori, stabili nel tempo.
Importanza sempre crescente va assumendo anche la terapia non chirurgica, conservativa: ricordiamo la kinesiterapia (cioè la ginnastica perineale, utilissima per prevenire le alterazioni anatomiche da parto); la elettroterapia; la biofeedback terapia; la terapia ormonale sostitutiva. È necessario sottolineare che ogni programma terapeutico per questa patologia dev'essere attuato da esperti che operino in centri specialistici, in grado di fornire soluzioni il più possibile personalizzate e quindi affidabili.
L'uroginecologia cerca quindi di portare alla donna un aiuto preventivo e terapeutico, per evitare o correggere quei danni che finora sono stati considerati obbligatorio retaggio della sua funzione riproduttiva e del suo declino biologico-cronologico.
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